Chapter 11 - La zanzara gentile
"Mamma, la cena era buonissima."
Dei pezzetti di insalata sono sul tavolo tra il mio bicchiere e il suo telefono. Infilzo quelle ultime foglioline e le porto alla bocca. Mi dispiace quando si spreca il cibo.
"Vedo che anche la lasagna ti è piaciuta."
Mastico la verdura e mando giù l'ultimo boccone. "Non l'avevi mai fatta così buona, di chi è la ricetta?"
Mamma prende il telefono e lo sblocca. "L'ho vista su internet. Guarda?"
"Quindi finalmente mangeremo decentemente." Sorrido.
Mi dà degli schiaffetti sulla spalla. "Ti faccio vedere io..."
Poso la forchetta nel piatto. "Fermati, fermati. Mi fai male."
"Ti sei fatta male?"
Chiudo gli occhi e mi strofino con insistenza la spalla. "Sì, mi hai fatto..." Riapro gli occhi e punto ai fianchi. "Contrattacco!" Inizio a sferrare pizzicotti velocissimi.
"Figlia di..."
Sgrano gli occhi. "Mamma!"
Devo dire che questa non me l'aspettavo.
"Sì, sono tua mamma." Ride e inizia a farmi il solletico sulla pancia.
Mi piego in due e mi divincolo dal quell'attacco scorretto. "Tregua. Tregua."
Tutto, ma non il solletico sulla pancia.
Abbiamo il fiatone. Si vede che non facciamo sport.
Appoggio le mani sulla pancia e stendo le gambe. Oddio, sono esausta. E anche piena.
"Ti sei arresa, eh?" Mamma mostra i bicipiti.
"Sì, certo! Come no!"
"Vuoi il resto?" Sventola le mani in aria.
Le afferro i polsi. "No, no. Basta così."
"Allora, dimmi che sono 'la vincitrice assoluta'."
"Mai!"
"Allora preparati. Mettiti in guardia." Posiziona le mani in guardia, come se avesse fatto anni di karate.
"Ok, ok. Sei 'la vincitrice assoluta'!"
"Bene. Ora, sì." Rilassa le mani e sorride.
Allento la presa dai polsi. "Parlando di cose serie... Com'è andato il colloquio?"
Mamma ritorna seria. "Questo fine settimana dovrei iniziare."
"Ti hanno presa!"
"È più una prova. Vogliono prima che faccia affiancamento."
"Che devi fare?"
"Vendere macchine. Un tizio di nome Richard sarà il mio tutor."
"Oh, Richard." Le sbatto le palpebre e le mando un bacio.
Rimane calma fissandomi negli occhi. "Finiscila." Si alza dalla sedia e prende i piatti vuoti per sparecchiare.
Vorrei che mamma fosse felice. Da quando è morto papà, non è più uscita con nessun uomo. Magari sta bene così, ma ho l'impressione che abbia bisogno di compagnia. Un sostegno che io da sola non posso darle.
Prendo il bicchiere e bevo.
Posa i piatti nel lavandino. "Piuttosto, come va con Paul?"
L'acqua mi va di traverso. Tossisco.
"Che c'entra Paul adesso?"
Si mette una mano sul fianco. "Ti conosco troppo bene."
"Che ho fatto?" Mi trema il sopracciglio destro.
Perché non si ferma?
"Ho visto come lo guardi?"
"Come lo guardo?" Il sopracciglio trema di nuovo.
Mamma lascia cadere la mano lungo il fianco. "Va bene. Nega pure se vuoi." Mi volta le spalle.
"Non sto negando niente!"
Si gira di scatto e mi punta il dito indice. "Ah, allora non neghi che ti piace!"
"No, non nego... cioè, sì che nego... Insomma, non mi piace."
"Come vuoi tu."
Devo cambiare discorso.
"Adesso, salgo in camera. Vorrei scrivere un po'."
"Davvero? Ti sei decisa?"
"Sì, quest'anno voglio partecipare al concorso scolastico di letteratura."
