[Capitolo 4]
"Phew, temevo di venir espulso subito dopo essere entrato, fortuna che era tutta una bugia..." sospirò Midoriya, reggendo le spalline gialle del suo enorme zaino.
"Ma che! Sei stato fortissimo nel lancio della palla da softball, Deku-kun!" disse Uraraka, alzando un pugno al cielo con ardente passione.
Non sapevi bene come ma, ad un tratto, ti ritrovasti ad andare verso casa accompagnata da tre dei tuoi compagni
"Deku-kun!?" tremò il verde all'udire di quella parola.
"Sì! Non è forse così che ti chiami? Midoriya Deku, giusto?" replicò la castana, inclinandosi in avanti per vedere il ragazzo alla tua destra. Quello si grattò una guancia a disagio.
"A dire il vero è un nomignolo di cattivo gusto che mi ha dato Kacchan..." guardò a terra con un sorriso triste, rallentando improvvisamente il passo. "Quindi è un insulto?" si tenne il mento con due dito Iida.
"Ah! Mi dispiace, è che Bakugo ti aveva chiamato così..." provò a scusarsi la ragazza, piazzandosi davanti al lentigginoso. "...e poi 'Deku' dà l'idea di uno che non si arrende mai!" sorrise.
Ridesti quando Midoriya, con voce quasi robotica, esclamò "DEKU VA BENE!", tutto rosso in volto.
Sorpassaste l'arco del cancello mentre il ragazzo occhialuto riprendeva il verde, dandogli dello smidollato. "Non ci posso fare nulla! E' come una rivoluzione copernicana!" mugugnò lui, nascondendo la faccia tra le mani. "Coperni-che?" lo guardò interrogativa Uraraka, causandoti risate più incontrollate.
"E tu invece? Non ti sei ancora presentato!" corrugò le sopracciglia la ragazza, puntandoti un dito sul petto. Notasti la netta differenza di altezza tra voi due. Era evidente la quindicina di centimetri tra voi due, anche se per un ragazzo la tua altezza era piuttosto nella norma.
Non osasti interrompere il contatto, rimanendo qualche secondo a guardare i suoi grandi occhi marroni. "Davvero? Mi chiamo [T/c]-" ma prima che potessi dire il tuo nome sentisti una voce dietro di te.
"[T/M]!!" gridò di nuovo la voce, facendoti girare insieme ai tuoi nuovi amici.
"Itsuka!?" sussultasti, vedendo l'espressione irritata che aveva in volto mentre si avvicinava a passo spedito. La ragazza dai capelli arancione ti tirò un ceffone sulla testa.
"OW!" gemesti dal dolore. Non si tratteneva mai quando si trattava di mettere le mani sulla gente.
"Avevi detto che mi avresti aspettata! Volevi per caso abbandonarmi?!!" tuonò lei, mettendosi le mani sui fianchi della giacca grigia.
"Scuuuusa, me n'ero dimenticato!" schioccasti la lingua, massaggiandoti la testa.
"Ah. te ne eri pure dimenticato?! Dunque non ci tieni affatto a me?" ringhiò offesa, avvicinandosi per studiare la tua espressione.
"Mamma mia, quanto sei permalosa!" borbottasti. Un colpo di tosse imbarazzato vi riportò alla realtà, ponendo temporaneamente fine al vostro litigio.
"Ecco...se vuoi stare con la tua ragazza possiamo anche andarce-" piantò lo sguardo a terra la castana.
"Pfft! La mia ragazza?" ridesti te, indicando l'arancione al tuo fianco.
"Pensavi fosse la mia ragazza? Questa qui? Assolutamente no!" ti piegasti in due dalle risate, mandando sempre più in confusione i tuoi compagni.
"Ah, allora ho frainteso, scusami..." rise nervosamente, imbarazzata del suo errore.
"Come sarebbe a dire 'questa qui' e 'assolutamente no', [T/m]?" sputò Itsuka, evidentemente offesa. "Anche se uno come te non mi merita io sarei la perfetta ragazza!" sbottò.
"Disse quella che fa scappare i ragazzi con i suoi ceffoni..." commentasti, venendo afferrata da lei per un orecchio.
"OW OW OW!!" ti lamentasti. "Ad ogni modo, io sono Itsuka Kendo, la migliore amica di questo cretino... Oh! E faccio parte della sezione B!" si presentò la ragazza, porgendo la mano libera agli altri. Perché sì, non aveva ancora allentato la presa sul tuo orecchio.
Dopo aver chiacchierato e aver fatto un po' di strada insieme, vi divideste.
