Le luci dei lampioni illuminano il muro della scuola. Dobbiamo solo scavalcarlo e siamo dentro. Guardo Paul, in silenzio.
Sussurra. "Se non vuoi farlo più, ti capisco. Non ti costringe nessuno."
Il sudore sulle mani parla chiaro: sono stressata e, in questo momento, vorrei scappare. Perché mi stanno tremando? Stringo i pugni per fermarle.
Faccio un lungo respiro. "No! Sono con te. Facciamolo." Mi asciugo il sudore sui pantaloni.
Paul sembra calmo, si stringe lo zaino, che ha sulle spalle, e mi fa un cenno con la testa. "Allora andiamo." Guarda il muro. "Ti aiuto a scavalcare. Sali con il piede sulle mie mani." Incrocia le dita e crea un gradino con i palmi.
Posso farcela.
Ho più forza con la gamba destra: uso quella. Metto la suola della scarpa sulle mani di Paul: lo scalino sembra resistente. Mi appoggio sulle sue spalle.
Sorride. "Sei pronta?" No, ma annuisco lo stesso. "Al mio tre, ti do lo slancio e tu spingi con il piede sulle mie mani."
"Ok."
"Uno." Molleggia sulle gambe. "Due." Non so se ci riesco. "Tre!" Ora cado.
Mi spinge con tutta la forza verso l'alto e io, con uno sforzo intenso, riesco a stendere la gamba. Appoggio le mani e il ginocchio sul muro: vedo la scuola.
"Ci sei?" Paul mi tiene ancora e spinge con le braccia.
Ce l'ho fatta. Ce l'ho fatta. "Sì, sono sopra." Mi metto a cavalcioni.
Wow, che sensazione.
"Ok, ora salgo anche io."
Paul trova delle fessure sul muro e riesce a tirarsi su grazie a queste. Che atleticità! È a cavalcioni anche lui: siamo molto vicini e le scarpe si toccano. "È bella la scuola di notte, vero?"
Mi giro attorno. È deserta, ma i lampioni sono accesi lo stesso. La chioma della quercia ondeggia nel silenzio. "Bella, sì." Sono a un passo da una cosa che non avrei mai pensato di fare. Un brivido mi percorre la schiena. Aspetta un attimo: è alto quassù. "Ora come scendiamo?"
Paul porta entrambe le gambe al di là del muro e si cala con la forza delle braccia. I piedi grattano il muro, alcuni pezzettini cadono a terra. Si lascia andare e attutisce il salto rannicchiandosi sulle ginocchia.
Che salto perfetto. Se lo faccio io, mi spezzo le gambe.
"Ora, ti tengo io."
"Ma devo saltare?"
"No, no. Metti entrambe le gambe al di là del muro e lasciati cadere giù aggrappandoti con le mani. Poi ti stringo le gambe e ti porto giù."
Ok, questa è la parte più difficile, se non mi spacco la faccia ora, posso dire che la missione è completata al 50%.
Qui ci rimango stecchita. Porto le gambe al di là del muro e la maggior parte del mio peso è sulle braccia. Oh, merda.
"Ora calati giù."
Facile per lui parlare. Le scarpe sul muro non hanno un vero appiglio. Paul mi afferra il tallone e mi fa sentire che c'è un buco in cui mettere la scarpa. In effetti, ho più stabilità così.
"Prova a scendere. Ci sono io giù."
Ok, cerco di scendere. Uno. Due. Tre.
"Mi prendi?"
"Sì, sono qui apposta!"
Vado. Mi calo, il piede scivola dal buco e perdo la stabilità. La sensazione di vuoto mi dà un pugno nello stomaco. Il corpo sbatte contro il muro, ma ho le braccia ancora aggrappate che sorreggono il mio peso. C'è mancato poco che raschiavo la faccia!
Paul mi afferra forte le ginocchia. Sono più stabile e il mio peso non è tutto sulle braccia.
"Stacca le mani!"
"Non posso staccare le mani." Oddio, sono rimasta bloccata. Ora, ci beccano per colpa mia.
"Sì che puoi. Ormai ti ho presa."
"Cado!"
"Ti dico di no! Ormai ti tengo."
Ok, non posso rimanere qui. Stacco le mani dal muro e Paul mi stringe. Allenta la presa alle ginocchia e il mio corpo scorre attaccato al suo. Alla fine, stringe di nuovo la presa e ora la mia schiena è aderente al suo addome e le sue braccia mi avvolgono il costato. I piedi hanno toccato terra e adagio le scapole sul suo petto. Continua a tenermi salda, attaccata a lui.
