𝟑𝟕. Tutti degli ipocriti bugiardi

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"Tutti giudicano, nessuno cerca di capire."

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SOOYUN


Domenica 28 Marzo 2021

Una strana sensazione continuava a martellarmi la testa e mi ritrovai a mugolare infastidita. Rimasi tuttavia ferma, con gli occhi chiusi e in attesa che quel fastidio sparisse da sé ma, quando vidi che sembrava non volersene proprio andare, decisi di provare ad aprire gli occhi e poter così vedere da cosa potesse essere causato questa fastidiosa sensazione. Strizzai le palpebre, sbattendole varie volte prima di schiuderle e scontrarmi con il totale buio. Allora li aprii del tutto, ma anche quando ebbi ampia visuale di ciò che mi circondava vidi il vuoto assoluto. Non c'era niente e nessuno vicino a me e mi ritrovai a corrugare le sopracciglia stranita quando, sollevando la schiena per mettermi seduta, constatai di trovarmi a terra, su un duro pavimento altrettanto scuro. Ma cosa?

Puntai lo sguardo di fronte a me nel tentativo di intravedere anche solo una minuscola ombra o figura che potesse confermarmi di star immaginando tutto, perché questo non poteva essere reale. Ero come finita in un'altra dimensione, vuota e sconosciuta. Mi sollevai da terra facendo un po' di fatica, sentendo i muscoli indolenziti e la testa vorticare nauseandomi. Feci alcuni passi in avanti, guardandomi intorno alla ricerca di qualcuno o di qualcosa, ma non vidi comunque nulla.

Ero da sola, al buio.

Poi, però, delle voci soffuse echeggiarono nello spazio circostante, tra l'altro privo di muri, di porte o anche solo di un qualcosa tridimensionale. Cercai di orientarmi ascoltando attentamente quelle voci a dir poco confuse e seguendone la direzione da cui percepivo provenissero. Più mi avvicinavo a tali voci e più potei analizzarne meglio i toni e i contenuti dei discorsi che mi stavano rimbombando nelle orecchie. Scissi quei toni alti, ma spensierati, associandoli precisamente a due persone diverse, ma non capendo subito a chi appartenessero. Fu quando una fitta nebbiolina bianca e luminosa si parò dinanzi a me che riuscii a captare meglio sia le parole, sia le persone che le stavano pronunciando.

«Mamma cosa significa volere davvero bene ad una persona?»

Mi pietrificai. Quella era la mia voce. La voce di me da bambina, e quella frase... io avevo già sentito quella domanda.

«Significa volere nient'altro che il suo benessere.»

Mamma? «Mamma sei tu?» domandai percependo la punta del naso pizzicare appena e il cuore battere freneticamente.

«Il suo benessere..? Che cos'è il benessere?»

La bambina continuò imperterrita a domandare, senza farsi problemi a esporre apertamente la propria innocente curiosità.

«È... qualcosa che ti fa sentire bene, qualcosa che senti proprio quando qualcuno ti ama. È questo che fa l'amore.»

Deglutii la mia stessa saliva sentendo la gola cominciare a stringere nel rimembrare quel giorno. Ricordavo di come fosse una sera qualsiasi e di come mia mamma fosse seduta sul bordo del mio letto nel cercare di farmi dormire e, poiché come sempre il sonno ci metteva tanto tempo a invadere il mio corpo permettendomi così di riposare come si deve, avevo cominciato a porre tutte le domande che mi passavano per la mente. Erano domande che solitamente sorgevano dopo aver visto un film, oppure una scena o interazione particolare tra le persone che non conoscevo uscendo di casa. Ma quella volta per me fu diversa, perché quelle mie domande non erano dovute né a un film o un cartone e tanto meno a terze persone che incontravo e analizzavo da lontano ai giardini vicino casa mia.

Quello era il periodo in cui vidi i primi litigi tra i miei genitori, "litigi sciocchi" mi diceva sempre mia madre. Se erano litigi sciocchi, allora perché quel giorno mio padre mi aveva risposto di togliermi di mezzo perché aveva delle cose importanti da fare dopo che gli avevo chiesto di portarmi al parco? Me lo ricordavo molto bene quel momento, ricordavo benissimo quanto ci fossi rimasta male, quanto avessi pianto offesa e di come Taehyung e mia madre non avessero esitato un attimo ad abbracciarmi e coccolarmi, dicendomi che papà era stanco per il lavoro e che poi, sicuramente, mi avrebbe chiesto scusa dopo aver capito di essersi comportato nel modo sbagliato con me. E in effetti le cose andarono proprio come mi avevano promesso: papà mi chiese scusa il giorno dopo, promettendomi che mai più mi avrebbe risposto in quella maniera, per poi portarmi non soltanto al parco, ma anche alle giostre comprandomi il mio gelato preferito.

Furono tante, tantissime le volte successive in cui infranse quella sua promessa, per poi chiedermi di nuovo scusa e promettermi nuovamente la stessa identica cosa.

«Cos'è l'amore?» sussurrai anticipando le parole che la me stessa di anni fa avrebbe chiesto successivamente alla mamma.

«Cos'è l'amore?»

«L'amore è indescrivibile, qualcosa che non puoi toccare, ma che puoi percepire. Ti accarezza le guance bagnate dalle lacrime, ti sostiene quando non riesci a farlo da solo, ti guarisce quando sei ferito. Ti riempie il cuore di gioia, di serenità, di leggerezza. Ti permette di respirare.»

