𝟒𝟖. Fingemmo e continuammo a fingere
SORRY. Avevo il capitolo pronto, ma mi sono completamente dimenticata di aggiornare ieri sera😅Buona lettura♥
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"Adesso so che tutti i miei sogni sono solo false speranze."
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SEOKJIN
|circa 3 anni e 10 mesi prima|
Il profumo di libri invase le mie narici nell'esatto istante in cui feci un passo avanti, superando la soglia della biblioteca.
Il posto più bello che potesse esistere al mondo.
Presi posto a un tavolo vuoto e solitario, distante da quelli già occupati da altre persone. Mi piaceva stare per conto mio, isolato dagli altri. Mi permetteva di avere la mente libera, o quanto meno impegnata dai miei soli pensieri.
Aprii il libro che avevo comprato da poco, spinto dal desiderio di approfondire la mia cultura per passare al meglio gli esami in una delle università più maestose e ambite di sempre. Ero molto in anticipo con gli studi rispetto ai miei coetanei, e non potevo andarne più che fiero.
Passai tutto il pomeriggio con la testa china tra le pagine, leggendo e rileggendo le stesse frasi più volte, come a volerle imprimere dentro di me. Quando fu ora di chiusura raccolsi le mie cose e mi incamminai con immensa serenità d'animo interiore, come accadeva ogni volta che mi rifugiavo nella mia abituale biblioteca.
Passai dal bar vicino casa mia per prendere un caffè d'asporto. Passeggiavo con tranquillità per il viale in cui abitavo sorseggiando il mio caffè.
Stetti per inserire la chiave nella serratura e aprire la porta di casa quando qualcuno mi comparve alle spalle facendomi saltare in aria.
«Jimin? Cosa ci fai qui?»
«Cosa ci faccio qui?» Mi ripeté la domanda scioccato, come se avessi fatto una domanda stupida e scontata, «Non mi dire che te ne sei già dimenticato»
Sospirai stanco, volevo solamente rientrare in casa, mangiare e leggere sul mio comodo divano. Però Jimin non sembrava essere molto d'accordo con i miei piani a quanto pare.
«Se me ne sono dimenticato vuol dire che non sono interessato... Adesso ti saluto, ciao»
Venni afferrato dalla giacca di camoscio che stavo indossando, per poi essere tirato con forza indietro sui miei passi. Per poco non inciampai suoi miei stessi piedi.
«Jimin!» il mio tono di rimprovero non riuscì minimamente a smuovere il moro.
«Adesso tu entri nella tua bellissima casa, ti cambi e andiamo come da piano»
Piano? Che piano?
«Ma andare dove?» Chiesi disperato. Non riuscivo proprio a ricordare cosa dovessimo fare, tanto meno di aver accettato qualsiasi cosa avesse proposto Jimin.
«Ibiza»
Strabuzzai gli occhi, era impossibile che avessi accettato una proposta simile. Feste, alcol e nottate in bianco non facevano per me. Jimin mi scoppiò a ridere in faccia, ottenendo subito una mia occhiata fulminea.
«Idiota, non sai mai fare il serio» borbottai fintamente offeso. Non faceva altro che prendermi in giro con i suoi giochetti da bambino. Si divertiva a guardare le mie reazioni, non capivo però cosa ci trovasse di tanto divertente.
«Io sono una persona molto seria» ribatté guardandomi male, «Ma solo quando è necessario»
«Quindi mai» Borbottai sottovoce.
«Come?»
«Oh niente! Senti, io ora devo andare, domani volevo svegliarmi riposato per-»
«Bla bla bla, si, va bene» lo guardai male ignorando il suo infantilismo, pronto ad aprire questa maledetta porta e fuggire via. «Vengo con te, ti aiuto a scegliere l'outfit»
«Outfit? Cosa sei diventato, una quindicenne in piena fase ormonale?»
«Divertente» mi rivolse un sorrisetto sarcastico, «Forza andiamo»
«Andiamo?» parlai ricalcando lettera per lettera, «Tu non vieni da nessuna parte, ma ehi-»
Venni spinto verso l'entrata di casa, senza avere possibilità di cacciarlo via. Entrò in camera mia, fiondandosi sul mio armadio e cominciando a selezionare ciò che riteneva più adatto a me per l'occasione. Ancora non mi aveva detto quale occasione.
