Capitolo 12 - Noi non abbiamo paura!
"Il coraggio è una malattia trasmissibile che può diffondersi a macchia d'olio. Un solo singolo individuo può contagiare una massa nel giro di poco tempo. In un batter d'occhio, il coraggio, che era nel singolo, adesso scorre lungo le vene di molti. E si chiama Rivoluzione!"
("Walkgirl" di Martha Smith)
Oggi mi sento molto a mio agio in macchina con mamma. Il sedere sprofonda perfettamente nel sedile, la schiena è ben dritta e gli occhiali da sole rendono i colori più morbidi e puliti. Gli alberi scorrono via dal finestrino e il cielo è limpido come non mai.
In radio, c'è una piacevole canzone pop che mi accompagna durante il tragitto verso scuola. Com'è che si chiama? Cavolo, non riesco a ricordare mai il nome.
Al collo, ho le cuffie del Walkman. Con le dita percorro la sua superficie ricurva in plastica. È piena di solchi. Mi fanno pensare ai binari di una stazione, interdetta ai passeggeri a causa di un incidente ferroviario; i percorsi delle rotaie non hanno più una direzione certa, non sono più prevedibili; si distingue solo un ammasso di ferraglia che si accavalla per formare sculture amorfe.
Questi solchi profondi non sono solo incisioni casuali, ma cicatrici indelebili di una storia triste che poteva andare ancora peggio.
Le cuffie sono l'unico oggetto che mi rimane di papà e, per fortuna, sono sopravvissute al volo che hanno fatto da quel dannato tetto della scuola. Sono dure a morire, ho deciso che le terrò al collo come se fossero una collana.
L'unico che ci ha rimesso le penne è stato il mio caro Walkman, è ormai da buttare.
All'improvviso, una strana vibrazione scorre nel mio corpo. C'è un'energia in tumulto che è pronta a esplodere.
Non so spiegarla bene, ma la cosa più vicina che mi descrive in questo momento, è uno di quei pupazzi a molla. Hai presente quelle scatole a sorpresa che spesso usano i clown per stupirti? Giri la manovella, giri, giri e rigiri; più giri e più una musichetta carina, tipo quella di un carillon, esce dalla scatola. È così pacifico quel momento. Potresti stare ore e ore in quell'armonia assoluta dove sai che niente andrà storto. Ma in realtà, quelle sono solo apparenze...
All'interno della scatola, c'è una bestia, un pupazzo infuriato caricato a molla. È stato fin troppo a lungo in quella scatola, rinchiuso. E cosa succede a chi rimane troppo chiuso in un posto, senza via d'uscita?
Non vede l'ora di uscire! Di uscire, scattare da quella maledetta scatola e far vedere a tutti che una scatola buia non è il posto che si merita.
Nessuno dovrebbe vivere in una scatola. E nemmeno io. Oggi non rimarrò al posto che mi era stato assegnato; un posto dove i prepotenti possono gestirti e comandarti quando gli pare e piace. Oggi, riscriverò la mia storia e sarò in grado di andare ovunque io voglia, a testa alta!
Non avevo mai avvertito una sensazione del genere. Forse è proprio così quando ci si sente al posto giusto nel momento giusto.
La macchina decelera, torno alla realtà. Siamo arrivate a scuola.
"Mamma, grazie per il passaggio."
"Vieni qui, dammi un bacio."
È adorabile. L'abbraccio e le do un bacio sulla guancia.
"Martha, come stai?"
"Meglio. Avevi ragione. Oggi sono più lucida."
Le sue mani delicate mi accarezzano la guancia, ha uno sguardo tenero, come se mi avesse visto per la prima volta. "Ti voglio bene."
"Anche io." Apro la portiera e faccio per andarmene.
Non passa neanche un secondo che mamma mi afferra il polso. "Come mai porti gli occhiali da sole?"
Speravo non me lo chiedesse. "Diciamo che ho dormito poco ieri notte." Perché ho vomitato anche l'anima. Questo è meglio non dirlo. A proposito, le ho finito il vino! Più tardi dovrò trovare una scusa decente. Dopo questa, basta bugie. Sarà l'ultima!
Fa un cenno con la testa e mi accarezza la spalla. "Non preoccuparti. Aggiusterai tutto."
"Lo farò. Grazie."
"Dopo scuola se ti va, parliamo un po' di quello che è successo."
"Va bene." Sorrido. "A dopo." Esco dalla macchina.
Devo concentrarmi su oggi. Quello che è successo ieri notte è acqua passata, ho altre cose di cui preoccuparmi in questo momento. Dove sono Karol e Miriam?
Gli sguardi delle persone mi punzecchiano. Credo che quella serpe di Chloe abbia alimentato le sue voci di corridoio riguardo la mia gravidanza.
