𝟒𝟐. Ignorare il demonio

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"Non ho mai avuto intenzione di iniziare una guerra, ma ogni giorno è come un campo di battaglia."

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SOOYUN

Venerdì 2 Aprile, ore 18:16

Rimasi imbambolata a fissare la mia immagine riflessa nello specchio. Il vestito viola che Taehyung mi aveva regalato fasciava dolcemente il mio busto, mettendo in risalto le lievi curve del mio seno e dei miei fianchi magri, ma arcuati. La parte della gonna ricadeva morbida lungo le mie gambe, arrivando poco sopra le ginocchia. Era talmente bello da lasciarmi senza fiato.

Sollevai lo sguardo poco più su, puntandolo nei miei stessi occhi truccati con del mascara e un filo di ombretto viola. Avevo deciso appositamente di abbinare il colore del trucco con quello del vestito, dando un migliore effetto al mio aspetto.

Mi voltai verso la porta quando sentii qualcuno bussare, vedendo la testa di mio fratello sbucare dall'esterno.

«Sei pronta?»

Annuii con un dolce sorriso, venendo subito ricambiata. Taehyung si fece maggiore spazio spalancando completamente la porta per guardarmi per bene dalla testa ai piedi. Se non altro, il suo sorriso non fece che aumentare.

«La mia sorellina è davvero una ragazza bellissima» mormorò teneramente, portandomi ad arrossire imbarazzata come una bambina. Non ero più abituata a sentire simili complimenti, soprattutto da parte di mio fratello.

Negli ultimi anni, le uniche parole che ci eravamo rivolti erano cariche di rabbia e sofferenza. Non c'era mai stato spazio per i complimenti.

Mi presi del tempo per osservarlo a mia volta, ammirando il completo elegante color rosso bordeaux. Gli stava benissimo.

«Wow, mi hai presa alla lettera» commentai scherzosamente.

Taehyung ridacchiò nello spalancare le braccia con uno sguardo ammiccante.

«Mi hai detto di trovarmi qualcosa di elegante e così ho fatto» rispose fiero di sé e della sua immagine, consapevole di quanto fosse un bel ragazzo. «Farai un figurone accanto a me, tutte le altre studentesse saranno invidiose di te da quanto è bello tuo fratello-»

«Bene, andiamo!» esclamai imbarazzata per mettere fine a quella conversazione. Presi la borsetta nera e scansai la figura di Taehyung per poter scendere e uscire di casa.

Sentii mio fratello ridere divertito alle mie spalle, per poi seguire il mio passo. Fortunatamente, grazie al poco traffico, raggiungemmo la mia scuola abbastanza velocemente. Taehyung parcheggiò la macchina al primo posto disponibile e, non appena uscii, intravidi in lontananza le figure di Yoongi e Jimin che ci aspettavano all'entrata dell'Aula dedicata alle cerimonie e agli eventi particolari.

Erano davvero molte le persone che si stava inoltrando al suo interno per partecipare al ballo primaverile; molte erano coppie di adolescenti, ma c'erano anche alcuni professori. Avevo personalmente chiesto e pregato Seokjin e Minjee di non mancare, sapendo bene quanto il primo fosse molto più propenso a passare l'intera serata chiuso a casa, nel suo studio. Perciò, sperai di vedere anche loro due.

«Ehi, Sooyun!» Jimin mi salutò con un enorme sorriso nel vedermi, facendo cadere anche l'attenzione di Yoongi su di me. Quest'ultimo ci salutò sorridendo con un piccolo cenno del capo. Notai che Eleonor ancora non era arrivata. «Cavolo, sei stupenda!»

«Giù le mani da mia sorella! Sono io il suo cavaliere questa sera, mi occuperò personalmente di difenderla da opportunisti come te» Taehyung si interpose tra me e Jimin, fulminandolo con lo sguardo.

«Volevo solo darle un abbraccio!» si difese subito Jimin, facendo ridacchiare me e Yoongi.

Taehyung non aveva mai voluto darlo a vedere, ma non gli andava molto giù l'attaccamento che Jimin aveva nei miei confronti fin da quando ero piccola. Del resto, ero la sua dolce e unica sorellina.

