𝟓𝟔. Per lui

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"Quando cresci il tuo cuore muore."

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SOOYUN


Venerdì 23 Aprile 2021

Non mi ero mai resa conto di quanto potesse essere gratificante camminare, non fino a quel momento perlomeno. Ero sempre stata così tanto impegnata a preoccuparmi di Yeosang e i soldi da restituirgli, da non essermi preoccupata un solo giorno del tempo che si stava pian piano sbriciolando davanti ai miei occhi. Tempo che non avevo mai sfruttato per vivere come una persona normale.

Non c'era stata una sola volta, negli ultimi anni, in cui mi fossi soffermata sulla strabiliante bellezza degli alberi di ciliegio, del cinguettio dei passerotti che svolazzavano sopra la mia testa o anche soltanto del sole che illuminava la nostra città. Fu come un vero e proprio risveglio per me.

I miei piedi si fermarono a un passo dall'entrata del Dragonfly, mentre una folata di vento mi spostò lateralmente i capelli appena lavati. Erano passati diversi giorni dall'ultima volta che avevo visto o parlato con la polizia, poiché loro non si erano più fatti sentire, e questo per me era molto strano. Sapevo che avrebbero dovuto fare alcune domande anche a Jungkook e gli altri ragazzi, tra cui Eleonor... E allora perché questo ancora non era successo?

Spinsi la porta, inoltrandomi così all'interno del mio locale preferito. Un'ondata di buoni odori mi invase le narici, facendomi sorridere in automatico. Gli occhi delle persone al suo interno subito caddero sulla mia figura; alcuni erano semplicemente curiosi di vedere chi avesse appena fatto il proprio ingresso, altri invece parvero felici di vedere i miei. Più precisamente, quegli occhi felici di vedermi furono quelli di Jimin, Yoongi ed Eleonor.

Durante quella settimana, non avendo molto da fare dal momento che avevo deciso di prendermi una pausa da scuola, avevo deciso di passare gran parte del mio tempo in loro compagnia. Mi aiutavano a non pensare e, di conseguenza, a non rimuginare su me stessa e sulle mie azioni passate. Erano stati molto comprensivi e supportivi nei miei confronti, non avevano mai neanche accennato a ciò che era accaduto e, soprattutto, nessuno di loro mi aveva mai fatto domande invadenti.

Perché frequentavi un ragazzo pericoloso come Yeosang, Sooyun?

Come hai potuto entrare a contatto con il mondo della droga?

Erano solo alcune delle tante domande che mi sarei aspettata da parte loro e giurai di essere pronta a sorbirmi tutte le loro sgridate, ma non andò così. E, per questo, non potei che ringraziarli profondamente.

«Cosa vi porto?»

«Jimin, per caso hai ancora quei strani dolci gommosi colorati?» domandai, prendendo posto allo stesso tavolo al quale era seduta Eleonor.

«I mochi?»

«Si, penso si chiamino così»

«Strani dolci gommosi..» Jimin sbuffò scuotendo la testa, «Guarda che sei l'unica a non aver ancora mai mangiato dei mochi qui in Corea. Quella strana sei tu»

Inarcai un sopracciglio, guardandolo male dal basso. Non mi ero offesa, anzi, un piccolo sorriso trattenuto non fece a meno di spuntare sulle mie labbra.

«Non sono io che ho sul retro della mia schiena la scritta "Rischio di soffocamento"»

Jimin scoppiò a ridere alle mie parole, peccato che la mia non fosse una battuta. Anche Eleonor ridacchiò divertita per come avevo risposto, coprendosi teneramente la bocca con una mano.

«Hai sentito Minjee e Seokjin?» mi domandò Eleonor sorseggiando un po' del suo thè caldo. «Yoongi mi ha detto che lavorano quasi tutto il giorno, soprattutto Minjee»

Aggrottai la fronte quando sentii le ultime parole. Sapevo che Seokjin fosse parecchio impegnato con la scuola, ma Minjee era autonoma e, perciò, non aveva veri e propri orari fissi. La piccola bottega di cui si occupava le apparteneva, era lei il capo di se stessa, quindi non vidi per quale motivo avesse aumentato le ore lavorative... Che fosse per distrarsi da me? Oppure.. da Taehyung.

«Sono passata da Minjee l'altro ieri, mi ha offerto dei biscotti molto buoni che cucina spesso per Seokjin e abbiamo parlato un po'» risposi sollevando le spalle, dispiaciuta nel non aver fatto caso all'eventuale pressione che quella donna stesse sentendo su di sé da quando le nostre vite erano state stravolte a causa mia.