Come fa la gente a crederle? Cioè, è palesemente una bugiarda.
Un urto sulla spalla mi fa fare un passo in avanti. Ma che diavolo?! È stato un ragazzo dai capelli lisci, occhi neri e una felpa verde chiaro.
"Scusami, non volevo colpirti, stavo parlando e... Ah, sei tu!"
"Ci conosciamo?"
Un suo amico, col cappello rosso e un tatuaggio tribale sul collo, si interpone tra noi due. "Devi scusarlo è un imbranato. Martha, giusto?"
Faccio di sì con la testa.
"Stai bene? Sappiamo che tu, insomma, sì... Sei, come dire?"
Oddio. Che imbarazzo. "Incinta?"
Il ragazzo che mi aveva urtato prende parola. "Davvero, non l'ho fatto apposta. Non ti ho spinta per prenderti in giro, sono solo distratto."
Il ragazzo col tatuaggio si toglie il cappello, svelando dei capelli rasati. "Non siamo come gli altri. Noi siamo con te. Se vuoi portare avanti la gravidanza, non ti giudicheremo. Voglio dire..."
"Frena. Frena. Non sono incinta."
"Non devi vergognartene."
"No, forse non hai capito."
"Sono cose che succedono..."
"Ma a me non è successo! E se pure fosse successo, sono fatti miei."
Rimette il cappello in testa. "È proprio questo che volevo dire. Non sono bravo con le parole." Schiarisce la voce. "Volevo solo dirti di non dar retta a quello che dicono gli altri e che noi non siamo come quelli che ridono alle tue spalle."
"Grazie per il pensiero, ma non sono incinta. È stata tutto una messinscena di Chloe."
"Chloe, eh? L'amica bugiarda di Jasmine?"
Ok, finalmente qualcuno che se n'è accorto, non sono fuori di testa. "Proprio lei. Mi ha visto baciare David e ha messo in giro quelle voci."
Il ragazzo dell'urto si mette le mani tra i capelli. "Lo sapevo che poteva esserci il suo zampino. Quella ragazza è il demonio in carne e ossa."
"Vedo che non piace proprio a tutti."
"Non dovrebbe piacere proprio a nessuno! Chloe ha rovinato tutto il mio primo anno di scuola. Stupida bugiarda. Lo sapevo che questa cosa della gravidanza poteva essere opera sua. Perfida strega maledetta."
"Che ti ha fatto?"
"Cosa mi ha fatto? Ha fatto credere a tutta la scuola che durante la lezione di teatro, avevo..." Fa una breve pausa e, imbarazzato, si gratta il capo. "Come dire? Chloe ha detto che mi ero liberato dall'aria che avevo nella pancia."
"Non dirmi che tu sei... Sì, insomma, tu sei..."
Guarda altrove. "Credo di sì."
"Oliver la Scorreggia."
L'amico tossisce un sorriso e si becca un pugno sulla spalla. "Aia."
"Non dire quel nome."
Faccio un impercettibile sorriso, ma subito mi do un contegno. "Scusa, era solo per capire se avevo capito."
"Quella bambina capricciosa mi ha fatto patire le pene dell'inferno. Ci ho messo un intero anno per far capire alla gente che non avevo mai fatto una cosa del genere."
"Mi dispiace, sarà stata dura."
Scrolla le spalle. "Dopo, per fortuna, lei ha iniziato a sparlare di altre persone, sai come fa lei, e la gente ha preso di mira altri disgraziati. Mi sono salvato solo per questo."
"Chloe non può passarla sempre liscia."
"È la Regina delle Bugie. Ha la scuola in pugno! Poi c'è quella Jasmine, che non fa altro che darle corda."
Ha ragione, sarà difficilissimo farle cadere la corona, nonostante il piano di Karol. Forse questi due ragazzi possono aiutarmi.
"Dicevi che stavi alla lezione di teatro, non è vero?"
"Sì, lo faccio come attività extrascolastica. Perché?"
"Per caso avete delle casse amplificate?"
"Sì, ne abbiamo quattro, sono anche molto potenti. Cosa hai in mente?"
"Dobbiamo fare le cose in grande. Dobbiamo far cadere la corona a Chloe."
"E in che modo?"
"Io e le mie amiche abbiamo un piano."
"Martha!" Karol si avvicina, ha in mano una busta rossa con disegnati sopra degli alberi di Natale. "Ti stavo cercando."
Miriam è al suo fianco, anche lei ha una busta, blu notte e con simpaticissime stelle sorridenti che salutano.
"Ciao, ragazze. Ho una splendida notizia."
Miriam sgrana gli occhi. "Quale?"
"Questi due ragazzi fanno teatro."
