6. Giro in moto
Pov's Newt
Erano tre giorni che avevo lasciato casa di Thomas.
Tre giorni che non ero andato a scuola.
Tre giorni che avevo rotto lo specchio.
Tre giorni dalla scoperta di quella notizia di merda.
Tre giorni che non parlavo con nessuno, che non rispondevo alle insistenti telefonate di Gally o quelle scolastiche.
Tre giorni che ero chiuso a chiave in camera.
Tre giorni che stavo uno schifo.
Eppure ero sicuro che a casa di Thomas non stessi così male: avevo scherzato, riso, avevo dimenticato l'esistenza di quel "problema".
In sua compagnia stavo bene. Ed era strano.
Cercai di nascondere quella sensazione del tutto bizzarra.
Insignificante.
Provai a capire cosa fosse quel ragazzo per me, era un semplice idiota con tutte le rotelle fuori posto?
O c'era ben altro?
Dubitavo. Non avevo bisogno dell'amichetta del cuore, io non avevo bisogno di nessuno.
E più di tutto non avevo bisogno della persona che avevo davanti in quel momento: la mia tutrice.
Per la cronaca era mia madre, ma avendo trascorso poco tempo sia con lei sia con mio padre, non potevo reputarli genitori. Non mangiavamo mai insieme, non uscivamo né dialogavamo, in pratica tre sconosciuti sotto lo stesso tetto. A loro andava bene così e con il tempo mi ero abituato anch'io. Certo, quando ero piccolo a differenza di tutti gli altri bambini non andavo al parco, alle giostre, a mangiare il gelato ma poi ero cresciuto e avevo constatato che la serenità non fosse riservata a tutti. La loro assenza mi aveva portato a crescere prima del previsto, capendo così anche l'andazzo della vita, piuttosto schifoso.
Ero seduto sul letto, lei, invece, se ne stava in piedi di fronte a me con indosso un tailleur nero progettato dai miglior stilisti francesi, il viso era segnato da un'espressione autoritaria più che autorevole e teneva le braccia conserte. I suoi capelli biondi erano racchiusi in un'ordinata coda di cavallo e sulle palpebre aveva un ombretto abbastanza scuro da farle assumere un aspetto ancora più lugubre.
Io, invece, avevo lo sguardo basso e il mio volto era la testimonianza del completo disappunto che provavo per quel momento. Non volevo dialogare con quella donna.
-Newt dobbiamo parlare.- Spezzò il silenzio con la tipica frase che fanno i genitori ai figli o chiunque deve fare l'odiosa paternale.
-Mi fa piacere che dopo diciassette anni hai saputo che esisto.- la fissai per un attimo con un sorriso sornione e con aria ironica, poi distolsi lo sguardo fissando i suoi tacchi. Qualsiasi donna si sarebbe lamentata e, invece, lei no.Non mi stupivo che riuscisse a starci 24 h su 24 senza problemi, era una creatura diabolica.
-Non fare battutine...ultimamente ti stai comportando come un delinquente.- proferì l'ultima parola sprezzante.-So che sei stato tu a rompere il vetro, la villa è controllata metro per metro da telecamere, l'altra sera nonostante piovesse a dirotto hai pensato di lanciarti dalla finestra per scappare via da me. Hai dormito a casa di un ragazzo e...io non so chi cavolo sei, Newt!- sputò come una iena mentre io alzavo lentamente la testa alla frase "Hai dormito a casa di un ragazzo".
-Come fai a sapere dove ho dormito?- rabbuiai scioccato, lei camminava avanti e indietro per la stanza innervosendosi ulteriormente -E stai ferma, cavolo!- Esclamai profondamente infastidito dal rumore provocato dai tacchi.
-Ti ho seguito e allora? È ciò che fanno i genitori che vogliono salvare i propri figli.- giustificazione da stupida.
Risi senza umorismo.
