𝟓𝟎. Animo Frantumato

Non dimenticatevi di leggere l'angolo autrice alla fine del capitolo... È importante ai fini del capitolo. Buona lettura ♥

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"Non mi piace ciò che sto diventando."

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SOOYUN


"Non esiste paura peggiore del rimanere soli".

Quando sentii per la prima volta queste parole, non diedi loro molto peso. Questo perché allora io non avevo paura di rimanere sola, avevo la mia famiglia con me. Avevo Taehyung con me.

«Sooyun, mi prometti una cosa?»

Cosa?

«Che cosa devo promettere?»

Quella è la mia voce.

«Non cambiare mai, ti prego. Rimani sempre te stessa, qualsiasi cosa accada»

Taehyung? Taehyung... Taehyung!

«Avevo paura, Sooyun»

«Paura che ti fosse successo qualcosa»

Paura. Io avevo sempre avuto paura. Paura di ferire le persone che amavo. Paura di causare danni irreparabili. Paura di rimanere sola.

C'era un'altra paura che ritenevo ancora peggiore della solitudine: il buio.

Il buio totale, disteso a oltranza, quello difficile da sopprimere. Il buio privo di via d'uscita, senza finestre che potessero mostrare anche soltanto un fascio di luce. Io ci ero caduta in quel buio.

Ero caduta nel buio, in quel maledetto, straziante buio.

«Guardi tutto in modo troppo limitato. Devi smetterla di autoimporre dei muri davanti a te, così finirai solo con l'andarci a sbattere e farti male»

Jungkook...

Beep.

«Tuo fratello sembra davvero una brava persona»

Beep.

«Una persona così importante per te dovresti tenertela stretta, invece di cercare di allontanarla»

Beep.

Il cuore era... pesante. No, non soltanto il cuore, il mio intero corpo lo era.

Beep.

Era strano ciò che provavo, ciò che sentivo. Volevo muovermi, ma non potevo farlo. Sentivo un suono, ma non potevo decifrarne la provenienza. Attorno a me era tutto completamente buio e questo mi fece tanta paura.

«Se non posso averti io, allora non può averti nessun altro»

«No!»

Beep, Beep.

«Taeh-»

«Scappate! Taehyung porta via Sooyun!»

«Sbrigati!»

Beep, Beep, Beep.

«T-Taehyung, f-fermat-»

«TAEHYUNG!»

Spalancai gli occhi di soprassalto, inspirai aria dalla bocca senza riuscire a immagazzinarne a sufficienza. Mi sentivo in apnea, mentre il suono meccanico del monitor continuava a registrare dei battiti cardiaci accelerati.

«Taehyung!» cercai di gridare il suo nome, ma la voce uscì gracchiata e profondamente rauca.

«È sveglia, Sooyun è sveglia!»

Schiusi le labbra secche, sentendo la bocca asciutta, e strinsi le palpebre percependo un improvviso dolore colpirmi ogni particella del corpo. Mi pareva di aver attraversato la morte ed essere stata risputata fuori dall'Inferno dritta su questo materasso duro.

Passai i successivi istanti in totale confusione. Non capivo cosa ci fosse attorno a me, non distinguevo le voci. L'unica cosa chiara che riuscivo a sentire era il persistente battito del mio cuore.

«Sooyun...?»

Tutto si fermò d'un tratto. I miei nervi si sciolsero nel sentire quella voce e, insieme a loro, anche i miei sensi ripresero a delineare e captare ciò che vedevo, sentivo e provavo.

La mia fronte era sudata, le mani tremanti stringevano le lenzuola, mentre i miei occhi seguirono la traiettoria che avrebbe portato loro a colui che aveva appena parlato. Dal basso verso l'alto, guardai con lentezza il corpo alto, magro, coperto da vestiti di seconda mano.

Le mie pupille probabilmente si dilatarono nel momento in cui incontrarono le loro gemelle. Fu come se un buco nero avesse appena fatto collidere la propria strada con quella di un altro buco nero. Due profondi pozzi profondi fusi insieme, annegando nella loro stessa acqua senza fine.

Era questo l'effetto che mi procurava Jungkook.

Un vortice dal quale era impossibile fuggire. Qualunque modo avessi cercato di usare per allontanarmi da lui, non sarebbe servito assolutamente a niente. Jungkook sarebbe sempre riuscito ad avvicinarsi, a scalfirmi come una freccia di diamante che cerca di trapassare uno scudo protettore del mio cuore fatto del medesimo materiale. Del resto, solo il diamante può rompere il diamante.

«Sooyun.. come ti senti?» le sue sopracciglia si abbassarono, formando un tenero cipiglio sul suo volto. Sembrava essere molto preoccupato. «Per favore, dì qualcosa»

Schiusi le labbra, volendo parlare e dire qualcosa come da lui richiesto, qualsiasi cosa. Ma non mi venne in mente nulla. Jungkook stette per dirmi altro, ma l'entrata improvvisa del medico lo interruppe. Venni circondata da quest'ultimo assieme a delle infermiere. L'uomo con addosso il lungo camice bianco iniziò a farmi diverse domande una dopo l'altra, inerenti al mio stato di salute e di coscienza. Mi controllò gli occhi, i battiti, il respiro e le ferite scomparse sulla mia pelle, tra le quali una più profonda e grave delle altre. Ero stata operata d'urgenza, mi disse, per un colpo d'arma da fuoco.

Le sue ultime parole furono come un input nel mio cervello, che mi colpì la mente con una rapida e confusionaria sequenza di flashback. Ricordai tutto, ogni minima cosa, dalla prima all'ultima fino a quando non avevo perso i sensi su quella spoglia strada ruvida. Yeosang mi aveva sparato. Yeosang mi aveva sparato al fianco e non era affatto frutto della mia immaginazione, la mia ferita stessa ne era la prova.

