𝟐𝟗. La sua piccola, dolce Aecha
Mercoledì 24 Marzo 2021, ore 19:37
Il ragazzo dai capelli scuri non poteva credere davvero che tutto questo fosse reale, che stesse accadendo a lui. Si stava costringendo a non piangere proprio lì, davanti all'ultima persona davanti la quale si dovesse mostrare la propria paura, la propria debolezza. Quella persona se ne stava seduta con tranquillità sul divanetto in pelle nera, rigirandosi tra le dita quella che Namjoon riconobbe essere una pistola, per quanto il suo sguardo sfocato gli permettesse di vedere. La pistola era ricoperta da alcune macchie di sangue, del suo sangue. Le braccia di Namjoon, legate strette dietro alla sedia su cui stava malamente seduto, tremavano senza sosta. I suoi occhi non mollavano un attimo la figura di Yeosang, timoroso che potesse da un momento all'altro scatenarsi contro di lui, vittima dell'ennesima crisi di ira.
Perché? Perché ce l'aveva con lui? Se lo stava chiedendo da così tanto tempo ormai, ma non riusciva a trovare alcuna risposta sensata. Forse, non esisteva nemmeno una risposta a quelle domande. Stava accadendo e basta. Del resto, da quando una persona malata come lo era Yeosang faceva qualcosa per un vero e proprio motivo?
Gli occhi di ghiaccio del maggiore slittarono sulla figura tremante del ragazzo legato, portandolo a sussultare nervosamente sul posto. Assottigliò gli occhi, schioccando la lingua sul palato e pensando a chissà che cosa, mentre lo guardava serio dalla testa ai piedi.
«Lo sai, la tua amica non ha risposto a nessuno dei miei messaggi.» parlò dopo secondi interminabili. «Devi valere meno di zero per lei-»
«Non è mia amica.» biascicò Namjoon allo stremo delle forze. Era affamato, assonnato, arrabbiato e, soprattutto, spaventato. «È colpa di quella stronza se-» la risata agghiacciante e priva di divertimento fece bloccare le parole del minore sulla punta della lingua. Namjoon sussultò con maggior terrore e tremore quando Yeosang lo raggiunse con poche e veloci falcate. Si abbassò alla sua altezza afferrandogli i capelli con una mano, mentre con l'altra puntava la canna della pistola sotto al suo mento.
«Non ti permettere mai più di insultarla.» sibilò in un sussurro con una voce tanto bassa quanto spaventosa. Il suo tono e il suo sguardo si erano improvvisamente fatti più seri, duri e guardava Namjoon come se avesse offeso qualcosa di estremamente prezioso. «La mia Sooyun non è una stronza, qui l'unico stronzo sei tu.»
«Si può sapere che cosa vuoi da me?!» sbottò senza riuscire più a controllarsi. Che Yeosang avesse qualche rotella fuori posto oramai era ovvio, ma stava lo stesso impazzendo nel cercare di capire perché lo avesse preso se alcune ore prima gli aveva detto che non gli interessava avere urgentemente i soldi come aveva fatto credere sia a lui che a Sooyun. I soldi erano solo una scusante, un mezzo per avvicinare Sooyun a lui. Ma cosa c'entrava Namjoon in tutto questo? Perché prendersela proprio con lui? «Ascolta, non ho idea di cosa tu pensi che io abbia fatto, ma ti assicuro che io ho sempre trattato con rispetto quella ragazza, okay? Non mi permetterei mai di insultare o toccare la tua Sooyun-» parlò a corto di fiato sull'orlo della disperazione.
«Un uccellino una volta mi ha detto che hai cercato di saltarle addosso nei bagni della scuola e non eri nemmeno fatto» Sputò Yeosang con disprezzo guardandolo in cagnesco. Sembrava aver assunto l'atteggiamento iperprotettivo che un normale fratello maggiore avrebbe nei confronti della sua sorellina. In una situazione diversa da quella in cui si trovava, Namjoon sarebbe sicuramente scoppiato a ridere da quanto trovasse ridicola quella piccola sceneggiata.
«Cosa?!» corrugò le sopracciglia innocentemente, sapendo ovviamente della veridicità delle sue parole. «Oh andiamo, è colpa di Sooyun se lancia falsi segnali! E poi quella ha le mani pesanti cazzo!» Lo spacciatore nell'udire quelle parole sollevò un sopracciglio infastidito. «Non sono riuscito nemmeno a sfiorarle le labbra da quanto forte mi ha colp-»
La pistola, che poco prima si trovava sotto al suo mento, fu poggiata con uno scatto all'altezza della sua tempia. Il piccolo e metallico suono della sicura sbloccata non fece altro che agitare ancora di più il ragazzo legato alla sedia. Namjoon stava tremando dal terrore che il solo sguardo di Yeosang gli stava procurando. Se al posto degli occhi avesse avuto delle lame era certo che lo avrebbe già trafitto al petto senza problemi.
«O-Okay, okay! Ascolta-» balbettò senza riuscire a nascondere la paura che il ragazzo davanti a lui gli provocava. «Io non voglio assolutamente ostacolare quello che c'è tra te e Sooyun, va bene? Se mi lasci andare, p-prometto che ti pagherò anche con gli interessi, dammi un mese e avrai tutti i soldi che vuoi! S-Sparirò dalla tua vista e-»
Il corvino scoppiò di nuovo a ridere, lasciando la presa sui capelli del più piccolo e guardandolo dall'alto divertito. «Oh si tranquillo, che sparirai dalla mia vista, anzi, dalla nostra vista è sicuro. Dei soldi invece non me ne frega un emerito cazzo, a quelli ci ho già pensato io. Mi sono assicurato di pagare ogni cosa al mio capo per conto vostro.»
Non capiva. Più lo spacciatore parlava e meno Namjoon capiva. Ma se non erano i soldi il problema, di preciso, per quale motivo Namjoon era diventato un ostaggio? Che cosa diamine voleva quell'uomo da lui? Cosa diavolo voleva da Sooyun? Era così tanto confuso dalle parole del più grande in merito ai soldi che nemmeno aveva fatto caso a come gli avesse esplicitamente detto che lo avrebbe fatto sparire dalla loro vista.
Quando Yeosang notò la confusione più totale sul volto del ragazzo non riuscì a trattenere un piccolo ghigno divertito. Queste cose erano ciò che più lo eccitavano: vedere la confusione, la paura, il terrore negli occhi di chi incrociava il suo sguardo lo eccitavano. Quando Sooyun lo guardava in quel modo, si eccitava. Gli piaceva tanto quella ragazzina, ma non nel modo in cui tutti avrebbero pensato. La giovane dai lunghi e mossi capelli corvini, da quegli occhi grandi e distrutti dal suo passato gli piaceva da morire.
«Sooyun è ancora troppo piccola per poter capire cosa vuole davvero. È ingenua, non può comprendere appieno la vita.» parlò ancora rivolto a Namjoon come se gli stesse facendo una lezione di vita, come se anche Namjoon fosse inesperto proprio come Sooyun e che, per questo motivo, nessuno dei due avrebbe mai potuto capire lo scopo e il motivo dietro alle sue azioni. «Ho cercato di portarla sulla retta via, tempo fa, ma purtroppo non sono riuscito a tenerla in riga molto a lungo. Ma non importa.» sussurrò le ultime parole con un'ombra di totale dissennatezza a oscurare quegli occhi in realtà chiari come il ghiaccio. Fu in quel preciso momento che Namjoon constatò con certezza quanto fosse folle quel ragazzo. «Non importa quanto cerchi di ribellarsi a me, quanto finga di volermi stare lontana, perché io farò in modo di farle capire che sta sbagliando e che deve portare rispetto a suo fratello maggiore.» Suo fratello maggiore? Si stava forse riferendo a se stesso? «Mi prenderò io cura di lei, come nessun altro è stato in grado di fare.»