Tirai su con il naso, percependolo colare a causa di quelle leggere e poche lacrime che presero a riempirmi gli occhi. Piansi, perché era vero, sapevo che lo fosse. Sentirmi amata dalla mia famiglia mi aveva resa felice, riempendomi il cuore di gioia e calore. Ma mai mi aveva rasserenata. Mai c'era stata una sola volta in cui mio padre mi avesse rasserenata o in cui mia madre mi avesse fatta sentire più leggera, anzi. Con il passare del tempo non avevano fatto altro che opprimermi, schiacciarmi contro il suolo facendo gravare sulle mie spalle delle colpe che, in realtà, non avevo, ma che avevo sempre sentito mie. Erano stati loro a riempirmi la testa di bugie e menzogne e io avevo imparato da loro a mentire, ed ero diventata così dannatamente brava, succube del mio stesso animo compromesso, da riuscire persino a credere che neanche mio fratello Taehyung fosse in grado davvero di amarmi.

Ma mi sbagliavo. Mi ero sempre sbagliata.

«Devi smetterla di piangere! Non capisci che non risolverai niente piangendo?!»

Sussultai spaventata quando sentii alla mia destra un oggetto di vetro infrangersi contro una superficie dura e distruggersi in mille pezzi. Guardai il calice di vetro che mia madre aveva appena scagliato contro il muro, sporcandolo di vino, proprio vicino al corpicino della bambina che tremava come una foglia nell'angolino della stanza.

«Mamma ma cosa stai facendo?!»

Taehyung...

«Tu non metterti in mezzo! Sei proprio come tuo padre, voi uomini nascete egoisti e morite come tali! Siete tutti uguali!»

«No, Taehyung non è come papà!» gridò all'improvviso la bambina, trovando il coraggio di sollevare il viso bagnato dalle lacrime che stava nascondendo proprio fino a un secondo prima tra le ginocchia. «Taehyung è buono!»

Il cuore mi si strinse alla visione di quella dolorosa scena, tanto da portarmi a voltare la testa dall'altra parte incapace di vedere e sentire ancora altro. I-Io non volevo più ricordare quei brutti momenti, non volevo più percepire quelle sensazioni perché sapevo ormai troppo bene come queste ritornassero a galla non appena la mia mente decideva di farmi brutti scherzi e riportarmi indietro nel passato. Quello era un sogno, doveva esserlo... Speravo tanto che lo fosse. Volevo svegliarmi.

«Perché stai piangendo, tesoro?»

Giurai di sentire il sangue gelarsi nelle vene quando quella voce si propagò nell'aria, rimbombando all'infinito dentro di me come un dannato eco e facendomi spalancare gli occhi.

«Non sto piangendo.» Mi girai alle mie spalle, udendo la mia voce insieme a quella di Yeosang provenire proprio dietro di me. Questa volta le immagini erano molto più offuscate e più scure, la luce era molto, molto debole e non mi permetteva di mettere ben a fuoco la mia figura appoggiata a un muretto di mattoni che riconobbi essere lo stesso presente vicino a dove Yeosang viveva. Quest'ultimo infatti era a pochi metri di distanza da me, girato di fianco che guardava la me stessa di alcuni anni fa dall'alto, con una spalla appoggiata al muretto e la testa inclinata leggermente di lato.

«Ah no? Queste allora cosa sono?» Il dorso della mano dello spacciatore andò ad accarezzare la mia guancia, scacciando le lacrime a cui aveva appena alluso.

«Non sono affari tuoi.»

«Perché sei così fredda? Potresti essere un po' più gentile con me, soprattutto dopo tutti i soldi che ti ho dato questa mattina.»

«Quei soldi me li sono guadagnata.» La ragazza fulminò il più alto, facendolo ridere divertito.

«Altri litigi con tuo fratello, vero?» Sbuffò quando la più piccola abbassò di poco la testa, andando così a confermare involontariamente le sue parole, ma poi si sforzò di sorriderle in modo dolce, come a volerla consolare. «Non capisco perché continui a starci insieme se ti dà così tanto fastidio, ti ricordo che sei sempre la benvenuta se mai volessi decidere di vivere con me.»

«E perché mai dovrei?»

«Che domanda del cazzo è?» Le chiese di rimando, ricambiando senza problemi l'occhiataccia che gli aveva appena dedicato. «Sono l'unica persona che non ti fa piangere ormai. Direi che forse è arrivato il momento di liberarsi delle persone che fingono di volerti bene e voltare pagina, avvicinandosi piuttosto a chi tiene veramente a te senza averti mai mentito una sola volta sorridendoti come se solo questo potesse risolvere le cose.»

Ovviamente io avevo subito capito come si riferisse implicitamente a Taehyung, dal momento che ero stata proprio io a parlargliene. Che stupida che ero.

«E chi sarebbe questa persona che tiene veramente a me? Tu?»

«Vedi che allora non sei poi così tanto stupida, tesoro?»

Scossi la testa stringendo le labbra tra di loro in un'espressione di sdegno, incredula tutt'ora del discorso che mi Yeosang fece quel giorno, parlando di Taehyung come se non fosse davvero mio fratello e dandomi l'impressione di provare un profondo desiderio di volersi e potersi sostituire il suo posto. A lui non era mai importato niente di come l'unica cosa desiderassi fosse avere del semplice supporto per la mia incapacità a riaprirmi come una volta, a lui non interessava quanto io mi fossi chiusa in me stessa e quanto questo facesse soffrire Taehyung e, quindi di conseguenza, anche me. Anzi, scommetteva che fosse proprio ciò che più preferiva: vedermi scagliare rabbia e odio contro l'unica persona che mi era rimasta accanto gli faceva piacere, Yeosang odiava mio fratello e odiava il legame che, nonostante tutto, mai avevo permesso potesse lacerarsi del tutto.

