#7 feat. LaBaudelaire

Non si giudica il soggetto dal quadro,

quel riflesso della tempera sulla tela non è il diavolo,

è lui l'angelo meraviglioso del paradiso,

è lui l'apoteosi dell'ingegno celestiale.

Certo non si stuzzica un animo sì fallace,

non si getta il foco nell'infiammabile,

ma, costante mi domando, mio Dio dal celato gusto sadico,

se volevi che scampassimo alla tentazione perché facesti Lucifero di sì tanta bellezza?

Quello sguardo mistico e sofferente ai miei occhi è più forte di un magnete, 

quelle ossa dove una volta si ergevano delle candide ali da serafino,

adesso sono un'intricata foresta di secchi rovi, spezzati e dolenti,

che con dolci parole e amorevoli gesti spero di risanare.

Questa non è l'imago d'un mostro, nossignore!

E' un'opera d'arte marmorea, perfetta e irripetibile,

ma sfracellata al suolo e fatta in mille pezzi

e sì rotta che il frastuono della caduta perdura nei millenni in un'eco assordante.

Quelle labbra scheggiate, io mi chiedo con cuor profano, hanno mai baciato?

Quel cuore spaccato ha mai conosciuto l'amore, la passione o la pietà?

Quel cranio fracassato ha mai partorito soavi parole, dolci armonie o creature variopinte?

Perché il mondo ricorda di quell'essere solo colpe e misfatti?

Uno scrittore dannato lo inviterebbe a sorseggiare dell'elegante vino,

un pittore pazzo gli chiederebbe umilmente di fargli da musa,

un musicista lo ascolterebbe per cavare dalla sua voce una soave musica,

mentre un poeta gli donerebbe una poesia straripante d'amore e pazzia.

Lucifero non morde, non ferisce, non graffia,

i suoi sono baci ardenti, infuocati, che ustionano le labbra e vi lasciano un segno, 

i suoi abbracci sono una gabbia dove lo stesso prigioniero si rinchiude e getta la chiave,

le sue sono carezze vigorose che penetrano nella carne e sfiorano l'anima.

A far l'amore con Lucifero ci vuole un cuore infuocato,

che sostenga le fiamme della sua ira, della sua lussuria, della sua gelosia, 

che non si spenga nel gelo del suo antro al centro dell'Inferno,

che palpiti al pari di un dolce canto che con delicatezza plachi il suo eterno dolore.

L'amore con Lucifero, @LaBaudelaire

Ci sarebbe da restare fermi a guardare per ore ed ore, chiedersi per ore ed ore: perché Lucifero? Di tanti mostri, di tante oscenità, di tante personalità meschine e di tanti corpi putridi, perché Lucifero? Se dovessi dipingerlo adesso, userei i colori ad olio, il bianco per le lenzuola dentro le quali è avvolto, per la pelle da sfumare di rosa, per la luce nei suoi occhi neri che non può essere eclissata. E tutto intorno nero, perché attorno a Lucifero non serve altro, lui basta da solo. Userei una cornice barocca, dorata come il suo icore, dorata come il suo nome, come il mio. 

"Lilin", mi chiama. Non è il mio nome. Gli somiglia, ma non è quello giusto, non è quello dorato come la cornice barocca, dorato come la Luce di Satana. 

Verrebbe da chiedersi perché io abbia provocato il desiderio di un uomo che non è un uomo, di un angelo che non è un angelo, di un diavolo che non è un diavolo. Se potreste vedere Lucifero capireste che la risposta è così semplice. Guardare le ere che scorrono dietro i suoi occhi alimenta un fuoco che con l'Inferno ha poco a che fare, e quel fuoco alimenta l'insensata idea di poter spegnere le fiamme solo con altre fiamme. 

Ma Dio dove ha trovato la forza di rendere il male così bello? Il suo genio doveva proprio elaborare la prova peggiore di tutte, quella di fronte alla quale è impossibile non cadere? Sì, è impossibile non cadere. Gli occhi di Lucifero sono calamite, e chiunque sotto il suo sguardo sarebbe metallo. E c'è qualcosa di spezzato nella sua voce mentre chiama di nuovo il mio nome. "Lilin"

Non è il mio nome. Non è il mio nome, ma sono metallo, e i magneti neri che usa per farmi avvicinare sono patti con il Diavolo che si susseguono come perle sul filo di una collana. Ho sempre amato l'uomo come creatura, non ho mai capito come potesse amarsi qualcos'altro, creature angeliche o demoniache che si voglia. E guardo Lucifero e non vedo nulla di satanico, nulla di angelico. Vedo muscoli appena tesi sotto la pelle, tenacemente avviluppati intorno ad ossa umane, presumibilmente bianche, presumibilmente fragili. Aveva delle ali? Adesso la sua schiena è nuda, mentre si rigira tra le lenzuola e affonda il viso in un cuscino, finge di trovare noioso il modo in cui misuro i miei movimenti, le mie intenzioni. 