"Brava. Finalmente!" Si avvicina e si siede vicino a me. "Scrivi davvero bene. È un peccato sprecare il tuo talento."
"Addirittura?"
"Se solo qualcun'altro potesse leggere come scrivi, ti renderesti conto del tuo valore."
"Dici così, perché sei di parte."
Rimane qualche secondo in silenzio. Cosa sta pensando?
"Che c'è?"
"Se ti dico una cosa ti arrabbi?"
Socchiudo gli occhi. "Dipende. Cosa hai fatto?"
Mamma si morde il labbro inferiore. "Ho fatto leggere un tuo racconto a Julia."
Sento un calore salire in tutto il corpo.
"Cosa? Ma quando?"
"Oggi, dopo il colloquio, l'ho aspettata al centro commerciale." Si gratta la testa. "Stavamo parlando di figli... Ho scoperto che Paul suona la batteria, così io, mentre parlavo di te, ho detto che scrivi benissimo." Mi afferra la mano.
La ritraggo. "Come hai potuto?"
"Mi stavo vantando di te."
"Ti ho detto mille volte che non voglio che gli altri leggono quello che scrivo. Che racconto le hai fatto leggere?"
"Quello della zanzara gentile."
Cammino agitata. "Non dovevi. Quella te l'ho regalata per il tuo compleanno. Era solo tua."
"Mi devi scusare, ti prego."
Continuo a camminare. Non la voglio nemmeno guardare.
"Non gliela volevo far leggere, ma alla fine volevo avere un altro parer—"
"Ma è una cosa che riguarda me, non te."
"Volevo solo sapere se ero io di parte o se fossi veramente brava."
Mi tormento le dita dal nervoso.
"Vuoi sapere cosa ha detto?"
"No, che non lo voglio sapere."
Mamma si aggiusta i capelli con le mani. "Le ho fatto leggere il racconto anche per un altro motivo..."
Non voglio sentirla. Voglio andarmene. Non doveva farglielo leggere.
Si alza ed è molto seria. "Vuoi sapere qual è quest'altro motivo?"
Sbotto. "Quale?"
"È un'importante editor di romanzi. Conosce molte case editrici."
Ho l'affanno. Non capisco più niente. La madre di Paul è un'importante editor di romanzi?
"Lo sai cosa mi ha detto?"
Devo respirare. Se oggi ho imparato una cosa, è che in questi momenti devo respirare. Uno, due, tre...Meglio.
"Cosa ha detto?"
"Ha detto che sei un talento puro!" Si avvicina. "Ha detto anche che il tuo modo di scrivere è così immersivo che il lettore dimentica dove si trova mentre legge."
A qualcun'altro piace come scrivo? Dovrei essere al settimo cielo, ma perché sono ancora arrabbiata?
"Dice inoltre, che un giorno vorrebbe parlare con te. Sa che sei ancora giovane, ma potrebbe indirizzart-."
"Stai zitta, basta!" Vado via e salgo le scale.
Lei è l'unica persona di cui mi fido veramente al mondo. Perché mi ha tradita? Lo sa benissimo che non voglio che i miei racconti vengano letti da altre persone... C'è troppo di me lì dentro. Ogni pagina, ogni parola, ogni scena è una parte di me che si materializza in quella storia. Leggere quelle storie, significa far vedere a chi legge la mia anima. E non sono pronta per questo.
Arrivo in stanza e mi butto sul letto. Briciola è lì: mi vede e mi raggiunge con un balzo.
Sì, ho detto che mi sarei iscritta al concorso scolastico di letteratura, ma sono cose che si dicono. Magari avrei scritto la storia e l'avrei fatta leggere solo a lei. Le avrei fatto leggere di come un ragazzo, amante della musica e con la passione per i motori, avrebbe dovuto salvare il mondo grazie agli insegnamenti che gli aveva dato suo padre. Le avrei fatto leggere i suoi pensieri, i suoi desideri, i suoi timori.
Ma lei mi ha tradita.
Non le farò più leggere di me.
Lei mi ha tradita,
ma perché lo ha fatto?
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