Namjoon non riusciva a credere alle sue orecchie. Gli occhi erano spalancati e increduli per ciò che aveva appena sentito uscire da quelle labbra fini e ghignanti. Yeosang sentiva una sorta di affetto nei suoi confronti, un affetto stravolto, malato. Era da quando aveva visto la più piccola piangere sotto un albero, da sola e distrutta, che aveva deciso così; aveva deciso che se ne sarebbe preso cura lui, aveva deciso che nessun altro al di fuori di lui avrebbe potuto comprendere, aiutare e salvare quella ragazza. Yeosang era sicuro di quello che la sua mente gli faceva pensare. Yeosang credeva veramente a tutto quello che stava pensando e dicendo. Lui la voleva con sé, voleva salvarla da qualcosa di inesistente e la cosa peggiore era anche solo immaginare cosa stesse progettando per fare in modo di riuscire nel suo intento. Il ragazzo dagli occhi azzurri e dai folti capelli scuri voleva salvare una ragazza che, in realtà, aveva possibilità di salvarsi soltanto facendo l'esatto contrario di quello che voleva lui: stargli il più lontano possibile, eliminarlo completamente dalla sua vita.
Questo però Yeosang non lo avrebbe mai permesso.
Non ci sarebbe dovuto essere nessun Taehyung, nessun Jungkook o nessun Jimin al fianco di chi ormai per Yeosang era come una sorella minore. Una sorellina debole e fragile da trascinare lontano da tutto quel male, da tutto quello schifo, e lo avrebbe fatto con tutti i mezzi possibili, pur di spaventarla o di minacciarla. Per Yeosang questo era necessario. Non gli importava chi avrebbe messo in pericolo, chi avrebbe dovuto picchiare, spaventare o uccidere. L'unica cosa che gli importava era non ripetere più lo stesso errore. Non voleva perdere anche lei, l'unica cosa che gli stava piacendo in mezzo a tutta quella merda.
Era così tanto fissato con quell'obiettivo da non essere nemmeno consapevole di quanto, in realtà, tutto questo fosse sbagliato e contorto. Yeosang non era innamorato o affezionato, lui era ossessionato. Ogni volta che guardava la figura della più piccola, non riusciva a togliersi l'immagine di quella persona in particolare dalla sua testa. Vedeva in Sooyun l'unica persona che davvero lo aveva reso felice nella sua vita. Perché sì, anche Yeosang una volta era felice. Ma poi lui ha distrutto tutto. Ha distrutto la sua piccola Aecha.
Da allora, Yeosang non era più la stessa persona e lo sapeva bene. Eccome se lo sapeva. Non riusciva però a capire quale fosse il suo problema. Non capiva perché tutti lo guardassero come se fosse un pazzo e pericoloso uomo da cui stare lontani. Tutti tranne Sooyun. O almeno, così era stato all'inizio.
Era proprio quello che lo aveva attratto di Sooyun: la sua totale apatia nei suoi confronti, come se lui fosse una persona qualsiasi. L'ultima persona che lo aveva guardato in quel modo era stata proprio Aecha. La sua piccola, dolce Aecha.
Sooyun era diventata la sua Aecha. Sooyun era la sua Aecha.
Inizialmente, percepiva quanto Sooyun si sentisse riconoscente nei suoi confronti, l'aveva aiutata a distaccarsi dalla realtà per un po' di tempo. E anche se Yeosang sperava che durasse per sempre, tutto quello che aveva fatto per lei, però, non era bastato. Anche Sooyun aveva cominciato a cambiare; stava cominciando ad allontanarsi, molto lentamente, ma lo stava facendo. Poi, quando Sooyun gli ha detto che avrebbe smesso definitivamente di lavorare per lui, che voleva distaccarsi da tutto quello in cui l'aveva coinvolta, cominciò a percepire dentro di sé qualcosa di familiare, di strano allo stesso tempo, ma che ricordava di aver già conosciuto in passato, molti molti anni prima. Era preoccupazione quella? Paura?
L'unica cosa certa per Yeosang era che quella sensazione che provava al livello del petto non gli piaceva per niente. Non gli piaceva l'idea che Sooyun, la sua Sooyun, potesse allontanarsi da lui. Perché tutti si allontanavano? Il nemico di Sooyun non era lui, ma lo erano sua madre, suo padre e suo fratello. Non lo era certamente lui. Sooyun non avrebbe dovuto allontanarsi da lui, non avrebbe dovuto ignorare i suoi messaggi come stava facendo in quel momento, non avrebbe dovuto ribellarsi. Avrebbe dovuto farlo con suo fratello Taehyung, con Yoongi e Jimin, ma non con lui.
Suo fratello Taehyung...
L'espressione di Yeosang, che si trovava ancora davanti alla figura allarmata di Namjoon, assunse una tonalità di disgusto. Taehyung non poteva definirsi il vero fratello di Sooyun. Nessuno era davvero qualcuno di importante per lei, perché tutti loro l'avevano fatta soffrire, le avevano fatto del male, ma questo lei non riusciva a capirlo, giusto? Non da sola. Ci avrebbe pensato lui a farglielo capire.
Chiunque avrebbe fatto tutto quello che Yeosang stava facendo e aveva in mente di fare pur di proteggere la persona che si ama, anche a costo di farlo con la forza e la violenza. Era per questo motivo che doveva minacciarla. Si, perché erano queste le parole che Yeosang si ripeteva: lui doveva minacciarla, sennò Sooyun non gli avrebbe mai dato ascolto, non avrebbe mai capito.
Proprio così. Aveva già deciso tutto ormai.
Per farlo, però, prima di tutto doveva liberarsi della radice: colui che gli aveva strappato tutto dal principio. Una volta fatto ciò, il desiderio di Yeosang di scappare via da tutta quella merda insieme alla sua Sooyun si sarebbe potuto finalmente realizzare.
La porta del magazzino venne improvvisamente aperta da tre uomini vestiti in modo fin troppo elegante. Uno di loro camminava poco più avanti rispetto ai due ragazzi posizionati al suo fianco. L'uomo al centro aveva una sigaretta consumata tra le labbra, le mani nelle tasche e stava entrando e camminando all'interno del magazzino di Yeosang come se quella fosse casa sua.
«Spero sia importante come hai detto, Yeosang.» disse scocciato, guardandosi attorno con aria di superiorità. «Ho delle faccende da sbrigare, che cos'hai di tanto urgente da dirmi per farmi correre qui dall'altra parte della città?»
Yeosang non rispose, si limitò ad allontanarsi da Namjoon, dopo aver leggermente ghignato, e a porre completamente la sua attenzione sull'uomo distante pochi metri da lui. A Namjoon quel ghigno non era per niente piaciuto.
Yeosang non stava sopportando il modo in cui l'uomo si stava guardando attorno, il modo in cui stava guardando lui. Per quell'uomo tutto quello che apparteneva agli altri era automaticamente suo. E Yeosang era stanco. Il pensiero che anche a Sooyun potesse succedere ciò che è successo ad Aecha anni prima lo terrorizzava. Era ironica come situazione. Yeosang non era mai terrorizzato da niente e nessuno, non era nemmeno terrorizzato da quell'uomo a dirla tutta. Sooyun era veramente la prima persona, dopo così tanto tempo, che gli faceva provare certi sentimenti, certe sensazioni che lui però odiava provare. Era per questo motivo che presto avrebbe posto fine a tutto.
