Tu dove sei? (L'allieva)

«Tu dove sei?»

«Eh, dove sono? Vago per la città senza una meta»

«E allora vaga verso casa mia, dai! Ci vediamo lì tra un'oretta, ok?»

«Sì va bene»

«A dopo*»

Inutile dire che quell'oretta, dopo l'intensa chiaccherata con Arthur, non ce l'ho fatta ad aspettarla.

Ed è solo davanti al suo portone, indugiando nel trovare le chiavi, che mi rendo conto di quanto effettivamente mi sia mancato.
Sono sempre nel solito posto, le chiavi: tasca interna della borsa, unico oggetto che non sono capace di perdere. E guardandole sorrido.
Ci sono due piccoli portachiavi, se così si possono chiamare. Uno è una targhetta, con sopra riportato nell'elegante grafia ondulata di Claudio, La mia Sacrofano, mentre l'altro è la sagoma di una bottiglia di vino in argento, con inciso, visibile solo ad occhio che si sforza, Toscana: il nostro congresso.

Una volta Lara mi ha beccata ad osservarle e con una delle sue battute ilari se ne uscita con: «Si può sapere perché diavolo di motivo hai una bottiglia di vino come ciondolo?
Ah! Lo so! Per ricordarti che non  reggi l'alcol!»

La porta si apre cigolando, e senza la sua presenza mi sembra un po' di violare il suo spazio privato, ma mi faccio strada, posizionandomi sul divano. Solo ora, non distratta da altro, noto un oggetto, che forse è lì da mille anni.
Incorniciata in legno, con i nostri nomi scritti a matita, c'è una nostra piccola foto, scattata quando a nessuno dei due i freni inibitori funzionavano più.
Ci sono io, lo sguardo perso alla ricerca di chissà che, e c'è lui, che con una mano sollevata tiene il telefono e con l'altra mi cinge le spalle, come se gli potessi scappare. Come se avesse paura che potessi non amarlo.

Claudio entra in casa canticchiando, e io quasi non credo alle mie orecchie.

«Io sangue voglio, all'ira m'abbandono, in odio tutto l'amor mio finì**».

Quando mi vede per poco non sviene.

«Sacrofano! Addirittura in anticipo? Domani nevica»

«Credo anch'io. Dimmi, dimmi: tu stavi cantando!?»

Sulle labbra gli spunta un sorrisetto imbarazzato.

«È colpa delle tue maledette serie TV Rai! Com'è che si chiama? Il commissario Ricciardi! Giuro che se mi fai continuare a guardarle io... Io boh»

Scoppio a ridere.

«In realtà, è un verso di Cavalleria rusticana...» lo correggo, felice per una volta di saperne più di lui.

Si avvicina pericolosamente alle mie labbra, dando origine ad un bacio, che di casto non ha niente.

«Oh! - esclama poi - questo è un bel benvenuto!»

                             ***

«Alice - mi sussurra - tu non mi lascerai mai solo, vero?»

Ed io in quel momento, tutta inebriata di amore, non posso fare a meno di abbracciarlo.

«Mai...»

«Ti piace quel cassetto? Te lo regalo»

«Claudio, che intendi?» mi batte forte il cuore.

«Vieni a stare qui, proviamoci, svegliamoci insieme e ceniamo insieme, ti va? »

Fine

NDA: *L'allieva, Alice e Claudio, st: 2 Ep: 10  (Talento mortale)
**Commissario Ricciardi, tenore Arlando Vezzi, st: 1 Ep: 1 (Il senso del dolore)

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