𝟑𝟎. Quel chiodo
Auguro buon anno a tutti!✨
«Non ci sono abituato»
Sooyun si voltò nella direzione del corvino, mentre si incamminavano verso il posto dove Jungkook voleva portarla. Il ragazzo sembrava provato, nostalgico e Sooyun riuscì a percepire anche una nota di disagio nelle sue parole. La più bassa, continuando a spostare un piede davanti all'altro al fianco di Jungkook, riportò lo sguardò davanti a sé corrugando appena le sopracciglia.
«A cosa ti riferisci?»
Pochi metri dopo, prima che Jungkook potesse rispondere, dovettero entrambi fermarsi di fronte a un cancello semiaperto. Al di là di esso si doveva proseguire lungo un sentiero fatto di terra e sassolini, i pochi lampioni presenti riuscivano a illuminare le varie tombe sparse per tutto il luogo recintato e ciò fece confondere ancora di più Sooyun, che stava guardando proprio quelle tombe con le sopracciglia sollevate e le labbra schiuse.
«È un cimitero questo...» mormorò più a se stessa che a Jungkook, «Perché mi hai portata a un cimitero-»
«È a questo che non sono abituato.» Jungkook si girò verso la più piccola, guardandola dall'alto con un piccolo sorriso. «Non ho mai portato nessuno alla tomba di mio fratello prima di oggi.»
Sooyun spalancò gli occhi e se inizialmente era confusa ora si sentiva anche un po' agitata, senza neanche riuscire a capire bene il motivo di tale sensazione. Lei non sapeva che il fratello di Jungkook fosse morto. No, non sapeva proprio che avesse un fratello.
«H-Hai- Avevi un fratello...?» Sooyun scosse leggermente la testa sconcertata, non sapeva cosa dire, da dove cominciare e cosa potergli domandare. Aveva paura che qualsiasi parola sarebbe potuta risultare sbagliata. «Io... Io non ne avevo idea» mormorò triste, sembrava non avere il coraggio di pronunciare quelle parole, quasi come se ne provasse vergogna nel non sapere qualcosa di tanto importante. Jungkook aveva avuto un fratello, aveva perso suo fratello e, forse, quando era successo non aveva avuto nessuno al suo fianco.
Jungkook annuì alle sue parole. «Perché io non te ne ho mai parlato.» disse ovvio, assicurandosi di rivolgerle un sorriso in modo da tranquillizzarla e scacciare via ogni tipo di preoccupazione potesse scorgere in quei dolci e grandi occhi neri. Non voleva farla sentire male per la storia di suo fratello, voleva solo che lei lo sapesse. Non riusciva a trovare una vera giustificazione per questo suo desiderio, ma sentiva vivamente dentro di sé di volerlo e basta. Voleva parlare con Sooyun, rivelarle quella piccola parte di sé, desiderava condividere con lei tutto ciò che aveva sempre tentato di tenere all'oscuro a tutti. Sentiva che meritasse di saperlo, perché lei stava diventando ciò che mai avrebbe potuto credere di poter avere accanto: un'amica, una vera amica. Forse, dopo quello che era successo, era anche più di un'amica. Prima di baciarla non ci aveva pensato molto in realtà, aveva agito d'istinto. Un istinto che però lo stava tentando da un po' di tempo e lui di questo ne era ben consapevole. Gli piaceva Sooyun, davvero.
Jungkook si chiese se ciò che provava per Sooyun fosse amore. Lui non si era mai innamorato di nessuno fino ad allora. Come poteva sapere se fosse amore o semplice piacere?
Cominciò a porsi quella domanda continuamente nella sua testa, anche mentre stava guidando la ragazza verso la tomba di Seojoon, e non riuscire a trovare una risposta soddisfacente lo stava torturando dall'interno. Arrivò a pensare che forse avrebbe solo dovuto aspettare per capirlo, aveva bisogno di tempo per sapere cosa significasse quello che provava e che ci avrebbe pensato più tardi quando gli sarebbe stato permesso pensarci meglio.