"A domani, [T/c]-kun!" disse a gran voce Uraraka mentre Midoriya agitava timidamente la mano.
"A domani" sorridesti, tornando sulla tua strada insieme alla tua altra amica.
"Alloooooora..." spinse in fuori le labbra, rivolgendoti uno sguardo malizioso. "Che mi racconti?".
"Cosa ti aspetti che ti racconti esattamente?" ridacchiasti, imitando il suo modo di eludere le domande.
"Non saprei... come ti è sembrato il primo giorno... come ti è sembrato incontrare persone fingendo di essere un ragazzo... come ti sono sembrati i ragazzi..." iniziò ad elencare le possibilità sulle punte delle dita.
"Come mi sono sembrati i ragazzi?" schiudesti leggermente sorpresa, non aspettandoti una domanda del genere da Itsuka.
"Beh, di solito le ragazze della nostra età due pensierini se li fanno sui loro compagni, tu no?" ghignò, punzecchiandoti una spalla.
"Perché questo improvviso interesse per i ragazzi?"
"Perché questo improvviso voler cambiare argomento?"
Sbuffasti, capendo che quella non avrebbe ceduto.
"Diciamo che ho conosciuto qualcuno di 'particolare'..." guardasti le erbacce che crescevano lungo la via.
"Particolare come?!" si fece più acuta la sua voce. Non si elettrizzava per molte cose ma, quando si parlava delle vostre nuove esperienze sembrava accendersi tutta.
"Particolarmente irritante e rumoroso" rispondesti, riducendo i tuoi occhi a due fessure al solo pensiero del biondo.
"Uuuuh! E' un ragazzo quindi!" appoggiò una guancia sulla tua spalla, tormentandoti il fianco dandoti delle gomitate.
"Ma se sei stata tu a introdurre l'argomento 'ragazzi'!" ti scaldasti, spostandoti velocemente per farla cadere.
"Hey! Quelli sono solo dettagli..." liquidò le tue accuse con un gesto della mano. Itsuka era brava a criticare ma quando si trattava di lei non si faceva problemi a sviare l'argomento.
Vi fermaste davanti a casa tua. "Non è che potrei dormire da te? Solo una sera!" la pregasti, immaginandoti già tutte le spiegazioni che avrebbe preteso tua madre sul discorso di quella mattina.
La ragazza sussultò leggermente sorpresa quando le stringesti le mani con sguardo supplicante. "Daiiiiiiiiiiii!" facesti con la voce più triste che riuscisti a fare. Lei ti guardò con un sorriso tirato ma, in pochi secondi, questo si trasformò in un largo ghigno.
"Mi sono appena ricordata che mio padre mi aveva chiesto di fare una cosa, una volta tornata da scuola... Perdonami, sono realmente dispiaciuta" finse, piangendo in modo teatrale.
"Tu..." ringhiasti, guardandola allontanarsi a ritroso senza smettere di recitare.
"Non sai quando vorrei aiutarti e tenerti lontana dalla furia dei tuoi..." continuò, anche se vedevo benissimo che dietro stava incrociando le dita, per assicurarmi che tutto quello che stava dicendo era solo un'enorme balla.
"Traditrice!" le gridasti, alzando nella sua direzione il tuo meraviglioso dito medio. La sentisti ridacchiare in lontananza ma decidesti comunque di entrare. Non appena ti chiudesti la porta alle spalle ti sfilasti silenziosamente le scarpe, poggiandole ordinatamente vicino alle altre.
C'era un terrificante silenzio in casa, di solito si sentiva la melodiosa voce di tua madre che cantava mentre puliva o cucinava. Quel giorno invece c'era un silenzio quasi tombale, se non ci fosse stata la giornalista della televisione che parlava delle gesta eroiche degli Heroes.
Timidamente sbirciasti nel salotto, notando la donna che temevi ed amavi allo stesso tempo, la quale si era addormentata sulla sua poltroncina beige con un pezzo di stoffa in mano. Ti avicinasti cautamente, scorgendo un ago tra le dita penzolanti dal poggiabraccio del mobile.
"Non dirmi che stava cucendo..." mormorasti, spalmandoti una mano sul viso. Tua madre non era mai stata una grande sarta, anzi, finiva sempre per pungersi più volte le dita. "Il cucito è uno dei miei passatempi preferiti, dovresti provarlo anche tu bambolina!" diceva sempre, chiamandoti spesso con quel nomignolo. Quello che lei non sapeva era che tu eri piuttosto portata in quel campo, specialmente nella fabbricazione di pupazzetti e peluches.