Per quanto indifferente, scontrosa e arrabbiata mi mostrassi con Taehyung, non c'era stata una sola volta in cui avessi lasciato che quella mia frustrazione, delusione provata in seguito alla separazione e l'abbandono dei nostri genitori potesse in qualche modo distruggere anche l'unico rapporto che ancora riusciva a tenermi in vita, dandomi le forze ogni mattina di svegliarmi e alzarmi dal letto. Sapevo bene di essere stata una vera ipocrita e ingrata a comportarmi in quel modo nei confronti di Taehyung, ma semplicemente reagivo d'istinto, lasciando che questo mi guidasse dove meno avrei potuto soffrire, dandogli campo libero tra tutti quei miei pensieri che poi sputavo contro di lui e, in parte, fregandomene di quanto questo gli facesse male. Se da un lato ero consapevole di cosa realmente io stessi causando, danneggiando in quel modo i buoni rapporti che avevo con mio fratello maggiore, dall'altro avevo il terrore che questo in realtà forse non fosse mai esistito e ogni volta il solo pensiero di come, forse, anche lui mi avesse mentito dicendomi di volermi bene in tutti quegli anni, finendo poi così con l'abbandonarmi anche lui, mi faceva scoppiare a piangere.

E più vedevo Taehyung lottare per me, scagliandosi senza indugio contro qualsiasi proiettile contenente brutte parole io gli lanciassi, più io cercavo di allontanarmene spaventata dall'idea che avvicinandosi ulteriormente a me io avrei ceduto, lasciandolo amarmi tanto quanto mi diceva di fare. Il mio cervello ormai era diventato una miscela di pensieri contorti e confusi, facendomi credere nell'illusione che se io avessi continuato a distaccarmi da lui, allora avrebbe continuato a starmi accanto, combattendo per impedirmi davvero di distanziarmene troppo. Se mai invece io avessi deciso di riavvicinarmi di nuovo a lui, poi si sarebbe stancato di me esattamente come si era stancato prima mio padre e poi mia madre. Ed era proprio per questo motivo che continuavo a volermene allontanare, perché più cercavo di cacciarlo via dalla mia vita e più lui sembrava volerne fare parte. Era così che non sarei rimasta sola, agendo come un'incosciente doppiogiochista che non aveva la più pallida idea di quanto in realtà stesse sbagliando tutte le sue mosse.

«Taehyung..» Una vocina sussurrata mi colpì dritta al cuore, facendomi alzare di scatto la testa. «Taehyung..!»

«Mmhh...» Il corvino si strofinò l'occhio destro tentando assonnato di aprire il sinistro, ritrovandosi niente meno che una piccola Sooyun spaventata in piedi vicino al bordo del letto su cui Taehyung stava profondamente dormendo fino a un attimo prima. «Sooyun cosa ci fai sveglia? Dovresti essere a dormire..»

«Ho fatto un brutto sogno»

Lasciai che un verso strozzato rilasciasse le mie labbra schiuse nella piena consapevolezza di sapere benissimo di quale sogno stesse parlando. Quello non era stato proprio un sogno in realtà, ma un vero e proprio incubo, ma non era stato il primo che feci di notte e certamente non fu l'ultimo. Spesso mi capitava di sognare i miei genitori che litigavano e che mi lasciavano da sola, era sempre lo stesso sogno e ogniqualvolta si intrufolava nella mia mente mentre dormivo mi svegliavo di soprassalto impaurita come un cucciolo di cerbiatto, per poi ricevere una secchiata di acqua gelida in faccia quando, svegliandomi, realizzavo che quello non era solo un semplice incubo, ma la realtà.

«Che cosa hai sognato?» Taehyung fece leva sull' avambraccio per sollevarsi sul fianco e poter guardare meglio il volto colmo di paura della sua sorellina.

Quella notte però non fu come le altre, perché l'incubo non fu lo stesso e mi bastò ripensarci in quell'esatto istante per sentire di nuovo il cuore battere freneticamente contro la mia cassa toracica e gli occhi farsi lucidi.

«Non voglio parlarne..» Come potevo del resto dire a Taehyung di come avessi sognato che era stato lui quella volta a lasciarmi sola e non i miei genitori? Come avrei mai potuto rammentargli che avevo paura che anche lui, proprio come aveva fatto da pochi mesi papà e come stava iniziando a fare anche la mamma, mi abbandonasse da un momento all'altro? La risposta era semplice: non potevo. «Posso dormire con te?»

Naturalmente Taehyung acconsentì subito a quella mia richiesta, spostandosi dall'altra parte del materasso per fare spazio alla più piccola, che subito si insinuò tra le braccia del fratello sotto le calde coperte.

«Taehyung...» pronunciai il suo nome in un debole sussurro sull'orlo di una crisi di pianto. Non ce la facevo più a rivedere tutti questi ricordi, perché stava accadendo? A quale scopo catapultarmi di fronte a ciò che non avrebbe fatto altro che farmi stare male?

«Non ti devi preoccupare, Sooyun.» Bisbigliò al mio orecchio mentre con un braccio mi strinse maggiormente in un caldo abbraccio, come se il calore delle coperte non sarebbero mai potute essere sufficienti. «Finché ci sarò io con te non potrà accaderti nulla.»

«Taehyung-» Feci un passo avanti, sollevando la mano verso di lui come se avessi potuto in qualche modo raggiungerlo. Non fu così.

«Ma perché non capisci che devi starmi lontano?!»

