𝟒𝟓. Coloro che chiedono aiuto


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"Il momento più solitario nella vita di qualcuno è quando si guarda il proprio intero mondo cadere a pezzi, e tutto ciò che si può fare è fissare con sguardo assente."

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TAEHYUNG


|1 ora prima|

Camminavo avanti e indietro ai margini della sala cerimoniale. Per un attimo credetti di poter svenire. L'ultima volta che avevo sentito tutta questa ansia pervadermi era stata quando avevo letto il nome di mia sorella sulla lista dei sospettati che Jongho mi aveva passato per la stampa.

Non andava bene. Non andava affatto bene.

«Taehyung, calmati»

Mi voltai con il volto pallido e gli occhi spalancati verso Jimin. Anche lui era teso, lo vedevo da come stesse stringendo la mascella, per quanto cercasse di trattenersi.

«Come posso calmarmi?» Sbottai guardandomi attorno per assicurarmi di non aver attirato troppo l'attenzione dei presenti. «Sooyun è scappata via senza dire una parola e, come se non bastasse, non risponde al telefono» Stetti per riavviare una nuova chiamata, ma prima ancora di riuscirci Jimin mi strappò il telefono di mano. «Cosa cazzo fai?»

Corrugai le sopracciglia arrabbiato quando lo vidi chiudere tutte le finestre possibili ed esistenti, per poi spegnerlo e metterlo nella tasca posteriore dei suoi pantaloni.
Mi aveva appena sequestrato il telefono?

«Hai già provato a chiamarla tante volte, non servirà a niente continuare a farlo se non ti risponde» Provò a tenere i toni calmi, ma fu difficile anche per lui. «Se non ci diamo una calmata e non ragioniamo lucidamente prima di agire, non riusciremo mai a ritrovarla»

«Ragionare lucidamente?» sbuffai una risata ironica, amara. «Come cazzo posso ragionare lucidamente se non so nemmeno dove cazzo è and-»

«Taehyung!» Jimin mi afferrò dalle spalle stringendole con forza. Accostò il suo viso al mio, guardandomi come se avesse voluto disintegrarmi con il solo potere della vista. «Prima di tutto, abbassa la voce. Ti stanno guardando tutti. Seconda cosa, prendi un bel respiro e calma quei tuoi cazzo di neuroni impazziti» fece un passo indietro, senza smettere di guardarmi negli occhi. «Sei sempre stato un ragazzo dal sangue freddo e ora, invece, stai perdendo il controllo di te stesso. Questo non farà altro che peggiorare le cose e tu lo sai bene» indicò una persona alle mie spalle, spingendomi a rivolgere lo sguardo dietro di me. «Perché non vai da Jungkook? Parla con lui, Taehyung. Noi pensiamo al resto»

Deglutii il groppo che mi si era formato alla gola, cercando di regolarizzare il respiro. Guardai Jimin, scontrandomi con il suo sguardo rassicurante, per poi riportare gli occhi su Jungkook.

Il corvino aveva lo sguardo perso nel vuoto, chiuso in una bolla che non mi sembrava corretto far scoppiare.
La sensazione di impotenza si rifletteva su di lui, sul suo corpo chinato e su quegli occhi scuri, vuoti. Potevo immaginare come si sentisse, cosa provasse.

Annuii ai miei stessi pensieri senza il bisogno di dare loro voce e, con passo lento e incerto, mi avvicinai alla sua figura seduta all'angolo lontano da tutti.

Non fiatai e mi limitai a prendere posto sulla sedia accanto a lui. Jungkook mi lanciò un'occhiata con la coda dell'occhio, sospirando pesantemente.

«Ti ha risposto?» Domandai con titubanza.

«No, a te?»

Scossi la testa, guardando il pavimento sotto ai miei piedi. Passai pochi secondi in silenzio a pensare. Non seppi neanche io dove puntare i miei pensieri, le mie incomprensioni. Mi sentivo strano, insolito. Per la prima volta nella mia vita non ebbi dei pensieri concreti, che avessero un senso.
Era come se qualsiasi cosa entrasse nella mia mente si rompesse in mille pezzi, sparpagliandosi ovunque fino a dissolversi.