Poi, come un flash fulmineo, nella mia mente comparve l'immagine di una persona in particolare.

«Dov'è Taehyung?»

Le mie parole si dispersero nell'aria, galleggiando senza prendere mai forma concreta. Ero certa di aver appena dato voce alla mia domanda, eppure perché nessuno sembrò avermi davvero sentito?

Il dottore continuò con i suoi controlli, facendo finta di niente. Sollevai lo sguardo sulle altre persone presenti: Jimin, che era seduto su una sedia accanto alla finestra, spostò lo sguardo verso le nuvole nel cielo. Minjee stringeva il proprio corpo tra le sue braccia, gli occhi puntavano ai suoi piedi e parve non voler ad ogni modo alzare la testa. Yoongi non era dentro la stanza, ascoltava ciò che dicevamo, restando in disparte sullo stipite della porta al di là della soglia. Jungkook fu l'unico a sostenermi, a guardarmi dritta negli occhi.

I suoi erano strani, riflettenti una luce cupa mai vista prima d'ora. Aveva gli lucidi, sembrava star cercando di trattenere le lacrime ed era come se non mi stesse guardando per davvero.

Perché non mi rispondevano?

«Dov'è Taehyung?» Ripetei.

Niente.

«Bene, per ora è tutto apposto» disse il dottore, alzandosi dalla sua sedia pronto ad allontanarsi. Bizzarro, perché avevo la sensazione che stesse cercando di scappare? «Passerò più tardi per fare ulteriori controlli, ma possiamo stare tranquilli. Il tuo risveglio è stato brusco, avevo paura che avessi subito un tale trauma da provocarti seri danni cerebrali e fisici... Per fortuna sembri stare bene, anzi sono sorpreso che tu non abbia subito gravi conseguenze dopo un simile incidente»

L'uomo col camice bianco proseguì con il suo discorso pieno di raccomandazioni, stupore e molto altro di cui però non ascoltai una sola parola. I miei occhi erano ancora inchiodati in quelli di Jungkook, così come i suoi lo erano nei miei. La voce del medico fece solo da sottofondo, divenendo un impercettibile rumore irrilevante per le mie orecchie.

«Che ci fai qui?»

«Sono venuto qui per te»

«Perché?»

«Perché voglio starti vicino»

«Perché?»

«Perché non riesco a stare lontano da te»

«Sooyun, io ti amo»

Sooyun, io ti amo.

Neanche feci caso all'uscita del medico dalla stanza, o a come Minjee avesse tentato di approcciarsi a me nel cercare di rassicurarmi per qualcosa a me di sconosciuto.

«...Sooyun dico che, insomma magari... potresti..»

«Sooyun forse ha semplicemente bisogno di riposare» La voce di Yoongi si sovrappose a quella di Minjee. Per la prima volta, spostai lo sguardo da quello di Jungkook unicamente per posarlo sul ragazzo ancora fuori dalla porta.
Poi, guardai uno per uno e notai l'assenza di Seokjin.

«Seokjin è con mio fratello? Anche Taehyung è ricoverato?»

Silenzio. Ancora una volta nessuno fiatò, pur avendo sentito la mia domanda riferita a mio fratello posta già per la terza volta. Stavo cominciando a innervosirmi, se non a preoccuparmi seriamente. Che diamine stava succedendo?

La testa mi faceva male, tanto male. Ero legata a una macchina che non smetteva di fare rumore, mentre un ago mi pungeva il braccio. Giurai di sentire lo stomaco rivoltarsi su se stesso e una grande voglia di chiudere gli occhi per tornare a dormire e ignorare tutti mi sfiorò la mente. Ma c'era soltanto qualcosa, o meglio, qualcuno che mi stava spingendo a resistere e mantenere salda la lucidità: Taehyung.

L'ultima volta che avevo visto mio fratello era stata quando entrambi siamo caduti rovinosamente sull'asfalto. Ricordavo di averlo sentito gemere per il dolore e la sofferenza a pochi centimetri dal mio corpo. E io, in tutto ciò, non ero riuscita neanche a voltarmi. Ero stata così debole, così ferita e impedita nei movimenti da essere stata incapace di guardarlo. I suoi ansimi sofferti e pesanti, quindi, era l'ultima cosa che mi era rimasta impressa di lui, prima di perdere i sensi.

«Perché non mi rispondete?» chiesi con la voce tremante.

«Voi andate pure, resto io con lei» si intromise Jungkook. Non aveva smesso di guardarmi per un solo attimo, potevo leggere nei suoi occhi la paura di potermi perdere, di potermi vedere svanire nell'aria. 

I ragazzi assecondarono la sua richiesta, dopo un attimo di tentennamento. Jimin si alzò dalla sedia, seguendo a ruota Minjee che si incamminò verso l'uscita della stanza, ma prima ancora di lasciarci soli si voltò verso di me per un'ultima volta. I suoi occhi non erano più accesi come li ricordavo. Erano accerchiati da occhiaie viola, sembrava non dormire da giorni interi. Quegli occhi spenti stavano mirando ai miei, trasmettendomi una tale angoscia e sofferenza da farmi mancare l'aria nei polmoni.
Non disse niente, semplicemente ruppe quella breve, ma intensa connessione e se ne andò via.

«Sooyun...»

«Voglio sapere dov'è Taehyung» interruppi il mormorio di Jungkook sul nascere, arrabbiata come non mai.
Non stavo capendo cosa fosse preso a tutti, perché sembravano star percorrendo la via per il patibolo e, soprattutto, perché io fossi l'unica a non sapere qualcosa che, invece, loro a quanto pare sapevano, tentando inutilmente di nascondermela.