Non dovevo dimenticarmi che mio fratello, d'altronde, fosse anche un suo amico molto stretto. Erano sempre stati un gruppo molto unito, tutti loro insieme erano legati da un'amicizia lunga e sincera, un'amicizia per cui io avevo quasi provato invidia. Io non sapevo cosa significasse conoscere fin da piccola delle persone tanto buone, speciali e pronte a tutto pur di farti stare bene.

Non appena mi accorsi del pizzicore che sentii agli occhi, decisi subito di smettere di pensare a Taehyung. Non volevo piangere di nuovo, non lì davanti a tutti.

«Tieni, questi sono i tuoi strani dolcetti gommosi»

Sorrisi nel risentire la voce di Jimin, il quale si era avvicinato proprio per portarmi un piattino pieno di mochi. Erano tanti e di colori diversi, ma il loro aspetto non era rassicurante. Avevo sempre avuto paura di mangiarli da piccola e, con il passare del tempo, non avevo mai pensato di assaggiarne qualcuno. Ne presi uno rosso, ispirandomi maggior fiducia proprio grazie al colore, e gli diedi un piccolo morso.

Era strana la sua consistenza, un po' appiccicosa, ma buona. Sorrisi da sola ai miei stessi pensieri e, forse, quel leggero senso di leggerezza e felicità fu anche grazie a quella dolcezza che si stava espandendo sulle mie papille gustative. Annuii soddisfatta e incredibilmente sorpresa, non aspettandomi potessero essere così buoni questi mochi, per poi afferrarne un altro.

«Quando riprenderai con la scuola?» mi domandò Eleonor, cercando di mandare avanti una conversazione che io difficilmente riuscivo a sostenere. Negli ultimi giorni, tranne che con Jungkook, era stato molto difficile per me parlare e aprirmi.

Sentivo dentro di me di avere così tante cose da dire, ma allo stesso tempo le parole venivano meno nel momento in cui provavo a farle uscire fuori. Cercavo di non pensare troppo, di non incantarmi troppo spesso e perdermi tra le nuvole, ma non era facile per me fare tutto questo. Ogni volta che aprivo gli occhi, il volto di Taehyung riappariva nei miei pensieri e, anche quando li chiudevo per dormire, era sempre lui che compariva dinanzi a me nel sonno. Il mio cervello non riusciva a proiettare altre immagini, se non quelle di Taehyung insieme a Yeontan, Taehyung che sorride, Taehyung che sia arrabbia, Taehyung che piange.

«La prossima settimana» risposi storcendo la bocca, «Ma non sono sicura di andarci»

«Devi cercare di ritornare alla routine, a piccoli passi, ma non devi rimandare» Eleonor rubò un mochi dal mio piatto, per poi dargli un morso e annuire alle sue parole. «Più rimandi e più sarà difficile, fidati di me»

Sospirai distogliendo lo sguardo dal suo e cominciando a torturarmi le dita della mano. Ero consapevole che avesse ragione ed era solo per questo motivo se mi stavo sforzando di comportarmi nel modo più normale possibile, però...

«Ogni notte faccio sempre lo stesso sogno-» tossii bloccandomi da sola, indecisa se proseguire o meno. Le mie parole subito attirarono l'attenzione della ragazza e io, pur essendo imbarazzata nel parlarne apertamente, risollevai la testa per guardarla dritta negli occhi. «Voglio dire, non è sempre lo stesso sogno, ma è la persona che compare ad essere la stessa» mormorai sentendo il naso pizzicare, gli occhi farsi lucidi.

Tossii ancora una volta per cercare di mascherare la mia voce spezzata, ricacciando indietro le lacrime.

«Taehyung?» mi chiese con premura e io annuii.

Spostai poi la mia attenzione su Jimin, che era al bancone a sistemare la cassa, notando che mi stesse guardando anche lui. Un piccolo e sincero sorriso comparve sulle sue labbra carnose, come per volermi dire di non piangere e che lui ci sarebbe sempre stato per me, ma non riuscii a ricambiare e sorridergli a mia volta. Non questa volta.

«Devo andare» mi alzai dalla testa senza preavviso e lasciai dei soldi sul tavolo per pagare i mochi. «Mi sono appena ricordata di dover fare una cosa»

«Oh, di già..?» Eleonor parve triste e, forse, non credeva neanche a ciò che avevo detto. In effetti, la mia era una bugia, però non mi importò di averlo fatto capire.