«Qui qualcuno è geloso per caso?»

Ci voltammo tutti nella direzione di chi aveva appena parlato, vedendo Minjee avvicinarsi a noi con Seokjin al suo fianco. Ci salutarono stringendoci in forti e affettuosi abbracci e quando Minjee arrivò davanti a me non si trattenne dal complimentarsi, dicendomi quanto fossi stupenda. Mi limitai a risponderle con sinceri e timidi ringraziamenti, ma con la coda dell'occhio riuscii persino a intravedere un dolce sorriso contornare le labbra di Taehyung.

Decidemmo di dirigerci tutti verso l'entrata, una volta appurato che Eleonor avrebbe tardato di almeno venti minuti. Si era preoccupata di avvisare Yoongi per messaggio, dicendogli di non aspettarla fuori.

«Cavolo, c'è un sacco di cibo!» Esclamò Jimin con l'acquolina in bocca.

«Ma almeno c'è dell'alcol?» Chiese Yoongi, guardandosi attorno alla ricerca di qualche bevanda alcolica.

«Ci sono adolescenti qui, Yoongi. Adolescenti minorenni.» Gli rispose ovvio Seokjin, senza mai lasciare il fianco di sua moglie. «Secondo te potrebbero mai offrire dell'alcol?»

Jimin ignorò le parole di entrambi, catapultandosi dritto verso i tavoli colmi di stuzzichini e dolcetti appena sfornati. Fu seguito poco dopo anche da Yoongi, Minjee e Seokjin.

«Vuoi qualcosa?» la voce morbida e bassa di Taehyung mi colpì dritta all'orecchio, riuscendo a far sciogliere ogni nervo del mio corpo.

Diversamente da tutti gli altri, io non ero riuscita a sbloccarmi davanti a tutte quelle persone. Vedevo tanti studenti della mia scuola, riconoscendone alcuni e, in particolare, i miei compagni di classe. Ignorai le occhiate delle amiche di Jisoo, le quali non smettevano di fissarci come delle aquile da quando eravamo entrati. I professori fortunatamente non fecero troppo caso a noi e l'unica professoressa che mi aveva adocchiata, ovvero la stessa che mi detestava per i miei numerosi e irrispettosi ritardi, si era limitata a guardarmi velocemente per intero, per poi voltarsi dall'altra parte a parlare con i suoi colleghi.

Mi sentivo un po' troppo osservata e, diamine, quando capitava improvvisamente mi sembrava di avere dei tronchi al posto delle gambe.

Fantastico.

«Forse qualche dolcetto non sarebbe male» risposi in un mormorio intimorito. Il cibo mi avrebbe aiutata a distrarmi, sperai di riuscire a trovare qualcosa che sapesse di fragola e cioccolato. Oh si, quello si che mi avrebbe sciolta letteralmente al pavimento.

Taehyung mi accompagnò ai tavoli allestiti con una marea infinita di dolci, salatini e bevande fresche alla frutta. Intercettai persino qualche cocktail analcolico e l'occhio mi cadde inevitabilmente su Jimin. Il moro stava versando di un po' di alcol da una boccetta, che aveva a quanto pare nascosto dentro la giacca elegante, nel drink suo e di Yoongi. I soliti.

«Lo hai notato anche tu, vero?» Mi chiese Taehyung.

«Si» risi concentrandomi su ciò che stavo mettendo nel mio piatto. «Non lo sanno che potrebbero essere cacciati se li scoprissero?»

Taehyung mi passò qualche biscotto zuccherato e farcito la marmellata alla fragola, facendomi subito venire gli occhi a cuoricino.

«Dovrebbero aggiungere al menù di ogni bar e locale le fragole ricoperte di cioccolato! Quelle attirerebbero tanta clientela» Parlai mordendo il primo manicaretto che mi trovai sotto mano.

«Attirerebbero soprattutto te, semmai» Ribatté Taehyung con un sorriso di scherno.

