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Spazio Autrice:Carissimi lettori, scusate il tempo e l'ora!  Non ho potuto fare una revisione più dettagliata, perdonate gli orrori e ci vediamo giù.Spero di sentirvi e che vi divertiate!







Thomas's Pov

-Sì, Newt abbracciami.- bofonchiai con voce impastata, tendendogli le braccia; mi giravo e rigiravo nel letto scomodo dell'ospedale, tra l'altro anche singolo. Ero troppo assonnato per pormi domande del tipo: come faccio a girarmi così liberamente se c'è anche Newt? Beh...poteva sempre essersi alzato, andato in bagno e cose del genere,  quindi non ci pensai troppo.

Sorridevo, parlottavo e il tutto avveniva in stato semi-cosciente. Avevo pur sempre scampato la morte, quasi certa tra l'altro. E un beato sonnellino non poteva farmi altro che bene,  oltre che calmarmi i nervi. Ora che io e il mio ragazzo c'eravamo riuniti,  non avrei desiderato nient'altro per noi se non tanta felicità.

-Te l'ho mai detto che hai delle labbra così belle?-  continuai ad adularlo, abbozzando un sorriso malizioso.

Newt  mi guardava felice, anche se ai miei occhi la sua figura appariva sempre più lontana. Non mi rivolgeva nessuna parola,  si limitava soltanto ad accennare sorrisi rassicuranti.

-Ma non c'è nessun Newt!- sbottò una voce dal tono infastidito. Ero stordito,  e in un primo momento credetti fosse qualcuno che neanche conoscevo; un personaggio fantasioso, del mio sogno. A chiunque nella vita sarà capitato di sognare gente che non si aveva mai visto, eppure...per quanto mi sembrasse strano,  quella voce mi era familiare "nel vero senso della parola". 

-Quando la smetterai di fare il demente, ti parlerò.- aveva ancora detto con tono più arreso. Sicuramente era qualcuno che invidiava il bacio che stavo avendo con il mio Newtie. Corrucciai il viso, pronto per una scenata.

-Cacchio, da quant'è che fai le labbra a papera ad un cuscino? Semmai dovessi adottarmi, sappi che non dormirò nella tua stessa stanza. Fai impressione!- proferì con tono ancora più acido.

Labbra a papera? A un cuscino?

Spazientito e al tempo stesso curioso, nonché ferito per la frase"non c'è nessun Newt!"decisi di svegliarmi, rendendomi conto di cosa stesse accadendo.

Grattai gli occhi, sperando di vederci meglio. Quando l'immagine divenne nitida, seppi riconoscere Chuck,  ma la troppa inaspettata  vicinanza dei nostri visi, mi fece scappare un urlo fanciullesco. In quel momento io e  una ragazzina che aveva appena visto un ragno eravamo un tutt'uno.

-Calma...-rassicurò il piccolo alzando le braccia in segno di resa,  a mo' di "sono innocuo".

Mi tirai su cercando di recuperare respiri regolari,  con una certa difficoltà. Avevo rischiato un infarto, e chissà quante altre cose sarebbero andate storte.

-Okay...- dissi con un pizzico di affanno- puoi spiegarmi cosa è successo?- scostai i capelli dalla fronte, grattai ancora un altro po' gli occhi e spalancai le orecchie. La mia domanda aveva qualcosa di ridicolo, forse il tono, ma sulla mia perspicacia (per quanto strana) mi diceva che avevo centrato.

-Non so da dove iniziare...- dichiarò spaventato guardandosi le mani, evitando chiaramente il mio sguardo.

-Potresti dall'inizio.- il mio era un suggerimento,  ma il tono duro e acido con il quale avevo proferito quella frase, la fece risultare un ordine.-Scusa, non volevo...- giustificai sciocco, sapevo che non si faceva così:non si poteva alzare la voce,  e poi chiedere scusa come se niente fosse. Con Chuck, mio fratello, volevo iniziare bene.-Sono nervoso, sono successe troppe cose in poco tempo- ripetei, e non stavo mentendo, davvero ne erano successe.

Era un miracolo che fossi ancora in piedi, o quasi. -Newt e quel verme,- feci una pausa, ricordando che era stato proprio quel bastardo a tentare di mettere la nostra relazione in crisi e a uccidermi. Continuai a elencare- non essere il figlio di chi credevo, - risi, un ghigno senza umorismo, ricordando tutte quelle lezioni d'amore impartite dall'uomo che si definiva mio padre- tu che da sconosciuto ti scopro mio fratello,  l'incidente, e fino a poco tempo fa ero a un passo dalla morte.-

Sputai come se avessi un peso sullo stomaco, del quale non riuscivo a liberarmene.Ovvio, era la prima volta che parlavo di quei terribili accaduti.

Ma perché con Chuck? Perché non affrontare la situazione con Newt? Avevo compreso che non ci fosse stato alcun tradimento, eppure sentivo la necessità di chiarire tutto, senza creare ulteriori incomprensioni.