Mi sentivo come privato di un'anima.

«Non so cosa fare»

«No...» Jungkook rivolse gli occhi al cielo e solo così mi accorsi delle lacrime che cercava di trattenere, «Neanche io»

Lo fissai forse per dieci o venti secondi. Non so se lui fece caso all'insistenza con la quale lo stessi guardando ma, dall'aria distratta che aveva con i pensieri in totale subbuglio, immaginai di no.

«Ascolta, Jungkook... Io-» mi bloccai quando gli occhi da cerbiatto del ragazzo si scontrarono con i miei. Schiusi le labbra, osservandolo e quasi studiando le parole che stavo per dire. «Troveremo Sooyun insieme»

Ciò che dissi doveva essere un'affermazione, ma perché allora parve uscire più come una domanda?
Jungkook sbatté le sopracciglia, guardandomi con incredibile profondità.

«Si» Annuì. Intravidi determinazione, ma anche molto altro dentro di lui. «La troveremo» una promessa, quasi un giuramento.

Jungkook non mi stava solo giurando che l'avremmo trovata fisicamente, ma anche mentalmente. Nessuno di noi avrebbe più permesso che una persona dolce, ormai instabile come Sooyun potesse perdere tanto facilmente se stessa a causa di qualcosa o di qualcuno di maligno che voleva nient'altro che ferirla.

La Sooyun che era una volta si era smantellata, degradata in sabbia e perso i propri granelli nell'aria, soffiata via dal vento.
Questa volta però noi avremmo recuperato ogni singolo granello di sabbia e l'avremmo rimesso al suo posto, avremmo ricostruito noi la via per permetterle di tornare a casa sua.

«Taehyung!» Vedemmo Jimin correre verso la nostra direzione con un'espressione a dir poco preoccupante. «Taehyung, sanno dov'è!»

«Cosa?» scattai in piedi con uno sguardo misto tra sorpresa, sollievo, ma anche paura. Non mi piaceva il tremore che stava impercettibilmente scuotendo l'intero corpo di Jimin. Sembrava terrorizzato.

«Minjee ha appena ricevuto una chiamata dalla babysitter. Sooyun è stata lì, è successo un casino ma ora non c'è tempo per spiegare, dobbiamo andare!» Fece cenno a entrambi di seguirlo, «Seokjin e Minjee si sono già avviati!»

Percorremmo l'intera sala verso l'uscita correndo come dei forsennati sotto gli sguardi sbigottiti e confusi di tutti. Lasciamo ogni cosa lì, i piatti ancora colmi di cibo e la musica che faceva da sottofondo rispetto al battito del mio cuore.

Tutti noi prendemmo posto nelle nostre rispettive macchine. Vidi persino Yoongi ed Eleonor lasciarsi il ballo alle spalle per accompagnarci e raggiungere mia sorella, ovunque lei fosse.

Quella sera eravamo uniti, pronti ad affrontare qualsiasi cosa avesse tentato di fare del male a una componente importante della nostra famiglia. Tutti eravamo preoccupati per Sooyun, tutti saremmo stati disposti a tutto pur di aiutarla.

Il mio cervello forse mi stava giocando un brutto scherzo, i miei pensieri come sempre vagarono oltre l'inimmaginabile, proiettando nella mia mente ogni possibile scenario.

Schiacciai sul pedale dell'acceleratore, senza preoccuparmi delle regole stradali perché la cosa più importante in quel momento era trovare mia sorella, nient'altro aveva importanza.

Non l'avevo mai vista così.

Il terrore presente sul suo volto l'istante prima che scappasse via senza dare alcuna spiegazione e gli occhi umidi erano stati sufficienti per farmi sentire quel vuoto familiare bucarmi il petto. Avevo paura fosse successo qualcosa di brutto, avevo paura che Sooyun fosse in grave pericolo e, soprattutto, avevo paura di non arrivare in tempo.