Io risi consapevole che non avesse tutti i torti, mi voltai con il piatto pieno di cibo in una mano e il pasticcino che stavo gustando nell'altra. Scrutai con attenzione tutto l'ambiente circostante, osservando con piacere come avessero trasformato una futile aula magna scolastica in una sala a dir poco elegante e raffinata. Era tutto così chic che quasi non riconobbi la mia stessa scuola.

Proposi a Taehyung di andarci a sedere, per prendere posto prima che fosse tutto occupato. Almeno avremmo potuto ascoltare l'inizio della cerimonia senza dover stare in piedi per troppo tempo.

Non ero mai stata una persona che partecipava a questo tipo di eventi, preferivo piuttosto rimanere chiusa in casa da sola, come Seokjin. Questa volta però era diverso, sentivo che qualcosa fosse cambiato. La successione di eventi di quell'anno si stavano rivelando più d'impatto di quanto pensassi, a partire dall'incontro con Jungkook.

Jungkook...

Non mi accorsi di come il mio sorriso si spense in un battibaleno, le mie orecchie smisero di ascoltare le parole del preside della scuola, il quale ci stava dando il benvenuto e augurando di passare una buona serata e di ballare in compagnia delle persone che amiamo.

Tutti si erano preparati con cura per questo ballo, tutti erano venuti in compagnia di qualcuno a cui tenessero, qualcuno che amassero.

Quando Taehyung mi invitò a ballare con lui, io naturalmente gli porsi subito la mia mano. La musica partì lenta, portandoci perciò a muovere i nostri corpi con un ritmo altrettanto lento e calmo. Era una canzone che avevo già sentito, notai che le parole erano state tolte e al loro posto risuonarono dolci note di un pianoforte che qualcuno stava suonando all'angolo di questa stanza enorme.

C'erano alcuni gruppi composti da ragazze, che dolcemente seguivano l'andamento della musica tenendosi tutte per mano. Inevitabilmente, la mia attenzione ricadde sulle varie coppie presenti, alcuni erano più piccoli di me, altri invece più grandi di qualche anno. Gli occhi mi si illuminarono quando vidi Eleonor ballare insieme a Yoongi. Era arrivata.

La ragazza dai lunghi capelli scuri teneva la testa appoggiata al petto di Yoongi, mentre quest'ultimo la stringeva amorevolmente tra le sue braccia con un dolce sorriso a contornargli le labbra fini. Erano così belli, così romantici che sentii le lacrime cercare forzatamente di inumidirmi gli occhi. Ma non glielo permisi.

«A che cosa stai pensando?»

Sollevai di poco la testa, per guardare Taehyung negli occhi. Dentro vi si lessi la consapevolezza di chi aveva già capito tutto quello che mi passava per la mente. La sua era una domanda di pure circostanza, perché già sapeva benissimo a cosa stavo pensando, o meglio, a chi stavo pensando.

Erano così tante le questioni ancora in sospeso che, al solo pensarci, sentivo la testa girare fortemente, tanto da farmi rivoltare lo stomaco. Però, mi ero ripromessa che le avrei lasciate da parte per un po', che avrei pensato a me stessa e alle persone che amo fino a quando ne avrei avuto le possibilità. Avrei risolto ogni difficoltà successivamente, quando ne avrei avuto le forze e quando avrei ritenuto fosse il momento adatto. E sicuramente questo non era assolutamente il momento adatto.

«Non gli ho ancora parlato» Ammisi con un filo di voce, abbassando lo sguardo. Non precisai a chi mi stessi riferendo, non ce n'era bisogno.

«Però vorresti farlo»

«Non ci riesco» ribattei, senza però smentire le parole di mio fratello. «Non ho nessuna voglia di farlo ora»

Sentii Taehyung sospirare, ma non disse altro. Pensavo che avrebbe continuato a parlare, magari insistendo su come avrei dovuto parlargli e che più tempo avrei aspettato e meno possibilità avrei avuto nel risolvere la situazione con lui. Più tempo io lasciavo scorrere e più sarebbe stato difficile. Eppure a me sembrava molto più facile stare ferma a non fare niente, lasciando che le ore e i giorni passassero, mentre attorno a me tutto rimaneva uguale.