Il corvino non mi rispose, si avvicinò al mio lettino e prese posto sulla sedia a fianco. Allungò una mano verso la mia, indeciso se afferrarla o meno. Con timore le sue dita strinsero la mia mano pallida, riuscendo incredibilmente a farmi sentire un po' meglio grazie al suo notevole calore.

«Erano giorni che stavo aspettando» mormorò triste, ma anche felice allo stesso tempo. Ovviamente non capii di cosa stesse parlando.

«Che stavi aspettando cosa?» domandai confusa, corrugando le sopracciglia.

«Che ti svegliassi, Sooyun. Sono passate due settimane. Era da due settimane che non ti svegliavi...»

D-Due.. settimane?

Spalancai la bocca, restando immobile nel guardarlo senza parole. Ero rimasta addormentata in questo letto d'ospedale per tutto questo tempo? Non potevo crederci.

«I-Io non... Non capisco, c-com'è possibile?»

Jungkook sospirò, distogliendo lo sguardo dal mio per posarlo sul pavimento. Neanche lui aveva le parole giuste per esprimersi, notai la difficoltà nel rivolgermi la parola. Sembravo essere un fantasma ai suoi occhi, come se non fosse così tanto sicuro di star parlando per davvero con me.

«Sooyun, so che sei confusa e vuoi solo delle risposte, ma la situazione attuale è già difficile di per sé e sono tante le cose che devi sapere»

«Allora dimmele» soffiai debolmente, sentendo ogni cellula del mio corpo dolere a ogni mio minimo movimento.

«Non adesso, non è il momento giusto» mi rispose negando con la testa.

«Perché?» domandai innocentemente, aggrottando la fronte.

Jungkook fece slittare i suoi occhi da terra ai miei. Vidi il suo pomo d'Adamo fare su e giù, le mani torturarsi con l'incertezza velata dalla sua espressione fintamente neutra. Mi sentivo impazzire, sapevo che mi stesse nascondendo qualcosa e ciò mi fece soltanto stare peggio.

«Jungkook, parla ti prego. Perché non-» venni interrotta dal suo repentino movimento, la sedia su cui era seduto quasi cadde sul pavimento.

«Ti porto un po' d'acqua-»

«Jungkook diamine!» gridai senza riuscire più a trattenere l'angoscia che mi stava divorando dentro, spezzando quella calma che cercavo inutilmente di mostrare. Le lacrime iniziarono subito a formarsi nei miei occhi e, per quanto mi sforzassi nel trattenerle, non potei che mostrarmi fragile di fronte al ragazzo. Ero così tanto debole e fragile fisicamente, ma lo ero soprattutto mentalmente, e fingere il contrario non faceva altro che farmi male.

«Sooyun, ora non è-» questa volta fui io a interrompere lui, scostando bruscamente le lenzuola e alzandomi dal letto. Ebbi un forte e improvviso giramento di testa, motivo per cui stetti per crollare per terra non appena i miei piedi toccarono il pavimento freddo. Infatti, le mie ginocchia cedettero, sbattendo dolorosamente contro il suolo, tuttavia mi costrinsi a stringere i denti e rialzarmi, per poi camminare il più normalmente possibile verso l'uscita della stanza.

Mi scrollai la presa di Jungkook di dosso, ignorando i suoi richiami, il suo cercare di aiutarmi, e proseguii lungo il corridoio in condizioni pietose, a piedi scalzi e senza avere la minima idea di dove stessi andando. Ma tutto ciò non mi importò minimamente se paragonato al desiderio di rivedere mio fratello salvo e al sicuro.

«Sooyun, per favore, fermati! Devi tornare subito in stanza! Sooyun! Non puoi andare-»

Mi voltai di scatto fronteggiandolo a testa alta. Le mie guance erano rigate dalle lacrime, le labbra screpolate tremavano come foglie e con esse il mio intero corpo era scosso da continui singulti e brividi di freddo. Non volevo neanche osare guardarmi allo specchio, perché mi bastarono le veloci occhiate lanciatemi dai presenti per farmi capire le condizioni pietose in cui mi trovavo.

«Dov'è Taehyung?» scandii ogni singola lettera, sibilando la mia domanda come se fosse un mantra. Ero stanca, affamata e arrabbiata. La testa mi scoppiava e il bruciore agli occhi non mi aiutava affatto ad alleviare il dolore che stavo provando. Sembrava assurdo pensarci, ma non c'era parte del mio corpo o della mia mente che stesse provando sollievo. «Jungkook, non lo chiederò un'altra volta» sussurrai con il fuoco negli occhi, facendogli capire quanto fossi seria. «Voglio sapere dov'è Taehyung» dissi stringendo i denti, «Voglio sapere dove si trova mio fratello!» urlai all'improvviso, spaventando Jungkook così come tutti gli altri pazienti, infermieri e persone in visita. «Perché nessuno mi risponde?!»

E, soprattutto, perché percepisco dentro di me di sapere la risposta?

«Mi dispiace» sussurrò facendo un passo indietro, quasi come a voler porre distanza da me. Aprii la bocca per parlare, per gridare e piangere ancora nel chiedere spiegazioni, ma lui mi precedette. «Torniamo in stanza, Sooyun» mi chiese con voce tremante, porgendomi la mano. «Ti prometto che ti spiegherò ogni cosa con calma, ma adesso non puoi restare qui fuori»

Scossi la testa appiattendo le labbra, per poi dargli le spalle e incamminarmi velocemente verso la segretaria seduta dietro a un bancone bianco. Ignorai del tutto i suoi tentativi nel cercare di fermarmi, mentre mi dirigevo spedita verso quella donna con la rabbia ribollente nelle mie vene. Lei alzò la testa notando il mio avvicinarmi e guardandomi subito dopo con fare confuso.

«Scusi, posso sapere se-»

«Non c'è più.»