«Si, salutami Yoongi quando lo vedi»

Scappai fuori dal bar, dirigendomi a passo spedito verso la prima fermata dell'autobus. Presi le cuffie dalla mia borsetta, le collegai al cellulare e avviai la prima canzone della mia playlist preferita. Una volta scesa dopo quindici minuti di viaggio, una forte folata di vento mi colpì in pieno viso, facendomi rabbrividire dal freddo. Quel giorno il sole era coperto da qualche nuvola, quindi la luce scarseggiava e la temperatura non era particolarmente alta. Mi tirai il cappuccio della giacca sopra la testa e riparai le mani nelle tasche, come ero solita fare per ripararmi dall'aria fredda. Camminai muovendo i piedi e le gambe in maniera frettolosa, ma poi cominciai a rallentare sempre di più nel momento in cui vidi il grande cancello di metallo arrugginito. Non appena mi avvicinai maggiormente ad esso notai come una sua anta fosse semiaperta.

Di solito non c'era mai nessuno al cimitero, però forse quel giorno un'altra persona, proprio come me, aveva deciso di fare visita a qualcuno. Sorpassai il cancello senza preoccuparmene più di tanto, mi guardai a giro per controllare se ci fosse effettivamente qualcuno e, appena constatai che non ci fosse anima viva, mi avviai lentamente verso la tomba di Taehyung.

Percorsi il viale sterrato, fatto di sassolini ed erba verde, talvolta contornata da qualche selvatico fiorellino solitario. Non mi era mai piaciuto passare di lì in presenza di tante persone, per tal motivo preferivo assicurarmi che non fossero presenti persone oltre a me, decidendo quindi le fasce orarie che mi avrebbero assicurato maggior solitudine. Quello in cui andavo a trovare mio fratello, dentro di me, lo consideravo un momento intimo e che non volevo condividere con gente sconosciuta. Volevo parlare in libertà con lui, volevo che soltanto lui potesse sentirmi.

Mi ritrovai tuttavia a spalancare gli occhi e pietrificarmi sul posto non appena vidi che, contrariamente da quanto credessi, c'era eccome qualcun altro assieme a me al cimitero. Una figura poco più alta della mia, coperta da un cappotto lungo e rosso, era ferma in piedi con la testa abbassata, le braccia e le mani rilassate lungo i fianchi. Capii si trattasse di una donna per i lunghi capelli castani e le forme del corpo, ma ciò che mi confuse maggiormente fu vedere la lapide davanti alla quale d'un tratto si prostrò.

Corrugai le sopracciglia e, risvegliandomi di colpo dal mio stato di trance, mi avvicinai repentinamente a quella donna. Volevo sapere chi fosse la persona appena venuta a trovare mio fratello. Feci grandi falcate per raggiungerla, per poi diminuire sempre di più la cadenza con cui mi avvicinavo a lei. Mi scostai lateralmente, cosicché potessi vederle il profilo e, in un attimo, sentii il cuore saltarmi in gola.

«Mamma?» quella parola fu pronunciata con un filo di voce, come se avessi paura a dirla.

Lo sguardo della donna colta di sorpresa che si puntò nei miei occhi sgranati ebbe lo stesso impatto di una forte spinta sul mio intero corpo. Feci infatti un passo indietro nello schiudere le labbra e nel continuare a guardarla esterrefatta. Lei mi guardava a sua volta con le sopracciglia corrugate e gli occhi spalancati, avrei osato quasi dire spaventati.

Improvvisamente, un'ondata di rabbia pervase ogni muscolo del mio corpo e giurai di sentire talmente tanto calore da riuscire a contrastare il freddo di quella giornata.

«Sooyun-»

«Cosa cavolo ci fai tu qui?» chiesi duramente, facendola deglutire a disagio.

«Io volevo-»

«No anzi, non dirmelo» la interruppi irata, già stanca di averla sentita parlare. «Tanto qualsiasi cosa tu dica, per me non ha alcuna importanza» scossi la testa, prendendo maggiore distanza da lei. Questo mio gesto parve ferirla ancor più delle mie stesse parole. «Vattene»

«Ma Sooyun... I-Io-»

«Vattene via cazzo!» il mio grido acuto echeggiò in quel silenzio cupo che accompagnava ogni giorno e notte il cimitero in cui mio fratello riposava.

«Per favore, lasciami parlare un secondo-»

«Non sei neanche venuta al funerale! Con quale faccia ti presenti qui?» domandai furente avvicinandomi di un metro a lei e pugnalandola con il solo sguardo. «Tu non c'eri, non ci sei mai stata e ora ti prendi il lusso di farti vedere? Perché ora?!»

