𝟓𝟐. Come ho potuto?

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"Creo un mostro dentro la mia testa."

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SOOYUN

Sabato 17 Aprile 2021, ore 23:45

Non esisteva cosa più angosciante del silenzio. Il vuoto assoluto, dentro e fuori, era divenuto il compagno più morboso e doloroso che potessi avere. Suonava assordante all'interno delle mie orecchie, mi permetteva di sentire il battito cardiaco che rimbombava tra quelle fragili pareti del mio corpo tremante; il battito di un cuore che, sinceramente, non capivo come potesse ancora essere funzionante.

Restavo immobile, inerme e vittima del silenzio, seduta su una sedia fredda tanto quanto quell'aria pesante che mi stava opprimendo con forza contro di essa da chissà quanto tempo. Il mio respiro era leggero, debole, quasi inesistente. Fissavo un punto indefinito davanti a me, guardavo il nulla assoluto; non avevo nemmeno la forza di voltarmi per rendermi effettivamente conto di trovarmi all'interno di una stanza degli interrogatori.

Le mie braccia erano abbandonate sul grembo e la pelle delle mie mani sembrava bollire al contatto con il tessuto fradicio del camice. Ero bagnata dalla testa ai piedi, i capelli erano appiccicati alla pelle del mio viso e le lacrime erano ormai seccate lungo le mie guance. Neanche la coperta di pile in cui ero stata avvolta riusciva a donarmi quel minimo di calore che cercavo, che speravo di rinvenire.

Non provai a voltarmi nemmeno nell'istante in cui sentii la porta alle mie spalle venire aperta dalla persona che mi aveva personalmente trascinata e portata fino a lì. Non volevo voltarmi, non ci riuscivo; come avrei potuto farlo?

Ancora non capivo dove trovassi la forza per pensare, dato che , arrivata a quel punto, non esisteva più niente che potesse darmela. Non più.

La mia visuale venne occupata dall'uomo che, con un grosso e stanco sospiro, prese posto sulla sedia di fronte a me, dall'altra parte del tavolo metallico. Rimasi tuttavia impassibile a tutto ciò che mi circondava, ignorando la sua presenza e lasciando che le mie liquide e lucide pupille rimanessero fisse nel vuoto.

L'uomo davanti a me, che riconobbi come l'agente che si era preso la briga di lasciarmi dentro quella stanza da sola per minuti che sembravano non finire più, unì le mani sul tavolo incrociando le dita tra loro e richiamò il mio nome in un sussurro familiare, irriconoscibile e quasi ripresi a piangere quando mi parve di sentire la sua di voce.

«Sooyun»

Mugolai debolmente, emettendo un debole e basso suono, quasi del tutto impercettibile persino alle mie orecchie.

Ma al secondo richiamo, purtroppo, constatai che quella non era affatto la sua voce.

«Sooyun»

Mi ritrovai costretta a sollevare il mio sguardo assente sul volto della persona davanti a me, dipinto da un'espressione preoccupata, dispiaciuta e tutt'altro che rassicurante. Riuscivo a vederla nei suoi occhi, quella sfumatura di pena e pietà che provava nei miei confronti solo guardandomi. Non era niente di nuovo che non avessi già visto.

«Come stai?» mi domandò come prima cosa, ottenendo da me nient'altro che il silenzio.

Come stavo? Anche quella domanda era programmata come tutte le altre con l'unico scopo di strapparmi fuori informazioni di cui, in fondo, neanche io ero in possesso?

Espirò rassegnato dalle narici del naso quando capì che non gli avrei risposto. Prese in mano un fascicolo colmo di fogli e documenti che raccoglievano tutto ciò riguardante il caso su cui quel poliziotto stava lavorando. Il mio caso.

«Mi dispiace per quello che è successo» sfogliò la cartella, leggendo quelle poche righe stampate a inchiostro che tutti loro avevano la faccia tosta di chiamare informazioni; informazioni che, sempre secondo loro, li avrebbero portati a sapere.