-No...È ciò che fanno i genitori per sapere i caspi dei loro figli! Non ti importa niente di me. E se non sai nulla di me non sono di certo io la causa. Non hai mai perso un fottuto momento a parlarmi, e mettiamo caso che fossi un criminale faccio pur sempre parte di questa famiglia. E come membro di questa "famiglia"-mimai le virgolette con le dita- era mio diritto sapere - le sventolai in faccia la carta per la quale mi stavo struggendo così tanto in quel periodo, quella carta che mi rattristava più di qualsiasi cosa
-Te lo avrei detto.- enunciò portando le mani ai capelli, accennando un'aria stremata.
-Fammi indovinare...quando avrei visto quell'uomo alias mio padre uscire da questa casa con delle valigie? O quando questa casa senza i suoi vestiti sarebbe stata ancora più vuota? Questa lettera di divorzio è datata marzo...un mese fa, ti rendi conto?- senza accorgermene avevo alzato la voce e lei sembrava spaventata, come se il minuto ragazzo qual ero si era trasformato in un drago mangia-persone.
-Mi rendo conto che avrei dovuto parlartene e ora lo faccio, Newt.- proferì con espressione simile a un cane bastonato, fintamente mortificata.
-Questa non è l'unica notizia? Che schifo... - digrignai a denti stretti mentre il sangue affluiva con rapidità al cervello, rendendo tutto più confusionale. Ignorò " il mio schifo" e iniziò a parlare a voce bassa.
-Tutto è iniziato a febbraio, tuo padre è sempre stato un buon chirurgo ma qualcosa è andato storto.- Deglutì, e per un attimo mi sembrò che la sua aria da dura si stesse sciogliendo liberando una natura tutt'altro che perfida-Ha operato un uomo, l'intervento era difficile e l'equipe di medici non ce l'ha fatta. I parenti del paziente hanno sporto denuncia e dopo varie indagini si è scoperto che l'errore è stato di Mike, tuo padre.-si bloccò, sembrava ferita, sofferente ma io non riuscivo ad abbracciarla né a fare qualcosa che potesse farla stare meglio.-Questo errore gli ha portato un allontanamento forzato dall'ospedale, ma non è stata l'unica cosa orribile...la peggiore è che i parenti del morto fanno parte di un...-ingoiò la saliva iniziando a tremare, il mio sguardo la incitava a parlare ma non sembrava intenzionata.
-Un cosa, Clare?- la chiamai per nome e potei giurare dall'espressione del suo viso di averla uccisa, un pugnale dritto al cuore. Forse era una cosa che un figlio non doveva fare, ma per me quella donna bionda elegante era sconosciuta.
-Un clan.- sussurrò ferma-Hanno minacciato di farcela pagare, potremo rientrare nel mirino anche noi Newt e io non me la sento di affiancare Mike.Mi dispiace.- Sibilò le ultime parole portando le mani agli occhi, uscì dalla stanza.
Mi aveva raccontato tutto quello schifo, ero a pezzi, e lei si allontanava? Non potevo farcela, non potevo sopportare tutto quello, non più. La mia vita era stata sin da sempre un inferno ed era giunto il momento di mettere fine a quella crudeltà. Presi la valigia che avevo nell'armadio e vi ci gettai qualche straccio alla rinfusa, non sapevo bene cosa stessi facendo, né dove sarei andato ma di certo non sarei rimasto in quella casa. Scesi le scale in fretta e furia con il borsone in spalla, Clare era in cucina a bere una tisana con viso affranto.
-Dove vai?- scattò verso me, non manifestai alcuna paura.Presi le chiavi e mi diressi verso l'uscita con non-chalance.
Non mi seguì, rimase nel salotto con le mani in mano e con un'espressione sconfitta in volto, la guardai per un attimo fingendo aria divertita. In realtà non sapevo neanche io cosa stessi pensando, ero solo stanco, confuso, perso.
-Mi dispiace, Clare... ma neanche io me la sento di affiancarvi. Non cercarmi né seguirmi...mi farò vivo io se ne avrò voglia. Buone cose.- sorrisi sornione e sbattei la porta alle mie spalle.
In quel momento tutti i dubbi che avevo da qualche tempo furono chiariti.