«È qui» sussurrò facendo fermare i passi di Sooyun di fronte alla lapide con sopra inciso il nome di suo fratello.
Sooyun non riuscì a spostare gli occhi dalle date segnate sulla pietra, proprio quelle che dichiaravano l'anno di nascita e di morte di Seojoon. Sentì una morsa al cuore e si inginocchiò in automatico di fronte a quell'ammasso di terra e pietre sotto cui giaceva senza vita il corpo di una persona che doveva essere stata davvero importante per Jungkook. Sfiorò con il polpastrello dell'indice la superficie della lapide, ricalcando ogni lettera del nome di Seojoon sotto lo sguardo attento e silenzioso di Jungkook.
«Perché non me ne avevi parlato?» chiese con cautela, senza avere il coraggio di girarsi a guardarlo. Era certa che sarebbe di nuovo scoppiata a piangere se lo avesse guardato in faccia.
«Di solito non è qualcosa di cui parlo.» Jungkook rispose senza un minimo di tentennamento, sollevando appena le spalle. «Tu e Taehyung siete le uniche persone che sanno di Seojoon.»
Sooyun, nel sentire il nome di suo fratello, non fece a meno di corrugare le sopracciglia infastidita a causa della confusione che era diventata più un tormento che altro ormai. Si sollevò mantenendosi sulle ginocchia e si girò completamente verso la figura alta del corvino per poterlo affrontare. I loro visi erano distanti a neanche un metro di distanza, Jungkook teneva le mani nelle tasche della giacca mentre la guardava con un'espressione indecifrabile sul volto.
«Da quando tu e mio fratello parlate?»
Jungkook fece di nuovo spallucce, sembrò voler apparire impassibile persino a se stesso. Questo era l'effetto che gli faceva ogni qualvolta che veniva al cimitero a trovare Seojoon. Le prime volte piangere e sentire la gola stringere insieme al suo cuore era inevitabile, era diventato quasi normale farlo ogni giorno dalla morte di suo fratello. Poi, però, nonostante aumentasse di volta in volta la pesantezza di quei mattoni contenenti ogni responsabilità che percepiva gravare sulle sue spalle, aveva imparato a distaccare ogni possibile senso dalla realtà circostante. Jungkook aveva imparato a non soffrire. Era questo ciò di cui si voleva convincere. Ma era solamente una mera illusione quella, una menzogna e, in parte, Jungkook lo sapeva.
Anche Sooyun l'aveva capito.
Jungkook non voleva soffrire. Fingeva di non soffrire trovandosi di fronte alla tomba di suo fratello, ma lui soffriva eccome. Soffriva dentro come nessuno poteva immaginare, il petto continuava a fargli male dall'interno, eppure lui non si mostrava minimamente toccato o sofferente quando succedeva. I suoi occhi divenivano vuoti, ombreggiati da qualcosa di scuro, quasi come a volersi coprire qualsiasi possibile sentimento scoperto da quelle profonde e sincere iridi nere come la pece. Le labbra restavano serrate e distese perfettamente in una linea impassibile, senza la minima intenzione a voler mostrare un solo cenno di broncio malinconico, triste. I muscoli del viso erano rilassati, come se quello fosse un posto come l'altro, la tomba di Seojoon una tomba come l'altra.
A vederlo poteva sembrare un qualsiasi ragazzo che passava tranquillamente di lì senza alcun pentimento o tormento a lacerarlo da dentro.
Ma chi voleva prendere in giro?
«Jungkook...?»
«Dovresti parlare con tuo fratello, tu che hai ancora la possibilità di farlo.»
Quella furono le uniche parole che si concesse di dire, l'unica risposta che permise alla sua bocca di pronunciare per rispondere alla ragazza di fronte a sé. Sooyun aveva le labbra schiuse come per voler dire qualcosa, ma risparmiò al ragazzo qualsiasi altro tipo di dubbio o domanda volesse porgergli. Era ancora confusa, non aveva ottenuto una vera risposta come sperava, però decise di accontentarsi di ciò che Jungkook aveva voluto dirle. Avrebbe mentito a se stessa se avesse anche solo pensato di non essersi sentita male nell'udire una simile affermazione, sembrava quasi un monito, un avvertimento.