La verità dei fatti era che nessuno sapeva e avrebbe mai saputo niente. Lì dentro, l'unica persona che poteva permettersi di dire di sapere sono solo ed unicamente io. Nessun'altro.

Eppure, all'interno di quella struttura, all'interno della scuola, in tutto il mondo le persone credevano di conoscere, di capire. Come potevano...? Come osavano averne anche solo la presunzione?

Mi ridestai dai miei ennesimi pensieri nel momento in cui l'agente appoggiò il fascicolo aperto sulla superficie metallica di fronte a sé, producendo un rumore sordo per tutta la stanza, e lo vidi guardarmi con sincero rammarico.

«So che può essere difficile e detesto chiedertelo ma, vedi Sooyun, ho bisogno che tu mi racconti per filo e per segno cosa è accaduto»

Scossi la testa come per negare le sue stesse parole, parole che purtroppo non avevo potere di controbattere. «Dov'è?»

Il poliziotto mi rivolse un'occhiata indecifrabile e mai fece così male capire quanto potesse essere difficile, se non impossibile, rispondere a quella domanda anche per uno come lui.

«Sooyun-»

«Dov'è?» ripetei con tono più conciso e duro. Il dolore riuscì lo stesso a trapelare tramite la mia voce, che cercai invano di mantenere piatta e impassibile.

Come se non ne avessi versate già abbastanza, le lacrime ripresero a percorrermi il viso e non provai nemmeno a fermarle di fronte a quell'uomo che tentennava anche solo nel guardarmi fisso negli occhi. Riuscivo a leggergli nello sguardo quella volontà e costrizione di mantenersi serio di fronte a me, impenetrabile. Ma anche lui fallì nel suo intento, permettendo alle sue sopracciglia di incurvarsi leggermente verso il basso e alle labbra di incresparsi, come per trattenere parole di conforto che mai avrebbero potuto attenuare quelle emozioni strazianti che non smettevano di attanagliarmi ogni singolo organo. Piansi silenziosamente, con un dolore acuto ad accompagnare costantemente quel poco che era rimasto del mio cuore, rendendomi conto di essere arrivata per davvero, questa volta, a un punto di non ritorno. Quel dolore mi avrebbe perseguitata per il resto della mia vita e niente sarebbe riuscito ad alleviarlo.

«V-Voglio vederlo»

«Non credo sia una buona idea-»

«Risponderò a tutte le vostre domande, ma prima voglio vederlo» tenni a precisare, riuscendo forse a ottenere finalmente la sua attenzione, particolare che notai nel repentino cambio di espressione sul suo volto in seguito alla mia semplice e innocente proposta.

«Per favore» le mie parole uscirono in un flebile, tremante e disperato sussurro, «Permettetemi di vederlo almeno per l'ultima volta»

L'agente guardò il suo collega, il quale capii dovesse trovarsi in piedi alle mie spalle. Storse la bocca in una smorfia indecisa, tuttavia intravidi nel suo sguardo un barlume di decisione.

Ero venuta in questo posto, accettando di cadere dritta nelle mani della polizia, unicamente per poter vedere lui. Sapevo che avessero loro il corpo e, per quanto odiassi anche solo immaginarlo, fino a quando non otterranno ciò che vogliono non ci permetteranno di riaverlo. Era una forma di ricatto la loro, o magari soltanto un ordine preciso da seguire e da rispettare nel processo indagatorio. Non mi importava assolutamente niente del motivo, del movente o di qualsiasi altra scusa avrebbero potuto avere.

Rivolevo indietro mio fratello e, per farlo, avrei fatto qualsiasi cosa. Avrei raccontato loro tutta la verità, ogni singolo pezzo di puzzle che costruiva la mia insulsa e deplorevole vita. Avrei dato loro ciò che volevano.