«Non preoccuparti, Seonghwa, non ci metterò molto.» parlò pacato avvicinandosi ad un tavolo dietro alle spalle dei tre uomini. Intanto, quello che Namjoon aveva capito fosse il probabile capo di Yeosang, rimaneva fermo in piedi, fumando tranquillo la sua sigaretta quasi completamente consumata e osservando curioso proprio lui. Guardare un ragazzo con il viso gonfio, gli occhi stravolti da paura e sofferenza e legato a una sedia con delle corde sembrava essere la normalità per lui. Per Seonghwa non era nulla di nuovo, nulla di sconvolgente o assurdo. Si trovava di fronte alla semplice e pura normalità.
Tutti avevano interpretato le parole di Yeosang nello stesso identico modo, senza immaginarsi che ciò a cui lui si era riferito non era la chiacchierata tanto urgente di cui parlava Seonghwa e che era stato motivo del suo sopraggiungere al magazzino. Senza che nessuno riuscisse a rendersene conto in tempo, i due uomini accanto al capo di Yeosang caddero a terra con un forte e pesante tonfo. Interdetto, l'uomo dai tratti giovani ma consumati da tutte quelle sostanze e alcol di cui faceva abuso, abbassò lo sguardo ai suoi piedi osservando con un cipiglio sul viso i due ragazzi perforati alla testa giacere immobili sul pavimento, mentre il sangue cominciava a sporcare sempre di più il pavimento, allargandosi in due pozze dense e scure. A quella vista Seonghwa non sembrava essere minimamente toccato, ma solo estremamente confuso. Namjoon, al contrario, guardava quei due ragazzi morti con gli occhi sgranati, le labbra socchiuse e giurò di poter sentire il cuore esplodere da un momento all'altro. Sentiva di voler urlare, gridare aiuto, ma non uscì nulla dalla sua gola. Era così tanto scioccato a quella vista che neanche il suo stomaco riuscì a sopportarlo, portandolo a rigettare quel poco di cibo che Yeosang gli aveva dato ai piedi della sedia.
Seonghwa, ancora fermo dove si trovava, sentì subito qualcosa di freddo e duro appoggiarsi nel retro della sua testa. Il giovane uomo sorrise, togliendo la sigaretta dalle labbra. Si lasciò sfuggire una rauca e flebile risata, guardando Namjoon davanti a sé come se quello che era appena successo fosse una divertente barzelletta. Namjoon non riusciva ancora a credere quello che stava vedendo, aveva davanti non uno, ma ben due ragazzi completamente fuori di testa.
«Cavolo... Hai aspettato così tanto prima di agire e te ne esci uccidendo due miei uomini come se questo potesse toccarmi o anche solo spaventarmi in qualche modo?»
«Non ti preoccupare-» sibilò Yeosang alle sue spalle, «Per te ho qualcosa di meglio in programma.»
Seonghwa rise di gusto alle parole del corvino, sembrava non rendersi conto di avere una pistola carica puntata contro e che, se solo Yeosang lo avesse potuto, avrebbe potuto mettere fine a quella sua viscida vita con un solo e unico movimento. «Pensi davvero che i miei uomini, appena verranno a sapere di ciò che hai fatto, ti lasceranno andare via beato e tranquillo-»
«Ho pensato anche a questo, tranquillo.» lo interruppe spiazzando incredibilmente l'altro. «Dovresti saperlo anche tu che quando voglio fare qualcosa non tralascio mai neanche un solo fottuto dettaglio.» mormorò, senza mai distogliere gli occhi dalla nuca del ragazzo dai capelli scuri, alto pochi centimetri in più di lui. «Inginocchiati-» Seonghwa scoppiò in una fragorosa risata, questa volta più forte della precedente. Sembrava non preoccuparsi minimamente di ciò che gli stava per capitare, di cosa e con cosa Yeosang lo stesse minacciando. A quel punto Namjoon ne era certo, quei due erano sicuramente da rinchiudere in qualche manicomio, dentro una stanza sigillata di cui distruggerne per sepmpre la chiave.
«Cristo, Yeosang-» disse continuando a ridacchiare cupamente. «Non smetterai mai di stupirmi, la tua ingenuità ti farà fare una brutta fine, lo sai vero?» mormorò e in un batter d'occhio ogni cenno di divertimento e di sorriso sparirono dal suo volto. Namjoon tremò e non poco a quel cambio repentino di espressione. Seonghwa guardava un punto imprecisato nel vuoto davanti a lui con uno sguardo tetro e minaccioso, i muscoli fin troppo rilassati e il portamento altezzoso, dando dimostrazione di quanto non considerasse Yeosang un pericolo. «La stessa fine che ha fatto tua sorell-» non riuscì neanche a finire di parlare che Yeosang gli assestò un forte colpo in testa, costringendolo come minimo a inginocchiarsi davanti a lui. La sigaretta, ormai quasi del tutto spenta, scivolò dalle dita del maggiore a causa della brutale forza che Yeosang aveva usato nel colpirlo con il manico della pistola. Non gli diede il tempo di dire o fare altro, lo spinse in avanti con un piede sulla schiena facendolo cadere di faccia sul pavimento zuppo del sangue dei suoi uomini accanto al suo di corpo. L'unica differenza, in quel momento, era che Seonghwa respirava ancora, ma forse non sarebbe stato così per molto.
Yeosang riuscì a prevedere la mossa successiva dell'uomo a terra e, senza attendere ulteriore tempo, schiacciò sotto la suola del suo scarpone con una spietatezza immane la mano con cui Seonghwa aveva cercato inutilmente di raggiungere la sua arma incastrata vicino alla cintura. Non ci fu suono più melodioso di quello proveniente dalle labbra di chi Yeosang avrebbe voluto fare a pezzi molti anni prima. L'urlo che Seonghwa si lasciò sfuggire, accompagnate da uno strano e inquietante scricchiolio proveniente dalle ossa della sua mano, riuscì a perforare i timpani di Namjoon, facendo vibrare ogni singola particella del suo corpo. Tutto questo era spaventoso agli occhi del povero e tremante ragazzo legato alla sedia, ma ciò che avvenne poco dopo lo fu molto di più.
Con un gesto rapido Yeosang lo spogliò di quelle poche armi di cui il più grande disponeva, lanciandole lontane dalla vittima, la sua vittima, ma non appena sotto quella pesante giacca di marca scorse un affilato coltello dalle modeste dimensioni decise di tenerselo. Il ragazzo dagli occhi freddi come il ghiaccio osservò ammaliato quel tagliente oggetto, quasi come se ne fosse ipnotizzato. Dopo pochi secondi di distrazione però distolse lo sguardo da esso, ricordandosi di chi avesse ai piedi e di ciò che doveva fare. Si abbassò verso il corpo di Seonghwa, le ginocchia si posarono lateralmente ai suoi fianchi finendo per sedersi sulla sua schiena, schiacciandolo così sotto al suo peso. Namjoon vide come il sangue dei due cadaveri inzuppò il tessuto dei pantaloni dello spacciatore al livello delle ginocchia e giurò di star nuovamente per vomitare. Yeosang prese in un pugno alcune delle ciocche di capelli che coprivano la fronte sudata di Seonghwa, tirando malamente la sua testa verso l'alto senza preoccuparsi minimamente di quanto potesse fargli male. Avvicinò il volto a quello di colui che lo aveva distrutto mentalmente e fisicamente e portò la lama del coltello che manteneva con l'altra mano al livello della sua gola.