Jungkook sapeva bene cosa significasse non avere più la possibilità di dire quello che avrebbe voluto, o dovuto, dire a qualcuno a cui teneva molto. Vedersi distruggere davanti gli occhi ogni briciola di tempo che pensava di poter avere all'infinito, per poi realizzare di quanto questo non fosse per niente illimitatamente a sua disposizione, lo aveva distrutto. Il tempo aveva un limite e con esso anche la vita delle persone a noi più care l'aveva.
Sooyun aveva sempre rimandato, rimandato e rimandato. Era l'unica cosa che era stata in grado di fare: rimandare l'inevitabile.
Ma adesso basta.
Per Sooyun era arrivato il momento di affrontare tutto quello che aveva respinto con tanta paura, ma anche con tanta stupidità. Non aveva ancora avuto il coraggio di abbattere quei muri che si era costruita da sola e di ritrovarsi così faccia a faccia con suo fratello maggiore, spoglia di qualsiasi bugia, di qualsiasi menzogna e qualsiasi via di fuga che avrebbe potuto farle scegliere la strada più semplice. Era sempre stato così facile fuggire, del resto. Era stato facile ignorare le domande di Taehyung, quelle di Minjee o di Seokjin. Era stato facile distogliere lo sguardo da quello preoccupato di suo fratello e ripararsi tra le mura della sua cameretta. Era stato facile mentire alle persone che tenevano a lei, ma soprattutto era stato facile mentire a se stessa. Era stato tutto così troppo facile, doveva aspettarsi l'arrivo di ciò che più di tutti era stato facile rimandare per interi mesi: la verità.
Sooyun doveva affrontare la verità, doveva mostrarla a se stessa e a tutte quelle persone alle quali aveva avuto la gran faccia tosta di nasconderla rifilando giustificazioni su giustificazioni.
Questo sarebbe stato difficile, ma era ciò che si meritava dopo aver vissuto in un tornado di falsità con così tanta facilità. Nessuna scappatoia, nessuna bugia, nessuno sguardo abbassato.
Sooyun aveva appena permesso a quella maschera teatrale, che volontariamente si era poggiata sul volto, di distruggersi di fronte ai suoi stessi occhi. Quando per la prima volta aveva mostrato i primi cenni e tentennamenti di insicurezza di fronte a Jimin e lo stesso Taehyung, scoprendo una piccola parte di quel suo animo tormentato che non aveva mai permesso a nessuno di vedere durante gli ultimi anni, su quella maschera era già presente una crepa che non faceva altro che dilatarsi giorno dopo giorno. Quella crepa partiva da un punto preciso però, un punto dove sembrava essere stato conficcato un chiodo tanto piccolo quanto incredibilmente aguzzo. Quel chiodo era stata l'origine di quella crepa causata sulla sua dannata maschera colma di menzogne e codardia. Quel chiodo era stato in grado di scoprire il volto ombreggiato della giovane. Quell'unico, semplice e misero chiodo era stato capace da solo di stravolgere anni di viltà.
Era riuscito a dare colore a qualcosa divenuto tanto scuro, tanto nero e marcio da sembrare ormai perso per sempre. Quel chiodo aveva riacceso, dopo anni di oscurità, un piccolo ma intenso barlume di luce nell'animo di Sooyun.
Quel chiodo era Jungkook.
Se la se stessa di anni fa l'avesse vista in quel preciso momento, se l'avesse vista ridotta in quello stato, priva di anche solo un briciolo di interesse, coraggio e dignità che una volta possedeva, sarebbe rimasta molto delusa. Sooyun non voleva questo. Non voleva rappresentare solo una delusione per se stessa. Non voleva esserlo nemmeno per Taehyung, o per Jimin, Yoongi, Seokjin, Minjee. Non voleva esserlo per Jungkook.