«Va bene» disse l'agente, «Seguimi»

Si alzò dalla sedia incitandomi a fare lo stesso e, con le gambe tremanti, mi affrettai a seguirlo. Con noi venne anche l'altro agente di polizia, quello maleducato che si era presentato in ospedale finendo per scatenare la rabbia di Jungkook. Stranamente non aveva detto neanche una parola quando mi aveva vista entrare nella centrale, limitandosi a ghignare nel far scorrere i suoi occhi lungo il mio corpo bagnato dalla pioggia. Quell'uomo, a dirla tutta, mi inquietava.

Mi fecero entrare nella loro macchina, dicendomi che ci saremmo recati nel luogo in cui conservavano il suo corpo. Raggiungemmo abbastanza in fretta l'obitorio, neanche mi resi conto di come ci fossi arrivata. La mia mente aveva divagato per tutto il tragitto, portandomi a distaccare anima e corpo. Le mie gambe si muovevano da sole, come se io non ne avessi per davvero il controllo.

«È qui»

Alzai la testa di scatto, puntando il mio sguardo apatico verso il punto indicato dall'agente. Un uomo che indossava un lungo camice bianco aprì la cerniera di una sacca grande e lunga che nascondeva dentro di sé ciò che disperatamente volevo rivedere. Nascondeva Taehyung.

Feci alcuni passi in avanti, ma mi sentii improvvisamente come un cucciolo di bambi smarrito e confuso da quello che stava vedendo. Feci scivolare lungo il mio corpo la coperta di pile che fino a quel momento mi aveva avvolta, lasciando che cadesse ai miei piedi. I miei movimenti divennero più decisi, i miei occhi misero maggiormente a nitido il volto della persona che si trovava dentro quella insulsa sacca.

«Ci è stata inviata richiesta di restituirlo alla famiglia da parte di sua madre, per effettuare il funerale e...»

Le parole di quell'uomo neanche raggiunsero più le mie orecchie, mentre lui continuava a parlare. Ogni rumore e suono dentro quella stanza si attutì, sentendo il mio intero corpo immergersi all'interno di una gelida distesa di acqua. Il fondale era buio e indefinito, la superficie irraggiungibile. Non vidi più via d'uscita e accettai di rimanere incastrata all'interno di quell'abisso profondo. Giurai di sentire l'aria mancare nei polmoni, la gola stringersi e il cuore essere stretto in una morsa lancinante.

I miei occhi passarono in rassegna ogni centimetro della figura distesa di Taehyung, slittando dai suoi occhi chiusi al suo naso pallido, fino alle labbra violacee e sigillate in una linea piatta e inespressiva. La sua pelle non aveva più la tonalità di colore che tanto lo caratterizzava, rosea ma anche un po' abbronzata. Provai a sfiorare una sua guancia con il polpastrello delle mie dita tremanti e le allontanai immediatamente come se ne fossi stata scottata. Aveva perso quel calore che riusciva ogni volta a scaldarmi il cuore. Qualsiasi cosa ricordassi di Taehyung era stata spazzata via, lasciandone nient'altro che un involucro vuoto e privo di vita.

«T-Taehyung» sussurrai con voce spezzata e sofferta. «T-Ta-Taehyung» Strinsi nella mia mano la sua, senza ottenere alcun tipo di reazione da parte sua. Vederlo così, ridotto in quello stato, mi disintegrò completamente. «Taehyung, p-per favore apri gli occhi» chiesi con un filo di voce, lasciando trasparire tutta la disperazione che improvvisamente mi travolte come un tornado in tempesta.

Non volevo credere che Taehyung fosse morto, non poteva essere vero. Non ottenni alcuna risposta, alcun cenno, niente di niente. Mi morsi la lingua, per verificare che tutto questo non fosse frutto della mia immaginazione, e realizzare dal dolore che provai, accompagnato da un sapore metallico in bocca, la realtà di quel che avevo davanti fece così tanto male. Volli rivedere il suo sorriso e i suoi occhi riaprirsi e guardarmi, volli sentire la sua voce dirmi che sarebbe andato tutto bene e che lui sarebbe sempre stato con me, proprio come mi aveva promesso. Ma niente di tutto questo accadde, Taehyung restò immobile come una statua nella stessa identica posizione.