«Non mi hai ancora detto dove dobbiamo andare»
«Discoteca, mare, soggiorno all'aria aperta, mare di nuovo e poi si improvvisa»
Inarcai un sopracciglio, non ricordando minimamente la volta in cui Jimin mi abbia accennato qualcosa al riguardo.
«Discoteca? Mare? Soggiorno all'aria aperta?»
«Si, questo sarebbe il piano» tirò fuori dall'armadio una polo bianca, guardandola con disapprovazione per poi lanciarla via, «Non è detto che saremo lucidi per raggiungere il mare»
Sbuffai un sospiro già stanco alla sola idea di passare una serata simile.
«Jimin, non so se è il caso»
«Perché?» mi lanciò una veloce occhiata contrariata, «Ma hai qualcosa di decente in questo armadio? Sembrano i vestiti di mio nonno»
Esagerato...
«Preferirei rimanere a casa, magari studiare e-»
«Che noia Seokjin! Diamine, passi tutte le tue giornate in casa tra i libri. Non ti sei ancora stufato?»
Corrugai la fronte, sentendomi un po' offeso. Non era vero che passavo le mie giornate solo a casa.
«Non passo tutte le mie giornate a casa»
«Si hai ragione. Vai anche in biblioteca» ribatté ironico, in risposta lo fulminai con lo sguardo.
Stetti quasi per prenderlo e buttarlo fuori casa a calci, ma ciò che disse subito dopo riuscì a fermarmi. «Ascoltami, ho già organizzato tutto con gli altri ed è importante che ci sia anche tu. In questo periodo Taehyung se la sta passando davvero male, Sooyun sta diventando irriconoscibile. Cazzo, saranno mesi che non ci vediamo tutti insieme! Oggi però le cose cambieranno»
«Cosa è successo?»
Jimin smise di spostare e disordinare i miei vestiti nell'armadio, assumendo un'espressione incredibilmente seria.
«Ti racconterò tutto quando ne avremo il tempo, ora la cosa più importante è prepararsi e raggiungere gli altri, passando una bellissima giornata insieme»
«Ma hai detto che andremo in discoteca...» mormorai incerto.
«Si, e quindi?»
«Sooyun è minorenne e, per la cronaca, lo siete anche voi»
«Si, e quindi?»
Sbuffai arreso, consapevole che sarebbe stato del tutto inutile cercare di ragionare con Jimin. Ero quasi certo che nemmeno Taehyung avrebbe mai accettato la proposta di portare Sooyun in discoteca, e come biasimarlo... Aveva appena quattordici anni.
«Ma sei sicuro che Taehyung sia d'accordo?»
«Beh, non sa ancora il piano che ho in programma»
«Ottimo, puoi dire addio al tuo piano allora»
«Ma che vuoi? Non ho avuto tempo per spiegargli tutto.. OH ECCO!» interpose tra me e lui una camicia blu elettrico, affermando subito quanto fosse perfetta.
«Con Sooyun ci hai parlato?»
«Mmhh» mugugnò senza darmi una vera risposta, andando subito alla ricerca dei pantaloni da abbinare.
«Jimin?» lo incalzai.
«Sooyun sembra essere irraggiungibile. Non risponde mai ai miei messaggi»
«Irraggiungibile?» Ripetei confuso.
«Te l'ho detto: stanno passando un brutto periodo»
Mi liquidò così. Nessuno dei due aggiunse altro. Io non feci altre domande, capendo che non fosse il momento adatto. Avrei ottenuto le mie risposte per conto mio, osservando ciò che sarebbe successo d'ora in avanti. Jimin non sembrava essere molto incline a parlarne, che si sia lasciato influenzare da tanta negatività e sofferenza da non avere neanche più le energie per affrontare certe questioni?
Alla fine Jimin non esagerò con "l'outfit". Guardandomi allo specchio, mi mostrai elegante ma semplice ai miei stessi occhi. Mi piaceva.
Prendemmo la mia macchina e ci avviammo fuori dal viale di casa mia. Jimin mi diede le indicazioni, dicendomi che sarebbe passato Yoongi a casa di Taehyung.
Respiravo con placidità, mantenendo ferma l'attenzione sulla strada. Eppure qualcosa non andava: l'aria che mi entrava nei polmoni era strana, pesante. Sentivo il cuore palpitare in modo strano, più lento del normale.
Cos'era questa strana sensazione? Cos'era quest'odore di... paura?