Avrebbe tanto voluto non essere una delusione anche per i suoi genitori.
SOOYUN
«Taehyung!» Entrai in casa come un uragano carico di adrenalina, facendo svegliare dalla paura Yeontan sul divano e senza preoccuparmi minimamente di come, presa dall'euforia di voler assolutamente e immediatamente parlare con Taehyung, feci sbattere la porta d'ingresso. «Taehyung, sei in casa?»
Quanto tempo perso a criticare le persone, a giudicarle, anziché guardare il mio riflesso allo specchio, puntare gli occhi nei miei e dire a quella persona "Questa non sei tu".
"Questa non è Sooyun".
Non lo è, perché la Sooyun di un tempo non si sarebbe mai permessa di scaricare ogni colpa su suo fratello maggiore; la Sooyun di un tempo non avrebbe permesso di far scendere così spudoratamente le sue lacrime dagli occhi davanti a qualcuno e, soprattutto, non le avrebbe mai procurate a sua volta a qualcun altro.
La Sooyun di un tempo non avrebbe mai voluto vedere Taehyung piangere davanti a lei.
«Taehyung, sono a casa!» mi tolsi di fretta la giacca che avevo addosso, lasciandola distrattamente sull'appendiabiti che si trovava vicino alla porta di casa.
Ma, allora, questa Sooyun cosa avrebbe dovuto fare?
Mi diressi velocemente verso il primo posto in cui pensai di trovare Taehyung, raggiungendo la porta aperta della cucina e sorridendo nel vederlo proprio lì, seduto sul tavolo a fissare dei fogli con una strana espressione dipinta sul viso. Sembrava perso nel vuoto a pensare a qualcosa in particolare, ma inizialmente non ci diedi molto peso. Ero troppo felice al solo pensiero di ciò che sarei finalmente riuscita a fare.
«Taehyung... Sei qui.» Sorrisi giurando di sentire gli occhi farsi leggermente lucidi.
«Dimmi una cosa, Sooyun. Da quanto tempo respingi Taehyung?»
Corrugai le sopracciglia. «In che senso-»
«Quando è successo?» mi interruppe, «Quando hai deciso di chiudere il tuo cuore?»
Le parole di Minjee mi tornarono inevitabilmente in mente e la ringraziai ancora per come mi avesse spronata a trovare una risposta a quella domanda. Era passato tanto tempo da quando avevo deciso di chiudermi in me stessa, troppo tempo.
Avevo perso tanto di quel tempo nel convincermi di averne abbastanza per rimediare ai miei errori, da non avere intenzione di perderne altro. Era arrivato il momento di togliere quel chiodo dalla maschera e lasciare che la crepa da esso causata la spaccasse definitivamente in due. Avrei lasciato che succedesse in quel preciso istante, di fronte alla prima persona che meritava le mie più sincere scuse. Taehyung meritava la verità.
Meritava la vera Sooyun.
«Taeh-» Lo sguardo che mi rivolse sollevando la testa verso la mia figura ebbe l'incredibile potere di bloccarmi sul posto. I suoi occhi riflettevano qualcosa di anomalo, qualcosa che non avevo mai visto in quelle dolci perle scure. Sembrava deluso, o peggio, sconfitto da qualcosa, da qualcuno. Qualsiasi sensazione fosse quella che mi stava trasmettendo solo guardandolo negli occhi sembrava essere causata da me.
«Conosci Kim Namjoon?»
Per un attimo non riuscii a recepire chiaramente quella domanda. Tutta l'euforia di prima era svanita, spazzata via come polvere dal nome che mio fratello aveva pronunciato.
«No- Cioè, io-» tentennai nel rispondere, constatando quanto fossi tanto determinata quanto fragile in quel momento. Mi trovai catapultata nel vuoto assoluto, allacciata con una mano a quell'unico filo di speranza che ancora riusciva a tenermi in piedi. Ero stravolta dall'indecisione, dall'improvvisa paura di poter sbagliare qualcosa.