Avevo capito che l'amore non esisteva. O almeno non era per noi. Certo, i miei erano sempre fugaci, presi dal lavoro non trascorrevamo molto tempo insieme eppure nonostante ciò, ero convinto che Clare amasse Mike. Ma se lo amava come pensavo non l'avrebbe lasciato da solo ad affrontare una simile situazione. E allora mi domandai quanto valore avesse un matrimonio, il giuramento di affiancare l'altro in salute e in malattia, nella buona e nella cattiva sorte. A cosa serviva se poi veniva infranto?
Fu una domanda a cui non seppi rispondere. Non ero sposato, non avevo giurato amore eterno e forse non l'avrei mai fatto.
Percorsi il lungo vialetto arrivando alla mia moto parcheggiata, alzai il cavalletto e senza troppa esitazione montai in sella.
Forse non sapevo ancora molto della vita, ma una cosa l'avevo capita: l'amore era per i perdenti.
Affidare la propria felicità a qualcuno, che assurdità! Riporre la propria fiducia in un'altra persona. Sacrificarsi, anteponendo il bene dell'amato al proprio. Affiancarlo nei momenti bui. Cedere la pizza, il gelato, il sushi o qualsiasi altro buon cibo. Vivere con lui e vivere per lui. Una pazzia. Eppure tre/quarti della popolazione mondiale era pazzo.
Distolsi i miei pensieri da quell'argomento noioso concentrandomi su qualcosa di più impegnativo e preoccupante: la mia sussistenza. Avrei potuto rifugiarmi per un po' nella casa sul lago di Mike ma sarebbe stato il primo luogo in cui mi avrebbero cercato.
In alternativa pensai a Gally ma non ero sicuro che potesse ospitarmi, così mi ritrovai alle 3:00 di un venerdì pomeriggio a girovagare senza meta per Manhattan. A breve gli studenti sarebbero usciti da scuola e dovevo stare attento a non scontrarmi con qualche insegnante, dopotutto ero spesso assente e una ramanzina sarebbe stata d'obbligo.
Continuavo ad andare a zonzo, ero abbastanza disattento, vedevo le cose ma non le guardavo;poi all'improvviso, qualcosa o meglio qualcuno catturò la mia attenzione. Conoscevo quella camminata, quei capelli castano scuro e la statura era simile alla sua. No, era lui.
Mi sentii d'improvviso felice e senza ripensamenti accelerai, cercando di raggiungerlo. Era da solo, aveva lo zaino in spalla e forse indossava le cuffie. Lo chiamavo ma sembrava non sentirmi. Il Newt rattristito e impensierito di pochi attimi prima era sparito. Com'era possibile?
Inaspettatamente Thomas si voltò, sorpreso, regalandomi subito uno dei suoi sorrisi spontanei. Continuava a camminare tenendo la testa girata verso me.
-Thomas- cercai di avvisarlo ma anche se i suoi occhi erano fissi su di me sembrava non ascoltarmi.-Thomas atten- troppo tardi.
Un palo.
In pieno viso.
Scesi dal mezzo, spaventato per il mio amico. Aveva dato una gran bella botta ed era strano che fosse ancora in piedi.
-Tommy,- gli dissi con fare apprensivo e senza neanche accorgermene, posai la mia mano sulla sua fronte. Lui sollevò il capo, sembrava stranito per quel contatto. Smorzò un sorriso mentre teneva la mano destra in faccia cercando di alleviare il dolore.
-Potevi guardare avanti...- blaterai non sapendo cosa dire, tolsi la mano con tale fugacità come se mi fossi scottato.
Ancora una volta si era presentata quella sensazione inspiegabile.
Quella sensazione indescrivibile che nasceva quando ero vicino a Thomas.
Un gruppo di ragazzi del primo anno ci avevano già superato e così eravamo gli unici in quella strada. Per fortuna.
-Stavo guardando te.- biascicó, giustificandosi. E quelle parole mi fecero fottere il cervello.
Semplici parole, proferite con tale naturalezza erano la causa di un groviglio di sensazioni. Sentivo alcuni organi sottosopra. Un vertiginoso giramento di testa. Freddo sulle braccia. Brividi lungo la schiena.