Gelo: fu l'unica cosa che sentii da quell'istante in poi. Solamente gelo. La rabbia sparì via tutta insieme, spazzata via da unico e solo gelo. Non percepii nient'altro.

Rimasi lì ferma, immobile con i piedi che non sentivano neanche più il pavimento sotto di loro. Mi sentii cadere dentro un baratro profondo, senza una vera fine, e portai giù con me ogni pensiero, ogni sensazione, ogni sentimento.

Non seppi se fui io a comandare i miei movimenti, ma i miei piedi si mossero soltanto per permettermi di voltarmi con una lentezza disarmante verso Jungkook. Scommisi di avere una faccia in quel momento indecifrabile a chiunque, persino a me stessa. Le braccia distese lungo i miei fianchi, le gambe pronte a cedere sotto al mio peso da un momento all'altro e gli occhi sgranati che non ce la facevano a lasciare andare quelli scuri e umidi di Jungkook.

«Cosa?» Il mio sussurro parve più un verso strozzato che una domanda. Non fui tanto certa di averlo chiesto per davvero, così come non fui certa di essere stata sentita da qualcuno al di fuori di me stessa.

«Taehyung n-non...» Jungkook continuava a faticare nel parlarmi. No, non poteva essere vero. Sicuramente avevo capito male io, giusto? «Sooyun, davvero mi d-dispiace»

«Che vuol dire?» scossi la testa non volendo credere a quello che Jungkook stesse cercando di dirmi. Avevo già capito dentro di me, ma non volevo accettarlo. «C-Cosa stai dicendo? Dov'è Taeh-»

«Taehyung se n'è andato» disse diretto, il fiato spezzato e gli occhi colmi di lacrime esattamente come i miei.

«No» negai con fermezza, serrai le labbra in un sorriso forzato e scossi la testa nel fare un passo indietro. Mi accorsi di star stringendo i pugni soltanto dopo aver sentito un forte bruciore propagarsi lungo le dita. Le unghie erano conficcate nella mia pelle, facendomi volontariamente del male per tentare inutilmente di sopprimere il forte dolore che sentivo al petto. «Non è vero»

«Sooyun...» Jungkook avanzò verso di me, ma si bloccò quando vide il mio contemporaneo retrocedere. Vidi nei suoi occhi la paura di potermi vedere scappare via come l'altra volta, ma poteva stare tranquillo perché io, in quel momento, non ebbi minimamente le forze neanche per reggermi in piedi. «Non volevo dirtelo ora, non così» parlò tremando appena, mi diede l'impressione di essere in grande difficoltà nel capire come comportarsi con me ed evitare di fare un passo falso. «Per favore, lascia che-»

«No!» Gridai con la voce rotta dal pianto, con le lacrime che ripresero a scorrere in quantità ancora maggiori e con i singhiozzi che scossero ripetutamente il mio corpo. «Non è vero, Taehyung non può essere morto!» feci altri tre passi indietro, ponendo sempre maggior distanza tra me e il ragazzo, anche lui sull'orlo di scoppiare a piangere. «Ti prego dimmi che non è vero, dimmi che questo è solo un incubo, che mi risveglierò e che lo rivedrò accanto a me» parlai a raffica, ma Jungkook non mi rispose.

Il corvino continuò a guardarmi negli occhi, ma non disse niente. Non servì usare le parole per farmi capire che questo non fosse soltanto un incubo e che non stesse mentendo. Era tutto vero. Taehyung era morto.

Taehyung era morto e io non lo avrei mai più rivisito, non gli avrei mai più parlato.

Non avrei mai più potuto dirgli la verità su ogni cosa, su Yeosang, su di me e chiedergli il perdono per tutto quello che avevo fatto.

Non lo avrei mai più potuto abbracciare.

D'un tratto la gravità divenne troppo forte per me, troppo pesante sulle mie spalle. Crollai a terra sulle ginocchia, e urlai con tutta la voce e il fiato che mi rimase in corpo. Strinsi il sottile tessuto che mi ricopriva tra le mani, all'altezza del cuore, e chiusi gli occhi nella speranza di rivederlo davanti a me una volta riaperti.

Ma non li riaprii, perché non ne ebbi il coraggio. Continuai a strizzare le palpebre, sentendo le lacrime scorrere lungo le guance, con la paura di affrontare la realtà. Non volli riaprirli perché sapevo bene, in fondo, che Taehyung non sarebbe mai e poi mai ricomparso dinanzi al mio corpo stramazzato al suolo.

Cacciai via le infermiere che cercarono invano di sollevarmi e portarmi via da lì. Ero a terra con l'animo frantumato in mille pezzi, osservata da persone curiose che volevano capire chi fosse la ragazza che continuava a gridare e piangere in mezzo al corridoio come una disperata.

«Non mi hai mai reso triste» disse subito con la paura che io davvero credessi a tutto quello che pensavo e dicevo. Poggiò una mano sulla mia guancia umida, accarezzandomela come se volesse cacciare via non soltanto le mie lacrime, ma anche quei miei pensieri negativi. «Cavolo Sooyun, tu non potresti mai rendermi triste e sai perché?» scossi appena la testa, guardandolo profondamente avvilita, ma curiosa comunque di sapere la risposta. «Perché sei tu il motivo per cui ho cominciato a essere davvero felice. Il mio sorriso non si è mai, e ripeto, mai spento a causa tua. Se io continuo a lottare, se continuo a stringere i denti e cercare di infondermi coraggio è solo grazie a te. Sei tu la persona che permette a questo cuore-» mi prese una mano portandomela all'altezza del suo petto. La adagiò leggermente a sinistra rispetto al centro, sfoderando uno dei sorrisi più sinceri che gli avevo visto. «-di battere. Io sono felice perché ci sei tu con me, mia sorella, e niente potrà mai cambiare questo fatto»

Il cuore, che diceva battesse grazie alla sottoscritta, aveva smesso di battere a causa mia. Il sorriso che diceva non si fosse spento, non avrebbe mai potuto riaccendersi a causa mia. Il coraggio che si dava per lottare, io glielo avevo strappato via. Avevo posto fine alla sua incessante lotta, per sempre. Sarei rimasta da sola, privata dell'unica persona in famiglia che era disposta a comprendermi, l'unica persona disposta a rimanermi accanto.