Le mie stesse grida che riconobbi in un batter ciglio, associandole all'ennesimo scontro verbale avuto con Taehyung, mi interruppero dal richiamare quest'ultimo, facendomi venire la pelle d'oca. Quella ero veramente io?

«E tu invece perché non capisci che non puoi comportarti in questo modo?! Non puoi stare fuori tutta la notte, tornando a casa letteralmente il mattino successivo e pretendere che io non stia in ansia per te! Non sono riuscito a dormire a causa della tua assenza e sto anche facendo tardi a lavoro!»

«Non è un problema mio! Nessuno ti ha chiesto di aspettarmi sveglio, così come nessuno ti sta fermando dall'andare al tuo stupido lavoro!»

«Ti senti quando parli, eh Sooyun?! Ti ascolti mentre mi urli contro che quello a star sbagliando sono io?! Devi smetterla di dare la colpa a chi ti vuole bene, a chi cerca di proteggerti e farti un esame di coscienza perché, mi duole ammetterlo, ma ritengo molto grave come tu non riesca a capire qualcosa di così semplice!»

«Sarei io a non capire?» La più bassa rise amaramente, allontanandosi subito di ben quattro passi non appena Taehyung ne fece giusto due nella sua direzione. «Sarei io Taehyung?!»

«Si, non capisci! Non capisci che stai sbagliando a cercare di allontanarti da me e tenermi all'oscuro di tutto! Come fai a non comprendere che così ti farai del male da sola??!!»

Taehyung sembrava sul punto di saltare in aria letteralmente parlando, facendo esplodere dentro di sé tutte quelle emozioni negative che, io sapevo molto bene, stesse trattenendo dentro di sé nonostante non sembrasse data la situazione e le continue urla da parte di entrambi.

«Non sarò in grado di prendermi cura di te se tu ti comporti così-»

«Non ti ho mai chiesto di farlo cazzo!»

«Basta...» portai le mani sulle orecchie, percependo le energie svanire e la lacerante voglia di chiudere la bocca a quella ragazzina una volta per tutte, impedendole così di dire cose di cui un giorno sicuramente si sarebbe pentita. «Ti prego stai zitta..»

«Sooyun ma cosa stai dicend-»

«Perché sei qui Taehyung?! Perché non te ne sei andato via come hanno fatto mamma e papà se ti faccio così tanto dannare?!» La più piccola fece i suoi primi veloci passi volontariamente verso di lui con il solo obiettivo di farsi sentire con ancora maggior intensità da lui. «Perché, stammi bene a sentire, avrei tanto voluto che l'avessi fatto!»

«BASTA!!!» Grattai le mie corde vocali nel gridare con così tanta forza da sentire la gola bruciare, strizzando gli occhi dai quali scesero le prime vere lacrime all'interno di un incubo a cui non sapevo come porre fine. Cosa cavolo ci facevo io qui? «Basta non voglio più sentire niente!»

«Tu probabilmente pensi di avere abbastanza tempo prima che tutto questo finisca, tutti voi credete che non sarà mai troppo tardi dato che avete davanti una vita intera per agire-»

Ma cosa..?

«Ma la verità è che il tempo non è mai abbastanza. Non lo è per nessuno.»

Riaprii velocemente gli occhi, scontrandomi contro l'ennesimo colpo al cuore. Questa volta però non riuscii a intravedere la persona che stava parlando, permettendomi di sentirne solamente la voce che subito riconobbi appartenere a Jungkook.

«Eppure-»

La dolce tonalità con cui stava parlando, trafiggendomi dritta al petto, ebbe l'incredibile potere di calmare il mio cuore. Smisi lentamente di pressare le mani contro le mie orecchie, per poi allontanarle del tutto e abbassare le braccia lungo i fianchi. Drizzai le orecchie per poter ascoltare meglio cosa stesse dicendo Jungkook e facendomi quasi vivere un Déjà-vu.

«Per quanto questa vita sia relativamente breve e alquanto inadatta ad uno come me, voglio autoconvincermi che niente andrà davvero perduto.»

«Ad un certo punto, mi sono detto che non ha alcuna rilevanza il tempo che mi resta-» la voce del corvino suonò dolce, sussurrata, e mi portò a spostare nuovamente la mia attenzione su di lui, puntata interamente sul profilo di quel suo viso così tanto perfetto quanto al momento spento. «Finché questi occhi vedranno le stelle brillare in questo cielo-» parlò, «Allora significherà che ne è valsa la pena.»

Spalancai gli occhi di colpo ansimando in preda al panico. Dove mi trovavo? Feci scorrere gli occhi in ogni punto del soffitto, respirando freneticamente alla ricerca di aria, poi voltai la testa di lato, verso la porzione sinistra di stanza lateralmente al mio letto, e capii di aver appena fatto un lungo sogno a dir poco irrequieto. La mia mente cercò di rielaborare quelle piccole reminiscenze che, in automatico, mi venne da unire una insieme all'altra nel tentativo di ricomporre l'intero sogno che mi aveva portata ad agitarmi nel sonno fino al mio attuale risveglio, ma non riuscii a fare molto. Le immagini erano molto confuse, le parole altrettanto e, forse, era meglio non insistere nel cercare di ricordare cosa mi avesse turbata talmente tanto da farmi mancare il fiato in gola, bruciante e stretta in un nodo che non potei spiegarmi.

Sentii una sensazione di bagnato nella zona delle orecchie, così sollevai lentamente una mano e la portai a tastare la mia pelle umida. Avevo pianto?

Un improvviso e debole sbuffo mi colpì l'orecchio destro, facendomi girare di scatto la testa e, inevitabilmente, sorrisi. Jungkook stava teneramente dormendo al mio fianco. Il suo viso era rilassato, le palpebre abbassate dolcemente e le labbra schiuse dalle quali talvolta fuoriuscivano piccoli soffi d'aria. Era bellissimo.