La mia reazione fu un sorriso da ebete che razionai di eliminare subito dopo.
-Dovresti metterci del ghiaccio...- affermai freddo, cercando di distaccarmi da lui anche stavolta contro la mia volontà.
Pov's Thomas
Se c'era qualcuno che non avrei mai capito quello era Newt. Un ragazzo all'apparenza normale, ma che in fondo era diverso da tutti gli altri. Forse era quello il motivo per cui gli morivo dietro da mesi, avevo captato quanto potesse essere speciale e... misterioso.
Eravamo sul marciapiede di una strada che percorrevo tutti i giorni per tornare a casa, ma della quale mi sfuggiva sempre il nome. La famosa moto nera era ferma sul ciglio destro e Newt era al mio fianco, preoccupato o forse no. Come sempre aveva la sua aria da bello e dannato, i capelli ribelli gli cadevano scompigliati sulla fronte, la sua giacca nera aderente lo rendeva ancora più sexy. Io me ne stavo a contemplarlo con un occhio semichiuso, l'altro era ancora doloroso per l'urto. Newt mi parlava, aveva iniziato un discorso che inizialmente avevo anche seguito ma poi...catturato dal suo gesticolare, dalle sue labbra e dalla lingua...mi ero perso. Il problema sorse quando mi pose la domanda -Altrimenti cosa succede , Tommy?-
Risposi senza alcuna perplessità-Che si fa duro.- Sbarrai gli occhi appena sentii le parole che avevo detto.In un primo momento il biondo accennò un'occhiata curiosa per poi sostituirla con uno sguardo colmo di malizia. Newt era del tutto etero?
-Duro?- ribatté con un sorrisino che mi ispirava sempre più pensieri impuri.
"Diamine, Newt. Sei la tentazione in persona" pensai.
-Sì.- risposi spavaldo-Io dovrei essere più duro con te.- Ma cosa diavolo stavo dicendo?Newt mi guardava stranito, se fossimo stati in un fumetto il suo viso di sicuro sarebbe stato ricoperto da migliaia di punti interrogativi.-Sei sparito, non frequenti scuola e ora mi saluti tutto allegro e pimpante come se...-
Mi bloccai, stavo andando così bene eppure non sapevo come continuare. L'ideale era concludere la frase con "come se niente fosse" ma tra noi non c'era stato niente: né un bacio, né una notte d'amore o peggio sesso sfrenato da ubriachi. Niente di niente. Non potevo pretendere niente neanche delle spiegazion, in fondo avevamo solo condiviso lo stesso letto. Fissai la punta delle mie scarpe imbarazzato, sentivo il suo sguardo addosso come se mi stesse stufiando.
-Ci risiamo,- borbottò quasi seccato- Basta che qualcuno ti pesti o che prendi un palo in faccia che dai i numeri...ti accompagno a casa.- enunciò avvicinandosi alla moto e salendovi agilmente. Non mi aveva preso in considerazione eppure un face to face del genere prima o poi ci sarebbe stato. Mi nascondeva qualcosa e non poteva continuare a fingere che andasse tutto bene. Sapevo che non era così. Avrei scoperto la causa del suo sguardo spesso assente, spento. Avrei dovuto a qualunque costo perché con lui stavo male anch'io.
-Dovrei salire?- cercai di sdrammatizzare, la tensione era troppa.
-Nah...puoi sempre mantenerti al pedale e strusciare l'asfalto di mezza Manhattan...a te la scelta, pivello.- quel tono istigante, provocatorio mi faceva perdere il senno.
"Newt devi finirla, di questo passo finirò col saltarti addosso." parlavano le voci che non stavano mai zitte.
-Vai piano...- sibilai sistemandomi dietro lui. Quanto poteva essere imbarazzante quel momento? Ero incollato a lui e speravo con tutta l'anima che non avesse accelerato.
Odiavo l'alta velocità.
-Se vuoi puoi abbracciarmi, non sono una nonnina.- sorrise beffardo, avviando il motore.
