Capitolo 10 - Dolore senza fine

Mi piace come porta la macchina David. Ha una guida rilassante.

"Martha, mi dici dove stiamo andando?" Sfoggia un bellissimo sorriso.

"Tu gira a sinistra, non preoccuparti."

"Dai, non puoi farmi rimanere sulle spine in questo modo."

"Certo che sei troppo impaziente. Devi solo aspettare."

C'è silenzio, ma dura poco. "Sono curioso. E se mi stessi portando in un bosco per uccidermi?"

Gli sparo un'occhiataccia. "Pensi che sarei in grado di fare una cosa del genere?"

"Non lo so, se ne dicono tante in giro." Gira a sinistra.

"Eh, sì. Milioni di ragazzi vengono uccisi nel bosco da una ragazza."

Riflette. "E se tu fossi l'eccezione che conferma la regola?"

"Se non la smetti, ti porto al bosco." Sorrido.

"Non so se mi piacerebbe il bosco di notte."

"Perché no? Le foglie a terra che scricchiolano, il terreno umido che si attacca alla scarpe, i lupi in lontananza che ululano alla luna e... Zac!" Lo colpisco al fianco con la mano.

Sussulta e sbanda con la macchina. "Ma sei pazza? Mi hai fatto prendere un colpo!" Fa una risatina nervosa.

"Ti sei messo paura?"

"Chi? Io? No, no, figurati."

"Dillo che ti sei spaventato. All'incrocio, gira a destra."

"Non me l'aspettavo. L'hai fatto all'improvviso." Si gratta la nuca e gira a destra. "Comunque, non ci sono le foglie a terra in questo periodo nel bosco."

"Lo dici tu."

"Non lo dico io. È così." Sgrana gli occhi. "Ho capito! Hai preparato il mio letto di morte con le foglie."

"E qualche candela profumata qua e là."

"Carino. È per fare atmosfera?"

"Non so se è più inquietante o romantico..."

"Direi più inquietante."

Faccio finta di riflettere. "Sì, direi di sì. Gira di nuovo a destra e siamo quasi arrivati."

"Se non fosse che hai architettato tutto questo per farmi passare a miglior vita, direi che stiamo andando a scuola in questo momento." Gira a destra.

"Dici?" Muovo le sopracciglia su e giù.

"Cosa? Non dirmi che hai intenzione di ammazzarmi a suon di ripetizioni di storia."

"Ognuno ha i suoi metodi. Questi sono i miei." Siamo arrivati. "Entra in quel vicolo."

"Non ci credo che davvero vuoi uccidermi dalla noia. Se me lo avessi detto, non sarei venuto."

Gli do un colpetto sulla spalla. "Parcheggia."

Ecco il muretto della scuola. Una sensazione opprimente mi arriva al petto. Mi manca l'aria e sento che mi mancano le forze. Forse non sarei dovuta venire qui. Non credevo che questo posto mi facesse questo strano effetto. Chissà se riuscirò mai a cancellare questa sensazione adesso che sono con David.

"Martha, che hai?"

Rinsavisco. "No, niente. È solo che la scuola di notte mi fa uno strano effetto."

"Anche a me un po'."

"Tu che sensazione hai?"

"Non so, la mattina, succedono tante cose lì dentro e ora non sta succedendo niente. Non lo so, è strano."

"Vorrai dire 'per ora' non sta succedendo niente."

David mi guarda sbigottito. "Che intenzioni hai?"

"Oggi scavalcheremo il muro della scuola." Esco fuori dalla macchina.

"Cosa? Guarda che mi tocca fare."

Chiudo la portiera. "Dai, vieni. Ti faccio vedere che dentro è bellissimo."

"Non pensi che ci potremmo mettere nei guai?"

"Non succederà niente. Promesso." Mi avvicino al muro. "Vieni, mi devi aiutare."

"Ti devo prendere in braccio?"

"No, metti le mani così." Incrocio le dita come aveva fatto Paul. "E io mi do la spinta per salire."

"Un po' turbolenta come prima uscita, non credi?" Accenna un sorriso.

"No, normale amministrazione."

Si avvicina al muro e incrocia le dita per farmi salire. L'ho già fatto in passato, dovrei farcela tranquillamente.

Metto il piede sulle sue mani e mi appoggio sulle spalle. "Conto fino a tre. Poi, mi dai una spinta."

"Certo che con te non ci si annoia mai, eh?"