Io non volevo ferire più nessuno
«Se dirò la verità... se oserò chiedere aiuto a Taehyung-» Un singhiozzo sfuggì irrimediabilmente dalle mie labbra tremanti. «Se Taehyung dovesse venire a sapere tutto questo, agirà d'istinto, chiamerà la polizia, la notizia uscirà a breve e a quel punto la situazione si farà ancora più pericolosa di quanto già non lo sia, Jimin-»
Ispirai più aria che potevo per poi rilasciare un profondo sospiro carico di tutta quella tensione alla quale non volevo permettere di impedirmi di rimanere calma, nonostante la situazione che si stava venendo a creare e che mai avrei creduto di dover affrontare così improvvisamente in un momento come quello. Avevo promesso a me stessa di non mentire più solo un attimo prima, eppure eccomi lì: pronta a farlo di nuovo per proteggere le persone che amavo. Giustificai automaticamente ciò che di lì a poco avrei detto dicendomi che se lo facevo era solamente per impedire che altre persone sarebbero rimaste ferite da Yeosang e tutto il casino che io stessa avevo creato.
Lanciai un'occhiata ai fogli che Taehyung aveva temporaneamente posato sul tavolo davanti a sé e, cercando sempre di mantenere il sangue freddo e non farmi pervadere dall'ansia, intuii al motivo per il quale mi avesse posto tale domanda.
«Si, lo conosco. Però in realtà non siamo tanto amici.» Parlai con il tono più calmo possibile, tenendo lo sguardo fisso nel suo, sospettoso e altrettanto freddo. «Ci incrociavamo per i corridoi, ma era già tanto se ci salutavamo.»
«Ah si?» Taehyung inarcò un sopracciglio afferrando i fogli spillati che stava leggendo un attimo prima, per poi lanciarli sul tavolo verso la mia direzione. «Allora spiegami perché in questa fottuta lista delle persone potenzialmente coinvolte c'è scritto il tuo nome.» Dalla voce di mio fratello percepii una tranquillità così tanto falsa da farmi venire i brividi. Chiunque avesse potuto sentirlo in quel momento avrebbe capito quanto in realtà fosse arrabbiato.
Io, semplicemente, feci spallucce. «Forse perché vedendomi parlarci quelle poche volte tra i corridoi avranno pensato che ci potesse essere qualche collegamento con me e poi sai quanto le persone spettegolano tra di loro-» Un forte colpo contro il tavolo mi fece balzare quasi fino al soffitto, spalancai gli occhi nel constatare che Taehyung avesse appena sfogato solo una minima parte di quella rabbia sbattendo la mano contro la superficie del tavolo della cucina.
Questo gesto mi fece capire che era arrivato al limite. Non lo avevo mai visto così tanto arrabbiato, nemmeno quando ignoravo tutte le sue chiamate tornando a casa nel pieno della notte. La cosa peggiore fu sapere che ero stata io a portarlo al limite.
«Adesso basta con le stronzate, Sooyun!» gridò alzandosi di scatto dalla sedia e facendomi davvero paura. «Domani verrà la polizia nella tua scuola e verrai interrogata per la scomparsa di questo ragazzo che dici di conoscere a malapena!» sussultai indietreggiando di un passo come se quelle informazioni mi avessero colpita in pieno petto. «Ma questo tu non lo sapevi, vero?»
Scossi la testa come per rinvigorirmi e mi sforzai di non distogliere i miei occhi, diventati ora insicuri, da quelli rabbiosi e preoccupati di mio fratello. «Taehyung, ti assicuro che non c'è nulla di cui tu debba preocc-»
«Ti prego-» Taehyung stabilizzò il tono della sua voce, camminò attorno al tavolo per potermi raggiungere e io mi imposi di non scappare proprio adesso. «Ti prego Sooyun, se c'è qualcosa che non so e che devo sapere devi dirmelo.» Vidi il suo pomo d'Adamo muoversi nell'ingoiare la sua stessa saliva timoroso e il suo sguardo più serio che mai sembrava voler perforarmi gli occhi per potermi leggere dentro e trovare tutte le risposte che io mai avrei potuto dargli. Non potevo dirgli la verità su Namjoon e Yeosang, non finché non avrei risolto la situazione, ma l'avrei fatto da sola. Dovevo assicurarmi che Taehyung e tutti coloro che mi stavano vicini non avrebbero corso alcun rischio per colpa mia. Non potevo e non volevo assolutamente coinvolgere altre persone e avevo già rischiato rivelando tutta la verità a Jimin.