Jimin mi fece svoltare a una curva, dicendomi di parcheggiare di fronte a un bar mai visto prima. Il nome 'Dragonfly' illuminava l'insegna del locale.
«Li aspettiamo qui»
«Okay»
Spensi il motore e attendemmo in macchina l'arrivo degli altri. Yoongi non si era ancora fatto vivo, ma non era da lui avvisare per il tempo che ci avrebbe impiegato. Senza considerare i spropositati ritardi per i quali noi tutti lo conoscevamo, persino il suo vicino di casa.
«Come sta andando con l'università?»
Mi girai verso Jimin, non sorpreso tanto di come avesse spezzato il silenzio per primo, bensì della domanda che mi aveva appena posto. Era insolito da parte sua interessarsi a simili argomenti.
«Bene, cerco di rimanere in pari»
«In pari? Conoscendoti sarai avanti anni luce dagli altri studenti»
Scossi la testa con un piccolo sorriso divertito. Il telefono di Jimin cominciò a squillare.
«Yoongi?» rispose alla chiamata accigliato, mettendo in vivavoce.
«C'è un problema»
Raddrizzai la schiena e le orecchie, percependo quella strana sensazione e quell'odore di paura sempre più forte, più vivido. Il tono di Yoongi era troppo calmo per i miei gusti.
«Quale problema?»
«Sooyun non c'è» persi un battito, «E neanche Taehyung»
«Cosa? E dove diavolo dovrebbero essere a quest'ora della sera?»
«Vorrei saperlo anche io... Che facciamo?»
«Cerchiamoli» mi intromisi con fermezza nella conversazione.
Jimin mi guardò stranito.
«Ma non sappiamo nemmeno dove cercarli. Suwon non è un paesino di venti abitanti, sai»
«Ci dividiamo»
«Jin forse ha ragione. Dovremmo dividerci e cercarli» mi appoggiò Yoongi, ascoltandoci dall'altra parte della linea.
«Perché state proponendo di metterci alla loro ricerca come se si fossimo in un film dell'orrore? Insomma, Taehyung non è un bambino»
«Ho una brutta sensazione» rivelai agitato, non riuscendo più a contenere i miei presentimenti.
Seguì qualche secondo di silenzio agghiacciante, l'unica cosa che sentimmo furono il respiro leggero di Yoongi dall'altra parte della linea e il vociare della clientela dall'interno del locale.
«Anche io» ammise Yoongi.
Jimin guardò prima me e poi lo schermo del cellulare con la chiamata attiva.
«Certo che tra tutti e due non so chi possa essersi visto più film. E diamine ragazzi! Cos'è tutto questo pessimismo? Mi state spaventando»
«Io sono sempre pessimista, idiota-»
«Hai provato a chiamarlo?» interruppi gli insulti di Yoongi, avvicinandomi maggiormente al microfono del telefono di Jimin.
«Si, più di una volta. Scattava sempre la segreteria telefonica»
«Resta lì, ti raggiungiamo» chiudemmo la chiamata subito dopo aver ottenuto un mugugno affermativo da parte di Yoongi, dirigendoci verso il viale dell'abitazione di Taehyung.
Fortunatamente non era molto distante da dove ci trovavamo, così riuscimmo ad arrivare in pochi minuti. Yoongi ci stava aspettando fuori dalla macchina, appoggiato alla portiera.
«Allora? Qual è il piano?» Jimin sospirò. Nonostante non lo desse a vedere, era preoccupato anche lui.
Guardai Jimin e poi Yoongi. Entrambi mi stavano osservando in attesa di una risposta da parte mia. Da quando ero diventato l'addetto ai piani strategici in queste situazioni?
Feci spallucce, non sapendo cosa dire. Effettivamente, neanche io avevo le idee ben chiare. Era successo tutto così in fretta, all'improvviso, e non avevo in mente un piano, non sapevo come muovermi, da dove partire.
Non era normale il fatto che Taehyung fosse scomparso senza dire niente a nessuno e che, allo stesso modo, Sooyun non fosse in casa con lui. La casa sembrava vuota, era buia e silenziosa. Dove diavolo erano finiti?
«Proviamo a cercare al parco? Magari hanno fatto un giro insieme» tentò Yoongi, guardando il suolo sotto ai suoi piedi.