Cominciai a singhiozzare faticando nel trattenere le lacrime e, come un gesto automatico e abitudinario, mi chinai in avanti per poggiare il mio orecchio sopra il suo petto immobile, laddove ricordavo di sentire il suo cuore battere con frenesia ed emozione. Dovetti, però, scontrarmi con un silenzio tombale, il che fece aumentare la mia voglia di piangere e di disperarmi. Strinsi le mani in due pugni in contemporanea alle mie palpebre, venendo scossa da continui singulti.

D'un tratto, sentendo volatilizzarsi ogni minuscola briciola di energia, scivolai con le ginocchia verso il suolo senza, però, riuscire a lasciare andare la mano di mio fratello. Le mie gambe nude rabbrividirono al contatto con il pavimento ghiacciato. Lunghe scie bagnate segnarono ancora il mio volto già consumato, mentre le mie labbra tremarono senza sosta come delle foglione ormai seccate.

Non seppi per quanto tempo ancora piansi dentro quella stanzina piena di cadaveri celati ai raggi del sole. Paradossalmente, quel giorno, persino il cielo era spento, cupo, continuando a far scrosciare acqua fuori da quelle mura e arrivando persino quasi a coprire il mio pianto. Quasi.

Persi la cognizione del tempo, ogni volta che pensavo di star per finire le lacrime ne ricomparivano altre e in maggior quantità. Percepivo il mio animo interiore corrodersi con una lentezza straziante e il mio cuore sgretolarsi fino a lasciare nient'altro che un cumulo di polvere dentro di me. Continuai a stringere le dita di mio fratello tra le mie, disilludendomi che potessi in qualche modo cedergli parte del mio calore e della mia essenza vitale.

Non ebbi il coraggio di aprire gli occhi, tirarmi su in piedi e guardarlo ancora in quello stato pessimo. Era un'immagine straziante quella dinanzi a me e, pur avendo ancora gli occhi chiusi, continuava a ricomparire e ricomparire ancora e, diamine, più ci pensavo e più ancora mi sentivo lacerata e a pezzi.

Come se qualcuno ci godesse nel farmi soffrire, vari ricordi dei momenti passati insieme a Taehyung ripresero a mostrarsi nella mia testa a ripetizione in un loop senza fine.

«P-Perché?» domandai emettendo un verso soffocato, «Perché s-sta succedendo t-tutto questo? C-Cosa ho fatto per m-meritarmi tutto questo d-dolore?» piansi più forte. «Come ho p-potuto farti questo?»

Sollevai le palpebre a fatica, percependo immediatamente un forte bruciore agli occhi. Tirai su con il naso tappato e, non seppi con quale coraggio e forza di volontà, sollevai la testa verso l'alto, puntando gli occhi sul suo corpo disteso.

Le persone che avevano assistito a tutto quanto scomparvero nel nulla, cancellai attorno a me qualsiasi cosa potesse toccarmi, parlarmi o anche solo guardarmi. Mi isolai mentalmente all'interno di una cupola di vetro inscalfibile, rendendo impossibile l'accesso a chiunque avrebbe provato a entrare a contatto con me.

Come ho potuto?

Un'immenso vuoto si propagò dentro di me repentinamente, senza che neanche me ne accorsi. Rabbia, tristezza, frustrazione e sofferenza vennero schiacciate, prese e sigillate dentro un cassetto abbandonato in un angolo remoto del mio cervello.

Come ho potuto?

Non volevo più sentire niente, non volevo più provare assolutamente nulla.

«Non è colpa tua.» sussurrai così a bassa voce da credere che Taehyung nemmeno fosse riuscito a udirmi. Invece, il tuo togliere la mano dalla mia presa con espressione disorientata mi fece capire che aveva udito eccome ciò che, finalmente, ero riuscita a pronunciare ad alta voce.