«Te lo giuro.» ricambiai la serietà di Taehyung con uno sguardo altrettanto austero. «Io non ho niente a che fare con la scomparsa di Namjoon.» dissi risoluta.
Il corvino fece un passo indietro, senza mai smettere di guardarmi e continuando a mantenere quell'aria vigile e attenta come per assicurarsi che stessi dicendo la verità. «Se domani verrà la polizia a farmi delle domande riguardo alla sua scomparsa allora dirò la semplice e pura verità, ovvero che non sono responsabile di niente.» Emisi un sospiro rilasciando andare lentamente l'angoscia che poco prima era riuscita ad attorcigliarmi lo stomaco su se stesso come non aveva mai fatto prima. Afferrai poi la mano di Taehyung, guardando le sue lunghe e affusolate dita e accarezzandone il dorso. Sentii lo sguardo indagatore di mio fratello pesare quintali sul mio corpo e sapevo avesse capito che qualcosa che volevo dirgli in realtà c'era. Stava solo aspettando che parlassi. Io però, d'altra parte, non sapevo nemmeno da dove cominciare, mi ero dimenticata persino come poter esprimere tutti quei miei pensieri che vorticavano nella mia testa.
«Non è colpa tua.» sussurrai così a bassa voce da credere che Taehyung nemmeno fosse riuscito a udirmi. Invece, il tuo togliere la mano dalla mia presa con espressione disorientata mi fece capire che aveva udito eccome ciò che, finalmente, ero riuscita a pronunciare ad alta voce.
«N-Non è mai stata colpa tua.» maledissi me stessa perché permisi alla mia voce di spezzarsi praticamente subito. Immaginai che mi sarei trovata completamente in lacrime alla fine di tutto questo. «Mi dispiace avertelo fatto credere.» scossi la testa con gli occhi che avevano già cominciarsi a farsi lucidi. «Mi dispiace aver fatto ricadere tutta la colpa su di te per qualcosa di cui non eri responsabile, Taehyung-» mi sentii l'aria mancare nel vedere in pochi secondi tutta la rabbia di Taehyung tramutarsi in sofferenza e questo mi fece estremamente male. Era come se tutti i ricordi passati più dolorosi stessero tornando a galla, portandolo a indietreggiare di ulteriori passi dalla causa di tale dolore: io. Sentii qualcosa spezzarsi dentro di me, di nuovo, e un macigno riprendere a schiacciarmi sulla testa, facendomi davvero tanto male come mai aveva fatto. Era il peso delle colpe che portavo con me da anni e che avevo tenuto nascoste per fin troppo tempo.
«Taehyung» mi avvicinai di un passo a lui con incertezza, avendo quasi paura a farlo allontanare ulteriormente da me. «Ti chiedo scusa.» Due lacrime lasciarono quasi in contemporanea i miei occhi, Non avendo più la forza di trattenerle, permisi loro di scivolare lungo le mie guance. «Ti chiedo scusa per tutto. Non è vero che non mi interessa di te, non ho mai pensato veramente quello che ti dicevo, così come non è vero che fosse colpa tua per quello che stava accadendo, di quello che mi stava accadendo.» marcai sulle ultime parole, facendo intendere molto bene a cosa io mi riferissi. Il mio crollo mentale non era causato dalle rassicurazioni di Taehyung, dai suoi sorrisi nel tentativo di promettermi che tutto sarebbe migliorato e tornato come prima.