Mi rigirai sul fianco in modo da avere il volto allineato al suo e mi persi ad ammirare il corvino fino a quando la vibrazione di un cellulare non spezzò quell'aria fattasi più calda e gradevole. A malincuore spostai le coperte dal mio corpo e, cercando di non disturbare il sonno di Jungkook, mi alzai dal letto andando a controllare se fosse il mio cellulare ad aver causato tale disturbo. Perché dovevano arrivarmi notifiche nei momenti meno opportuni?

Passai alcuni minuti a cercarlo, non riuscendo proprio a ricordare dove l'avessi lasciato, ma poi fu proprio una seconda vibrazione a permettermi di individuarlo in mezzo a dei vestiti che avevo lasciato su una piccola poltroncina. Camminai velocemente verso di esso, continuando a sentire ulteriori vibrazioni che mi fecero corrugare le sopracciglia curiosa. Nel momento in cui però accesi il display sbiancai nel constatare chi fosse la persona che mi aveva appena inviato ben cinque fotografie accompagnate da solo due miseri messaggi.

Chat: YEOSANG

Yeosang *ALLEGATO FOTO*

Yeosang *ALLEGATO FOTO*

Yeosang *ALLEGATO FOTO*

Yeosang *ALLEGATO FOTO*

Yeosang *ALLEGATO FOTO*

Yeosang A quanto pare il tuo dolce fratellone non è poi così tanto sincero con te.

Yeosang Mi chiedo se lo sia mai stato veramente.

[...]


Pensare che mi ero sempre detta di non essere portata per la corsa mi fece quasi ridere internamente, perché la persona che in quel momento stava muovendo le gambe con una velocità inaudita, facendo abnormi falcate e immagazzinando aria dai polmoni come se non ne avesse mai abbastanza, ero proprio io. Non seppi di preciso quanti metri avessi già percorso e non avevo idea di quanti me ne mancassero, ma non mi importò nemmeno saperlo. Così come non mi importò di aver ignorato tutti i messaggi del gruppo di classe, dove sembravano essere impazziti tutti a causa di ben due esplosioni avvenute qui a Suwon, in un posto che intuii fosse lontano casa mia tanto da non farmene minimamente accorgere durante la notte. Non mi ero nemmeno preoccupata di lasciare un messaggio a Jungkook prima di scappare fuori di casa come una forsennata, perché in quel momento la mia priorità era solo e soltanto una: raggiungere l'ospedale.

Le immagini che Yeosang mi aveva inviato, più quasi con l'obiettivo di provocarmi piuttosto che semplicemente per informarmi, continuavano a presentarsi nella mia mente, mentre stavo percorrendo gli ultimi metri che mi stavano separando dall'entrata che mi avrebbe portata, o almeno lo speravo, a delle risposte. Fu l'ondata di gente che faceva avanti e indietro a bloccarmi sul posto, permettendomi in parte di riprendere un po' di fiato e in parte anche capire dove diavolo dovessi andare. Puntai il mio sguardo agitato sui cartelli direzionali in lontananza, ignorando le strane occhiate che i passanti mi lanciavano, per poi dirigermi verso le scale che mi avrebbero portata al piano da me desiderato. Mentre i miei piedi si muovevano nervosamente uno davanti all'altro, cercai di capire se ciò che stavo provando fosse rabbia o delusione, tristezza o desolazione e finii per concludere che, forse, ero tutto questo: una miscela di emozioni pronte che stavo contenendo con tutte le mie forze dentro di me e che presto temevo avrei permesso di esplodere contro la persona sempre presente in quelle fotografie. Ma non era il solo, ovviamente. Nelle cinque inquadrature era possibile vedere più volte la figura di Taehyung davanti a questo ospedale e in una di esse non era da solo, ma in compagnia dell'ultima persona con cui sperai potesse avere contatti segreti alle mie spalle.

Perché non mi aveva mai detto niente? Perché non aveva mai accennato al fatto che andasse costantemente da nostra madre in questo dannato centro di riabilitazione? Quindi era così? Mi aveva sempre mentito?

E il tocco di grazia arrivò quando una sesta foto mi giunse sempre dal contatto di Yeosang, facendomi stringere il cellulare tra le mani così forte che ebbi paura di poterlo seriamente rompere. Non era molto nitida la sesta immagine, però era perfettamente possibile riconoscere entrambe le persone riprese nell'inquadratura. Capii fosse stata scattata da lontano, esternamente alla struttura, e in primo piano c'era una delle tante finestre dell'ospedale dietro la quale si intravedeva mia madre parlare con una persona in particolare che mi fece letteralmente crollare il mondo addosso. Sentii il cuore spezzarsi e i miei continui pensieri attorcigliarsi tra di loro nel disperato tentativo di capire cosa diavolo stesse succedendo e per quale motivo insieme a mia madre, in quella stramaledetta fotografia, ci fosse Jungkook.

Mi arrestai in mezzo al corridoio, con il capo chino e gli occhi spenti fissi sul display, o meglio, sulla prova che, proprio come avevo sempre pensato, non potevo fidarmi di nessuno.

Anche Jungkook mi aveva mentito, lo aveva sempre fatto fin dall'inizio. Quel giorno in cui era apparso dal nulla mentre stavo comodamente seduta sulla panchina proprio davanti a questo ospedale, in realtà, non era affatto un caso. Il fatto che sapesse dove portarmi per farmi felice, a partire dalla fiera di cioccolato, non era un caso. Il fatto che sapesse di mio padre non era assolutamente un caso.