«N-Non è mai stata colpa tua.» maledissi me stessa perché permisi alla mia voce di spezzarsi praticamente subito. Immaginai che mi sarei trovata completamente in lacrime alla fine di tutto questo. «Mi dispiace avertelo fatto credere.» scossi la testa con gli occhi che avevano già cominciarsi a farsi lucidi. «Mi dispiace aver fatto ricadere tutta la colpa su di te per qualcosa di cui non eri responsabile, Taehyung-» mi sentii l'aria mancare nel vedere in pochi secondi tutta la rabbia di Taehyung tramutarsi in sofferenza e questo mi fece estremamente male. Era come se tutti i ricordi passati più dolorosi stessero tornando a galla, portandolo a indietreggiare di ulteriori passi dalla causa di tale dolore: io. Sentii qualcosa spezzarsi dentro di me, di nuovo, e un macigno riprendere a schiacciarmi sulla testa, facendomi davvero tanto male come mai aveva fatto. Era il peso delle colpe che portavo con me da anni e che avevo tenuto nascoste per fin troppo tempo.

«Taehyung» mi avvicinai di un passo a lui con incertezza, avendo quasi paura a farlo allontanare ulteriormente da me. «Ti chiedo scusa.» Due lacrime lasciarono quasi in contemporanea i miei occhi, Non avendo più la forza di trattenerle, permisi loro di scivolare lungo le mie guance. «Ti chiedo scusa per tutto. Non è vero che non mi interessa di te, non ho mai pensato veramente quello che ti dicevo, così come non è vero che fosse colpa tua per quello che stava accadendo, di quello che mi stava accadendo.» marcai sulle ultime parole, facendo intendere molto bene a cosa io mi riferissi. Il mio crollo mentale non era causato dalle rassicurazioni di Taehyung, dai suoi sorrisi nel tentativo di promettermi che tutto sarebbe migliorato e tornato come prima.

In fin dei conti, entrambi già sapevamo che niente sarebbe davvero tornato come prima, ma ero troppo infantile e irresponsabile per ammettere che, nel profondo del mio animo, ero consapevole anche io che ciò che aveva squarciato la nostra famiglia non sarebbe mai stato davvero ricucito. Non sarei riuscita a farlo io e nemmeno Taehyung. La lacerazione che aveva colpito tutti noi dall'interno non era stata colpa di nessuno. Ero stanca di dare la colpa a qualcuno per quello che era successo, trovare un responsabile non era davvero ciò che volevo.

«Sooyun-»

«Quindi ti prego, per favore Taehyung...» la mia voce già incrinata parve colpire e ferire Taehyung peggio di quanto potesse fare una freccia. «N-Non pensare più che s-sia colpa tua e che io ce l'abbia con te per quello che è successo, perché non è colpa tua» senza lasciare il tempo a mio fratello di replicare o dire anche solo una parola, mi fiondai piangendo tra le sue braccia con il viso infossato sulla sua felpa rossa all'altezza del suo petto. Potei udire anche il suo cuore battere velocemente come stava battendo il mio. «Non è colpa tua.» lo ripetei ancora una volta, come se avessi paura che quelle parole potessero svanire nel nulla non appena le pronunciavo e che, quindi, Taehyung non potesse sentire e recepire concretamente quello che gli stavo dicendo. «Non è colpa tua.» singhiozzai sentendo le braccia di Taehyung circondarmi e stringendomi a sua volta in un dolce abbraccio. Mi bastò quello per poter percepire quanto affetto Taehyung provasse per me, capendo che lui mi aveva già perdonato prima ancora che gli chiedessi scusa. Lui non mi aveva mai odiato, così come io in realtà non avevo mai odiato lui. Eravamo il fratello e la sorella che chiunque avrebbe sempre invidiato, nonostante gli alti e i bassi, nonostante i litigi, nonostante le lacrime e i rimpianti, e questo perché qualsiasi cosa sarebbe successa mai niente avrebbe potuto separarci, nessuno sarebbe mai stato davvero in grado di dividerci. Il nostro legame era qualcosa che non si poteva recidere tanto facilmente. In quel momento cominciai a capire.