Sorrido. "3... 2... 1..." Stendo la gamba e David mi dà una buona spinta per salire in alto. Afferro il muro ruvido con le mani. "Ci sono. Spingimi un po' più su."

Metto il ginocchio sul muro. Ce l'ho fatta. Sono a cavalcioni. "Presto. Tocca a te."

"Prossima volta cinema?"

"Prossima volta cinema."

Trova le fessure nel muro che aveva trovato Paul e, senza che gli dia altre indicazioni, in un attimo è su, di fronte a me, a cavalcioni.

"Voi ragazzi sapete tutti scavalcare in questo modo?"

"Non conosco tutti i ragazzi del mondo."

Le nostre scarpe si toccano, proprio come quella volta. Perché penso di nuovo a Paul? Le ritraggo.

"Adesso dovresti scendere e poi, mentre scendo io, tu mi accompagni nel movimento, ok?"

"Ah, prima mi porti a scuola di notte e poi non sai neanche scendere da sola?" Mi guarda con quei suoi occhi dolci.

"Ti prego." Sbatto le palpebre per intenerirlo.

"Hai qualcosa nell'occhio? Aspetta che te la levo." Mi sposta i capelli con una mano e mi apre le palpebre con indice e pollice.

Rido. "Si è tolta?"

"Non ancora. Forse devo vedere da più vicino."

Si avvicina e mi porta le gambe sulle sue cosce. Sono avvinghiata a lui, porta la sua mano dietro la mia nuca e ci baciamo.

Mi piacciono i suoi baci, mi fanno sentire bene. Continuiamo a baciarci e porto le mie mani tra i suoi capelli. David è davvero carino, mi trovo bene con lui, ma perché sto pensando ancora a Paul?

Mi stacco. "Credo che quella cosa nell'occhio si sia tolta."

"Dici? A me non sembra." Si avvicina per darmi un altro bacio.

Poso la mia mano sul suo petto per fermarlo. "Voglio portarti in un posto."

Sconfitto, abbassa la testa. "Non ti basta stare sul muro? È bello qui. Si vedono la scuola, i lampioni accessi, il campo da basket, quella bellissima quercia."

"Piace anche a te la quercia?"

"Sì, mi ha sempre dato un senso di serenità. Poi mi piace quando il vento muove le foglie, fa quello strano rumore."

"Anche a me piace il fruscio delle foglie."

"Ecco, qual è la parola. Fruscio."

Non posso dirgli che a volte penso che la natura voglia dirmi qualcosa con quei suoni, mi prenderebbe per pazza.

David guarda l'albero, non avevo notato che avesse questo bel profilo. "Se ti dico una cosa, mi prendi per pazzo?"

"Ormai, sono pronta a tutto."

"Ok, ma non ridere."

"Promesso."

Fa un bel respiro. Si sta aprendo con me, credo voglia dirmi qualcosa di profondo. Non è da tutti.

"A volte, penso che dietro a quei suoni del vento, delle foglie e della natura in generale, ci sia qualcosa di più. Non so come spiegarlo."

"Come se la natura voglia dirti qualcosa? Magari suggerirti cose?"

Alza lo sguardo. "Sì, ora vorrai andare via con la mia macchina, lasciarmi qui e chiamare la polizia."

"No, anzi. È una cosa bella questa che mi hai detto."

"Dici?"

Gli prendo le mani. "Vieni con me. Ti porto in un posto stupendo."

Me le accarezza con i pollici, poi mi dà due schiaffetti sulle cosce con entrambe le mani.

"Aia." Rido e gli do una spinta.

"Allora, scendo prima io e poi ti aiuto. Andiamo in questo posto."

Tolgo le gambe che ho su di lui, fa un salto e ammortizza sulle gambe.

"Ecco, ora scendo."

Questa è la parte più pericolosa di tutte, lo posso fare cento volte, ma avrò sempre paura di spaccarmi la faccia contro il muro. Voglio farmi vedere coraggiosa da David.

Sistemo le cuffie che ho sul collo e infilo bene il Walkman nella tasca.

Porto la gamba giù e mi calo. Le mani tempestive di David mi stringono le caviglie.

"Ora mi lascio andare."

"Ti ho presa, vai."

Stacco le mani, David mi fa scorrere tra le sue braccia. L'atterraggio è stato leggerissimo.

"Visto. Ti ho presa."

"Ho visto. Sei stato bravissimo."

"Dov'è questo posto?"

"Seguimi e lo scoprirai." Gli prendo la mano e lo porto con me.