"Ah, buon per loro." Gli fa un sorriso di cortesia. "Però, noi dovremmo organizzare quella cosa, ricordi?"
"È proprio di questo che sto parlando. Loro sono dei nostri."
Il ragazzo del cappello si gratta il petto. "Ragazze, scusate, ma di che state parlando?"
"Volete aiutarci a spodestare la Regina delle Bugie?"
Oliver fa un passo avanti. "Farei di tutto."
"Bene. Allora dovete recuperare quelle quattro casse e piazzarle agli angoli del campo da basket. Non il campo all'aperto, ma quello al chiuso. Al resto ci penso io. Potete farlo?"
I due ragazzi si guardano interdetti.
Quello col cappello scuote la testa. "Impossibile. Tra poco ci sarà l'amichevole dei ThunderDevils. Il preside ha dato il permesso di sospendere le lezioni. Sai che significa?" Si aspetta una mia risposta, ma io sto zitta. "Significa che tutta la scuola sarà lì a vedere la partita, compreso il preside."
Sfoggio un sorriso beffardo. "E quello sarà il nostro momento ideale per entrare in azione."
Entrambi scuotono la testa, il loro volto è imbronciato.
"Ragazzi, so che ci potrebbero essere conseguenze, ma chi di voi ha voglia di vedere quella stronzetta bugiarda senza un reame?"
C'è un certo luccichio nello sguardo di Oliver. Ho la sua attenzione.
"Chi di voi ha voglia di far capire a tutta la scuola che quello che fa è sbagliato?" Faccio una pausa per fare risuonare le parole nelle loro teste. "Volete o no che Chloe non prenda più di mira nessuno di noi? Volete o no che la scuola veda chi lei sia veramente?" Altra pausa. "Vedo in questa missione, un momento di riscatto. Un momento di cui tutti noi abbiamo bisogno. E non intendo noi che siamo qui. No! Intendo tutti quei ragazzi e quelle ragazze, che camminando per questa scuola, hanno dovuto abbassare i loro sguardi e sono rimasti al loro posto per paura di aggravare la loro situazione. Quello che faremo è per tutti quelli che non si sono sentiti inclusi totalmente, che non hanno potuto esprimere sé stessi per paura che qualcuno come Chloe diffondesse strane dicerie." Altra pausa, i due mi fissano meravigliati. "Tutte quelle persone stanno aspettando noi. Tutte quelle persone vorrebbero che noi agissimo. Tutte quelle persone vorrebbero avere il nostro coraggio. E forse, con le nostre azioni, gliene daremo quanto basta per alzare lo sguardo. Facciamogli vedere cosa significa avere coraggio. Facciamogli vedere che facciamo questo per tutti noi. E, infine..." Li guardo dritto negli occhi. "Dimostriamo a Chloe che noi non abbiamo paura!".
I due mi fissano, stringendo i pugni. Le loro facce sono serie e le sopracciglia sono corrugate. Quegli sguardi arrabbiati e determinati mi fanno capire che c'è speranza. Forse mi sto solo suggestionando, non lo so, ma credo che vorranno partecipare al nostro piano. Meglio aspettare qualche secondo e vedere se hanno un qualsiasi tipo di reazione.
Si lanciano uno sguardo, credo sia di preoccupazione. Credo abbiano paura di fallire. Oliver serra la mandibola, un ampio respiro gli fa gonfiare il petto e, infine, scuote la testa per dire sì.
Il ragazzo col cappello viene contagiato dal coraggio e annuisce con fierezza. "Anch'io sono con te! Il nostro amico Charlie può darci una mano, conosce tutti quelli del teatro."
"Allora andate, e portate quelle quattro casse al campo da basket, tra poco ci sarà la partita. Faremo vedere a tutti che il nostro turno è arrivato. Adesso giochiamo noi!"
Oliver sorride. "Ho aspettato questo giorno da tempo. Non m'importa se il preside ci metterà in punizione. È la cosa giusta da fare! Jason, andiamo!"
I due ragazzi si congedano entusiasti.
Miriam mi guarda attonita. "Wow! Che c'era in quel vino ieri notte? Ne voglio un po' anch'io!"
"Non mi parlare di vino che potrei vomitare da un momento all'altro."
"Comunque ti stanno bene gli occhiali da sole."
"Smettila! La luce mi dà ancora fastidio." Rido. "Avete portato tutto?"
Karol alza la busta rossa con gli alberi di Natale. "Ti ho portato la tutina gialla di mia sorella."
Miriam rilancia con quella sua blu notte e con le stelline sorridenti che salutano. "Io invece ho il pacchetto di sigarette e il vasetto con la Dahlia."
Appoggio le mie mani sulle loro spalle. "Perfetto, c'è tutto."
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