Non mi sono rotta le gambe. "Ce l'abbiamo fatta!"
"Sì, siamo dentro la scuola." La sua presa si alleggerisce e la mia schiena si stacca pian piano dal suo busto.
Mi giro e sono a un palmo di distanza dalle sue labbra. "Te l'ho detto che sarei stata con te."
Le sue mani sono poggiate sui miei fianchi. "Te l'ho detto che ormai ti avevo presa."
Wow. Rimarrei così per sempre.
"Comunque, dovremmo andare... Sai, il Test?"
Sei tu che non ti sei ancora staccato da me. "Ok, allora andiamo."
Sfila via le mani dai miei fianchi, fa un passo indietro. "C'è una porta mezza rotta vicino al campo da basket. Entreremo da lì."
"Andiamo!"
Non male come primo appuntamento.
Ci incamminiamo in silenzio.
Che strano essere in un posto dove sai che non dovresti essere. Sento la sensazione che possa succedere una qualsiasi cosa da un momento all'altro. Il luogo è così tranquillo adesso, ma la paura mi fa immaginare che da ogni angolo possa spuntare qualcuno. Questa sensazione non è piacevole, ma sento una leggera vibrazione lungo tutto il corpo che mi fa sentire viva.
Siamo arrivati al campetto e Paul mi guarda sorridendo. "Che spettacolo il campo da basket di notte."
Sì, è bello, ma mi sento gli occhi puntati addosso. Come fa Paul a essere così tranquillo?
Entra in campo e simula un tiro a canestro.
Sorrido. "Smettila, vieni qui."
Si avvicina a me. "Hai paura?"
"Forse è meglio che non perdiamo tempo e completiamo il Test."
"Hai ragione." Indica con l'indice. "Eccola la porta mezza rotta."
Facciamo per raggiungerla.
"Come intendi aprirla? Credo si apra solo da dentro."
Sfila lo zaino dalle spalle, lo apre e caccia fuori un pezzo di plastica sottile e rettangolare. "Semplice! Con questo!"
"Cos'è?"
"Ho preso un contenitore vuoto di candeggina e l'ho tagliato in questo modo."
"E a che serve?"
"Prima ti dicevo che la porta è mezza rotta, perché non si riesce a chiudere a chiave."
"Chi te l'ha detto?"
"Lucas! Quando ha fatto lui il Test è entrato da qui." Si passa la mano tra i capelli. "Aveva visto che l'inserviente si lamentava che la serratura era rotta e così ha trovato questo metodo."
"Come funziona?"
Tira fuori una torcia elettrica dallo zaino. "Ti faccio vedere. Intanto, tu prendi questa." Mi dà la torcia e si stringe di nuovo lo zaino addosso.
Inserisce il pezzo di plastica tra la porta e lo stipite, poco sopra l'altezza della maniglia. "Vedi come si piega bene questo pezzo di plastica? Adesso, devo portarlo fino a quel cosino che si muove quando abbassi la maniglia."
"Ok, ho capito. Poi?"
Il pezzo di plastica scorre in basso e si blocca all'altezza della serratura. "Ora, devo dare un colpo secco e quel pezzettino rientra dentro, come se avessimo abbassato la maniglia."
"Come quando nei film aprono la porta con una carta di credito!"
"Stessa cosa, ma per poveri: senza carta di credito." Paul tira un colpo netto verso il basso e la porta si apre. "Visto? Ha funzionato."
"Ok, chiuderò la porta a chiave la prossima volta che sarai nei paraggi."
Ci intrufoliamo dentro ed è tutto in penombra. Accendo la torcia per vedere meglio.
C'è la bacheca dei trofei della scuola. Se fossimo in un film horror, questo posto sarebbe dove uno di noi due verrebbe ucciso.
"Paul, non dividiamoci!"
"Perché dovremmo dividerci?"
"Rimani qui vicino a me."
In effetti, non siamo in un film horror, dove i personaggi si dividono per cercare più velocemente il loro assassino. E per morire prima.
Mi prende la mano. "Andiamo al piano di sopra."
La sfilo dalla sua. "Ho le mani sudate."
"Non fa niente." Mi riafferra la mano.