Non avevo più nessuno. Non avevo più mio padre, non avevo più mia madre e, ora, non avevo più mio fratello.

Come avrei potuto adesso continuare a vivere? Come avrei potuto continuare a lottare?

Senza mio fratello io non sarei mai stata in grado di farcela.

Ero rimasta solamente io. Taehyung non aveva mantenuto, pur involontariamente, la promessa fatta quando ero così piccola, così fragile... mi aveva lasciata da sola.

«Taehyung, me lo prometti?» chiesi ad un certo punto, mentre mettevamo in ordine insieme per preparare un'altra torta al cioccolato, la mia preferita.

«Cosa?» domandò confuso senza distogliere l'attenzione dal pavimento, sul quale stava passando uno straccio bagnato per poter togliere le macchie di cioccolato lasciate prima dal dolce caduto.

«Che staremo per sempre insieme,» risposi ovvia «che non mi lascerai mai da sola. Me lo prometti?»

La mia richiesta portò Taehyung a bloccare i suoi movimenti e voltarsi verso di me. Mi fermai anche io, puntando il mio sguardo speranzoso nel suo. Lo osservai alzarsi e dirigersi nella mia direzione, per poi inginocchiarsi di nuovo di fronte a me.

Tirò fuori il mignolo proprio come eravamo soliti fare per le promesse, rivolgendomi il suo bellissimo sorriso quadrato. Non esitai a ricambiare il gesto, intrecciando subito il mio mignolino con il suo.

«Promesso»


[...]



Il silenzio cominciò stranamente a piacermi, o forse era ciò di cui volevo convincermi. Dopo essere stata portata di peso sul letto d'ospedale e sedata contro la mia volontà, non avevo più aperto bocca. Parve incredibile che io ancora respirassi, in verità. Jungkook si era preso la premura di avvisare anche gli altri, senza neanche chiedermi se mi andasse bene. No che non mi andava bene.

Ci avevano nuovamente raggiunti in stanza, quella maledetta stanza spoglia che odorava di morte. Ero sdraiata su un fianco, con una mano schiacciata tra il cuscino e la testa, lo sguardo rivolto alla finestra da chissà quante ore. Avevano provato in tutti i modi di comunicare con me, ma io non potei accontentarli. Mi limitavo a respirare pesantemente dal naso, non sapendo neanche come facessi a tenere ancora le palpebre sollevate. Desideravo chiudere gli occhi, cedere sotto al peso della sofferenza e non riaprirli mai più.

Eppure perché non ci riuscivo? Perché ero immobilizzata?

«Sooyun»

La voce di Jungkook non fu altro che un lontano sussurro, una voce alla quale non risposi.

«Non fare così.. Per favore, dì qualcosa» continuò afflitto, «Noi siamo qui per te»

Spostai per la prima volta lo sguardo dalla finestra unicamente per puntarlo sul corvino, il quale sussultò sul posto nello scontrarsi con il vuoto e l'indifferenza dei miei occhi. Non stavo piangendo più, perché forse avevo finito le lacrime da mostrare e, insieme a loro, anche le parole da esprimere.

«Sooyun, tesoro dovresti mangiare qualcosa» il tono basso, serio di Seokjin mi raggiunse dalle spalle. Sapevo che anche lui, esattamente come tutti gli altri, avesse lo sguardo fisso sul mio corpo raggomitolato e inerme sul materasso. Non mi importava niente, per quanto mi riguardava potevano stare lì a parlarmi e guardarmi per tutto il giorno. Non avrei mosso un solo muscolo, non avevo le forze per farlo.

Non avrei parlato, non avrei mangiato e non avrei più pianto. Niente di niente aveva ormai più senso fare per me e persino respirare divenne un qualcosa di superfluo, inutile.

«Se volete posso andare a prendere qualcosa giù al bar» Si intromise Jimin, «Farebbe bene un po' a tutti noi mangiare qualcosa, ormai è quasi ora di cena»

«Ti ringrazio Jimin, ma credo che tornerò a casa» sentii lo strusciare dei piedi della sedia e, in seguito, dei passi allontanarsi verso l'uscita.

«Sei sicuro, Yoongi?»

«Ho promesso a Eleonor che sarei tornato da lei per cena e poi-» Yoongi fece una breve pausa, quasi incerto se proseguire con la frase o meno. Avevo come il presentimento che stesse guardando proprio me in quell'istante. «Dobbiamo parlare di alcune cose» Si limitò a dire.

I ragazzi salutarono Yoongi uno per uno e, infine, un dolce bacio si depositò tra i miei capelli, facendomi percepire dell'affetto che non riuscii, purtroppo, ad assorbire appieno. Non sentii le dolci parole che mi rivolse con la sua solita voce rauca e bassa, neanche una sola. Fu come se ci fosse una barriera isolante nelle mie orecchie, proprio per impedire che qualsiasi suono, che avrebbe potuto procurare maggiore sofferenza, venisse captato dal mio udito.