Non era mai stato Jimin, tanto meno Taehyung. Era stata mia madre.

Se Jungkook si era avvicinato a me è perché lo aveva voluto mia madre e non perché semplicemente fossi io.

Mi sentii spezzata, sola e tradita. Non riuscivo a crederci, non potevo farlo e non volevo farlo perché, se avessi mai realizzato e accettato quanto in realtà la persona di cui mi stavo innamorando era la stessa che mi aveva raccontato solo un mucchio di bugie dall'inizio alla fine, ne sarei uscita distrutta.

Non mi domandai neanche come Yeosang potesse anche solo sapere di Jungkook e di me, perché la risposta sarebbe stata ovvia e scontata. Yeosang sapeva sempre ogni cosa di me, per lui non sarebbe stato un problema reperire informazioni sulla mia famiglia e sui miei amici.

Impedii tuttavia a quella profonda delusione di sprofondarmi di nuovo dentro al buio oblio dalla quale ero riuscita a uscire con tanta fatica proprio grazie a quel ragazzo e lasciai che della rabbia esplosiva prendesse il controllo del mio corpo. Ripresi il cammino con una furia e una determinazione che mai avevo provato prima d'ora, leggendo i vari nomi dei pazienti presenti fuori da ciascuna stanza mentre passavo davanti alle varie porte chiuse o semiaperte. Rallentai i miei passi quando individuai il nome di Kim Yunhee fuori da una porta chiusa, la stessa che andai a spalancare e sorpassare come un tornado in piena regola.

Entrambe le persone presenti al suo interno sobbalzarono in aria per lo spavento, ma non me ne curai minimamente. I miei occhi si incontrarono prima con quelli di mia madre, facendomi capire quanto fosse confusa e sorpresa di vedermi, e poi con quelli spaventati di Taehyung. Nessuno disse una sola parola, ci immergemmo tutti e tre in un silenzio tale da permetterci di udire le macchine passare per le strade di Suwon e il chiacchiericcio proveniente fuori da quelle quattro mura. Dopo una manciata di secondi passati lanciarci occhiate interrogative, Taehyung decise di rivolgermi la parola per primo.

«Sooyun... cosa ci fai qui?»

«Potrei farti la stessa domanda.» Dissi dura, poi scossi la testa. «Ma non ti preoccupare, non ho intenzione di rubare altro del tuo tempo prezioso dato che sei sempre così indaffarato.» Feci per andarmene via perché sapevo per certo che se avessi passato anche solo un altro secondo in più lì dentro avrei dato di matto. In tutto questo mia mamma, ovviamente, non aveva spiccicato una sola parola.

«Sooyun aspetta-»

Sbattei con forza la porta sancendo una distanza da Taehyung, ma venne quasi subito riaperta proprio da quest'ultimo, intento a inseguirmi lungo il corridoio richiamandomi varie volte.

«Sooyun, aspetta solo un attimo!» Mi sentii essere presa per la spalla e rigirata verso di lui con un'espressione che, anche se solo per un solo istante, riuscì a spiazzarlo intimorito. Potevo solo immaginare quanto la mia faccia riuscisse a esprimere tutta la rabbia che stavo cercando di reprimere per non fare una scenata in un luogo pubblico. «Possiamo parlare per favore? Non mi hai dato nemmeno il tempo di spiegar-»

«Ohh ora ce l'hai il tempo per parlare? Ma come, non hai del lavoro da fare Taehyung?»

«Certo che devo lavorare, ma posso chiedere un permesso-»

«Come quello che poi non hai più chiesto giovedì, giusto? Avevi detto che avremmo avuto tutto il pomeriggio per parlare, ma poi alla fine non ti sei fatto vivo.»

«Sooyun-»

«Dovevamo parlare, passare il pomeriggio insieme ma tu non c'eri, non ci sei mai stato.»

Taehyung boccheggiò preso in contropiede dalle mie parole e vidi le sue sopracciglia corrugarsi in un'espressione sofferente. Io invece mi limitai a guardarlo con amarezza, senza preoccuparmi più di dar voce ai miei pensieri e di come questi avrebbero potuto ferire qualcuno vicino a me.

«Questo non è vero e tu lo sai bene.» Deglutì guardandomi dritta negli occhi. «Ho fatto sempre il possibile per esserci, sei stata tu quella ad allontanarsi da me e sei sempre tu quella che adesso sta esattamente facendo la medesima cosa.»

Schiusi le labbra attonita senza riuscire a ribattere nulla, perché era vero, aveva ragione lui e lo sapevamo entrambi, ma sentirmelo dire in modo così tanto schietto ad alta voce faceva tutto un altro effetto rispetto al saperlo e basta. Taehyung aveva appena avuto il coraggio di sbattermi in faccia la verità sapendo che comunque questa avrebbe colpito profondamente il mio animo interiore già deteriorato.

«È questo quello che pensi? Quindi la colpa sarebbe solo mia?»

Vidi i suoi occhi spalancarsi ma non gli diedi il tempo di replicare. Mi girai infervorata con gli occhi che bruciavano e lo stomaco attorcigliato su se stesso pronto a rigettare tutta la torta mangiata quella stessa notte per festeggiare il mio diciottesimo compleanno. Mi sentivo nauseata da tutto quello che stava succedendo, a partire dalle foto che Yeosang mi aveva inviato per il puro gusto di farmi soffrire, fino alle parole che Taehyung mi aveva appena rivolto. Ero a pezzi e stanca anche solo di arrabbiarmi.

«Non ho mai detto che è colpa tua!»

