2. È l'amore
Devo affrettarmi, in questa mattina nebbiosa, per arrivare in ufficio prima di lui.
Sempre, devo arrivare prima di lui, e prima delle altre.
Essere puntuale, essere efficiente: solo questo conta.
In ufficio tutto tace; il ticchettio delle tastiere non ha ancora cominciato ad animare questo mio giorno. Non è ancora iniziato il rito propiziatorio. Ci sono solo io, qui, in questo momento e pregusto il piacere che verrà, verso metà mattinata, subito dopo la pausa caffè.
È l'amore che muove i miei passi, ora lo so.
È l'amore che mi porta a tornare qui anche quando non vorrei; quando la pigrizia e la stanchezza mi vorrebbero a letto; quando lo scoramento, le umiliazioni, le offese vorrebbero le mie dimissioni.
Sono ancora qui, ed è l'amore che mi ci vuole.
Quando egli arriva, non ha bisogno di battere le mani; io e le mie colleghe siamo ai nostri posti, pronte a eseguire i suoi ordini prima ancora che li pronunci, unico uomo in questa stanza, unica ambizione, unico personaggio sulla scena, unico bersaglio dei riflettori dei nostri occhi.
Lavoriamo in silenzio per ore senza guardarci, senza guardarlo. Sappiamo che presto la danza avrà inizio ed egli non saprà scappare ai nostri giochi. Nostro padrone e signore, nostro dominatore, alla sua volontà sono mosse le nostre mani, come in trance seguiamo il copione non scritto dei suoi desideri.
È Mira la prima ad alzarsi, quella che ha la scrivania più vicina alla sua. Accosta sicura le mani al suo collo, le lascia scivolare nell'incavo della gola, i suoi occhi di fuoco negli occhi di lui.
Il Sacrificio purgativo avrà inizio tra qualche secondo.
Io osservo la scena sapendo già cosa accadrà.
Uno strano formicolio si impossessa del mio stomaco, una strana voglia di cibo proibito, di sapori sconosciuti ai più, di scoperte non più nuove, di sicurezze diaboliche, di certezze in quello che si ripete, uguale a ieri e a due giorni fa, e a tre e a quattro giorni fa, da due mesi.
Da quando ho incontrato quegli occhi sfuggenti; da quando ho visto quel sorriso affiorare a labbra scarse di buone parole; da quando ho capito che nel suo ventre c'è qualcosa di succoso e buono, non posso più farne a meno.
Egli si è lasciato prendere, intanto, dalle mani di Mira. Ora è steso sulla scrivania, altare del suo potere. Lei è cavalcioni su di lui, la larga gonna a coprirgli le ginocchia; gli inonda il viso con i lunghi e ricci capelli neri; gli preme sulle guance labbra rosse di sangue caldo che scorre sotto la pelle in un tumultuoso fiume di passione.
Io resto seduta e osservo, alzando lo sguardo al di sopra dello schermo del pc.
Ricordo quando tutto questo ha avuto inizio.
Egli, che mai perde il controllo, aveva perso il potere su se stesso. Invano entrava e usciva dal bagno, ma niente usciva dal suo corpo, nessuna efficacia avevano i massaggi sulla pancia gonfia e indurita.
Non disse niente, ma io sentii la sua richiesta di aiuto.
Con un cenno solo del mio capo avviai il rito che si ripete incessante, ogni dì, alla stessa ora, e che farà capire a lui che niente può più senza di me.
Perché sono io, in realtà, che dirigo il tutto.
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