Sooyun mi aveva nascosto qualcosa? Perché era scappata in quel modo? Perché io sembravo essere l'ultima persona a capire cosa le capitasse?

Inevitabilmente, ripensai ai miei genitori, alla scuola e al ragazzo scomparso, alla polizia, al litigio avuto con Yoongi. Tutti i ricordi ricomparsero come per tentare di ricostruire possibili moventi che mi avrebbero ricondotto all'intera vicenda.

Cosa stava succedendo a Sooyun?

Perché il suo nome era nella lista dei sospettati?

Che fosse coinvolta veramente con la scomparsa di quello studente?

Perché Yoongi sembrava essere a conoscenza di qualcosa a me oscuro?

E se qualcuno le stava facendo del male? Se le ha già fatto del male e io non ne so niente?

Ma perché avrebbe dovuto tenermelo nascosto?

Se fosse ormai troppo tardi?

Una lacrima solitaria scivolò sulla mia pelle fredda.
Ero confuso, non avevo effettivamente idea di cosa stesse capitando a mia sorella, con chi avesse rapporti di amicizia negli ultimi anni. Strinsi il manubrio tra le mani fino a farmi male e indurii la mascella al solo pensiero di poterla perdere in qualche modo. Tutto a causa della mia disattenzione e del poco tempo che le dedicavo.
Se fossi stato più presente, forse, tutto questo casino non avrebbe mai avuto modo di prendere forma.

Sooyun cosa dove sei e stai facendo?

|4 anni prima|

L'aria cald soffiò contro il mio viso, tra i miei capelli. Le foglie che ornavano i rami sopra il mio corpo ombreggiavano lo spazio che mi ero creato per osservare in solitudine e in tranquillità l'intera distesa di grano. L'erba era alta, ma non abbastanza da impedirmi di vedere l'orizzonte. Era tutto così calmo da essere irreale.
In confronto al baccano sempre convivente in casa mia, questa potevo considerarla vera e propria pace.

Tenevo un gamba distesa, mentre l'altra era piegata per permettermi di poggiare il braccio sul ginocchio. Ero comodo, tranquillo e da solo. Niente di meglio, no?

«Taehyuuuuung!»

Sorrisi nel sentire quella vocina tutt'altro che sconosciuta chiamarmi da metri e metri di distanza. Non mi girai verso la sua direzione, non ce ne fu bisogno.

Con la coda dell'occhio vidi una figura più alta tenere per mano mia sorella, mentre la distanza tra di noi diveniva sempre più corta.

«Ehi Tae»

Ebbi giusto il tempo di girare la testa che mi ritrovai addosso il corpo minuscolo di Sooyun avvinghiata come un koala al mio molto più grande del suo. Era così piccola, così dolce.

Era cresciuta tanto negli ultimi tempi, eppure per me rimaneva la mia piccola sorellina.

Tristemente, avrei preferito rimanere a quando il problema maggiore per entrambi era se comprare il pandoro o il panettone per Natale. Scegliere la torta di compleanno, fare i compiti delle vacanze, decidere cosa portare il primo giorno di scuola: ormai avevo già dimenticato tutto questo, o quasi.
Da un anno a questa parte la mia vista stava drasticamente cambiando, deteriorandosi.
Non volevo che succedesse lo stesso a Sooyun, non potevo permetterlo.

«Taehyung, perché non torni a casa?» Mi domandò tenendo la faccia premuta contro il mio petto. «La mamma ha preparato il pranzo, stiamo aspettando tutti te»

Storsi la bocca alle sue parole. Non volevo tornare a casa, non avevo la minima voglia di rivedere mio padre. Mi dispiaceva per la mamma, però dentro di me il risentimento che provavo nei confronti di papà era ancora più forte del dispiacere. Non riuscivo a ignorarlo.