Stare fermi a guardare era sempre stata la strada più facile da prendere. La più stupida, ma la più semplice.

Dato che quel silenzio mi stava decisamente martoriando l'anima, presi parola per prima.

«Penso sempre a lui» Non mi vergognai a dire ad alta voce ciò che provavo, perché questa era la verità. Ormai avevo capito che non si doveva provare vergogna per la realtà dei fatti, era stato Jungkook a insegnarmelo. «Ogni minuto io penso a lui. Appena mi sveglio penso a lui e prima di addormentarmi penso a lui.» Risollevai la testa per puntare i miei occhi riflettenti di pura sincerità in quelli colmi di comprensione di Taehyung. «Jungkook è costantemente nei miei pensieri.»

«Provi qualcosa per lui?»

Spalancai gli occhi alla sua domanda improvvisa, portandomi a chiedermi la stessa identica cosa. Io provavo qualcosa per Jungkook?

Si.

Assolutamente si.

Ma, invece, Jungkook? Jungkook provava qualcosa per me?

«I-Io non-» serrai le labbra non sapendo come esprimermi e Taehyung lo capì. In silenzio, attese che continuai a parlare senza mettermi fretta, mentre i nostri corpi continuarono a muoversi, seguendo la melodia del pianoforte. «Si» Dissi tutto d'un fiato. «Credo di amarlo»

«Credi?» Taehyung inarcò un sopracciglio, un angolo della sua bocca si alzò in contemporanea al rossore che inondò il mio viso, rendendomi conto di quello che avevo appena ammesso ad alta voce per la prima volta.

Sbuffai con la stessa insicurezza di una bambina che non sa come spiegarsi, sentendomi nuda sotto gli occhi di mio fratello.

«Ho paura che lui non provi lo stesso per me»

D'un tratto Taehyung tornò serio, il suo sorriso si spense e un'espressione intensa, intenerita, quasi materna, prese posto sul suo volto. Non avevo mai avuto il coraggio prima d'ora di ammettere quello che veramente pensavo, in parte per orgoglio ma anche, e soprattutto, per vergogna. Mi vergognavo di quel che provavo e, per quanto assurdo possa sembrare, credevo che fosse giusto vergognarsene.

Mia mamma, da quando era caduta sotto la dipendenza di droghe e alcol dopo aver scoperto del tradimento di papà, mi gridava spesso addosso di smetterla di piangere, che le mie lacrime non sarebbero servite a niente. Mi guardava come se fossi stata una vergogna e che io stessa dovessi vergognarmi di provare quelle emozioni e di sprigionarle sotto forma di lacrime.

Dopo un po', inconsapevolmente, ero finita per crederle. Avevo iniziato a pensare che quel suo sguardo di rabbia e di disgusto fossero del tutto leciti, giusti. Mi ero convinta che mia madre avesse ragione, che non c'era assolutamente nulla di cui vantarsi nel piangere continuamente e nell'ammettere le proprie paure, i propri sentimenti.

«Cosa te lo fa credere?» Mi chiese sinceramente incuriosito dai miei pensieri. Aveva un'espressione di rammarico sul volto.

«Insomma, l'hai visto anche tu, no?» Gli domandai di rimando, guardandolo ovvio e ottenendo da parte sua maggiore confusione «Perché mai uno come Jungkook dovrebbe provare qualcosa per una come me?»

«Non lo so, ma puoi chiederglielo direttamente tu» Taehyung sorrise guidandomi con lo sguardo alle mie spalle.

Appena mi voltai, sentii le gambe diventare molli come budino, il cuore palpitare a una velocità sovraumana e le mani tremare.

«Jungkook» il suo nome lasciò le mie labbra sotto forma di un soffio appena udibile. Faticai a sentirlo persino io.

Il ragazzo di cui avevo appena pronunciato il nome si fece spazio tra la gente all'entrata della sala, i suoi occhi passavano in rassegna ogni singola persona alla ricerca di qualcuno. Quando questi si posarono sui miei, lui sorrise. Mi aveva appena trovata.