«T-Taehyung è mio figlio, Sooyun» mia madre singhiozzò, tentando di avvicinarsi a me con paura che potessi allontanarmi ancora di più. «E anche tu lo sei»

«Quindi è così che funziona? Tuo figlio m-muore e ti ricordi improvvisamente della sua esistenza?» mi maledissi da sola per aver balbettato appena nel parlare, ma cercai comunque di mostrarmi sicura di me e di nascondere tutta la sofferenza che, in men che non si dica, sembrava essersi amplificata alla sola vista di mia madre.

Un altro singhiozzo soffocato scappò dalle labbra secche e disidratate di mia mamma, mentre amare lacrime cominciarono a percorrerle il volto. Serrai la mascella e strinsi i pugni nelle tasche per cercare in tutti modi di trattenere le mie. Non avrei pianto, non davanti a lei.

«Ti chiedo scusa, Sooyun. Per tutto quanto, i-io... i-io non-» scosse la testa non riuscendo a esprimere appieno ciò che voleva dirmi. Il problema era che io non volevo saperlo, non volevo ascoltarla perché sapevo molto bene che, la sua voce e le sue parole, mi avrebbero fatto tremare il cuore. E no, non per la rabbia. «Non so davvero come farti capire quanto io ti voglia bene e che non mi sono mai, ripeto, mai dimenticata di voi. Non riesco a perdonarmi ciò che vi ho fatto. I-Io vi ho sempre pensati, io-»

«Taehyung forse ti avrebbe dato una seconda possibilità..» sibilai scuotendo la testa, guadagnandomi uno sguardo insolito da parte sua. Non capii se si trattasse di delusione, rimpianto o semplice tristezza. «Ma non io»

Mia madre fece due passi indietro, profondamente colpita da ciò che le avevo detto. Mi guardò con un'espressione colma di sofferenza e odiai sentire qualcosa dentro di me spezzarsi a tale visione. Ma lei non era la mia mamma, non lo era da molto tempo. La mamma che ricordavo di avere, anzi, la mamma che io volevo ricordare di aver avuto era premurosa, dolce e perennemente preoccupata per noi.

«So che aveva cominciato a trovarti in ospedale per aiutarti con la riabilitazione e so anche che, nonostante non lo abbia mai ammesso, cercasse in tal modo di riavvicinarsi a te per capire se ci fosse qualche possibilità che tu potessi tornare da noi, come una volta» annuii quando pronunciai in un sussurro le ultime parole, appiattendo le labbra e tirando su con il naso. «Lui lo faceva per me. L'ho capito, sai?» ammisi e una lacrima scivolò sulla mia guancia.

«S-Sooyun..» fece un passo verso di me e io cercai di addossarmi l'espressione più fredda che potessi fare, ma purtroppo fallii miseramente.

«Sperava che tu riuscissi a sistemare le cose, una volta uscita dalla riabilitazione. L-Lui voleva che tu facessi ritornare tutto apposto perché non si sentiva in grado di gestire tutto quanto da solo» la mia voce si spezzò, mentre ormai per me fu impossibile trattenere le lacrime. Sorrisi con amarezza, ricominciando a sentire un forte macigno premere al centro del mio petto. «Del resto eri sua mamma-»

«Lo s-sono ancor-»

«Tu eri la sua mamma, ma hai lasciato sulle sue spalle ogni responsabilità!» alzai la voce di colpo, facendola spaventare. Mi sentivo così tanto frustrata e impotente, l'unica arma che avevo per difendermi e buttare fuori questi miei continui sensi di colpa erano le lacrime e le urla. Nient'altro. «E adesso torni qui, recitando la parte della brava e povera madre in lutto per la morte del proprio figlio, cazzo ma non ti fai schifo?»

«Io non sto recitando!» mi gridò contro a sua volta con il volto stravolto dal pianto.

Risi sinceramente divertita per la sua risposta, guardandola disgustata.

«Ah no?»

«A me importa di voi, di te-»

«Sai quanti anni ho adesso?» domandai scaturendo della pura confusione in lei.

«Diciotto»

«E sai quanti ne aveva Taehyung?»

Mia mamma rimase in silenzio per dei secondi che parvero durare all'infinito. I suoi occhi sgranati, rossi e pieni di lacrime si abbassarono sui sassolini sotto le nostre scarpe, mentre della vera e propria realizzazione si palesò nel suo sguardo.

«Ventuno» sussurrò semplicemente.

«Ne avrebbe compiuti ventidue tra qualche mese, se fosse ancora vivo» tenni a precisare, come se già tutto ciò non facesse abbastanza male. «Hai lasciato che un ragazzo di venti anni gestisse ogni cosa, gli hai impedito di vivere la vita che sognava. Come ti permetti di presentarti qui, davanti alla sua tomba e comportanti come se niente fosse?»