Camminiamo nel silenzio della notte, ormai non mi fa più tanta paura. Sì, certo, ancora penso che ci possa essere un serial killer dietro ogni angolo cieco, ma adesso è diverso. Non provo più quella brutta sensazione, è rimasta solo quella positiva, di avventura.

"Martha, fai spesso questa cosa?"

"Non sempre. Solo un paio di volte a settimana. Di solito, il mercoledì e il venerdì."

"Negli altri giorni della settimana, ti intrufoli negli appartamenti delle persone?"

"Ci sto lavorando per quello."

Arriviamo al cespuglio, dietro c'è la scala a pioli. La prendo e la poso sul muro del tetto, al di sopra della porta mezza rotta.

"Vorresti salire lì sopra?"

"Lassù è uno spettacolo. Ti faccio vedere."

Salgo prima io, lui mi segue.

"Wow, è vero. Da qui è bellissimo."

"Te l'avevo detto." Mi sdraio, David fa lo stesso.

"Come hai scoperto questo posto?"

Non posso dirgli che me l'ha fatto scoprire Paul. Che gli dico?

"Non lo conoscevi?"

"No, è la prima volta che salgo qui. Per non parlare del fatto che è notte, la scuola è chiusa e credo sia reato quello che stiamo facendo."

"Non stiamo dando fastidio a nessuno."

"Vero. Sarebbe peggio se entrassimo a scuola, magari scassinando la porta." Ride e mi guarda dritto negli occhi.

"Sì, quello sarebbe peggio." Gli stringo la mano.

Spero che la storia dell'ufficio del preside non si venga mai a sapere. Non tanto per il fatto che sia un reato. Cioè, una cosa del genere non la farei mai più per nessun motivo al mondo. Una volta è stata sufficiente per capire che è stata una cazzata. Sono stata molto fortunata che il preside non abbia chiamato la polizia. Mi vengono i brividi solo a pensarlo. Inoltre, quella stupida Prova, mi ha avvicinata a Paul ed è stata la cosa più brutta che mi potesse capitare.

"Martha, a che stai pensando?"

"No, niente. Pensavo che mi piacciono i tuoi capelli." Le mie dita scorrono tra i suoi capelli.

"Ti piacciono? Io, in realtà, avevo intenzione di cambiarli."

"Come li vuoi fare?"

"Pensavo biondi."

"Biondi?"

"Sì, ma non tutti biondi. Solo qualche ciocca qua e là."

"Non so se staresti bene."

"Voglio provare. Se non stanno bene, me li faccio tutti biondi o li tolgo tutti."

"No, tutti no! Mi piacciono i tuoi capelli."

Ruota il corpo verso di me, siamo attaccati. "Anche i tuoi capelli mi piacciono."

Le nostre labbra si rincontrano, stavolta con i nostri corpi attaccati. Le sue gambe si incrociano con le mie, il suo addome spinge su di me, il suo petto trova il mio.

Con David è diverso. Non sarà Paul, ma lui mi piace davvero e spero che vada bene fra di noi. Penso proprio che possa essere l'unico che possa farmi dimenticare quella brutta storia.

"Martha!" È Paul, ha la testa che sbuca dalla scala a pioli.

Il bacio s'interrompe. Che ci fa qui?

"Paul, che ci fai qui?"

Guarda giù dalla scala. "Niente ero venuto a fare un giro."

"Di notte? Da solo?"

"C'è Martha lassù?" È Jasmine.

"Volevi portare Jasmine. Di' la verità?"

"Vedo che invece tu non hai perso tempo e ci ha portato David."

Jasmine urla. "C'è anche David?"

Paul guarda in basso. "Non gridare!"

David mi guarda dispiaciuto. "Ecco perché non mi hai risposto alla domanda. Eri già stata qui, con lui."

"No, aspetta, ti devo spiegare come sono andate le cose."

"Martha, mi hai mentito."

"Non ti ho mentito, ho solo omesso questa cosa. Te l'avrei detta dopo."

"Dopo quando?"

"In un altro momento."

David si alza. "Immagino." Guarda in direzione della quercia. "Per me l'appuntamento è finito qui. Me ne vado." Si alza.

"No, aspetta. Voglio spiegarti tutto. Fammi spiegare, ti prego." Gli afferro il polso per trattenerlo.

"Oggi, non voglio sentirti. Me lo spieghi un altro giorno."

Mi alzo. Non posso farlo andare via. Tengo veramente a lui. Voglio partire da zero.