Capii cosa Yeosang cercasse di fare e il motivo per cui mi mandasse tutti quei strani messaggi. Forse, stavo cominciando a comprendere da cosa derivasse tanto risentimento, tanta voglia di voler separarci a tutti i costi. Queste potrebbero essere solo delle mere supposizioni, delle mie fantasie, ma nella mia testa stavano prendendo una forma sempre più concreta e non riuscii a ignorarle.

Come ho potuto?

JUNGKOOK

«Cosa cavolo vuol dire che non è qui?!» sbottai contro l'uomo in divisa, sporgendomi verso il bancone. «Ci avete chiamati voi! Siete stati voi a dirci che Sooyun era venuta qui!»

«Jungkook, calmati...» mi sussurrò Jimin all'orecchio, ma non riuscì ad avere l'effetto su di me sperato.

La preoccupazione e la stanchezza mi stavano giocando brutti scherzi da giorni ormai, per le persone che mi conoscevano un minimo era strano vedermi infuriare così tanto. "Sooyun è scappata", "Sooyun è sparita", "Sooyun è andata alla centrale della polizia" e ora "Sooyun non è qui"... Ma insomma! Ero arcistufo, cazzo.

Ero arrabbiato anche con Sooyun. Prendere e andarsene via così dall'ospedale, senza avvisare niente e nessuno e, per di più, con il temporale... Quella ragazza aveva completamente perso la testa, non riuscivo più a stare al suo passo. Non volevo assolutamente aggredirla e sgridarla per come si stava comportando, semplicemente mi sentivo in dovere di farla ragionare e, per questo motivo, ci avrei parlato faccia a faccia per dirle di smetterla, di darsi una svegliata, perché non stava facendo del male soltanto a noi, ma anche e soprattutto a se stessa.

E vederla sbriciolarsi davanti ai miei occhi senza riuscire a fare niente per impedirlo mi stava facendo impazzire. Avevo voglia di gridare a squarciagola, di piangere come un patetico bambino che non riesce più a esprimersi, facendo a pezzi qualcosa. Necessitavo di sfogarmi e sapevo bene che questo non fosse il posto adatto, ma la mia pazienza era giunta alla totale saturazione.

«Prenda quel telefono e chieda dove si trova Sooyun in questo momento»

L'uomo di mezza età mi rivolse un'occhiataccia, chiedendomi con il solo sguardo se stessi facendo sul serio. Il fatto che non mi diede ascolto, rimanendo fermo nella stessa posizione a fissarmi, mi fece incazzare ancora di più.

«È sordo per caso? Mi sta facendo davvero arrabbiare-»

«Jungkook!»

«Che cosa c'è?!» mi voltai verso Jimin guardandolo storto. «Tu non sei preoccupato per Sooyun? Questi deficienti prima ci chiamano dicendoci che Sooyun è venuta alla centrale e poi ci dicono che non è qui! Ma ti sembra normale?!»

Ignorai lo sguardo torvo con cui quell'uomo non esitò a fulminarmi, ricambiandolo a mia volta con un'espressione provocatoria e un sopracciglio sollevato. Questo tizio mi stava facendo infervorare, il suo lavoro non era proprio quello di aiutare le persone? Sembrava star facendo l'esatto contrario, fregandosene altamente del suo dovere e senso civico.

Jimin aprì bocca pronto a impedirmi di attaccare quell'idiota di un poliziotto verbalmente in una maniera pesante, ma entrambi venimmo interrotti dall'arrivo di qualcuno dentro l'edificio. Mi bloccai, sentendo il sangue salirmi al cervello. Sooyun stava camminando con una coperta di pile avvolta attorno al corpo infreddolito e bagnato, la testa bassa e gli occhi vuoti che fissavano il pavimento sotto ai piedi. Accanto a lei c'erano quattro agenti, tra i quali riconobbi immediatamente i due che erano venuti più di una volta in ospedale per controllare le condizioni di Sooyun.