Le vedo sotto la sua pelle a tratti diafana, ossa, ere, colpe, frustrazioni e ambizioni, labirinti su una schiena in cui ali bianche agli albori mettevano radici, per crescere, scambiando l'icore per linfa, scambiando Lucifero per terra dissodata. Il pensiero me ne tira fuori un altro, che più che un pensiero è un ricordo, un'immagine sfocata del Giardino, l'Eden che non ho potuto vivere. 

Adesso sarà Lucifero quel Paradiso terrestre che mi è stato negato, e striscerà verso di me ma non sarà un serpente ammaliatore. Il Serpente sarò io. Perchè se voi potreste soltanto vederlo di sfuggita, capireste che quello che avete davanti agli occhi non è il corpo di un mostro, niente squame, niente denti, niente veleno, solo marmo levigato e lucente, morbido alla vista ed invitante al tatto. Ma ripenso a quelle ossa, le intravedo ancora mentre si muove appena celando irrequietezza, e il marmo si trasforma in cristallo, e il cristallo nella mia testa va in frantumi. 

Guardatelo, è così fragile e così scoperto, mentre gioca con me e finge di divertirsi. Non si diverte affatto, la sua mascella tesa lo tradisce, le labbra socchiuse lo tradiscono. Quante anime hanno voluto quelle labbra e le hanno poi ottenute? E quanto è stato alto il prezzo che hanno pagato e quanta ne è valsa poi la pena? Con che cuore si può desiderare di fare l'amore con Lucifero, quando Lucifero non può amare?

"Lilin"

Non è il mio nome, non riesco a credere che lui non lo abbia ancora capito, che non abbia ancora capito chi sono. Sono in agguato da millenni, e Lucifero mi è sempre sembrato invincibile. Ora è di un biondo accecante, oro, oro dappertutto, e la Luce che porta eclissa il suo regno di Tenebre, e non è più così invincibile, non è più proprio un bel niente, è un uomo nudo dentro un letto che aspetta un abbraccio, una lotta, un amplesso. 

Se potessi dipingerlo, l'ho già detto, userei i colori ad olio, e ho già detto che userei il bianco, ma non ho accennato a quanto oro aggiungerei in ogni singola sfumatura e piega del suo corpo, in ogni singola ciocca di capelli, in ogni singolo respiro. Sì, se potessi dipingerlo dipingerei anche i suoi respiri. E scriverei versi sulla sua impossibile bellezza, farei baciare le rime a forza per costringere le parole stesse a credere in una possibilità d'amore. Farei baciare le rime, ma intanto bacio le sue labbra. E comporrei una melodia, su quella melodia adagierei i versi, e i baci delle rime saprebbero creare la musica giusta per fare esplodere le armonizzazioni dei nostri corpi. 

Quando le mani di Lucifero mi raggiungono, perché è stanco di fingere di stare al gioco, le sue dita sono pulsanti e non lasciano segni sulla pelle; a marchiare a fuoco sono le labbra; a mettere in trappola sono le braccia. Architetto il momento da millenni, e le sue carezze non scalfiscono la freddezza che nascondo, ma da qualche parte, dentro di me, qualcosa di simile all'anima formicola. Il formicolio non è abbastanza per farmi sentire in colpa, è troppo grande la vittoria: piegare Lucifero all'Amore. Piegare Satana al Bisogno. Piegare il Diavolo all'Agonia. 

Solo dopo aver visto passare dietro i suoi occhi tutto questo, Amore, Bisogno e Agonia, cedo, e sento il suo cuore cercare con ritmo forsennato il mio. Forse, troppo preso da altro, non si accorge che non c'è battito in risposta al suo. D'altronde come si potrebbe fare l'amore con Lucifero, avendo un cuore? 

Spengo i crepitii infernali che sente dentro, ghiacciare la sua essenza è facile tanto quanto accendere il suo fuoco. Adesso l'Inferno di Lucifero è freddo, perso, nullo. Il suo dolore è finalmente placato, la mia ascesa è finalmente compiuta. 

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