«Avanti fallo-» sibilò Seonghwa senza alcun timore nel poter essere sgozzato da un momento all'altro. «Falla finita una volte per tutte, cosa stai aspettando, eh? Era questo che volevi, giusto?» Il più grande continuò a parlare, faticando nel pronunciare alcune parole a causa del peso di Yeosang sul suo corpo e dell'aria che sembrava venire a mancare sempre di più per via dell'irregolare posizione che lo spacciatore lo costringeva a mantenere. «Che cosa stai aspettando, mh?!» gli chiese quando non ricevette ancora alcun tipo di risposta da parte sua, pensando che probabilmente quella sceneggiata sarebbe presto finita e che Yeosang non avrebbe mai avuto il coraggio ucciderlo. Da quando lo aveva sottomesso a lui con una violenza che nessun essere umano avrebbe potuto e dovuto sopportare, Seonghwa era convinto che Yeosang non sarebbe mai più riuscito a liberarsi di lui. Non di lui e non di tutti gli uomini che presto lo avrebbero punito per come stesse osando anche solo toccare un suo superiore. «Non ti interessa più di come ho ucciso la tua piccola Aecha-?» Un altro grugnito di dolore rimbombò tra quelle sporche e vecchie mura, facendo sorridere Yeosang e tremare maggiormente Namjoon.
Ancora una volta, Namjoon sentì il cibo inesistente risalirgli dallo stomaco lungo la gola arrossata e bruciante.
La lama che poco prima si trovava sulla gola di Seonghwa ora stava lacerando la pelle del suo volto già segnato da alcune piccole cicatrici. Yeosang aveva affondato con una lentezza disumana la punta del coltello in un punto poco sotto l'occhio destro dell'uomo, facendola scorrere lungo tutta la guancia fino al mento. Una scia di sangue color cremisi cominciò a sgorgare e sporcare il lato destro della faccia di Seonghwa, mentre questo cercava in tutti i modi di non lasciarsi sfuggire troppi gemiti di dolore a causa del bruciore che quel preciso e profondo taglio gli stava procurando.
«Cos'è, ora non parli più? Figlio di puttana-» il sibilo di Yeosang fu sovrastato dall'urlo agghiacciante di Seonghwa non appena quello stesso coltello trafisse la sua mano contro il pavimento polveroso. «E questo non è un cazzo se paragonato a quello che tu hai fatto a me, ad Aecha-» Il giovane spacciatore cominciò a martoriare il corpo del suo aguzzino sotto gli occhi sbarrati e nauseati di Namjoon. Non aveva mai visto tanta violenza e tanto sangue in vita sua. Quello non era un semplice incubo, quello era fottutamente reale. I due uomini morti a terra erano reali, quel sangue era reale e le grida sofferenti di Seonghwa erano reali. Mai aveva pensato o anche solo immaginato a quanto quella realtà potesse fare molta più paura di un dannato film dell'orrore. Probabilmente, dopo quello a cui stava assistendo, non avrebbe mai più guardato neanche un solo film troppo violento. Gli sarebbe sicuramente tornato in mente la scena di Yeosang che tortura a morte con un coltello un altro uomo e non era intenzionato a rivivere quello che in quel preciso istante stava passando.
Yeosang sembrava essere veramente incazzato, era completamente fuori di sé, non stava avendo un minimo di pietà di fronte al dolore e alle implicite richieste di fermarsi da parte del ragazzo sotto di lui. Namjoon vide il coltello essere rigirato all'interno del buco che gli aveva procurato alla mano, per poi passare all'altra ancora incolume. Quando Yeosang si alzò dalla schiena di Seonghwa entrambi pensarono che avesse finalmente deciso di fermarsi. Questo insulso pensiero fu distrutto nell'esatto momento in cui, dopo aver rigirato il corpo di Seonghwa con la faccia rivolta verso il soffitto, prese a colpirlo più e più volte affondando la lama sporca del suo sangue in più parti del suo corpo e lo fece con una ferocia che adesso faceva paura persino a Seonghwa stesso. Si stava quasi pentendo di non aver chiesto ai suoi uomini di venire con lui per precauzione. Come poteva essere stato tanto sconsiderato, dando per scontato che mai avrebbe potuto incorrere in qualche pericolo? Come aveva potuto sottovalutarlo? Ma cosa credeva, di essere immortale? Intoccabile come una divinità?
Si, Seonghwa lo credeva davvero.
«I tuoi uomini puoi già considerarli tutti morti.» parlò ad un certo punto il corvino, conficcando il coltello nel palmo della mano esattamente dove questa era già stata ferita e, accompagnato dall'ennesimo ringhio di dolore, lo guardò ghignante negli occhi come se avesse previsto i pensieri dell'altro. «Ho fatto piazzare delle bombe nei dintorni dei tuoi edifici e della tua residenza, tra pochi minuti non esisterà più niente e nessuno di quel tuo fottuto impero.» sussurrò ad una spanna dal suo viso, ora totalmente stravolto non solo dal dolore, ma anche dal panico. «Rimarrà soltanto un cumulo di polvere.»
Il corpo stremato e ferito di Seonghwa si pietrificò sotto di lui, guardandolo con occhi spalancati e increduli. Non riusciva a credere che Yeosang era riuscito persino a far passare dalla sua parte due suoi uomini, quelli che lui stesso aveva affidato al corvino, pur sapendo che sarebbero andati contro colui che aveva dato loro la possibilità di capire cosa significasse davvero essere ricco e pieno di potere in un mondo intriso di corruzione e indifferenza come quello in cui purtroppo vivevano. Aveva dato loro la possibilità di sapere cosa significasse vivere bene, aveva permesso loro di assaggiare la parte dolce di quella vita fin troppo amara e, nonostante questo, non si erano fatti problemi nel cercare di distruggere la sua. «N-No, non è possibile.»
«Non preoccuparti.» Un accenno di ghigno si mostrò ancora sulle labbra di Yeosang, mostrando una soddisfazione che mai aveva provato prima d'ora. Finalmente, per la prima volta, sentiva dentro di sé tutta la forza e tutta l'adrenalina che da troppo tempo desiderava avere per poter sottomettere e distruggere tutti gli ideali malsani dell'uomo sotto di lui. «Mi assicurerò che il tuo corpo venga seppellito in un punto sperduto della Corea, magari sotto un lago oppure un fiume, cosicché non possa essere mai più ritrovato. Nessuno saprà della tua esistenza, tantomeno della tua morte. Sarà come se Park Seonghwa non fosse mai esistito.» parlava con tranquillità, dicendo quali sarebbero stati i suoi piani una volta ucciso Seonghwa come se stesse organizzando un qualsiasi e normale funerale. «Cosa che non posso garantire per i tuoi uomini però.» concluse sfoderando un piccolo broncio dispiaciuto.