Partii in quarta verso di loro, con al seguito Jimin intento inutilmente a fermarmi.

«Jungkook!»

«Sooyun?» La osservai con sguardo preoccupato, ma non prima di fulminare gli agenti in sua compagnia. «Cosa sta succedendo?» domandai sforzandomi di tenere un tono di voce moderato, anche se fu molto difficile. Sooyun neanche mi guardò in faccia, continuando a tenere la testa abbassata. Nessuno mi rispose. «Si può sapere oppure no cosa diamine sta succ-»

«Ho visto Taehyung»

Tutti noi, agenti compresi, diventammo delle statue nel sentire la voce di Sooyun. Aveva usato una tonalità talmente piatta, bassa e spenta da avere un effetto agghiacciante sul mio intero corpo. Mi vennero i brividi.

Schiusi le labbra e sbattei le palpebre un paio di volte quando lo sguardo vitreo di Sooyun si incastonò nel mio. Mi sembrava di non averla veramente davanti a me, fu come guardare una persona totalmente diversa.

Stetti per parlare, pur non sapendo cosa dire, ma lei non attese un secondo in più per ascoltarmi. Mi sorpassò sfiorandomi il braccio e proseguendo verso un lungo corridoio. Gli agenti la seguirono a ruota, senza dire alcuna parola. Mi sentii frastornato e tanto confuso da avere un forte capogiro che mi costrinse a restare fermo dov'ero, per cercare di non svenire. Cosa diamine era appena successo?

Poi mi voltai, pronto a raggiungerla e fermarla da qualunque cosa stesse facendo. Jimin, silenzioso come non mai, mi venne dietro e vidi subito come anche lui non stesse capendo assolutamente niente della situazione generale e, in particolar modo, del comportamento della corvina.

«Ehi!» alzai la voce per farmi sentire, ma nessuno di loro mi diede l'attenzione che volevo. «Sooyun, fermati! Sooyun!» richiamai la ragazza dai lunghi capelli neri, guardandola camminare senza mai voltarsi. Non mi degnò di uno sguardo, mi stava totalmente ignorando. «Aspetta cavolo! Dove state andando?»

«Sooyun!» anche Jimin cominciò a chiamarla.

A un certo punto, vedemmo gli agenti alle sue spalle farsi avanti per scortarla dentro una stanza. Volevano interrogarla? Cazzo.

«Ehi no! Aspettate!» venni bloccato da due uomini in divisa, costringendo così anche Jimin a fermarsi al mio fianco. «Ma cosa diamine fate! Ehi! Sooyun!»

Perché Sooyun non stava facendo resistenza? Per di più avrebbe parlato con la polizia senza un avvocato legale? Sarebbe stato troppo pericoloso per lei, dal momento che qualsiasi parola detta l'avrebbero potuta usare contro di lei. No, non potevo permetterlo!

«Sooyun verrà interrogata come da procedura» pronunciò serio uno di loro. «Voi due non potete entrare fino a quando non sarà il capo a darne l'ordine»

«Ma di che diavolo stai parlando?» domandò Jimin con tono aspro, rubandomi letteralmente le parole di bocca. «Chi vi ha dato il permesso di prendere Sooyun e interrogarla? Avevamo detto che-»

«È stata Sooyun a venire qui» una terza voce si aggiunse e l'attenzione mia e di Jimin finì subito sulla persona da cui essa proveniva. Era lo stesso agente alto e antipatico che aveva insistito tanto in ospedale per parlare con Sooyun. Non mi fidavo di quell'uomo, per niente. «Lei è venuta qui volontariamente e ci ha promesso che, qualora le avessimo permesso di vedere suo fratello, avrebbe risposto a tutte le nostre domande»

«Voglio parlare con Sooyun» dissi indurendo la mascella. Sooyun era completamente scoperta in questo momento, fragile e facilmente suggestionabile. Il fatto che loro se ne stessero approfittando mi fece fortemente innervosire. «Ora.» aggiunsi, scandendo bene la parola.