«Perché siete venuti qui? Non ce n'era bisogno...» Alzai lo sguardo su Jimin, il quale continuava a osservarmi con attenzione, silenziosamente, dall'alto. «E poi non ho fame»

«Dovresti tornare a casa con tua sorella. I tuoi saranno preoccupati per te-»

«Non credo sia così» Lo interruppi riportando l'attenzione davanti a me. «Vi ringrazio ma non era necessario venire a cercarmi. Jimin riporta Sooyun a casa»

«Perché non vieni anche tu con noi?»

Abbassai la testa e i miei occhi si scontrarono con quelli grandi e tristi di Sooyun. Indurii la mascella alla vista di quella lieve, ma intensa sofferenza. Sooyun stava male quando notava che cercavo di allontanarmi da loro, di isolarmi. E io stavo peggio nel constatare che la facessi sentire così in quei pochi, ma frequenti momenti di ribellione dalle mie responsabilità.

Ero stanco di quella vita. Stanco di preoccuparmi esclusivamente dei miei buoni voti a scuola. Stanco di incrociare mio padre per la casa sapendo ciò che ha fatto, per poi guardare la mamma in faccia ignara di tutto. Stanco di trattenermi, di evitare il problema, come se questo non esistesse.

Ero stanco della falsità, del peso che sentivo dentro ogni volta che aprissi la porta di casa per inoltrarmi in quella bolla di acqua e sapone sull'orlo di esplodere.

Sooyun non sapeva niente, ovviamente. Non lo avrebbe dovuto sapere. Mamma non sapeva niente. I nonni non sapevano niente.

Ma io si.

E odiavo sapere senza avere opportunità di dimenticare.
Mio padre era un bugiardo, un traditore.
Io ero anche peggio.

Parlavo con la mamma molto spesso, le raccontavo le mie giornate e le parlavo dei disegni che Sooyun mi aveva fatto quando andava alle elementari.
Così piccola e innocente, destinata però a vivere dentro il tranello che la vita ci aveva riserbato senza via di uscite. Era come se fosse tutto uno scherzo, un gioco.

A volte mi piaceva raccontare storie passate a mia madre, ricordi dimenticati, nella speranza di ripristinare una normalità che non ci apparteneva più.

Era ridicolo quello che facevo? Molto probabilmente si, ma era l'unico modo che avevo per mantenere accollati i frangenti di un legame che stava per spezzarsi definitamente.

Il ricordo di noi uniti come una famiglia vera era l'unica cosa che mi era rimasta. Fortunatamente, potevo ancora contare su quella parziale, ingenua inconsapevolezza di Sooyun e mamma.

Tutti sforzi inutili, lo sapevo molto bene.

Noi eravamo burattini, il mondo il burattinaio. Eravamo collegati con fili impossibili da recidere, perché qualsiasi cosa avessimo potuto fare, qualsiasi cosa io avessi deciso di fare il risultato sarebbe stato il medesimo: la bolla sarebbe comunque esplosa.

Mia mamma prima o poi scoprirà tutto, per mano mia o per mano di qualcun altro nel caso continuassi a tacere. Mia sorella, per quanto cercherò di proteggerla, verrà a sapere sicuramente ogni cosa. Mio padre continuerà con la sua vita, nella quale noi non saremmo mai più stati inclusi.

Risultato medesimo, appunto.

«Dai, Taehyung...» Deglutii la saliva senza avere il coraggio di guardare in faccia Jimin. Lui ancora non sapeva niente, ma non serviva parlargliene per fargli capire come mi sentissi. Lui aveva già capito. «Vieni con noi»

«Non ci riesco-» La voce mi si spezzò nel pronunciare l'ultima parola, portandomi a stringere gli occhi nervoso. Anche Sooyun forse se ne accorse. La sentii irrigidirsi contro di me. Non volevo farmi vedere così da lei, mi ero sempre impedito di piangere proprio perché Sooyun non meritava di vedermi triste, arreso.