Trasalii quando sentii la voce di Taehyung essere più vicina di quanto pensassi, facendomi intuire che mi stesse seguendo alle spalle.

«Ma se tu vuoi continuare a crederlo allora-»

«Tu lo sapevi che Jungkook e mamma si conoscono?» mi voltai di scatto scontrandomi con l'espressione amareggiata di Taehyung, interrompendo il mio cammino e costringendo lui a fare lo stesso. «Certo che lo sapevi.» sorrisi amara quando ebbi la conferma alla mia stessa domanda semplicemente guardandolo. «Avrei dovuto immaginarmelo, siete tutti degli ipocriti bugiardi.» sibilai con il solo obiettivo di ferirlo come lui aveva ferito me mentendomi e lasciandomi all'oscuro della situazione di mia madre e di Jungkook.

«Io sarei un ipocrita bugiardo..? Diamine Sooyun, ma fai sul serio?» mi domandò sconvolto. «E tu invece? Tu cosa saresti allora, mh?!»

«Hai ragione, anche io sono una bugiarda proprio come te, come la mamma e come il papà.» Annuii a me stessa con un sorriso stampato sulla faccia che esprimeva tutta la frustrazione che avevo trattenuto dentro di me per anni. «Deve essere una caratteristica genetica la nostra.»

«Non ti permetto di paragonarmi a loro, sai bene che è completamente diversa la mia situazione dalla loro.» mi puntò un dito al petto assottigliando gli occhi. Giurai di non averlo mai visto così e potei vedere benissimo come anche lui stesse cercando di trattenersi con me.

«Ah si? Illuminami allora, cos'è che ti rende tanto diverso da loro?» ricambiai lo sguardo di fuoco che Taehyung mi stava rivolgendo sul punto di scoppiare.

«Tutto quello che ho fatto è stato unicamente per proteggerti-»

«Proteggermi?» scoppiai in una fragorosa risata sembrando quasi una pazza e, arrivata a quel punto, fregandomene altamente degli sguardi straniti e preoccupati delle persone vicine a noi. «E come esattamente? Mandando il mio angelo custode Jungkook a fare quello che tu non sei mai riuscito a fare?» parlai con voce falsamente calma, pronunciando ogni singola parola consapevole di come una dopo l'altra trafisse dolorosamente il cuore di mio fratello. Furono i suoi occhi a farmelo vedere, il dolore che stava provando nel sentirmi dire quelle cose. Eppure questo non mi fermò, anzi tutt'altro, fui spinta a incrementare la dose con una cattiveria che sputai fuori senza pensarci due volte. «Ma cosa credevate di fare tu e la mamma agendo così, mh? Avete pensato di riuscire finalmente a gestirmi magari? Avete creduto che se la piccola, ribelle e indifesa Sooyun avesse finalmente aperto il cuore a un ragazzo le cose sarebbero potute finalmente cambiare?»

«Ti sbagli, non è come credi tu. Io e Jungkook-»

«No, non sono io che mi sbaglio qui. Siete voi gli unici ad aver sbagliato.»

«Se solo mi lasciassi spiegare-»

«Basta, non voglio più sentirti.»

Scappai come una furia lontana da Taehyung e da mia mamma, che per tutto il tempo era rimasta nascosta dietro la porta della sua stanza ad ascoltarci. Non aveva avuto il coraggio di dire una sola parola, forse spaventata dalla mia rabbia.

Spalancai le ante della porta d'uscita dell'ospedale, sapendo bene di essere seguita da mio fratello in lontananza, ma feci comunque finta di niente. Volevo andarmene via da lì, da loro.

Mi bloccai però quando intravidi davanti a me la figura di Jungkook corrermi incontro con agitazione.

«Sooyun...» lo sentii sussurrare mentre svoltai in un'altra direzione per non incrociare il suo cammino. «Sooyun!»

Tirai su con il naso, rendendomi conto di essere prossima ad un pianto isterico. Non volevo piangere, non adesso. L'unica cosa che desideravo fare in quel momento era scappare lontana da loro, stare da sola e non vedere per un bel po' la faccia di nessuno. Mi sentivo tradita. Realizzare quanto fossi stata stupida mi fece male, Jungkook non era il ragazzo che credevo di aver conosciuto e Taehyung... di lui non sapevo più cosa pensare. Di nessuno dei due in realtà sapevo cosa pensare.

Forse, Yeosang aveva ragione.

«Sooyun aspetta!»

No, questa volta non avrei aspettato più nessuno.

[...]


«Dov'è andata?» Taehyung si era assicurato di dire alla madre di non muoversi dalla sua stanza, prima di muoversi per raggiungere la sorella. Ma non era riuscito a fare in tempo, scontrandosi con gli occhi colmi di rammarico del più piccolo.

«È corsa via, ho visto che è salita sul primo autobus che stava passando giusto ora alla fermata e se n'è andata via...» La voce gli si ruppe proprio nel pronunciare le ultime parole. Jungkook era esausto, affranto. Quando si era svegliato non si era preoccupato nel notare l'assenza di Sooyun, pensando che fosse scesa per preparare la colazione... poi però l'ansia aveva preso possesso del suo corpo quando constatò che ci fosse solo lui in casa e sentì il cuore esplodergli nel petto non appena ricevette dei messaggi colmi di agitazione da parte della madre della ragazza. «Ho fatto un casino...»

«Non è colpa tua.» Rispose serio Taehyung, passandosi una mano tra i capelli con frustrazione. «Non è colpa di nessuno.»

«Invece si, perché se solo fossi stato sincero con lei... Se le avessi detto-»

«Se le avessi detto che conoscevi nostra madre le cose non sarebbero minimamente cambiate, era prevedibile.»