«Sei stato tu a chiedergli di venire?» chiesi incredula a mio fratello, incapace di distogliere lo sguardo dalla figura di Jungkook, elegantemente vestito con un completo nero. Tutte le luci si riflettevano su di lui, facendolo apparire ancora più appariscente di quanto già non fosse.

Taehyung si limitò a sorridermi, lasciandomi senza una vera risposta. Lo vidi allontanarsi mentre Jungkook, al contrario, si avvicinava con lenti e precisi passi verso di me. I suoi occhi mi penetravano fin dentro, fissi come due chiodi nei miei. Sembravano voler leggerci ogni emozione possibile ed esistente attraverso quelle perle scure, come se lì potesse trovarvi dentro ogni risposta. Improvvisamente, mi sentii nuda, totalmente smascherata dalle sue iridi nere come la pece.

Persi la cognizione del tempo, tutto attorno a me svanì nel nulla e l'unica cosa che percepii fu il rumore che emettevano le sue scarpe nel calpestare il pavimento pulito. Un passo, due passi, tre passi, quattro passi... Iniziai a contarli senza rendermene conto. Lui era sempre più vicino a me, io sempre più vulnerabile.

Sollevai la testa per fare in modo che il contatto dei nostri occhi non si rompesse, a malapena riuscii a sbattere le palpebre da quanto riuscisse a ipnotizzarmi. Ero senza parole.

Jungkook era qui. Lui era qui, ora, davanti a me. Sentii il suo respiro caldo scontrarsi sulla mia pelle, le sue labbra erano schiuse, pronte a pronunciare parole che gli pareva difficile far uscire. Vidi il suo pomo d'Adamo muoversi su e giù nel deglutire, mentre una mano si avvicinò al mio volto.

Le sue dita sfiorarono la mia guancia, accarezzandola con una gentilezza che mai avevo sentito prima. Jungkook mi guardava e mi toccava come se avesse paura di rompermi in mille pezzi.

«Sei bellissima» sussurrò.

Scossi appena la testa, con estrema debolezza. Era bastato guardarlo, averlo vicino a me, per sentire ogni rimasuglio di energia venire risucchiato dai polpastrelli delle sue dita che continuavano ad accarezzarmi la guancia con profonda dolcezza.

«Che ci fai qui?» la mia voce fuoriuscì debole, fragile.

«Sono venuto qui per te.» Rispose sicuro di sé.

«Perché?» Lo chiesi seriamente, volevo davvero avere una risposta alla mia domanda. Una risposta che solo Jungkook avrebbe potuto darmi.

«Perché voglio starti vicino»

«Perché? » Chiesi ancora, il naso cominciò a pizzicarmi.

«Perché non riesco a stare lontano da te.»

Un'ondata di leggerezza pervase ogni centimetro cubo del mio interiore. Il mio petto parve liberarsi di un peso che non avevo neanche percepito, fino a quando non ci aveva pensato Jungkook a liberarmene. Il cuore si fece meno pesante, riprendendo a battere ad un ritmo normale. Jungkook non riusciva a stare lontano da me.

Jungkook stava ammettendo di non riuscire a starmi lontano, eppure questo non bastò a spazzare via tutte le insicurezze che ancora tormentavano la mia mente e il mio animo. Percepii il mio corpo essere sull'orlo della fioritura, incitato a sbocciare grazie alla luce splendente che Jungkook emanava, ma non era ancora abbastanza. Io ero scettica, il mio cuore stesso lo era e non vedeva l'ora di riuscire a liberarsi da quella morsa che i miei stessi genitori avevano provocato. E Jungkook lo capì dai miei occhi, che lo guardavano in cerca di risposte e di una sicurezza che desideravo tanto possedere, ma che mai ero riuscita ad ottenere.

Jungkook prese un grosso respiro, schiuse le labbra pronto a parlare e guardò solo ed esclusivamente me, dritta negli occhi.

«Sooyun, io ti amo»

Sooyun, io ti amo.