Ok, troppe emozioni: la paura di essere beccata da un momento all'altro, il terrore di essere inseguita da un assassino come in un film e la gioia di stare con Paul.
Mi sta tenendo la mano.
Muovo la torcia per vedermi intorno. Ecco le scale. Le saliamo.
Mi tremano le gambe, non mi sento le forze. Non ho il coraggio di girare l'angolo della prima rampa di scale. L'immagine di una persona che spunta dietro l'angolo potrebbe materializzarsi da un momento all'altro. Come posso non pensare a questa cosa?
Chiudo gli occhi. Ora è meglio. Le gambe salgono i gradini in automatico e la mano di Paul mi fa da guida. Così, rimane solo la paura di cadere. Meglio.
Il mio passo va a vuoto. Apro gli occhi: sono finiti i gradini. C'è un ultima rampa e siamo al primo piano. Riprendo a farmi trasportare con gli occhi chiusi.
"Non preoccuparti, siamo quasi arrivati."
"Va bene."
Senza la sua mano sarei perduta.
Dovrebbero essere finiti i gradini. Riapro gli occhi: ultimi due.
"Adesso, devi tenermi la torcia mentre io apro la serratura, va bene?
"Sì."
Camminiamo nel corridoio. Questo posto è così tranquillo, ma mette lo stesso i brividi.
"Martha, siamo arrivati."
Riconosco il quadro del campo di fiori che ho fissato prima che il preside mi ricevesse. Il Walkman!
"Vai, illumina!"
La serratura è una di quelle semplici, non mi sembra molto moderna.
Paul sfila dalla tasca una graffetta e un'altro oggetto piegato. Ma è una forcina per capelli! Non ci credo.
"Davvero vorresti aprire una porta in quel modo?"
Inserisce la forcina. "Dici che non funziona?"
"Lo stai chiedendo a me?"
"Sto scherzando. Certo che funziona. O almeno spero."
"Almeno spero?"
Oddio, ora viene qualcuno.
Inserisce anche un'estremità della graffetta. "Se ci riesco, ho vinto un altro appuntamento con te."
Stupido!
"E se non ci riesci?"
Gratta all'interno della serratura con la graffetta. "Se non ci riesco, ci vedremo in prigione."
Mi scappa un sorriso. "Meglio per te se ci vediamo all'aria aperta."
La forcina si gira. Click!
"Si è aperta!"
Paul mi guarda con aria vittoriosa. "La prossima volta usciamo senza fare furti, eh?"
"Promesso?"
"Promesso."
"Siamo già a due promesse: nessun altro Fight Club e nessuno altro furto."
Alza la mano e mette la mano al centro del petto. "Lo giuro!"
Annuisco. Lo spero bene: un'altra giornata di queste e mi verrà un infarto. Ok, ora devo entrare io.
"Ora tocca a me!" Walkgirl è in azione.
"Però fai presto. Io ti copro le spalle."
Entro all'interno dell'ufficio, ho la torcia alta. I piedi sembrano macigni che devo trasportare con sofferenza. Ci provo a non fare rumore, ma sembra che sono entrata con gli scarponi da sci.
È una stronzata se prendo il Walkman? La punizione finisce domani. E se il preside se ne accorgesse?
No, devo prendere un'altra cosa. Sulla scrivania ci sarà qualcosa. La foto della moglie: mi sembra troppo. Il tagliacarte? No, no, se poi ci scoprono sembra che abbiamo rubato un'arma. Una penna? No, se esco con una penna, Paul verrebbe deriso da tutti.
Apro il cassetto. Il mio Walkman! Lo prendo o non lo prendo? Se il preside, domani, mi facesse chiamare dall'inserviente? Come giustifico il fatto che non c'è più il Walkman? Trovato. Posso dire che non so nulla. Perché dovrei essere stata io? Cioè, io il motivo lo so, è lui che non lo sa.
"Martha, sbrigati!"
Le mani afferrano il Walkman. "Ecco, preso." Lo sventolo in aria.
"Fai presto. Usciamo via di qui."
Corro verso di lui, come se adesso non dovessi avere più i passi leggeri. Vabbè, ormai è andata.
Imbocchiamo le scale e le scendiamo di corsa. Perché ora stiamo facendo rumore?
La voglia di uscire fuori ci sta facendo fare cazzate. La luce della torcia ballonzola qua e là. Il corridoio con i trofei... Siamo già arrivati alla porta mezza rotta. Il tragitto è sembrato più corto adesso.