«Però magari se le avessi spiegato meglio la situazione-»

«Jungkook diamine! Smettila di rimuginarci sopra e rifletti!» sbottò stufo il più grande, facendo sussultare spaventato Jungkook. «Conosco Sooyun e so per certo che la sua reazione sarebbe stata la medesima, non ti avrebbe nemmeno dato modo di spiegare che sarebbe scappata via proprio come ha fatto adesso.» Taehyung abbassò lo sguardo triste, ma serioso. Non capiva come faceva a sapere che lui in quel momento si trovasse in ospedale, ma soprattutto... aveva la sensazione che Sooyun si aspettasse di trovarlo insieme a loro madre, eppure lui non aveva mai detto niente di lei alla corvina. Si era assicurato di fare visita e prendersi cura di loro madre senza mai coinvolgere la corvina, sapendo che lei non avrebbe gradito le sue scelte.

A parte Jungkook, Seokjin era l'unico a sapere che si stesse prendendo cura di sua madre, pagandone le cure mediche e la riabilitazione, ma dubitava fortemente che fosse stato lui a menzionarlo a Sooyun. Jungkook non era stato, Seokjin nemmeno... Ma allora, chi aveva parlato?

Taehyung non riusciva proprio a capire come avesse fatto a scoprirlo e, pur pensandoci a fondo, non gli veniva in mente nessuno che eventualmente potesse aver fatto la spia. Gli ingranaggi del suo cervello continuavano a muoversi senza sosta, nel tentativo di trovare una risposta a quelle domande, ma le parole che Jungkook pronunciò poco dopo riuscirono a distoglierlo dai suoi pensieri.

«Vado a cercarla.» Jungkook stava per incamminarsi nella stessa direzione in cui aveva visto andare la ragazza a cui si era fortemente affezionato, pronto a fare di tutto pur di non farsela scappare tra le mani, ma fu proprio Taehyung a fermarlo.

«No, vado io.»

«Ma-»

«Devo andare io.» ribadì con uno sguardo glaciale, a Jungkook fece quasi paura guardarlo negli occhi. Non lo aveva mai visto così prima d'ora. «La cerco io.» mormorò di nuovo, prima di voltarsi per mettersi alla ricerca di quella che non era altro che la sua sorellina.

Taehyung era furioso, ripensare alla discussione avuta prima con Sooyun di fronte a tutte quelle persone, sua madre compresa, lo aveva fatto innervosire parecchio. Ma non era veramente arrabbiato con sua sorella... Taehyung era arrabbiato con se stesso, perché non era riuscito ancora una volta a gestire la situazione come avrebbe voluto, si sentiva inutile, impotente... e sentire simili parole uscire dalla bocca di Sooyun, sputate contro di lui con il solo intento di ferirlo, lo aveva fatto sentire ancora peggio.

Sapeva anche lui che, in fondo, Sooyun non pensava veramente a ciò che aveva detto. Era stata la delusione a farla parlare, una delusione di cui lui e Jungkook erano gli artefici. Lui, soprattutto. Si sentiva responsabile di tutto quel che era successo dal principio e, per questo motivo, Taehyung pensava che dovesse risolverla lui quella faccenda.

Era qualcosa che riguardava lui e sua sorella, nessun altro.

«Allora posso aiut-»

«Jungkook.» Si voltò verso di lui puntando il suo sguardo indecifrabile in quello preoccupato del più piccolo. Bastò quello a fargli capire che non doveva più controbattere.

Senza dire altro, Taehyung riprese a camminare verso la sua macchina lasciando Jungkook lì da solo, in preda ai pensieri più tormentati. Aveva capito cosa passasse per la mente del più grande, però era comunque dell'idea che si sarebbe dovuto far aiutare per cercare Sooyun.

Sentiva il bisogno di vederla, abbracciarla stretta tra le sue braccia e dirle quanto la amasse. Aveva paura che dopo aver scoperto del collegamento che ci fosse con sua madre riguardo al loro incontro potesse far cambiare idea alla corvina, allontanandola da lui.

Jungkook non voleva perderla...

Sconfortato all'idea di dover rispettare la decisione di Taehyung, fece dietrofront per entrare in ospedale e andare da Yunhee a raccontarle ogni cosa.

𝐀𝐧𝐠𝐨𝐥𝐨 𝐀𝐮𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞

Ormai non si torna più indietro, dal prossimo capitolo sarà come andare sulle montagne russe... Anzi, forse sono già iniziate =)

Sono in ritardo, perché avrei dovuto aggiornare domenica, ma non sono riuscita... Ho finito di scrivere il capitolo oggi stesso, ma ammetto che non ho avuto molto modo di correggerlo per bene pur di aggiornare, eventuali errori non esitate a menzionarmeli grazie TT

Ringrazio di cuore chi continua a leggere e votare la mia storia, non dico molto perché credo che ci sia tanto ma allo stesso tempo assolutamente niente da dire... Lascio a voi i commenti, ci vediamo come sempre al prossimo aggiornamento ♥

Per chi non se lo ricordasse, le frasi iniziali che si scambiano Sooyun e sua mamma nel sogno, sono proprio le stesse che già furono menzionate nel capitolo 19🥺

Lascio qui la foto di Pinterest da cui ho preso la citazione che ho scritto a inizio capitolo, non so a chi dare i crediti quindi è l'unica cosa che posso menzionare per dire che la citazione iniziale non è mia. È con la foto di Taehyung e mi ha colpita molto, ho pensato fosse anche giusta per ciò che sta succedendo e succederà nella storia♥

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