La sua voce rimbombò nelle mie orecchie, raggiungendo gli angoli più remoti del mio cuore. I miei neuroni smisero di recepire ulteriori informazioni provenienti dall'esterno, incapaci di realizzare ciò che avevo appena udito. In un movimento del tutto automatico, tirai fuori il telefono dalla mia borsa non appena lo sentii vibrare, senza rendermene conto per davvero. Mi mossi continuando a guardare le labbra e gli occhi di Jungkook, sembravo come ipnotizzata.

Quando sbloccai il telefono con l'impronta, senza neanche vedere ciò che stessi facendo, gli occhi si spostarono sul messaggio che mi era appena arrivato, ovvero un video. Era giunto da un numero sconosciuto.

«Sooyun?» il richiamo di Jungkook mi giunse più come un eco ovattato nell'istante in cui azionai la registrazione.

Il mio respiro si fece pesante, il mio cuore riprese a battere come impazzito e un pesantissimo macigno tornò a comprimere con forza il mio petto.

«O mio Dio» sussurrai terrorizzata, non pensando su come avessi appena pronunciato tali parole ad alta voce, permettendo così a Jungkook di sentirmi.

«Sooyun, che succede-»

Il panico prese il comando del mio corpo, la mia razionalità venne totalmente risucchiata dall'immensa paura che mi aveva travolta sotto una tempesta in piena regola. La testa pulsava dolorosamente, mentre le mie gambe scattarono da sole, spingendomi verso l'uscita della sala.

«Sooyun! Sooyun, aspetta!»

«Sooyun, dove stai andando?!»

Più voci si frapposero tra di loro, gridandomi di fermarmi, ma non riuscirono neanche a sfiorarmi. Il mio cervello era in tilt, totalmente incentrato su una cosa sola: Yeosang.

Il bambino di Minjee e Seokjin era in pericolo. Yeosang stava minacciando di fare del male al loro bambino a causa mia. Non potevo permettergli di toccarlo, non potevo. Corsi più veloce che potei fuori dal cancello, presi la prima bici che trovai sottomano, che fortunatamente non era incatenata con il lucchetto. Iniziai a pedalare, sotto l'effetto della paura e dell'adrenalina, muovendo le gambe con una velocità che non credevo neanche di possedere.

Non poteva fare questo. Minjee e Seokjin non c'entravano assolutamente niente, il loro bambino non c'entrava niente. Minjee amava suo figlio, Seokjin lo amava. E Yeosang non poteva osare sul serio fargli del male per un capriccio che riguardava me. Me soltanto. Erano tutti innocenti, a parte me. Yeosang se la stava prendendo con le persone sbagliate per il solo gusto di minacciarmi, di incutermi paura. E ci stava riuscendo alla grande.

Sapevo di star correndo dritta verso la tana del lupo, ma non mi importò niente. A me non importava di quali rischi avrei corso, l'unico motivo per cui mi stavo lanciando contro il pericolo era la vita di quel bambino, la vita della mia famiglia.

Mentre prendevo fiato che i miei polmoni non riuscivano a contenere, mentre sforzavo le gambe a pedalare con sempre più energia, mentre le lacrime mi offuscavano la vista e le persone si scansavano alla mia vista spaventate che potessi andargli addosso, capii che non potevo più rimandare l'inevitabile.

Non potevo far finta che Namjoon non fosse stato rapito da Yeosang e tantomeno fingere che quest'ultimo non esistesse più nella mia vita. Non potevo neanche fare affidamento su Hoseok e sulla polizia, perché nessuno sarebbe per davvero riuscito a fermare la sua follia. Quel ragazzo sarebbe stato capace di cercarmi in capo al mondo anche da dentro una cella in isolamento. Nessuno ce l'avrebbe fatta a eccezione della sottoscritta.

Ignorare il demonio non avrebbe permesso ad alcun angelo di salvarmi. Lui mi avrebbe sempre perseguitata, fino a quando non sarei stata io stessa a sconfiggerlo.

Avrei messo un punto a tutta questa storia, adesso e una volta per tutte.

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