Sospirasti, levandole dalle mani la presunta maglia che stava creando e l'ago, adagiandoli poi sul tavolino, vicino al cesto da cucito. La vedesti stringersi un poco. Era marzo dopotutto e faceva ancora freddo. Afferrasti una coperta dall'armadio e gliela sistemasti, assicurandoti che la coprisse per bene. La sua smorfia si smorzò, mutando in un piccolo sorriso.
Ti allontanasti nella stessa silenziosa maniera in cui ti eri avvicinata, fermandoti immediatamente quando la sentisti parlare. "[T/n]..."ti chiamò con voce bassa.
"S-sì?!" squittisti senza girarti.
"...io...ti sosterrò...sempre..." borbottò, rigirandosi nelle coperte. Espirasti sollevata, stava dormendo. Sorridesti inconsapevolmente, sentendoti grata di avere una donna così amabile da poter chiamare mamma.
Raggiungesti la tua camera in fretta, bramando la sensazione bellissima che ti regalava il materasso quando ti ci buttavi sopra.
"Uuuugh..." sbuffasti, concedendoti un urlo liberatorio. Sapevi che avresti potuto svegliare tua madre ma avevi proprio bisogno di sfogarti, ogni muscolo della tua faccia era tremendamente intorpidito, avresti anche potuto saltare la cena pur di non alzarti.
Ti voltasti, incastrando gli occhi in quelli del tuo riflesso nello specchio attaccato all'armadio. Il tuo sguardo era sempre stato così... deciso? Non pensavi di essere cambiata così tanto, ricordavi ancora il giorno in cui arrivasti, sbattendo contro Ryosei. Avevi provato a scusarti ma eri talmente spaventata che tremavi e non riuscivi a far uscire frasi sensate, solo alcune sillabe confuse.
Con la mano tastasti la superficie del comodino, fino a trovare la cornice di un portafoto. La prendesti, portandola davanti al viso e osservando l'immagine. Eravate tu e la tua famiglia, il giorno in cui finisti le medie. Sorridevi, guardando tuo fratello Ryosei scompigliarti i capelli mentre tu gli schiacciavi la faccia con il palmo della mano. Subito dietro c'erano Kotaro e Asako, uno accanto all'altro, quelli che consideravi tuoi genitori. Le differenze estetiche erano molto visibili, un esempio erano i capelli color salmone, evidentemente diversi dai tuoi [t/c]; i loro occhi, poi, erano qualcosa di spettacolare ed incantevole, una via di mezzo tra l'azzurro ed il verde. A volte sognavi di avere dei veri legami di parentela con loro.
Rimanesti a contemplare la tua immagine di appena qualche mese fa, accarezzando con l'indice dell'altra mano la gonna blu con la fantasia tartan. Sospirasti, realizzando che per un lungo periodo non avresti più potuto indossarne una.
Improvvisamente sentisti qualcosa vibrare, ininterrottamente. Con la mano libera rovistasti tra le pieghe della coperta, trovando il tuo cellulare mentre squillava senza suoneria. Leggesti il nome di Itsu, seguito da una miriade di cuori ed altre faccine. Ci pensasti un po' prima di rispondere, volendola irritare almeno un poco. Dopo tipo otto squilli accettasti la chiamata, udendo una Itsuka poco felice. "Perché ci hai messo così tanto a rispondere?" chiese "Perché mi hai abbandonata al mio triste destino?" chiedesti a tua volta.
"Oh andiamo! Hai risposto, quindi sei sopravvissuta." sbuffò lei.
"Touché". Anche se non era lì con te riuscivi benissimo a vedere il ghigno da 'io ho sempre ragione, ovviamente' stampato sulla sua faccia.
"Ryo?" domandò poi. Scrollai le spalle "Quel rompiscatole è uscito con i suoi amici quindi posso fare con como--come non detto" roteasti gli occhi, sentendo la sua voce urlare dal corridoio "SONO A CAAAAASAAAA!!". Volevi bene a quella faccia da tonno ma aveva proprio esagerato con la storia del bagno. "Ti richiamo più tardi..." agganciasti prima che potesse aggiungere altro.
"Chiudi il becco, la mamma sta dormendo!" sibilasti, aprendo appena la porta della tua camera.
"Cos'è, hai portato un'altra ragazza a casa e non vuoi che ti scoprano? Cosa direbbe Itsuka?" sorrise sornione, beffandosi di te.
"Ancora con questa storia?!! Ti ho detto che hai frainteso!" divenisti rossa di rabbia, tirandolo per il colletto dentro la tua stanza.