«Taehyung?» Sooyun sollevò la testa per guardarmi dritto negli occhi. Non seppi bene come feci a trattenermi nel momento in cui mi rivolse uno dei sorrisi più belli, rassicuranti che abbia mai visto, «Puoi piangere se vuoi»

Sentii il cuore spezzarsi, il petto alleggerirsi contestualmente al peso sulle spalle che mi schiacciava verso terra.

Mi sforzai di sorridere anche io, scompigliandole i capelli con la mano libera.

«Sei molto gentile, ma non devo piangere. Tranquilla Sooyun, sto bene» la incitai a spostarsi per permettermi di alzarmi. «Andiamo a casa»

Mi pulii i pantaloni dalla polvere secca del terriccio, mi stiracchiai appena le braccia e afferrai la mano di Sooyun, stringendola in modo da trasmetterle anche solo un po' di quella mia sicurezza frammentata. Lei mi sorrise, stringendo a sua volta la presa.

Poi guardai Jimin, ma non permisi al mio sorriso di andarsene via. Non lo avrei mai permesso davanti a loro, nessuno doveva vedermi abbattuto, triste neanche solo lontanamente. Non volevo essere io la causa dei loro problemi, perché mi ero sempre promesso di fare di tutto pur di essere la soluzione degli stessi. Jimin aveva già le sue difficoltà da affrontare con la sua famiglia, Yoongi non ne parlava mai, ma sapevo bene che anche da lui non fosse tutto rose e fiori. Seokjin era sempre impegnato con gli studi per avere la possibilità di costruirsi un futuro diverso da quello dei suoi genitori.
Non dovevo essere motivo di ulteriori rogne.

«Qualsiasi cosa ti serva, noi ci saremo sempre per te» Jimin mi parlò con un'espressione fin troppo seria, parve quasi un avvertimento.
Si riferiva a se stesso, a Yoongi e a Seokjin.
I miei migliori amici.

Jimin non era stupido, nessuno di loro lo era in verità. Però Jimin era la persona con cui avevo maggiori contatti negli ultimi mesi e questo gli permetteva anche di osservarmi maggiormente da vicino. Sapeva che fosse successo qualcosa e sapeva anche che non avessi intenzione di parlarne.
Lui però avrebbe ugualmente fatto in modo di porgermi la sua mano, per quanto avrei cercato sempre di rifiutarla.

«Ti ringrazio Jimin, ma..» scossi la testa, annuendo con decisione, «Non mi serve niente»

«Tutti hanno bisogno di qualcosa prima o poi, Taehyung.» fece un passo verso di me, mentre Sooyun si limitava a guardarci in silenzio. «Non c'è niente di male nel chiedere una mano. Coloro che chiedono aiuto dimostrano di essere ancora più forti di quelli che ne ignorano la necessità. Sei stato tu a dirlo, ricordi?»

La frase del post sopra indicato l'ho un po' modificata, a inizio capitolo, dall'originale per farla tornare meglio anche nella traduzione italiana in un certo senso.

È tardissimo quindi sarò veloce: questo capitolo affronta ciò che avviene circa un'ora prima che Sooyun, Taehyung e Jungkook finiscano in quelle terribili condizioni a causa dello scontro con Yeosang e immediatamente dopo che Sooyun è scappata via per raggiungere la casa di Seokjin e Minjee. Il punto di vista è di Taehyung proprio per farci capire anche la sua prospettiva e, soprattutto, per vedere quindi cosa è successo mentre Sooyun ha ritrovati i corpi di Namjoon e Jihoon.

Quindi, se non si fosse capito, abbiamo solo fatto un piccolo passo indietro dal capitolo precedente.
Non mi vengono più le parole per esprimere pensieri, forse perché sono molto stanca e assonnata, oppure semplicemente perché è già la storia a parlare per me... Comunque, spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto🥺💜 lasciate una stellina o anche un commento se vi va!
Ci vediamo al prossimo capitolo,

Un abbraccio💜

Carly
INSTAGRAM: _carlyarmy_

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