«Così? A quest'ora della sera e senza avvertirci? Taehyung sapeva che saremmo usciti tutti insieme, lo avevo avvisato personalmente»
«Magari se ne sarà dimentica-»
Un verso animalesco bastò per zittirci tutti e tre. Ci guardammo negli occhi e passarono soltanto pochi secondi prima che quello stesso verso tornasse a farsi risentire con maggiore frequenza. Ci avvicinammo alla porta di casa e, nell'abbassare la maniglia, capimmo che questa non era stata chiusa a chiave.
Yeontan non attese un solo secondo in più nello sgusciare fuori, correndo alterato verso il retro della casa.
Decidemmo di seguirlo subito dopo averci lanciato a vicenda occhiate tanto confuse quanto allarmate.
Ci bloccammo per un tempo indefinito e nessuno di noi fiatò nell'istante in cui scoprimmo cosa c'era dietro casa dei Kim. Non riuscimmo ad avere il coraggio di farlo, solamente Yeontan continuò a rompere quell'agghiacciante silenzio. Il corpo di Taehyung era accasciato a terra, con la schiena contro il freddo muro e la testa a penzoloni. Sembrava svenuto.
«Oddio, è morto?»
«Ma che diamine dici!» rimproverai Jimin con tono nervoso, sentendo le mani tremare. Mi avvicinai in fretta alla figura di Taehyung, avendo paura che gli fosse successo qualcosa di grave. Sollevai il suo volto, notando quanto fosse incredibilmente rilassato. Possibile che si fosse addormentato qui fuori, al buio? Impossibile, non aveva alcun senso e non era da lui.
«Che cazzo è successo?» Le parole agitate di Jimin furono solo un sottofondo per le mie orecchie, troppo concentrato a cercare di capire cosa avesse Taehyung.
Con la coda dell'occhio vidi Yoongi fare un veloce controllo nei dintorni, restando comunque nel suo classico e riflessivo silenzio. Solo quando spostai gli occhi al di là del corpo del corvino privo di sensi, notai un paio di bottiglie vuote lasciate tra l'erba alta. La trascuratezza di questo giardino mi fece intuire che Taehyung non se n'era più curato come faceva una volta... Un tempo aveva molto più a cura di simili cose. Adesso invece era così... spento e indifferente.
«Ha bevuto» affermai, cercando di sollevarlo di peso.
«È svenuto per l'alcol?»
«Impossibile, Taehyung regge molto più di due misere bottiglie» Yoongi ribatté prontamente alla domanda di Jimin. In un certo senso aveva ragione: Taehyung reggeva molto bene l'alcol ed era improbabile che ad averlo ridotto così fossero state soltanto quelle due misere bottiglie.
«Forse ha bevuto altre bottiglie, anche se non si vedono qui nei dintorni. Le avrà lasciate dentro casa» ipotizzai, mentre mi incamminavo verso l'entrata con tutto il peso di Taehyung sulle mie braccia. Era piuttosto pesante, ma non tanto da costringermi a chiedere aiuto ai ragazzi per portarlo fino al divano.
Non riuscivo neanche a immaginare cosa potesse essergli successo, cosa lo avesse spinto a comportarsi in modo tanto sconsiderato. Yeontan aveva ormai smesso di abbaiare arrabbiato, ammutolendosi con dei dolci occhioni in pensiero e seguendoci fin dentro casa. Se non fosse stato per lui, probabilmente, non avremmo mai pensato di fare il giro della casa a controllare, dando per scontato che Taehyung non si sarebbe mai potuto trovare nel retro dell'abitazione ridotto in uno stato simile.
Adagiai delicatamente il corpo di Taehyung sui cuscini morbidi del suo divano, osservando pensieroso il suo viso completamente rilassato. Negli ultimi tempi era un miraggio per i nostri occhi vedere anche solo un cenno di serenità sul suo volto. Era sempre avvolto da un'ombra strana, stressata, oserei dire arresa.
Taehyung era cambiato e, con lui, anche tutti noi. Gli eventi passati ci hanno inevitabilmente portati a non essere più ciò che eravamo una volta, trasformando radicalmente il presente. Guardare il nostro migliore amico venire travolto da tanta sofferenza, senza poter muovere neanche un dito per cambiare le cose, aveva indirettamente travolto anche me, Jimin e Yoongi.
Ma colei che più di tutti era stata travolta, sovrastata dal peso di chi si sente responsabile, era proprio Sooyun.