Si era forse creato un muro tra di noi? Dopo quei spiacevoli e continui avvenimenti, era possibile. Ma se la realtà fosse più cruda e sottovalutata? Se noi non eravamo più noi? Se i ragazzi che avevano imparato ad amarsi l'un l'altro nel freddo Bronx, fossero spariti?

Mi terrorizzava crederlo e speravo con tutto il cuore che non fosse vero.

-È tutto passato, Thomas.- incoraggiò Chuck allontanandomi da quei cattivi pensieri- Passato e superato.- specificò poi con insistenza.

Mossi la testa su e giù, liberando un profondo e sonoro sospiro.Mi sentii pizzicare gli occhi come se si stessero preparando a liberare gocce di pianto, le trattenni per quanto potei - E allora perché ho come l'impressione che devi darmi una brutta notizia?- sibilai con un filo di voce, tremante.

Chuck non parlò,  e ciò cominciava a farmi capire sempre più. Distoglieva lo sguardo, si mangiucchiava le unghie fissando l'armadietto con una certa attenzione. No, non gli interessava quel grosso scatolone di acciaio. Stava cercando soltanto un modo per ignorarmi, per deviare le mie domande.

-Perché la mia è un'impressione, vero?- i sospetti aumentavano, e ogni secondo che passava, mostrava sempre più l'incertezza sul volto di Chuck, e più sicurezza nel mio cuore: qualcosa era successo, qualcosa che riguardava Newt.

-Chuck?- lo chiamai con voce strozzata, non riuscivo a celare lo spavento.

-Ogni volta che sogni Newt,  ti svegli così paranoico? - tuonò, si girò verso me, curvando la bocca in un finto sorriso.

Io scrollai le spalle, basito.

-Non si risponde a una domanda con un'altra.- canzonai, ma quello non era il momento per dare lezioni.

Ero nervoso ed era giustificabile: la vita mi stava sottoponendo a diverse prove di resistenza, senza lasciarmi attimi di tregua, e quella forse era la più difficile. Ogni cosa che riguardava Newt lontano da me mi terrorizzava.

Pensai di dire quella frase o meglio di avere il coraggio di porla: una domanda che mi avrebbe evitato ulteriori sofferenze, facendomi capire chiaramente cosa avrei dovuto fare e ciò che mi sarei dovuto aspettare.

-Dov'è Newt?- scandii atono con sguardo imperturbabile.- Eri tu che mi hai detto che non c'era, o ho sognato anche la tua voce? - tenni lo stesso tono, attento che l'agitazione non l'aumentasse, spaventando mio fratello.

Evitò lo sguardo per poi, con coraggio e pazienza,  posarlo nuovamente su di me.

-Non sapevo come dirtelo...-

Solita frase detta dopo una tragedia. Dovevo prepararmi al peggio? In fondo Chuck era agitato, sudava freddo e sembrava anche abbastanza angosciato.

Quando sollevò il capo e  il suo sguardo finì nel mio,  fu lì che notai i suoi grandi occhioni bagnarsi.

Molte cose sono il  "peggio", eppure, non mi veniva in mente nulla. La mia mente era vuota. Non captava alcun segnale.

Drizzai la schiena, irrigidii la mascella, spinsi i denti superiori contro quelli inferiori.

Poggiai le mani sul lenzuolo bianco avvolto dalla coperta blu, stringendolo prima lentamente e poi con una certa forza,  quasi come se volessi strapparlo. Come avrei voluto fare con  chiunque avesse provato a ostacolare il cammino che con Newt avevo deciso di percorrere.

Provavo paura, per l'ennesima volta credevo di morire, perché la persona più importante della mia vita mi veniva portata via.

-Ieri sera...ricordi che avevi un senso di nausea?- domandò e sì, lo ricordavo.

Feci cenno affermativo senza proferire parola. Non volevo interromperlo.

-Io sono uscito per trovare un catino ma...ho trovato altro,  qualcosa di raccapricciante.- deglutì.

Quell'aggettivo aveva catturato la mia attenzione,  causandomi qualcosa al centro del petto:altro dolore. Avrei tanto voluto urlare "non ce la faccio più" ma dovevo ancora ascoltare. Con un cenno del capo a mo' di continua, Chuck proseguì con il discorso, mentre l'ansia e la paura aumentavano a ogni sua  parola.

-C'era un uomo che parlava di normalità e altre, permettimi di dirlo...cazzate varie.- esclamò indignato senza eclissare quella smorfia di disgusto;  conoscevo mio fratello da poco ma era sempre apparso molto dolce, a differenza di quel momento che invece, sembrava avvolto in una nube nera, fatta di odio e ribrezzo.-Parlava con Newt e gli diceva delle cose brutte.- ammise senza abbandonare quell'espressione sdegnata.