«Quel giorno sono stato troppo clemente.» bifonchiò improvvisamente Seonghwa, con un'espressione pentita e colma di risentimento. Yeosang corrugò leggermente le sopracciglia, inizialmente confuso da quelle parole. «Avrei dovuto aspettarmelo...» tossì appena facendo fatica a parlare a causa di tutte quelle ferite inflitte, con quel liquido denso e rosso che non smetteva di uscire dal taglio sulla guancia, arrivando a sporcargli anche le labbra fini. «Avrei dovuto aspettare ancora un po' prima di dare il colpo di grazia alla tua sorellina, avrei dovuto farla soffrire molto di più-»
Ancora una volta, le parole di Seonghwa furono bloccate a causa del forte impatto che le nocche di Yeosang ebbero sulla sua guancia. Altri schizzi di sangue sporcarono il pavimento, altri gemiti strozzati riempirono quelle quattro mura spoglie. Gli occhi di Namjoon erano ancora fissi sulla ripugnante scena che sembrava non avere mai una fine di fronte a lui, le sue braccia continuavano a tremare come delle fragili foglie sul punto di essere spezzate, mentre qualcosa di umido, caldo stava cominciando a colare sul suo volto. Era così tanto preso e scioccato da ciò che stava gli capitando che non si era nemmeno reso conto di aver cominciato a piangere. Lacrime di puro terrore scesero dai suoi occhi sgranati, maledicendo ogni singola scelta passata avesse fatto, maledicendo ogni singola parola e ogni singola azione. A un certo punto, cominciò a maledire anche Sooyun. Maledisse persino Jisoo, perché non era al suo fianco in quel momento, non sarebbe stata al suo fianco proprio quando se ne sarebbe andato via. Si, perché ne era certo; era ovvio che Yeosang non lo avrebbe risparmiato, gli avrebbe fatto fare la stessa fine di quel tizio a terra, sanguinante e privo di forze. Quando Jisoo avrebbe saputo che Namjoon era morto gli sarebbe sicuramente stata accanto, ma a quel punto sarebbe stato troppo tardi. Proprio quando ormai lui non ci sarebbe più stato. Ma quando chiederà il motivo della sua morte, quale giustificazione sarebbe potuta uscire fuori dalle bocche dei poliziotti? Cosa avrebbero detto ai suoi genitori, ai suoi amici, a Jisoo? Per un istante, un solo dannatissimo istante, Namjoon si domandò per quale motivo lui sarebbe morto e cosa avrebbe quindi definitivamente perso. Si immobilizzò per secondi interminabili, Yeosang era troppo concentrato a massacrare Seonghwa, nonostante avesse già quasi smesso di respirare, per rendersi conto di quel breve momento di lucidità da parte del giovane studente.
Quando era piccolo, ricordava avesse un sogno. Namjoon voleva viaggiare per il mondo, visitare nuovi posti, imparare nuove culture. Era emozionato alla sola idea di mettere piede fuori Paese. Però, quella emozione era andata a scemare man mano che il tempo passava, che le cose cambiavano e che le responsabilità aumentavano. Anche lui era cambiato. Namjoon, crescendo, si era dimenticato del suo sogno. Si era dimenticato anche solo sapere cosa significasse averne uno. Non riusciva nemmeno a ricordare quando, di preciso, avesse cominciato a rovinarsi la vita con le sue stesse mani, quando avesse cominciato a fare a brandelli tutto ciò che da piccolo voleva costruirsi: un futuro. Se il bambino di se stesso lo avesse visto in quel momento, che cosa avrebbe pensato? Come reagirebbe nel vederlo lì, legato, tremolante e sull'orlo di cadere a pezzi su una dannata sedia di legno, mentre stava assistendo a un vero e proprio bagno di sangue.
Ne rimarrebbe disgustato? Triste? Deluso?
E Jisoo? Quand'è che si era innamorata di lui? E quando lui si era innamorato di lei? Quali erano state le ultime parole che Namjoon le aveva rivolto?
Namjoon non riusciva a ricordare. Non riusciva a sentire più niente. Non aveva neanche più paura. Namjoon non era più... Namjoon.
Un suono acuto fischiò nelle sue orecchie, aveva smesso di tremare e le palpebre si stavano facendo sempre più pesanti insieme al suo flebile respiro. Non si era nemmeno accorto di come Yeosang si fosse avvicinato al suo corpo, lasciando Seonghwa a terra e privo di ogni briciolo di energie per poter anche solo respirare normalmente, mentre sembrava soffocare nel suo stesso sangue. Tutto quel sangue era stato causato dallo stesso uomo che adesso stava facendo fuoriuscire con una lentezza disarmante un lungo e sottile ago dal collo di Namjoon. Un sospiro di sollievo lasciò labbra schiuse del giovane e sfortunato studente, facendogli sentire una piacevole e familiare sensazione di appagamento propagarsi dal collo e raggiungere le punte dei piedi attraversando ogni singolo muscolo del suo corpo. Yeosang lo aveva appena drogato.
Lo spacciatore, o meglio, l'assassino si inginocchiò di fronte al suo corpo che pendeva stremato e rilassato allo stesso tempo verso il basso, allineò le sue iridi celesti e fredde come il ghiaccio con i suoi occhi fattisi ancora più scuri e annebbiati per via della droga in circolo. Se lo avesse guardato solo un attimo prima di essere pervaso dall'effetto della droga che Yeosang gli aveva appena iniettato, era certo che avrebbe sentito persino le ossa essere trapassate da quello sguardo vitreo, gelido, a dir poco spaventoso. Il maggiore continuava a guardarlo con un'espressione indecifrabile sul volto, macchiato da qualche goccia di sangue che lui stesso aveva causato e rendendolo per quanto fosse possibile ancora più tetro. Le labbra era schiuse, dando l'impressione di voler dire qualcosa e ispirando l'aria dall'esterno in modo troppo rumoroso, forse stanco per lo sforzo fisico e sfrenato nel massacrare di botte Seonghwa.
Adesso era il suo turno. Fu questo che Namjoon si ripeté mentalmente, ma prima ancora di perdere del tutto conoscenza il suo pensiero andò su un'unica persona. Namjoon, ripensò un'ultima volta a Jisoo, chiedendosi come avrebbe reagito nel saperlo morto ancor prima di poterlo abbracciare, di poterlo baciare o di poter fare qualsiasi cosa i due avrebbero desiderato fare ogni singolo giorno. Namjoon e Jisoo non si erano mai dichiarati apertamente, non avevano ancora avuto il coraggio di farlo. Eppure, entrambi sapevano che cosa ci fosse tra loro. Non se lo dicevano, ma lo sapevano bene cosa provassero l'uno per l'altra. Non era nemmeno riuscito a darle l'anello che voleva regalarle per ufficializzare finalmente una loro possibile relazione. Quella sarebbe potuta essere la prima relazione seria per Namjoon.
«Non devi avere paura.» gli soffiò sul viso Yeosang con un'espressione di pura follia, convinto che potesse ancora sentire le sue parole prima di lasciarlo abbandonare completamente a se stesso. Ma le sue parole gli arrivavano ovattate alle orecchie, l'immagine del volto ombroso di Yeosang era sbiadito e leggermente sfocato. Tutto divenne troppo confuso per i sensi del giovane ragazzo e le successive parole dello spacciatore furono l'ultima cosa che Namjoon riuscì a recepire prima che ogni cosa davanti a lui si oscurasse del tutto. «Non è ancora giunta la tua fine.»
TAEHYUNG
Un fascicolo con all'interno dei fogli si interpose tra me e la tastiera, facendomi distogliere momentaneamente l'attenzione dal file che stavo scrivendo.
«E questo?» domandai prendendo tra le mani il fascicolo e sfogliandone distrattamente l'interno.