David è vicino la scala a pioli, fissa Paul. "Spostati che devo scendere."

"Avete già finito? Se vuoi passo più tardi."

"Smettila, non fare lo stronzo!"

"A chi hai detto stronzo?"

"L'ho detto a te, perché stai facendo lo stronzo."

Paul sale sul tetto. "Ripetilo se hai il coraggio."

"Non voglio litigare, voglio solo scendere da questo posto e tornare a casa. Tu, invece, mi stai provocando. Perché non te ne torni a casa da papà?"

Paul sgrana gli occhi, gli dà uno spintone e David fa un passo indietro.

"Ragazzi, state calmi." Mi metto tra di loro.

Paul lo guarda in cagnesco. "Non mettere in mezzo mio padre!"

"Non ho offeso tuo padre. Volevo solo dire che mi devi lasciare in pace e che voglio andare via."

"Però hai messo in mezzo mio padre." Gli dà un'altra spinta, stavolta David reagisce quasi allo stesso istante, restituendogliela.

"Paul, non voglio litigare."

Gli dà un'altra spinta. "Ti ho visto che giri come una mosca intorno a Jasmine?"

"Non è vero. È una tua impressione. Con lei ho chiuso."

Ma perché Paul si comporta in questo modo rissoso? Non immaginavo fosse così, non lo riconosco.

"Ah, sì? Hai chiuso? E ora ti sei buttato su Martha?" Si avvicina a muso duro.

Mi interpongo. "Paul, che stai dicendo? Mi stai mettendo paura. Stai calmo."

"Martha, stai attenta. Si parla male di David in giro. Si dice che si diverta a rovinare la vita delle ragazze."

David gli dà uno spintone e Paul gli sferra un pugno.

"Basta, fermatevi."

Paul prende David alle gambe e lo fa cadere a terra.

"Cosa sta succedendo?" Jasmine urla.

I due continuano ad azzuffarsi, rotolano, si strattonano, si prendono a pugni.

Mi precipito verso di loro, voglio dividerli, ma sento che sono troppo rigidi, entrambi stanno facendo troppa forza per me.

"Basta! Basta!"

Rotolando mi spingono, il Walkman esce dalla tasca e le cuffie si staccano. Provo a prenderlo al volo, ma non ci riesco. Ruzzola sul tetto, il rumore di plastica che urta la superficie mi raggela il sangue. Mi lancio per afferrarlo, ma perdo di vista il Walkman. È caduto giù.

Non riesco a frenare lo slancio che mi sono data e mi ritrovo con il corpo metà fuori e metà dentro. Sono in bilico e mi scappa un urlo.

Sto cadendo! Sto cadendo! Sto cadendo! Non riesco a risalire con tutto il corpo sul tetto. Mi reggo con tutta la forza che ho, le unghie stridono, la gomma della scarpa fa attrito e cerca maggiore appoggio. I muscoli mi stanno cedendo, non ho più forza. Metto anche l'altra mano sul tetto, ma la gamba non ce la fa più e scivola via.

Sono aggrappata con la sola forza delle mie braccia e questa si sta esaurendo. Mando un altro urlo, il dolore sotto le dita è insopportabile, i muscoli degli avambracci potrebbero strapparsi da un momento all'altro.

Forse se cado di gambe non muoio. Il tempo di pensare a quali ossa dei piedi mi sarei potuta rompere che vedo la testa di David sbucare dal tetto.

"Martha, ora ti prendo."

Mi afferra le mani e tira verso l'alto. Riesco ad appoggiare i piedi sul muro e mi do qualche spinta. David ha la faccia rossa dallo sforzo, ma continua a tirarmi. Ho il ginocchio sul tetto, un ultimo sforzo e sono salva. Lui rovina a terra e io non sono più in bilico. Sono viva!

Stavo per morire, ho il cuore a mille, il respiro è affannato, le mani mi fanno male.

Sono sconvolta. Il Walkman! Mi porto a gattoni sul bordo del tetto. È distrutto.

L'unica cosa che avevo di mio padre è a terra, aperta a metà, proprio come il mio cuore adesso. Quella crepa che da tempo stava ramificando nel profondo, adesso ha compiuto il suo viaggio. Ha completato quello che aveva iniziato, ha realizzato il suo obiettivo. Un vuoto interiore abissale che può essere colmato solo da un dolore senza fine.
Un dolore che mai nessuno potrà levarmi.

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