In fin dei conti, entrambi già sapevamo che niente sarebbe davvero tornato come prima, ma ero troppo infantile e irresponsabile per ammettere che, nel profondo del mio animo, ero consapevole anche io che ciò che aveva squarciato la nostra famiglia non sarebbe mai stato davvero ricucito. Non sarei riuscita a farlo io e nemmeno Taehyung. La lacerazione che aveva colpito tutti noi dall'interno non era stata colpa di nessuno. Ero stanca di dare la colpa a qualcuno per quello che era successo, trovare un responsabile non era davvero ciò che volevo.
«Sooyun-»
«Quindi ti prego, per favore Taehyung...» la mia voce già incrinata parve colpire e ferire Taehyung peggio di quanto potesse fare una freccia. «N-Non pensare più che s-sia colpa tua e che io ce l'abbia con te per quello che è successo, perché non è colpa tua» senza lasciare il tempo a mio fratello di replicare o dire anche solo una parola, mi fiondai piangendo tra le sue braccia con il viso infossato sulla sua felpa rossa all'altezza del suo petto. Potei udire anche il suo cuore battere velocemente come stava battendo il mio. «Non è colpa tua.» lo ripetei ancora una volta, come se avessi paura che quelle parole potessero svanire nel nulla non appena le pronunciavo e che, quindi, Taehyung non potesse sentire e recepire concretamente quello che gli stavo dicendo. «Non è colpa tua.» singhiozzai sentendo le braccia di Taehyung circondarmi e stringendomi a sua volta in un dolce abbraccio. Mi bastò quello per poter percepire quanto affetto Taehyung provasse per me, capendo che lui mi aveva già perdonato prima ancora che gli chiedessi scusa. Lui non mi aveva mai odiato, così come io in realtà non avevo mai odiato lui. Eravamo il fratello e la sorella che chiunque avrebbe sempre invidiato, nonostante gli alti e i bassi, nonostante i litigi, nonostante le lacrime e i rimpianti, e questo perché qualsiasi cosa sarebbe successa mai niente avrebbe potuto separarci, nessuno sarebbe mai stato davvero in grado di dividerci. Il nostro legame era qualcosa che non si poteva recidere tanto facilmente. In quel momento cominciai a capire.
Capii cosa Yeosang cercasse di fare e il motivo per cui mi mandasse tutti quei strani messaggi. Forse, stavo cominciando a comprendere da cosa derivasse tanto risentimento, tanta voglia di voler separarci a tutti i costi. Queste potrebbero essere solo delle mere supposizioni, delle mie fantasie, ma nella mia testa stavano prendendo una forma sempre più concreta e non riuscii a ignorarle.
«La colpa è soltanto mia.» Le braccia di Taehyung mi pressarono ulteriormente contro il suo caldo corpo, per poi sciogliere la presa costringendomi a mia volta a mollare la felpa che stavo stringendo nelle mie mani. Vidi Taehyung poggiare una mano sulla mia spalla e inginocchiarsi di fronte a me per permettere al suo sguardo di incontrare il mio però rivolto verso il pavimento.
«Sooyun...» mi chiamò dolcemente spingendomi a guardarlo negli occhi. Non appena li guardai, non trovai più rabbia o sofferenza. Ci vidi solo immenso dispiacere nel sentirmi incolpare me stessa. «Non lo devi neanche pensare, non ti puoi incolpare per qualcosa di cui non potevi avere alcun controllo. Sooyun-»
«Quel giorno vidi papà giocare con un bambino nella sua nuova casa.» parlai interrompendolo e facendogli sollevare le sopracciglia verso l'alto sorpreso. «Era felice, sembrava davvero felice con la sua nuova famiglia.» dissi senza riuscire a smettere di piangere, «Quel bambino sembrava renderlo davvero fiero e felice di lui, io invece non avevo fatto altro che deluderlo-»
«No.» Taehyung non attese di udire altro uscire dalla mia bocca, negando fermamente con la testa come a voler sottolineare quella negazione. «Non puoi veramente pensare che lui se ne sia andato perché tu non lo rendevi felice. Sooyun, il fatto che lui abbia deciso di farsi una vita altrove con un'altra famiglia non riguarda assolutamente te. Se lui non riusciva a vedere quanto in realtà tu valessi non è un problema tuo, ma soltanto suo. Mi hai capito?»