Come istinto di sopravvivenza strinsi leggermente le mie braccia lungo il suo petto. Quel contatto poteva portarmi alla pazzia. E non sembravo l'unico.Appena avevo poggiato le mie braccia lungo il petto di Newt, avevo sentito il suo corpo contrarsi, irrigidirsi, come se fosse pervaso da brividi.
Partimmo gasati, tant' è vero che stavo per cadere all'indietro. Il vento sembrava schiaffeggiarci violentemente sulle guance, eravamo controcorrente.
Fui felice vedendo che Newt nonostante fosse irrigidito, non aveva detto o fatto niente per farmi mollare la presa; cercavo di non stringerlo tanto, anche se la mia mente stava per andare in down al solo pensiero che le mie mani stessero accarezzando il suo petto.
Senza farmene accorgere, avvicinai il mio naso al colletto della sua giacca, inebriandomi a pieno del suo profumo. Non aveva mai sentito il suo profumo eppure lo avevo immaginato. Newt era fatto per me e io per lui...dovevo soltanto farglielo capire.
Arrivammo prima del previsto e quasi maledissi la motocicletta, era un mezzo così veloce...aveva ridotto quel momento quasi romantico con Newt e solo a pensare che avrei dovuto salutarlo, mi sentii morire.
Scesi lentamente, lui spense il motore guardandomi supplichevole. Voleva dirmi qualcosa? E allora perché non parlava? Decisi di fare io il primo passo.
-Newt...perché quella borsa?- indicai lo zaino abbastanza grande-Puoi anche non dirmelo, ma sappi che di me puoi fidarti.- scosse il capo, insicuro.
-Per un po' starò fuori casa...- rispose evasivo. Ed ecco di nuovo quello sguardo spento, cupo.
-Ti va di entrare?- domandai arrivando al dunque.Newt non voleva dirmi nulla e avrei accettato la sua volontà. Perché? Perché ero pazzo di lui.
Il biondino era titubante, si pavoneggiò fintamente -Nah...credo di avere troppe richieste, impegni...-
-Se è così...- Dai Thomas, al massimo sarai rifiutato, diglielo-vieni a stare da me. I miei sono partiti dopo il compleanno di mia mamma, ritorneranno tra due settimane...l'unico problema sarei io ma so convivere. Allora, ci stai? - ero consapevole di aver preso una decisione affrettata, ma se Newt avesse accettato avrei vissuto con lui e avrei avuto più opportunità per conquistarmi la sua fiducia.
-Non so se è la cosa giusta, Tommy...- sussurrò e la sua voce bassa mi faceva sballare gli ormoni.
-Lo è, Newt.- dissi sicuro e con rapidità presi il suo borsone mettendelo in spalla. Mi incamminai verso il porticato mentre lui mi fissava inerme ancora sulla strada.
-La moto puoi metterla in garage. Muoviti che inizio a cucinare.- canzonai peggio di una madre. Mi fissò con espressione terrorizzata, accennando a una piccola corsetta.
-No, Tommy, fermo.- mi chiamò. Ero sulla soglia di casa. Stava di sicuro per riprendersi il borsone, se ne sarebbe andato lasciando svanire tutti i miei sogni.Mi voltai con la paura in volto.-Non avvicinarti ai fornelli, stavolta cucino io.- enunciò con un ghigno, liberai un sospiro di sollievo sorridendogli grato.
Non sapevo per quanto tempo Newt si fosse fermato ma avrei fatto di tutto per farlo innamorare di me.
Spazio autrice:{ LEGGIMI} Carissime newtmasine, ahimè pubblico solo adesso e mi dispiace ma ho tanti impegni, nonostante ciò non dimentico i newtmas e voi. Questo capitolo è leggermente più corto degli altri ma vi assicuro che dal prossimo ci saranno belle e hot scenes. Ps: voi a chi date dell'attivo e a chi del passivo? vorrei farmi un'idea ahahahah.
Ho scritto questo capitolo dal cellulare quindi perdonate gli orrori. Spero di sentire le vostre sclerate perché mi danno tanto amore e energia. Baci da una panda x3
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