«Hai provato a chiamare Sooyun?» mi rivolsi a Yoongi, senza mai distogliere l'attenzione dal viso di Taehyung. Volevo imprimermi la sua espressione, avendo quasi timore di potermene di nuovo dimenticare. Avevo paura di dimenticare cosa significasse vederlo tranquillo, senza pesi sulle spalle, senza problemi da risolvere e ostacoli da abbattere.
«Si, le ho anche scritto dei messaggi... Sapete, nella speranza che possa leggerli e tornare il prima possibile a casa, ovunque lei si trovi»
Sooyun non rispondeva e non era qui con Taehyung. Taehyung era svenuto dietro casa sua e chissà cosa gli era successo prima di perdere i sensi. Taehyung era qui, ma di sua sorella non c'era nemmeno l'ombra ed era anche tarda notte. Improvvisamente, la brutta sensazione di prima tornò a martellarmi il petto. Aprii la bocca stando per parlare, per chiedergli di provare a chiamarla ancora, ma fui interrotto da delle brevi, semplici parole che ebbero l'effetto di paralizzarci tutti.
«Sooyun... Sooyun è andata via»
«Ma cosa sta dic-»
Zittii Jimin con un gesto della mano, tenendo gli occhi spalancati fissi sul corpo sdraiato di Taehyung. Teneva gli occhi chiusi, le labbra leggermente aperte e le sopracciglia corrucciate in un'espressione di sofferenza, paura.
«Sooyun non c'è più, non vuole più stare qui» bofonchiò con voce rotta. Mi spezzò il cuore. Non capii se stesse parlando nel sonno oppure stesse davvero cercando di parlare con noi, ma di una cosa ero sicuro: Taehyung stava male, stava soffrendo e l'assenza di Sooyun in casa non era certamente un buon segno.
«Taehyung..» Sussurrai il suo nome avendo quasi paura di pronunciarlo. Mi abbassai sulle ginocchia, per allineare le nostre altezze, e osservai le sue palpebre strizzarsi appena. Era sveglio. Un po' intontito, ma mi sentiva. «Dov'è andata Sooyun?»
La mia domanda rimase sospesa in aria, nel vuoto totale. Sentimmo solamente i nostri respiri, i nostri cuore battere velocemente e il ticchettio dell'orologio rallentare. Poi, d'un tratto, le palpebre di Taehyung iniziarono faticosamente a sollevarsi, scoprendo la profondità dei suoi occhi stanchi, assonnati. Le pupille si confondevano con il colore delle sue iridi, le quali erano fissi su di me. Il mio migliore amico mi stava guardando intensamente dal basso, senza proferire una sola parola. Era come se stesse cercando di comunicarmi qualcosa con gli occhi.
«Lei è...» un lieve sospiro sbuffò fuori dalle sue labbra rosee, lasciando che le uniche due parole pronunciate librassero nell'aria. Il ragazzo socchiuse gli occhi, faticando a tenerli aperti. Sembrava essere così stanco e sfinito da portarmi in automatico a chiedermi come riuscisse ancora a resistere, a non arrendersi per davvero. «È andata a cercare un posto in cui poter essere davvero felice»
«Tutto ciò non ha senso» la voce incredula di Jimin si sovrappose a quella debole di Taehyung. Lo vidi scuotere la testa, come se volesse in tutti i modi negare ciò che Taehyung aveva appena detto. «L'alcol gli sta facendo dire cose prive di senso» ripeté più a se stesso che a noi, «La chiamo»
«Non risponde al telefono, ci ho già provato io» gli ricordò Yoongi.
Jimin lo guardò male e, ignorando le sue parole, sfilò il telefono dalla tasca.
«La cercherò»
«E dove andrai a cercarla? Potrebbe essere ovunque-»
«Non mi interessa!» sbottò Jimin arrabbiato, ma soprattutto preoccupato, senza permettere a Yoongi di terminare ciò che stava per dire, «Cercherò in ogni cazzo di angolo della città e a furia di cercarla prima o poi la troverò»
«Non capisci? Se quel che dice Taehyung è vero e Sooyun è scappata di casa, vagando da sola a quest'ora della notte chissà dove, non possiamo permetterci il lusso di cercarla. Dobbiamo chiamare la polizia.»