«Quanto valessi?» Sorrisi amara trattenendomi quasi dal ridere, «Io non sono mai stata brava quanto te a scuola o nello sport, non valevo proprio niente-»
«Sooyun, durante i tuoi primi seri anni di studio ti sei trovata in una situazione in cui nessuno, me compreso, sarebbe riuscito a dare il meglio di sé. Mamma e papà litigavano continuamente, papà sembrava costantemente nervoso e l'aria in casa spesso sembrava irrespirabile. Era così piccola e non sono riuscito ad aiutarti come avrei dovuto, ti chiedo scusa per questo... Però sono certo che chiunque sia consapevole delle tue grandi capacità, a scuola e fuori dalla scuola. E poi...» Si sollevò da terra tenendosi con una mano sul ginocchio e ritornando a sovrastarmi con la sua possente altezza. «Nessuno in questa famiglia è mai stato più bravo di te in cucina.» Lasciò che un dolce e sincero sorriso stirasse le sue rosee labbra verso l'alto, portandomi inevitabilmente a fare lo stesso.
«I-Io... ci sono così tante cose di cui vorrei parlarti.»
Taehyung annuì appena, senza smettere mai di sorridermi e riempirmi di quel calore nostalgico che non sentivo da quando avevo cominciato a imporre distanza tra noi. «Si, lo so... però si è fatto tardi e domani mattina devi svegliarti presto per la scuola.» Guardai l'orologio appeso al muro, constatando che fosse effettivamente troppo tardi per poter parlare con Taehyung. Anche lui si sarebbe dovuto svegliare presto per andare a lavoro.
«Si, hai ragione.» Storsi le labbra in una piccola smorfia delusa, non riuscendo a trattenere un piccolo broncio. Non vedevo l'ora di poter parlare finalmente liberamente con mio fratello di quello che mi stava succedendo, di come stessi bene in compagnia di Jungkook, il mio primo vero amico, e di quanto fossi felice per la verifica in classe fatta con il professore Seokjin per la prima volta non lasciata in bianco. Però non avrei comunque avuto abbastanza tempo per potergli raccontare tutte quelle cose quella sera.
Taehyung parve notare quella mia delusione e, sospirando, si avvicinò per stringermi di nuovo in un abbraccio. «Che cos'è quel broncio? Guarda che abbiamo tutto il pomeriggio per poter parlare domani.»
Corrugai appena le sopracciglia stranita sapendo che solitamente lui era impegnato con il lavoro praticamente tutto il giorno. «Ma non sei a lavoro a quell'ora?» domandai sciogliendo l'abbraccio e guardandolo confusa.
«Posso sgarrare per un pomeriggio, potrei chiedere un permesso.» rispose senza porsi troppi problemi al riguardo facendo spallucce e mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni. «Verrò a prenderti all'uscita e andremo insieme al Dragonfly, così potremo parlare seduti di fronte a una cioccolata calda, ti va?» mi chiese accennando un sorriso e facendomi subito annuire emozionata dell'idea. Vidi Taehyung voltare la testa verso il tavolo, puntando l'attenzione su quei fogli macchiati anche del mio nome e portandomi a fare lo stesso. «Domani mattina ti porto a scuola e, senti... riguardo alla polizia, insomma, per qualsiasi cosa-»
«Si, tranquillo, se avessi bisogno di qualsiasi cosa ti chiamerò subito.» Annuii alle mie stesse parole anticipando quello che voleva dirmi. Taehyung annuì a sua volta un po' timoroso, ma comunque fiducioso. Sapeva che lo avrei fatto davvero. «Ma, come ti ho già detto, non c'è nulla per cui tu debba preoccuparti.»
Taehyung continuò ad annuire come se non sapesse bene cosa dire e volesse convincere e rassicurare persino se stesso delle mie stesse parole.
«Andrà tutto bene.»
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