Passarono tanti, tanti altri lunghi minuti durante i quali ogni cosa restò ferma e immobile come prima. Io ero ancora nella stessa identica posizione, gli altri parlavano, ma non li stavo nemmeno ascoltando. L'unico rumore che udivo era quello proveniente direttamente da dentro di me, fievole e sul punto di voler cessare di rimbombarmi nella testa: il battito del mio cuore. Batteva ancora, ancora, ancora... Perché il mio cuore stava ancora battendo? Perché il mio si e non quello di Taehyung? Che aveva di speciale il mio che il suo non avesse?

Un cuore tanto marcio, folgorato e pieno di ferite cicatrizzate non poteva e non doveva continuare a pompare sangue. Erano sempre gli animi avariati che riuscivano a sopravvivere? Era un mondo davvero distorto, quello in cui vivevamo.


«NON HAI PIÙ NESSUNO!» Le sue parole gridate sovrastarono nettamente le mie, lasciandomi di sasso. Non era vero che non avevo più nessuno. Cosa cazzo stava dicendo?! Aveva perso completamente il lume della ragione. «Tutti sapranno quello che hai fatto» parlò ancora, moderando di colpo i toni della voce. Cosa?

«Io n-non-» tremai nel parlare, a malapena fu possibile udire ciò che dissi. Ero talmente sconvolta, distrutta, che non ebbi più neanche le energie per urlare o piangere. Ero immobile, debole e sentii l'intero corpo essere sul punto di svenire. «Io non ho fatto niente»

Yeosang ghignò beffardo, mostrando tutta la malignità che aveva cercato inutilmente di trattenere di fronte a me fino a questo momento. Aveva cercato di mostrarsi calmo, tranquillo, ma Yeosang era tutto tranne che tranquillo.

«Hai ucciso Namjoon e Jihoon, Sooyun » Il suono del mio nome pronunciato dalle sue labbra riuscì a farmi venire brividi di repulsione. «E presto lo verranno a sapere tutti, per questo motivo ti sto portando via da qui. Ti sto salvando.»


Forse Yeosang, in fondo, aveva ragione. Ero stata io a uccidere Namjoon e Jihoon, ed ero stata sempre io a uccidere Taehyung. Loro tre erano morti a causa mia.


[...]


Il ticchettio dell'orologio era l'unico rumore che rompeva quel silenzio agghiacciante. Ero avvolta dal buio, c'era solo un lieve fascio di luce lunare che trapassava lo spesso vetro della finestra semiaperta. Ero rimasta nella stessa identica posizione, non avevo osato muovermi di un solo millimetro. La porta della mia stanza era socchiusa e potevo sentire le voci di alcune infermiere che passavano per il corridoio.

Ma non ero da sola. Il corpo di Jungkook, il quale non si era allontanato neanche un istante da me, era dormiente in una posizione scomoda sulla sedia all'angolo della camera. Si era addormentato senza accorgersene. Aveva provato a parlarmi e a farmi parlare, ma con scarsa riuscita.

Non avevo pensieri per la testa, solo un vuoto profondo che lacerava la mia anima e la mia mente. Lunghe ciocche di capelli mi accarezzavano leggermente la pelle fredda del volto, mentre potevo sentire il braccio frizzare da quanto tempo era rimasto piegato con la mano ancora incastrata sotto la guancia. Pur avendo l'orologio fissato alla parete, non mi ero minimamente preoccupata di guardare l'orario, motivo per cui non avevo la più pallida idea di quanto tempo avessi passato in quelle condizioni.

Le ore continuavano a scorrere, il cielo cominciò a schiarirsi sempre di più davanti la mia vista apatica. Qualcuno a un certo punto e senza preavviso bussò alla porta.

«Sooyun, buongiorno» mi salutò subito l'infermiera andando ad aprire la finestra per far passare aria. «Tra poco ripasso per la colazione e ti avrei informata anche di una cosa ma, dal momento che sei già sveglia, ci tengo ad avvisarti subito che avrai visite in mattinata» Quando la giovane donna notò la mia completa disattenzione per ciò che mi stava dicendo, non fece a meno di sospirare affranta. «So che stai male e che è difficile, ma devi farti forza e rialzarti...»

«Mi lasci in pace, per favore» fui sorpresa persino io di sentire la mia voce uscire dalle mie labbra. Una voce che, purtroppo, non riconobbi; era rauca, bassa e ancora rotta dal pianto. Sembrava che non parlassi da mesi, invece era passato soltanto un giorno.

«Non sei da sola Sooyun, tutti i tuoi amici sono disposti a tutto per te e, da quel che posso vedere, questo ragazzo non ha intenzione di abbandonarti a te stessa» parlò con un dolce sorriso a contornargli le labbra dipinte di rosso, riferendosi naturalmente a Jungkook. «Se non vuoi lottare per te, allora fallo per loro»

Capendo che non le avrei risposto, lasciò nuovamente la stanza per recuperare la colazione e distribuirla ai vari pazienti, tra cui me. Inutile dire che sarebbe stata solo una perdita di tempo, oltre che uno spreco di cibo.

A un certo punto sentii qualcosa di bagnato scorrere lungo il mio naso, per poi cadere sulla pelle del mio braccio piegato. Tirai su con il naso, tentando di ignorare le precedenti parole dell'infermiera, ma non ci riuscii. Queste si ripeterono come un disco rotto nella mia testa, senza mai fermarsi.

Se non vuoi lottare per te, allora fallo per loro.

Lottare per me? Io non avevo mai lottato per me.

E, di certo, non avrei cominciato a farlo ora.


[...]


Io amavo i dolci, amavo i biscotti caldi con le gocce di cioccolato e amavo le fragole. Si dava il caso, che sul vassoio sotto i miei occhi ci fosse tutto ciò ma, in quel momento, niente riuscì a smuovere il mio stomaco, il mio cuore. Ogniqualvolta che vedevo uno spiedino di fragole ricoperte di cioccolato, come quelli delle fiere, o un gigantesco cookie preparato da Jimin, il mio cuore saltava dalla gioia, riempendosi di felicità zuccherina. Ma oggi fu diverso. Non provai nulla nel vedere il mio cibo preferito, niente di niente.