«Sooyun, per favore lasciami s-»

«Dammi un solo motivo valido per cui dovrei darti ascolto» dissi a denti stretti, interrompendo il suo ennesimo tentativo di pregarmi di lasciarle spiegare e dargli una seconda possibilità.

Mia mamma, però, non rispose. Annuii a quel silenzio, che per me valeva più di mille parole e girai i tacchi pronta per andarmene via da lì. Sarei venuta a trovare mio fratello un altro giorno.

«Come pensavo-»

«Sono pulita adesso»

Sapevo di non doverlo fare. Sapevo di non dovermi lasciare sopraffare dai sentimenti, eppure quella unica frase riuscì in qualche modo di bloccare ogni mio movimento. Continuai comunque a darle la schiena, non volevo in alcun modo guardarla negli occhi. Se lo avessi fatto, lei avrebbe capito che, in fondo, desiderassi dentro di me perdonarla, riaverla con me, ora più che mai.

Mi sentivo così tanto sola.

«Ormai sono quasi a termine con il percorso di riabilitazione, qualche giorno e potrò finalmente essere fuori da tutto» il tremore della sua voce fu seguito da quello del mio cuore, il quale sicuramente mi stava gridando in tutti i modi di non cedere, di non cascarci un'altra volta. Ma c'era una vocina dentro di me che mi sussurrava di non temere. Quella stessa vocina continuava a dirmi che potevo fidarmi di lei. Era la voce di Taehyung.

«Sooyun, ti giuro che ho smesso. È finita, questa volta per sempre»

«Perché dovrei crederti?» mi voltai per la prima volta, permettendo ai miei occhi umidi di incontrarsi con i suoi altrettanto lucidi e gonfi.

«Perché l'ho promesso a Taehyung»

Crack.

«E l'ho promesso anche a Jungkook»

Emisi un verso strozzato, lacerato da una sofferenza letale. Il mio respiro si fece pesante, la mia gola si strinse in un nodo facendomi male, mentre inutilmente cercavo di non mostrare quanto quelle parole mi avessero colpita.

Quando mia mamma vide che non mi muovevo, decise di prendere l'iniziativa. Con movimenti molto titubanti mosse i piedi nella mia direzione fino a quando il suo volto non fu a pochi centimetri dal mio. Mia mamma era un po' più alta di me, motivo per cui dovetti alzare di poco il mento per guardarla negli occhi.

«E l'ho prometto anche a te, qui e adesso»

Il mio cervello non fu più in grado di capire cosa volessi, cosa pensassi e cosa dovessi fare in quel preciso istante. Cedetti alle emozioni, lasciandomi trasportare da quel senso di leggerezza che, incredibilmente, mia mamma riuscì a farmi provare. Avevo così tanta paura di rimanerne delusa un'altra volta da non riuscire a dire niente. Una parte di me voleva concederle un'altra chance a lei tanto quanto a me stessa, ma l'altra parte era terrorizzata a farlo.

Ero patetica nel desiderare così tanto di abbracciarla in quel preciso istante, pur avendole urlato contro fino a qualche momento fa? Probabilmente sì, ma il forte bisogno di avere mia mamma accanto superava di gran lunga quel mio essere ridicola e contraddittoria.

«N-Non-» balbettai in sussurro, mordendomi il labbro inferiore indecisa, spaventata ma anche speranzosa. «S-Se te ne andrai ancora una volta, i-io-»

«Non succederà» disse con fermezza, trafiggendomi con il suo sguardo come a volermi trasmettere tutta la sicurezza che usò nel parlarmi. «Non succederà mai più»

Come se quello fosse stato un comando nel mio cervello, il mio corpo balzò in avanti incontro a quello di mamma, lasciando che le sue braccia mi accogliessero e mi stringessero a sé. Inspirai il suo profumo di fiori a pieni polmoni, rendendomi conto soltanto adesso di quanto mi mancasse quel profumo, quel suo calore.

Desiderai che Taehyung mi guardasse proprio in quell'istante abbracciare con forza mia madre. Desiderai che lui sapesse quanto coraggio avessi tirato fuori, per essere come lui. Desiderai che lui vedesse quanto io mi stessi impegnando a essere la versione migliore di me, per lui.

Ricordo a tutti che le foto dei BTS con le frasi inglesi scritte sopra (che cito tra virgolette a inizio capitolo) non mi appartengono, sono foto di citazioni che trovo su Pinterest.

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