Chiudesti la porta, voltandoti di scatto quando si avvicinò a te.
"Uh, non ti facevo così audace! Vuoi fare una cosa a tre?" rise.
Il rossore sul tuo viso arrivò fino alla punta delle orecchie, ora imbarazzata fino al midollo.
"RYO!! MA CHE CAZZO?!!" sbottasti, nascondendo il viso tra le mani.
"Non c'è nessuna ragazza! E anche la cosa con Itsu hai frainteso!" spiegasti gesticolando, abbassando gradualmente il volume della voce.
Rimanesti in silenzio con lo sguardo inchiodato al parquet, attendendo che dicesse qualcos'altro. Ti aspettavi altre prese in giro, altre frecciatine...invece rise. A lungo, moooooolto a lungo.
Allora capisti che lui lo sapeva e che si stava solo divertendo a guardare le tue reazioni.
"Mi hai preso per il culo per tutto questo tempo?!" tremasti dalla rabbia.
Ryosei trattenne come poteva un sorrisetto, spostando lo sguardo altrove pur di non guardarti negli occhi.
"TU!!".
"Alloooooora..." schiuse le labbra il rosa, una volta che tu ti fossi calmata.
"...hai intenzione di dirmi il vero motivo per cui hai fatto tutto questo? So che non è semplicemente per capriccio, adori le gonne" schioccò rumorosamente la lingua, scrutandoti indagatore. Tuo fratello era sempre stato un ragazzo molto acuto e sveglio. Notava sempre quando qualcosa non andava in te, più di quanto ci riuscissero i vostri genitori.
"Tu e la tua fottutissima perspicacia..."
"Signorina! Cos'è questo linguaggio?!"
"Ti prego, non imitare zia Erika!" facesti un'espressione infastidita, pensando alla sorella di vostro padre. Zia Erika era una donna in vecchio stile, fedele all'idea della donna di casa, sempre gentile ed aggrazziata. Non eri mai andata particolarmente a genio a quella e la cosa era reciproca.
"Non so se è il caso..." mormorasti, tornando al discorso.
"Non sai se è il caso di dirmi perché fingi di essere un maschio? Seria? Ora sei te che mi prendi per il culo!" aggrottò la fronte, desideroso di risposte.
Sospirasti, capendo che nulla lo avrebbe fatto disinteressare dal fatto. Asako era una donna molto ingenua, Kotaro un uomo silenzioso poco attratto dai pettegolezzi. Ryosei invece era un ragazzo parecchio curioso, sempre pronto alle notizie.
"Te lo dico se prometti di non dirlo a nessuno, nemmeno mamma e papà" ti modesti un labbro alla vista di tuo fratello, prima arrabbiato e ora preoccupato.
Chi non si preoccuperebbe sapendo che non puoi raccontare un segreto nemmeno ai propri genitori, quando questo riguarda proprio i figli?
"Lo prometto" deglutì, facendosi finalmente serio.
"Ricordi i criminali di cui ti ho parlato quando sono arrivata?". Lui annuì, alzandosi e sedendosi sul letto con te.
"Ecco...ne ho incontrato uno per strada tipo qualche settimana fa, mi sono spaventata e quindi ho pensato che camuffandomi da ragazzo non mi troveranno. Non ho voluto dirvelo perché non vi preoccupaste, posso gestire la cosa da sola, dopotutto sto studiando per diventare una eroina..." abbassasti la voce, giocherellando con la stoffa dei pantaloni verdi dell'uniforme.
Contro ogni tua aspettativa, Ryosei ti tirò le guance. "Ahi ahi ahi! Ma perché oggi ce l'avete tutti con me?! Prima Itsuka con le orecchie, ora te con le guance..." piagnucolasti, massaggiandoti la faccia dolorante.
"Puoi sempre dirci tutto, mi sembra palesemente ovvio che noi faremmo sempre tutto quello in nostro potere pur di aiutarti, stupida sorellina!" disse, prima con tono accusatorio e poi con voce gentile. Certo, solo lui poteva insultare e consolare le persone insieme ma gli volevi bene lo stesso.
Ti fiondasti sulle sue braccia, godendo del calore che emanava. "Grazie" sussurrati con gli occhi lucidi, anche se non permettesti alle lacrime di fuoriuscire.
"Hey! [T/n], sei sudata fradicia!"
"Huh? Ah, già..." sciogliesti l'abbraccio, ridendo imbarazzata.
"Vai a farti una doccia che puzzi" rise il ragazzo, facendo nascere sul tuo volto un broncio.