«Qui dentro sono elencati alcuni nomi delle persone alle quali la polizia quasi sicuramente si rivolgerà per il caso del ragazzo scomparso.» mi informò guardandomi dall'alto mentre cercavo l'elenco di cui stava parlando tra i vari appunti e documenti, «Potremmo approfittarne per-»
«Come te li sei procurati?» Sollevai lo sguardo verso Jongho, incuriosito e sorpreso da come fosse riuscito a farsi dare dati che solitamente le indagini svolte dalla polizia non lasciavano trapelare.
«Segreto del mestiere» si limitò a dire strizzando velocemente un occhio. «Come puoi vedere anche tu, ho raccolto alcuni dati riguardo l'accaduto e le possibili persone coinvolte. Questa potrebbe essere un'occasione per te, Taehyung. Questo caso ultimamente sta attirando molto l'attenzione del pubblico e sembra che in pochi riescano ad avvicinarsi alla verità come vorrebbero.» parlò puntandomi un dito contro come per dire che io faccio parte di quei pochi. «Le persone vogliono sentirla questa verità, vogliono sapere cosa sta succedendo in modo approfondito e, a quanto pare, non sono per niente soddisfatte delle risposte che la televisione sta dando a tutti loro.» Sorrise appena, guardandomi sicuro delle sue parole. «Tu, però, potresti farlo. Noi potremmo farlo, insieme.» mormorò voltandosi a guardare verso la sua destra, ammirando pensieroso il cielo visibile all'esterno. «Uno scoop del genere non è da tutti i giorni e, ora che ci è capitato tra le mani un caso come questo, vorrei darti la possibilità di fare carriera. Se tu riuscissi a parlare con le persone giuste, raccogliendo tutte le informazioni che, con alte probabilità, solo noi saremo in grado di avere grazie a questi dati, sono certo che tutto ciò che ne produrrai non solo uscirà in prima pagina in tutte le testate giornalistiche esistenti, forse riuscirai persino a-»
«Accetto.» dissi subito senza nemmeno lasciarlo finire. Mi alzai dalla sedia e mi inchinai con il massimo rispetto che potessi mostrare di fronte alla prima persona che era riuscita a capire uno dei miei più grandi sogni: diventare un giornalista professionista, una persona di successo che riuscisse sempre a mostrare la verità agli occhi del mondo. Era questo ciò che volevo diventare fin da bambino. Volevo rappresentare io stesso la verità per le persone. «Non mi lascerei mai sfuggire un'occasione come questa. La ringrazio per questa opportunità.»
Jongho ridacchiò intenerito, incitandomi a rialzare il capo e così feci, senza riuscire nemmeno a trattenere un piccolo sorriso emozionato. «Sono io che devo ringraziare te, Taehyung.» Affermò a gran voce dirigendosi verso l'uscita del mio ufficio. «Allora lascio tutto nelle tue mani, sai che di te mi fido ciecamente.» finì di dire sparendo dietro l'angolo.
Mi risedetti sulla sedia davanti alla scrivania dopo alcuni secondi di trance. Ancora non riuscivo a crederci. Jongho aveva ragione, casi simili non capitavano ordinariamente, non in una città come la nostra, e io avrei avuto per la prima volta il potere di dirigere un compito importante e complicato come questo. Arrivato a questo punto, mi chiedevo se ne fossi stato all'altezza. Con il cuore ancora a mille ripresi tra le mani i fogli di prima, leggendo attentamente i vari nomi scritti nell'elenco delle persone riconducibili allo studente scomparso misteriosamente e che, magari, potevano persino essere direttamente coinvolti con ciò che gli era successo. Scorsi gli occhi dall'alto verso il basso, contando una decina di nomi, fino a quando non mi bloccai d'istinto nel leggerne uno in particolare. Improvvisamente, tutta l'emozione che solo un attimo prima aveva pervaso il mio intero corpo fu sovrastata da una forte ondata di sensazioni negative. Un misto tra confusione e paura portarono i miei muscoli a irrigidirsi, mentre il mio respiro si fece flebile, quasi inesistente. Il cuore adesso non batteva veloce tanto per la felicità quanto per l'angoscia. Corrugai le sopracciglia sgranando leggermente gli occhi mentre rileggevo più volte lo stesso maledetto nome impresso con inchiostro ancora caldo sul foglio bianco. Portai l'attenzione sui suoi dati anagrafici, sperando con tutto me stesso che non coincidessero proprio con la persona a cui avevo paura si riferisse la lista.
Le mie dita tremanti strinsero i bordi del pezzo di carta che tenevo ancora davanti al mio viso. Ero come immobilizzato da una forza esterna, ogni cosa dentro di me si era fermato, per un momento sentii persino il mio cuore smettere di pompare sangue e i miei polmoni incapaci di riprendere ossigeno. Non riuscivo a credere a ciò che stavo leggendo. Non volevo crederci.
Nomi delle persone potenzialmente coinvolte: Kim Sooyun.
SOOYUN
«La prossima volta che hai intenzione di darci appuntamento qui magari avvisami un po' prima!» mi lamentai raggiungendo il corvino che si trovava seduto in cima alla piccola e rugginosa ruota panoramica. Quando mi era arrivato un messaggio da parte sua dove mi chiedeva di raggiungerlo subito in quello che era diventato il nostro posto personale ho temuto che fosse successo qualcosa, così sono corsa alla velocità della luce fuori casa senza nemmeno preoccuparmi di cambiarmi i vestiti. Indossavo dei morbidi e semplici pantaloni grigi e una felpa enorme e pesante rubata a mio fratello. «Ehi Jungkook!» lo richiamai stranita dal suo comportamento. Ora che ero giunta da lui, non mi stava nemmeno degnando di uno sguardo. Sembrava assorto da chissà quali pensieri, con lo sguardo puntato verso la città davanti a sé e le braccia appoggiate sull'asta di metallo che faceva da protezione. «Ma mi stai ascoltando?» all'ennesima mancata risposta, decisi di salire sulla ruota di media altezza e, senza molte difficoltà, lo raggiunsi sui sedili più alti. «Jungkook?»
«Tuo fratello sembra davvero una brava persona.»
Rimasi un attimo interdetta dalla sua uscita, senza capire perché avesse tirato in ballo Taehyung.
«Mi hai chiesto di venire qui d'urgenza per parlare di mio fratello?» inarcai un sopracciglio guardandolo di profilo. Jungkook però, ancora una volta, ignorò le mie parole scuotendo la testa.
«Una persona così importante per te dovresti tenertela stretta, invece di cercare di allontanarla.»
Sbuffai una strana risata ancora più confusa di prima. Ma a lui cosa importava ora di Taehyung? Stetti seriamente per allontanarmi da lui e scendere da quella dannata giostra.
«Va bene Jungkook, se era solo questo ciò che volevi dirmi, io me ne vado-»
«Perché fai così?» si voltò finalmente verso di me, facendo bloccare ogni mio movimento.
«Così come?» sorrisi in una smorfia priva di divertimento.
«Perché vuoi allontanare le persone da te?»
Schiusi le labbra cercando di dire qualcosa, ma non ci riuscii. Ingoiai la poca saliva che avevo fissando i miei occhi in quelle perle tanto scure quanto profonde del ragazzo. Mi presi del tempo per analizzare la sua espressione e cercare di capire cosa gli stesse passando per la testa in quel momento. Sembrava serio e pretendeva una risposta altrettanto seria da me. Voleva che io gli rispondessi nel modo più sincero assoluto, facendomelo capire con quel suo sguardo indecifrabile, ancora misterioso per me, ma tanto dolce. Era incredibile come, nonostante da un lato si volesse mostrare serio e arrabbiato, non riuscisse a non trasmettermi quel barlume di dolcezza con cui ogni volta riusciva a sfiorare e calmare ogni singola parte del mio animo.