Dicevo sempre a tutti che le colazioni dolci fossero le migliori per iniziare la giornata, quindi chiunque mi avesse preparato quella colazione era venuto a saperlo da uno dei ragazzi. Non era qualcosa che Yoongi avrebbe fatto, forse era stato Jimin a spifferarlo alle infermiere.

Oppure era stato Jungkook.

«Se preferisci mangiare altro possiamo dirlo all'infermiera, non ci dovrebbero essere problemi»

«No, non importa» Spostai il vassoio sul comodino al fianco del letto sotto il suo sguardo impotente. Feci per alzarmi e andare a nascondermi in bagno, ma due uomini in divisa mi batterono sul tempo facendo la loro comparsa sulla soglia della porta.

«Kim Sooyun?» Raddrizzai la schiena nel sentire il mio nome e cognome essere pronunciato con tale compostezza. Il mio sguardo ricadde in automatico sulle figure che erano appena comparse all'entrata della mia stanza. «Io e te dobbiamo fare qualche chiacchiera, se non ti dispiace-»

«Si ci dispiace molto, ma Sooyun adesso non è nelle condizioni adatte per poter parlare con voi.» Si intromise Jungkook, alzandosi subito dalla sedia con la faccia corrucciata in un'espressione arrabbiata. Perché era tanto nervoso? «Pensavo che avessimo giù chiarito. Dovete aspettare che si rimetta del tutto-»

«Sono ormai due settimane che aspettiamo di poter parlare con la ragazza, direi che sia giunto il momento di affrontare la faccenda e chiuderla in fretta»

Feci finta di non sentire il tono scorbutico e di superiorità che l'uomo più alto utilizzò nel rispondere a Jungkook. Abbassai istintivamente gli occhi sulla targa delle divise, capendo dalle stesse che fossero poliziotti. Forse erano della squadra di Hoseok... No, impossibile.

Come potevano simili maleducati stare sotto al comando di un uomo tanto comprensivo e rispettoso come lui? Jung Hoseok avrebbe sicuramente avuto dei sottoposti civili, che potessero definirsi veri esseri umani, e dallo sguardo che quell'uomo continuava a rivolgermi, ebbi parecchi dubbi.

«Con tutto il rispetto, signore» il tono di Jungkook si infiltrò nelle mie orecchie come il sibilo di una serpe. L'atteggiamento scortese di quegli agenti doveva averlo fatto innervosire parecchio. «Sooyun si è appena svegliata da un coma dovuto a un trauma causatole dallo stesso uomo che voi avete ucciso. Ha perso suo fratello ed è ancora molto confusa e scossa da tutto quello che è successo e quindi no, non è il momento di affrontare proprio niente»

"Ha perso suo fratello". Quando Jungkook pronunciò quelle poche parole, potei sentire il mio cuore fremere e spezzarsi in due. Le mie pupille librarono dagli agenti verso il corvino: lo guardai per chissà quanto tempo, prima di perdermi completamente tra i miei pensieri, fissando il vuoto assoluto.

«Il ragazzo di cui parli è Kang Yeosang, ragazzino. E noi gli abbiamo sparato dopo che ha aperto il fuoco contro di noi, è stata pura e legittima difesa. Ci sono ancora molte questioni che dobbiamo risolvere perché, se non lo avessi ancora capito, la tua amica è sospettata di omicidio»

L'aria divenne fitta, ogni molecola di ossigeno parve essere risucchiata via dai miei polmoni. Jungkook rispose immediatamente con rabbia all'agente alto, mentre i suoi due colleghi se ne restavano in silenzio ad osservare come feci io. La differenza tra me e loro, però, era che io non diedi più retta a quello che si stavano dicendo, non riuscii a farlo perché tutta la mia attenzione si concentrò solamente su quelle uniche parole.

La tua amica è sospettata di omicidio. La tua amica è sospettata di omicidio. La tua amica è sospettata di omicidio.

«Hai ucciso Namjoon e Jihoon, Sooyun»

La tua amica è sospettata di omicidio.

«E presto lo verranno a sapere tutti, per questo motivo ti sto portando via da qui. Ti sto salvando»

La tua amica è sospettata di omicidio.

«Sooyun!» La voce di Jungkook non raggiunse minimamente le mie orecchie, ma risuonò come una minuscola presenza per il mio cervello. «Guardate cosa avete fatto!» Delle mani si posarono sulle mie spalle, stringendomele con rassicurazione. Il loro calore non bastò però per aiutarmi a ritrovare la calma.

Fu esclusivamente quando i miei occhi spalancati si posarono su quelli spaventati di Jungkook che capii di star avendo un vero e proprio attacco di panico. Il mio respiro era spezzato, incapace di regolarizzarsi. Non riuscivo più a respirare, credetti seriamente di poter morire questa volta.

Più aria cercavo di prendere e meno ne immagazzinavo.

«Respira Sooyun, fai come me. Segui me.» mi guidò nella respirazione, incitandomi a imitarlo. Inizialmente mi fu difficile emulare i suoi passaggi, ma grazie al suo aiuto riuscii piano piano a ritornare un minimo in me. «Bravissima, così» Le sue mani si spostarono dalle mie spalle al mio viso, accarezzandomi dolcemente le guance bagnate. «Okay così, respira piano..» Il suo tocco sulla mia pelle riuscì magicamente ad alleviare ogni mia paura, mentre la mia attenzione era ormai completamente rivolta su di lui e sulle dolci parole che continuava a rivolgermi.

«Forse è il caso che ve ne andiate» una terza voce si aggiunse alle nostre, facendo girare tutti quanti verso la sua provenienza.