"Grazie Lady Finezza, vorrei vedere te fare diversi test fisici il primo giorno di scuola!" sbuffasti, levandoti la giacca grigia.
"E l'hai fatta con quella?!" sbarrò gli occhi turchesi, indicando la tua uniforme scolastica.
"Ma ti pare? Ci hanno dato delle tute da ginnastica, ovviamente..."
"Uhm... Capito" borbottò. Non sembrava però convinto, anzi, pareva quasi turbato da qualcosa. Poi scattò improvvisamente in piedi, un po' come una molla.
Ti afferrò per le spalle, scuotendo ti avanti ed indietro. "Nessun ragazzo ti ha vista nuda, vero?!!" quasi gridò, innervosendosi alla sola idea.
Ridacchiasti, agitando le mani in aria. "Certo che no! Quando ho ritirato la divisa maschile non l'ho specificato ma il coordinatore di classe l'ha intuito, dandomi una stanza mia per cambiarmi" spiegasti, intenerita dalla tipica reazione da fratello maggiore che aveva appena avuto.
Non appena ti lasciò facesti cadere le braccia dietro la schiena, sentendole sudate.
Ho davvero rischiato stavolta, non penso che se gli dicessi tutta la verità sarebbe ancora indifferente al mio piano...
Ti avviasti verso il bagno a passo spedito quando Ryo lasciò la stanza. Speravi vivamente che una doccia potesse lavare via ogni tua preoccupazione.
-
Ma guardati, hai un bellissimo potere!
Sai cosa potresti farci?
Riesco già a vedere il tuo futuro da criminale, bambina mia.
Non ti fa sentire appagata?
Non vorresti distruggere con me questa falsa società di eroi?
Non vorresti vederli sparire tutti, questi loro stupidi ideali di giustizia e pace?
Vieni con me.
Diventa una Villain.
Ti svegliasti di soprassalto con la voce di All for One nella tua testa. Ti mettesti seduta sul letto, massaggiandoti le spalle per aver dormito in una posizione scomoda.
Rimanesti silenziosamente ad osservare la tua figura allo specchio.
"Mai" stringesti gli occhi in due fessure, come per rispondere all'uomo apparso nei tuoi sogni.
Guardasti l'ora, mancavano appena dieci minuti all'allarme. Ti stiracchiasti, emettendo un mugolio. Decidesti di iniziare a prepararti. Una volta lavata ti guardasti allo specchio. Allacciasti i bottoni più bassi della giacca, sistemando il colletto e la cravatta. Allentandola un pochino, desti un'occhiata al tuo riflesso. Sbuffasti, passandoti una mano tra i capelli. I tuoi capelli erano sempre stati qualcosa di selvaggio la mattina ma, da quando li avevi tagliati, erano diventati proprio qualcosa di impossibile. Un ciuffo in particolare t'infastidiva, non ne voleva sapere di stare dietro l'orecchio e ti finiva sempre sull'occhio destro.
"Ugh..." piantasti le mani sul piano del lavandino. Cert, ti eri tagliata i capelli, ma avevi insistito per fartene lasciare un po'. Se li avessi avuti corti come molti ragazzi non avresti retto la cosa, infatti ti arrivavano appena alla fine del collo con una chioma leggermente voluminosa.
Il tuo sguardo vagò sul piano di granito che circondava il lavandino, incontrando una forcina. La prendesti tra le mani, guardandola come se fosse stata un oggetto dal valore inestimabile. La infilasti tra i capelli, dandoti la possibilità di tornare a vedere con due occhi invece di uno solo.
Raddrizzasti la cravatta rossa un'ultima volta, tirando giù le maniche della camicia. Un luccichio ti crebbe negli occhi insieme ad un sorrisetto soddisfatto. Mettendo le mani a mo' di pistole puntasti la tua figura allo specchio, imitando lo sguardo seducente delle celebrità.
In quel momento entrò tuo fratello, prima confuso e subito sopo divertito. "PFFFFFFFFT AHAHAHAH NON CE LA POSSO FARE!!" soffocò con l'aria, aggrappandosi allo stipite della porta per non cadere mentre rideva. Sembrava sotto l'effetto del gas esilarante da quanto rideva.
Avvampasti, interrompendo immediatamente il tuo spettacolo da modello per andare a picchiare il rosa. E con picchiare s'intende prenderlo a 'pugni affettuosi' sul petto, con la consapevolezza che non sarà di alcuna utilità.
"Ryo-niiiiii! Smettila!!" gridasti, prendendolo per la maglia e scuotendolo, ancora rossa dall'imbarazzo.
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