Voleva affrontare veramente quel discorso ora? Non avrei mai pensato che ne avrei parlato con qualcuno fino a quel momento. Jungkook era diventato l'eccezione in tutto e per tutto e, incredibilmente, nemmeno mi diede fastidio.
«Non sono io che allontano le persone da me, Jungkook» dissi scuotendo la testa con un accenno di sorriso subdolamente indifferente, «Sono le persone che si allontanano da me.»
Jungkook rise appena, lasciandomi spiazzata. Lui mi stava deridendo e lo stava facendo consapevolmente di proposito. «Questo non è vero.»
Sollevai un sopracciglio innervosita dal suo atteggiamento. «E tu cosa ne vuoi sapere-»
«Pensi che non me ne sia accorto?» mi domandò alterato. Ma cosa gli prendeva? «Il modo in cui guardi Taehyung? Il modo in cui guardi me?»
«Non lo so,» incrociai le braccia al petto parlando con un tono di sfida. «Dimmelo tu, dato che ogni volta sembri sapere ogni cosa.»
«Devi smetterla di guardarmi come se potessi sparire da un momento all'altro, non sono tuo padre Sooyun! Non sono tua madre e non sono certamente come tutte quelle persone che ti sparlano alle spalle-»
«Ma si può sapere chi diavolo sei tu?» sbottai stizzita. «Ti presenti da me con la presunzione di rendermi felice come se avessi bisogno di te per esserlo.» Jungkook sollevò entrambe le sopracciglia facendomi capire di come lo avessi preso contropiede. «Mi parli come se sapessi tutto di me, della mia vita, come se sapessi di cosa ho passato, cosa voglio e cosa devo fare. Oltre a insegnarmi a come si vive, vuoi anche spiegarmi come devo comportarmi con mio fratello?! Si può sapere chi ti credi di essere?» senza dargli il tempo di replicare sorpassai la sbarra laterale interna per poter scendere dalla piccola e vecchia ruota panoramica.
«Sooyun, aspetta-» Jungkook si sporse verso l'esterno chiamandomi e chiedendomi di tornare indietro. Lo ignorai, scendendo fino a toccare con i piedi per terra. Poi, senza attendere un secondo in più, cominciai a camminare con passo spedito verso l'uscita del parco. «Sooyun!»
Capii che fosse sceso anche lui quando sentii dei veloci passi alle spalle raggiungermi.
«Tu non hai la minima idea di quello che ho dovuto affrontare!» Mi voltai indietro con uno scatto colmo di rabbia verso di lui, ritrovandomi la sua faccia a pochissimi metri di distanza. «Non sai cosa ho dovuto passare e cosa tutt'ora sto passando! Nessuno di voi lo sa, quindi smettetela di parlarmi come se non fosse così!»
«Hai ragione, mi dispiace Sooyun.» Prese subito a scusarsi con gli occhi leggermente più aperti del dovuto, guardandomi sinceramente dispiaciuto. Ma io non riuscii comunque a calmarmi. Jungkook aveva toccato dentro di me qualcosa che ero solita nascondere, qualcosa che ero sempre stata molto brava a fingere che non esistesse: la mia debolezza. Jungkook era riuscito a oltrepassare quella mia maschera di durezza e a rendermi debole, di nuovo. «Scusami, non avrei dovuto-»
«È stato Jimin a dirtelo? Oltre alla storia di mio padre, ti ha raccontato anche di come io sia una persona orribile? Di non meritarmi tutto quell'affetto da parte di Taehyung?» domandai a raffica, cominciando a sentire gli occhi umidi e la voce incrinarsi. «Beh ha ragione!» gridai all'improvviso con voce stridula, sfoderando un sorriso quasi isterico, allargando le braccia e facendole ricadere sui miei fianchi con un tonfo. «Sono io quella che allontana le persone da me, sono io quella che ferisce le uniche persone che tengono a me, sono io quella che rovina sempre tutto proprio quando le cose sembrano andare un poco meglio, sono io quella che-»
«Sooyun-»
«-ha mandato a fanculo la vita di Taehyung, la mia vita e chissà, forse sono anche la causa della rovina della mia fam-»
«Taehyung pensa che tu lo odi.»
Non furono parole gridate. A malapena erano udibili rispetto alle mie, eppure le sentii chiaramente e indistintamente. Quelle poche e precise parole ebbero il potere di fermare momentaneamente quella crisi emotiva che mi stava facendo perdere il controllo. Ero a corto di fiato, i miei occhi erano sgranati e le guance rigate da lacrime che mi vergognavo di mostrare.
«Cosa?» La domanda mi uscì come un flebile soffio, fu come se ormai facessi fatica persino a parlare.
«Taehyung pensa che tu lo odi, Sooyun.» ripeté cauto, avvicinandosi appena a me, sembrava che avesse paura di superare una linea immaginaria interposta in mezzo tra di noi. Temeva davvero sarei potuta correre e scappare via se solo avesse fatto un passo sbagliato, come un piccolo e tremante cucciolo di coniglio. «Crede che tu non lo abbia ancora perdonato per qualcosa di cui non sono a conoscenza.»
Cercai di sorvolare sul come sapesse cosa pensasse mio fratello, immaginando che avessero parlato da soli quando io non c'ero. In un primo momento stetti per arrabbiarmi anche per questo motivo, ma la preoccupazione per ciò che Jungkook mi aveva appena detto sovrastò totalmente quel futile particolare. Sentii qualcosa dentro di me, qualcosa di conosciuto che non sentivo da tanto, tantissimo tempo. Fu come se qualcosa, all'altezza del petto, si fosse appena spezzato. Non ci fu nemmeno bisogno di chiedere a cosa il corvino si riferisse, avevo già capito. Avevo dato per scontato l'evolversi di situazioni come conseguenza del mio comportamento di tre anni fa, avevo dato per scontato che dal momento in cui io avessi deciso di spazzare via ogni ricordo, ogni momento, ogni sofferenza, allora anche per Taehyung sarebbe stato lo stesso. Non era che non ci avessi mai pensato, semplicemente avevo deciso consapevolmente di dimenticare. Avevo forzatamente rimosso molti momenti passati da quando avevo fatto la conoscenza di Yeosang, tra queste c'era anche il primo pesante litigio avuto in assoluto con mio fratello.
Il giorno in cui dissi a Taehyung di andarsene via, lontano da me, fu quello più straziante tra tutti quelli avuti prima che cominciassi a distruggermi con le mie stesse mani. Quelle mie parole, tanto crude e dette con un odio che in realtà non era rivolto realmente a lui, ogni qualvolta tornavano alla mente non riuscivo più a smuoverle dalla testa. Erano diventate come un disco rotto; per giorni, settimane, ogni singola parola detta con tutta quella cattiveria all'ultima persona che la meritasse si ripetevano nella mia mente con intensità sempre più maggiore, facendo sprofondare nel pentimento e nel risentimento ogni particella del mio corpo.
Questo fino a quando non avevo deciso di eliminare ogni ricordo di quel giorno, facendo finta che non fosse mai esistito. Ero patetica. Anche io, in fondo, sapevo che questo non sarebbe mai potuto accadere. Non sarei mai riuscita a dimenticare davvero. Inconsciamente, io ricordavo ogni singolo giorno quello che avevo detto, quello che avevo provato.
Cosa c'era che non andava in me? Cosa avevo di sbagliato?