Jimin aprì bocca per ribattere, ma da essa non uscì assolutamente nulla. Yoongi aveva ragione, lo sapevamo tutti che lui aveva ragione. Ma nonostante il timore dell'eventuale pericolo in cui Sooyun potrebbe trovarsi, sentivo che chiamare la polizia senza prima accertarmi della situazione non fosse la soluzione giusta. Non ancora.
«Taehyung, sei sicuro che Sooyun sia andata via? Forse è a casa di qualche amica»
Taehyung ridacchiò tenendo gli occhi chiusi, lasciandoci spiazzati. La sua voce era rauca, debole esattamente come lo era il suo corpo in quel momento. Sembrava non avere in corpo una sola energia capace di mantenerlo in piedi. Se non ci fosse il divano a sorreggerlo, sarebbe stramazzato al suolo e schiacciato dalla gravità.
«Sooyun non ha amici»
Ci fu silenzio. Nessuno fiatò più dopo quella frase, quelle parole sussurrate. Un sussurro capace di penetrare come una freccia affilata dentro il nostro animo, permettendo a paura, amarezza e tristezza di sgorgare senza sosta dai nostri petti. Sooyun non ha amici.
Sooyun non aveva neanche un solo amico. Sooyun era sola, fuori da quella casa.
Completamente sola.
Restammo impalati dinanzi al corpo stremato del nostro migliore amico per chissà quanti minuti, fissandolo come degli stoccafissi. Stetti per reagire, per muovermi e correre a cercarla, ordinando a Yoongi di chiamare subito la polizia. Però, non ce ne fu bisogno.
Bastò un'unica vibrazione proveniente proprio dal cellulare di Taehyung per spezzare quella tensione. Un'unica vibrazione, accompagnata da un unico messaggio.
Il ragazzo disteso in una posizione scomposta sul divano non reagì, facendoci intuire che si fosse addormentato di nuovo, arrendendosi al sonno e alla stanchezza che dovevano averlo travolto in pieno. Feci il primo passo, afferrando il cellulare di Taehyung illuminato che era stato abbandonato lì sul tavolino in vetro, al fianco del divano. Sulla schermata di blocco compariva soltanto un messaggio tra le varie notifiche, permettendoci di leggerne il breve contenuto.
Sooyun Sto bene, non mi aspettare sveglio. Torno domani.
Quel messaggio non riuscì a tranquillizzarci, ma ci costringemmo ad accontentarcene. L'idea di appostarci in casa ad attendere il suo ritorno insieme a Taehyung sfiorò la mente di tutti noi, però constatammo che forse, nel nostro voler aiutare, avremmo solamente peggiorato le cose. Lasciammo la casa dei Kim in totale silenzio, ognuno di noi pervaso da mille pensieri diversi tra loro, ma sicuramente tutti rivolti alla stessa persona. Come se ci fossimo letti nel pensiero, decidemmo anche nei giorni a seguire di non commentare l'accaduto, di non intrometterci e di lasciare che risolvessero la questione tra di loro.
Quel giorno facemmo finta di non aver rovinato i piani di Jimin, di non aver mandato a monte la serata che avremmo passato finalmente insieme dopo tanto tempo trascorso distanti, da soli. Fingemmo di camminare tranquilli, senza problemi da risolvere, senza domande da fare fino alle nostre rispettive case. Fingemmo di credere che qualsiasi cosa fosse appena successa, sarebbe sicuramente passata.
Fingemmo e continuammo a fingere ancora, ancora e ancora, perché mentire a noi stessi si rivelò essere molto più semplice dell'ammettere l'evidenza.
Taehyung stava bene, era solo stanco.
Sooyun stava bene, era solo un'adolescente.
Loro stavano bene, stavano solo affrontando un periodo di crisi familiare che, però, sarebbero riusciti a superare stando insieme. Si sarebbero fatti forza l'uno con l'altra.
Ce l'avrebbero fatta, Taehyung e Sooyun non avrebbero mai permesso a nessuno di piegare né il loro legame né loro stessi.
Questo era ciò che io, Jimin e Yoongi continuavamo a ripeterci.
Questa per noi era la verità assoluta e intramontabile. Del resto, perché le cose sarebbero potute peggiorare ancora più di quanto già non lo fossero?
Convincerci di stare bene avrebbe rimandato l'inevitabile sofferenza che avrebbe abbattuto tutti noi nel realizzare che, in realtà, niente sarebbe più tornato come prima.
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