Usciamo fuori e Paul chiude la porta. "Ce l'abbiamo fatta."
"Sì!"
Si avvicina e mi abbraccia. "Siamo fuori."
"Ehi, fai piano."
Non è vero stringimi più forte che puoi. Lo abbraccio anche io, adagio la guancia sul suo petto e chiudo gli occhi. Ce l'abbiamo fatta!
Paul mi stampa un bacio sulla testa. "Vieni ti faccio vedere un posto."
Cosa? Ma ci stavamo abbracciando. "Dove mi porti?"
Mi prende per mano. Questo è pazzo!
Giriamo l'angolo della porta mezza rotta e Paul va dietro a un cespuglio.
"Che fai?"
Tira fuori una scala a pioli. "Saliamo sul tetto."
"Intendi quel tetto che sta sopra la porta?"
"Sì." Appoggia la scala sul muro. "Prima le signore."
Oddio, ora ci mancava solo questa. Metto il walkman in tasca e le cuffie al collo. Quanto mi siete mancate! Salgo sulla scala.
"Ormai sei diventata una arrampicatrice!"
Arrivo sul tetto: sono proprio al di sopra della porta mezza rotta. "Che fai rimani lì?"
"No, no, salgo anche io."
Come un lampo è già su.
"Quante ragazze hai portato quassù?"
"Cosa? Questo è il mio secondo giorno. Tu sei la prima."
"Non ci credo."
Si passa la mano nei capelli. "Giuro. Ieri il pallone da basket è arrivato dietro il cespuglio e ho visto la scala. È la prima volta che ci salgo."
Va bene, gli credo.
"Rilassiamoci un po' qui." Si sdraia con le mani dietro la nuca.
"Lucas! Lucas ci sta aspettando nella macchina!"
"Può aspettare dieci minuti."
Ha ragione, rilassiamoci un po'. Mi sdraio anche io.
"Comunque, ti ho visto che hai salito le rampe di scale con gli occhi chiusi."
Cavolo. "Stavo vedendo se riuscivo a salire tutte le scale senza vedere." Questa scusa non regge.
"Ho visto. Infatti stavi cadendo." Ride.
Gli do una spintarella. "Non stavo cadendo." Mi avvicino quanto basta che il mio avambraccio è vicino alla sua maglietta.
"Sì, come no."
"È vero." Incrocio le braccia.
"Non fare l'offesa."
Riporto le braccia lungo i lati.
"Comunque, non hai rischiato a prendere il walkman?"
Forse non avrei dovuto farlo. Sfilo il walkman dalla tasca. "Vuoi sentire una canzone?"
"Ok. Non ho mai avuto un walkman."
Metto le cuffie alle mie orecchie e metto play. No, questa non va bene. Premo il tasto per mandare il nastro indietro. "Aspetta un attimo. Ora la trovo."
"Certo che non è comodo."
Gli do un piccolo schiaffo sulla spalla.
"Ahia."
"Lascia stare il mio walkman."
"Va bene, va bene. Ho capito."
Premo il tasto play. Perfetto, è il punto che volevo. Sfilo le cuffie e gliele metto. Premo play.
"Che canzone è?"
"'I want to tell you' dei Beatles."
"Mai sentita."
"Allora ascoltala."
Non avrei mai pensato che sarei riuscita a fargli sentire questo pezzo.
'... la mia testa è piena di cose da dire quando sei qui. Tutte quelle parole sembrano scivolare via quando mi avvicino a te'.
La sta sentendo, chissà cosa penserà. Comunque, ne è valsa la pena. Tutta quella paura e tutto quel rischio mi hanno portata qui. Sopra questo tetto. Non vorrei essere in nessun altro posto al mondo adesso. Si vedono anche le stelle.
Papà, so che non saresti d'accordo delle cose che ho fatto. Ma oggi, mi sono sentita viva come non mai.
Domani forse ci saranno conseguenze, ma adesso non voglio pensarci. Voglio godermi questo momento di gioia, di serenità, di spensieratezza...
Domani dovrò inventarmi qualcosa. Lo so. Ma intanto, sono vicina a lui. E posso dire che questo mi basta.
Voglio godermi il mio walkman, le stelle, Paul... e perfino questo tetto duro. Posso dire che Walkgirl ce l'ha fatta. Walkgirl è finalmente felice.
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