Seokjin era fermo in piedi, mentre ci guardava dalle spalle dei due agenti. I suoi occhi erano fissi su di me, guardandomi con un misto di apprensione, preoccupazione e profondo patimento. Sentii qualche lacrima incastrata tra le ciglia scivolare giù come olio su tela. Ero abituata a piangere e non mi vergognai minimamente di mostrarlo a loro. Nascondere il mio pianto era passato in secondo piano, niente più ormai aveva rilevanza nella mia vita. Non mi importava più dei giudizi delle persone ormai, perché mai avrei dovuto farlo?

L'agente di prima non rispose direttamente a Seokjin, si limitò a osservare la sottoscritta, esattamente come se stesse guardando un bersaglio da colpire e affondare. Quell'uomo ce l'aveva con me e neanche mi conosceva, ed ecco qui le fondamenta da imparare e assimilare sull'umanità: l'ignoranza offusca la mente, degrada l'animo e insabbia la verità.

Io non avevo ucciso nessuno, ma questo loro non volevano saperlo. A loro non importava niente, perché se c'era già qualcuno da incolpare andava benissimo così. La cosa importante era portare qualcuno da accusare e umiliare dinanzi alla Corte.

Ero sospettata di omicidio e non avevo la minima idea di come dimostrare il contrario. Yeosang mi aveva già avvisata; io avevo toccato il coltello con il quale lui aveva pugnalato e ucciso Jihoon e Namjoon. Le impronte che sicuramente avranno trovato su quell'arma erano le mie, dato che Yeosang aveva appositamente indossato dei guanti per non lasciare alcuna sua traccia e far ricadere così ogni dubbio, ogni indizio e ogni pregiudizio sulla mia immagine.

Era stato furbo, quello stronzo. Morto o meno, aveva comunque vinto lui. Mi aveva strappato dalle braccia l'unico componente della mia famiglia disposto a starmi accanto, l'unico che mi aveva sempre amata senza alcun filtro. E, per poco, sarebbe riuscito a strapparmi anche Jungkook.

Mi aveva ferita per ferire tutti loro ma, in parte, anche per ferire me e, infine, aveva ucciso Taehyung sotto ai miei stessi occhi. Ma anche se io non avessi reagito, anche se non fossi scappata dalla macchina e non avessi coinvolto mio fratello e gli altri ragazzi, lui mi avrebbe comunque costretta in una situazione tale da rendermi la cattiva, la colpevole, la fuggitiva.

Ricambiai lo sguardo dell'agente con una rabbia che non pensavo potesse appartenermi. Un piccolo cipiglio mi si formò sulla fronte appena aggrottai le sopracciglia verso il basso, esprimendo solamente in una minuscola percentuale la furia che stavo provando in quel momento. Lui mi guardava come se fossi il mostro, e io guardavo lui come se fossi effettivamente un mostro.

Ero triste, frustrata, incazzata e Yeosang ormai era morto, sicché avrei sfogato ogni sentimento su tutte quelle persone che esseri umani non potevano certamente definirsi.

Se pensavano di potermi fare paura o ferirmi in qualche modo, si sbagliavano di grosso. Dopo tutto quello che avevo passato, la loro brama e la loro cattiveria era niente se paragonata a quelle che Yeosang mi aveva riversato addosso.

Niente.

𝐀𝐧𝐠𝐨𝐥𝐨 𝐀𝐮𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞

Emh... Okay, ammetto che non so neanche da dove partire.😅🥺

Comincio col dire, mi dispiace. Mi dispiace, perché non volevo che le cose andassero così, ma è stato inevitabile. La storia ha preso una piega tale da farmi capire che non avrei potuto cambiare le cose, mentre scrivevo questa storia avevo già deciso dove andare a parare e, pur sentendomi male arrivata a questo punto, ormai non potevo cambiare direzione perché avrei forzato una trama che, di fatto, avevo già programmato fin dal primo capitolo T^T.

Comunque, passando alla seconda cosa importante di cui tengo a parlare: questo capitolo, si lo so, è davvero pesante. A un certo punto ho persino pensato di spezzarlo a metà, ma ho capito che non sarebbe stata la stessa cosa e, altrimenti, avrei rotto la pesantezza che comunque volevo trasmettere. Ricordiamoci che la protagonista è sotto shock, traumatizzata e fortemente confusa. Per lei è difficile credere di essere rimasta a dormire per tanto tempo e risvegliarsi in modo tanto brusco, avendo come ultimi chiari ricordi quelli di lei e Taehyung spaventati che cercano di scappare dalla violenza e cattiveria di Yeosang, non è per niente facile metabolizzare e ragionare razionalmente. Succo del discorso: Sooyun non sta capendo davvero cosa sta accadendo e tutto quello che la circonda, pur muovendosi, sembra essere completamente immobile ai suoi occhi. Sente le persone parlare e il tempo passare, ma non percepisce concretamente tutto questo.

È per questo motivo che ci sono più salti temporali (quando ci sono "[...]"), perché il tempo continua a scorrere senza fermarsi, anche piuttosto velocemente, ma non per Sooyun. Lei rimane bloccata nella sua mente e nella sua paura, è come se in parte stesse ancora dormendo ecco..

Comunque, nonostante la brutta notizia e la sofferenza di questo capitolo, io spero che vi sia piaciuto😭 Avevo un sacco paura di pubblicare questo capitolo, talmente tanta da essere arrivata a scrivere già altri 6 capitoli prima di aggiornare. Se il capitolo vi è piaciuto non dimenticate di lasciare una stellina e, se volete, anche un commento per farmi sapere cosa ne pensate!

Per qualsiasi domanda non esitate a chiedermi!

Un grandissimo abbraccio,

Carly

Instagram: _carlyarmy_

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