Perdonare Taehyung? E per cosa precisamente dovrei perdonarlo?
Ero io quella che doveva farsi perdonare, non Taehyung. Soltanto io.
Cominciai a ridere con voce bassa e rauca, coprendomi la bocca con la mano e lasciando Jungkook più confuso che mai, mentre con gli occhi color pece seguiva la mia figura che scendeva lentamente verso il basso. La risata venne improvvisamente interrotta da un singhiozzo, seguito poi da tanti altri. Le lacrime non attesero un solo secondo in più, riprendendo a scorrere sul mio volto e appannandomi così la vista. Jungkook fu subito al mio fianco, accucciandosi come avevo fatto io e appoggiando una mano sulla mia spalla.
«Sooyun-»
«Io n-non volevo-» singhiozzai ancora. «Non volevo che Taehyung pensasse questo, non volevo causargli tutti questi problemi... So di essere ipocrita, perché in fondo io lo sapevo, è che-» sollevai la testa guardando Jungkook sussultare nel vedere il mio viso distrutto dal dolore, dall'insicurezza. «So che può sembrare stupido, ma dopo tutto quello che è successo, io non sapevo più come aprirmi, era come se non fossi più in grado di esprimermi... Jungkook, ti prego, so quanto sia difficile da capire, ma devi c-credermi-»
«Ti credo.» disse subito con tono risoluto, avvicinando appena il viso al mio e senza mai smettere di guardarmi dritto negli occhi. Voleva farmi capire che lui mi credeva davvero. «Sooyun, mi dispiace-»
«Ma perché?» domandai interrompendolo e cominciando a ridere tra le lacrime e nella disperazione più totale, dando dimostrazione di quanto potesse essere struggente ed esplosivo tenersi dentro tutti quei pensieri e sentimenti negativi per tanto, troppo tempo. «Perché vi scusate tutti con me quando quella che dovrebbe farlo sono io?» L'ennesimo singhiozzo mi fece mancare il fiato. Mantenni il viso vicino al suo e gli occhi liquidi puntati nei suoi scuri, profondi. «Sono solo io quella che deve scusarsi, non tu e non Taehyung. Perché non capite che così mi fate stare solo peggio? Io non-»
Improvvisamente, fu come se il mio cuore smise di battere. Il mio respiro, insieme alle mie parole, furono spezzate da qualcosa tanto repentina quanto... soffice. Tenni gli occhi spalancati quando realizzai che ciò che mi stava impedendo di parlare erano le labbra di Jungkook poggiate delicatamente sulle mie, ma questo mio stato di shock durò poco. Chiusi gli occhi con lentezza, lasciando che l'ultima lacrima scivolasse sulla mia guancia e avvicinando a mia volta il viso al suo, premendo maggiormente le mie labbra contro quelle del corvino. Jungkook, con immensa finezza, porto una mano all'altezza della mia guancia, facendo poi scorrere il suo pollice sulla mia pelle calda e ancora bagnate a causa del mio pianto. Come mai avevo sentito prima d'ora, una sconfinata ondata di calore e pienezza pervase ogni singola particella del mio corpo, alleggerendo come niente e nessuno era riuscito a fare quel mio cuore ora non più di ghiaccio, poiché sciolto dallo stesso calore di cui Jungkook era l'artefice. Fu come se ogni tipo di peso fosse appena stato spostato di getto non solo dal mio petto, ma anche dalle mie spalle e dalla mia mente. Mi sentii leggera come una piuma, capace finalmente di respirare per davvero e sul punto di poter letteralmente evaporare tra le grandi e delicate mani del ragazzo accucciato di fronte a me.
Dopo diversi secondi passati a sfiorarci i nasi e a scambiarci un bisognoso affetto di cui, forse, entrambi ci eravamo privati per troppo tempo, ci staccammo molto lentamente, per poi riaprire gli occhi e continuando a guardarci senza aver davvero necessità di dire niente all'altro. Entrambi probabilmente pensammo che una qualsiasi parola non sarebbe stata in grado di dare spiegazione per quel dolce e inimmaginabile momento appena vissuto. La mano di Jungkook era ancora poggiata sulla mia guancia, mentre solo in quel momento mi resi conto di come mi fossi aggrappata alla sua felpa come se quella stessa fosse la mia ancora di salvezza e che se l'avessi lasciata sarei potuta sprofondare nel terreno sotto ai nostri piedi. Ripensai a quanto soffici e calde fossero le labbra di Jungkook, passai la lingua tra le labbra come se avessi ancora il suo sapore su di esse e per un attimo ebbi la forte tentazione di risentirle sulle mie. Ne necessitavo. Necessitavo delle sue labbra, di lui e di quel nuovo e intenso piacere che avevo appena provato grazie a quel bacio scambiato con Jungkook.
Il tempo continuava a scorrere, eppure non riuscimmo a staccarci l'una dall'altro. I nostri corpi e i nostri sguardi sembravano essere diventati delle calamite incapaci di dividersi anche solo di poco. Vidi il ragazzo dai grandi occhi a cerbiatto schiudere la bocca come per voler rompere quell'incisivo e piacevole silenzio, racchiudente dentro di se tante di quelle parole che non riuscivamo a pronunciare.
«Lascia che ti porti in un posto.»
𝐀𝐧𝐠𝐨𝐥𝐨 𝐀𝐮𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞
Allora? Come state dopo questo lungo e intrinseco capitolo?
Perché a me sta salendo l'angoscia nel continuare a scrivere questa storia, pur sapendo fin dall'inizio della piega che avrebbe preso.🥺
Abbiamo affrontato, finalmente, il pov di Yeosang! Spero che adesso siano un po' più chiari i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri e da cosa essi derivino. Comunque, affronteremo anche qualche pezzo del suo passato in un futuro capitolo, palpando più concretamente il suo personaggio e, sinceramente, non vedo l'ora.❤
Tornando ai due protagonisti, finalmente c'è stato il loro primo bacio! Non pensavo ci avremmo messo così tanto e, strano dirlo, è stato improvviso persino per me.🤣Spero abbiate apprezzato questo momento di dolcezza💜Dopo un inizio tanto violento con dentro tutto tranne la dolcezza, penso che per fortuna sia finito meglio di quanto magari in molti pensavano.
Se il capitolo vi è piaciuto non dimenticatevi di lasciare una stellina⭐💜
Volevo avvisarvi di come ora, con l'inizio del mese di dicembre, avrò molto da fare con gli studi per via degli esami e che quindi forse non riuscirò ad aggiornare prima del 13 dicembre😭Non è sicura come cosa ovviamente, però ecco temo non non avere più molto tempo per scrivere un intero capitolo in questi dodici/tredici giorni, dipende dai tempi di studio, considerando anche i vari impegni al di fuori dell'università. La storia sta diventando più complessa e come avrete notato ultimamente stanno uscendo capitoli molto lunghi (questo capitolo ha raggiunto le novemila parole!), quindi non voglio farmi prendere dalla fretta e aggiornare qualcosa che non meriti di essere aggiornato. Voglio che tutto sia fatto come si deve♥
Vi voglio un sacco di bene, ringrazio tutti coloro che hanno la pazienza e la comprensione necessaria per me e la mia storia💜Spero di avervi soddisfatto con questo capitolo, non vedo l'ora di portare il prossimo (magari riesco anche in questi tredici giorni, chissà! Come ho detto prima, nulla è certo purtroppo).
Ci vediamo al prossimo capitolo♥
Un abbraccio,
Carly
Instagram: _carlyarmy_
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