Quell'uomo mi guardò dall'alto al basso con un'espressione di superiorità e totale indifferenza.

«Mi dispiace, questo non sarà possibile» mi rispose semplicemente. Prima di voltarsi, però, aggiunse: «Andatevene via subiti, se non volete essere interdetti per intralcio alla giustizia»

[...]

Intralcio alla giustizia? Seriamente?

Quell'uomo aveva davvero minacciato di interdire noi per intralcio alla giustizia? La voglia di picchiarlo era forte, cazzo.

«Jungkook» Jimin richiamò la mia attenzione, costringendomi a distogliere lo sguardo dal cruscotto della macchina per puntarlo su di lui. «È appena uscita»

Mi voltai di scatto nella direzione opposta, guardando fuori dal finestrino. Non appena vidi il corpo tremante ed esile di Sooyun camminare fuori dalla centrale, sbalzai fuori dalla macchina e mi diressi con passi veloci nella sua direzione.

«Stai bene?» chiesi con affanno, squadrandola in modo attento dalla testa ai piedi. Sooyun annuì con la testa abbassata, peccato che avesse tutto tranne l'aria di stare bene. «Andiamo, ti riporto in ospedale»

«No» disse con tono piatto, spiazzandomi. «Voglio tornare a casa»

«Come? Sooyun devi tornare in ospedale, ti devono controllare e assicurarsi che tu stia bene. E poi non saresti dovuta andartene via senza dire niente a nessuno!» cercai di mantenere la voce calma, ma fu parecchio difficile tenere a freno la mia rabbia, dovuta a tutto quello che stava succedendo. Inoltre, ero anche parecchio stanco, vista l'ora tarda. «Non avevi il permesso per uscire, tanto meno di venire alla centrale di polizia senza prima avvisarci»

Sooyun non mi rispose, limitandosi a sbuffare e a guardarmi con occhi vitrei. Poi, notai come la sua attenzione ricadde su Jimin, il quale si trovava ancora dentro la macchina a guardarci in silenzio. Mi sorpassò senza dirmi nulla e raggiunse la macchina, per poi prendere posto sui sedili posteriori.

Sospirai rumorosamente prima di seguirla e salire in macchina anche io. Sarebbe sicuramente stata una nottata orribile.

𝐀𝐧𝐠𝐨𝐥𝐨 𝐀𝐮𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞

È dal capitolo 17 letteralmente che aspetto questo momento. Probabilmente non tutti si ricorderanno che la prima parte del capitolo è stata presa da un anticipo proprio di quel capitolo... E finalmente, ci siamo arrivati T^T

Cosa ne pensate di Sooyun e del suo comportamento?

La parte in cui rivede Taehyung, per me, è stata a dir poco straziante. Non ce la faccio neanche a pensarci, è davvero triste ciò che gli è successo😭💔

Jungkook poverino, ne sta risentendo parecchio anche lui, così come Jimin e tutti gli altri. Abbiamo rivisto Jimin e, da come potrete vedere, è parecchio stanco e abbattuto, non è più il classico ragazzo scherzoso e con il sorriso fisso sulla faccia. Del resto, ha perso il suo migliore amico💔 Anche se Yoongi non si vede spesso, anche lui naturalmente non se la sta affatto passando bene, esattamente come Minjee e Seokjin che (purtroppo) è costretto a lavorare e fare finta di niente a scuola nel mentre. Scusatemi se questi capitoli non sono il massimo della felicità, prometto che arriveranno anche momenti più leggeri e spensierati. Anzi, vi dico subito il capitolo 54 sarà davvero tenero! (spero)🥰❤️

Se il capitolo vi è piaciuto, non dimenticate di lasciare una stellina! Per chi non lo sapesse, comunque, mi trovate anche su instagram con il nome di _carlyarmy_

Ci vediamo al prossimo,

Carly

I

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