Credevo fosse finita, che quel bastardo di Kevin fosse in prigione,  e finalmente Newt ed io potevamo vivere la nostra vita felici e insieme. Senza più alcun ostacolo. Ma mi sbagliavo.

-Perché non ne so niente?Perché mi sono addormentato!- strillai portando le mani nei capelli.

Non ne potevo più.

-Thomas non è colpa tua.- tentò di calmarmi avvicinandosi.Mi toccò la mano affettuosamente,  in segno di conforto.

-Non capisco perché abbiamo tanti ostacoli.- piagnucolai come un bambino-Siamo così belli e perfetti insieme?- domandai sarcastico, nascondendo la testa tra le mani. Sfinito.

-Sì!- tuonò mio fratello- Siete belli e perfetti insieme,- la sua convinzione mi catturò, ammirandolo ancor di più.Ero felice che "tifasse" per Newt e me. Era bello e rassicurante sapere di aver un fratello che non criticasse e disprezzasse i miei gusti sessuali.

Gli sorrisi, ringraziandolo implicitamente per quell'incoraggiamento.

Arrossito, sventolò la mano a mo' di "non ho fatto niente". Poi si avvicinò, mi fissò con sguardo profondo ed enunciò - Avete bisogno l'uno dell'altro, tuo padre non può dividervi.-

Quella frase si scagliò al centro del petto, uccidendo l'altra piccola parte di cuore sopravvissuto.

Mi sentii bloccato, come cubi giganti di ghiaccio si fossero formati ai miei piedi, ibernandoli;  per poi salire alle gambe e ghiacciarmi tutto il corpo.

Ero pietrificato. Non riuscii a capire se per l'incredulità che mio  padre si fosse azzardato a fare una cosa simile o perché Newt, andando chissà dove e lasciandomi solo, aveva infranto la promessa che mi aveva fatto poche ore prima: -Combatterò anch'io Tommy, per te.-

E ora dove eri, Newt? Ti avevo sempre idealizzato, apparivi ai miei occhi come una creatura celestiale, incapace di mentire, e, invece, avevi infranto la promessa più grande di tutte. Il mio cuore aveva resistito già a troppe cose, non avrei affrontato nuove sfide. Non ne avrei avuto la forza, perché inconsapevolmente me la davi tu. Non sono morto per te, e ora sei proprio tu, che andandotene, mi condanni a una morte lenta e dolorosa?

Rimasi con la testa china per pochi istanti. Chuck mi esortò con voce docile a calmarmi,  e a continuare a combattere. Ma io non riuscivo a pensare altro se non a Newt che mi aveva abbandonato, e alla cattiveria di mio padre.

Ero fisso su loro due dimenticando come mi sentissi io,  forse non mi sentivo per nulla. Avevo smesso di esistere.

Quella notizia mi aveva ucciso in quel momento, facendo di me  un corpo immobile e inerme, con troppi vuoti perché sopravvivesse.

Mio padre:l'uomo che mi aveva torturato per anni interi con i triangoli, con lezioni su come evitare che diventasse nonno in giovane età,  e tutte quelle cose inutili, quelle pippe mentali. Il suo patetico tifo per Teresa e tutte le altre baggianate. Per non parlare di tutte quelle volte, che dopo le sue lezioni "di sploff"  avevo un conflitto interiore, voci che mi facevano sentire sbagliato, "contro natura". E quante volte avevo provato a reprimere panico se avesse scoperto sul mio pc filmati gay, piuttosto che etero.

Ansie, paure, tristezze. Una vita di menzogne e privazioni.

Digrignai i denti, in quel momento potevo somigliare solo a un cane rabbioso. L'aria era pompata tutta nei polmoni. Di nuovo respiro corto e faticoso, ma nessuno mi avrebbe fermato. Stavolta avrei fatto a modo mio,  fregandomene delle conseguenze.

-Dimmi tutto quello che sai...- scandii, esigendo esplicitamente tutti i dettagli.

Chuck era incerto e spaventato. Che mi  temesse? In fondo mi sentivo diverso, cambiato. E probabilmente il mio viso non aveva più niente che ricordasse il Thomas simpatico e goffo di sempre.

-So che Newt l'ha presa malissimo, si è rifugiato in bagno ed è stato lì per una buona mezz'ora,  sono dovuto andare via altrimenti mi avrebbe scoperto...Tuo padre l'ha messo in punto di andarsene.-

-Dovevo immaginarlo. Avrà capito...il biglietto e chissà cos'altro ancora...- toccavo i capelli poco garbato, quasi sembrava che volessi sradicarli. Ogni cellula del mio corpo  pulsava sangue avvelenato. Non potevo accettare un simile comportamento da "colui che mi aveva adottato"; non solo non ero suo figlio, ma non mi aveva neanche cresciuto,  sempre troppo impegnato con il lavoro.

E ora, invece, sbucava con commenti omofobici, discutendo sui miei gusti sessuali? No, non glielo avrei di certo permesso. Io per lui non ero niente e lo stesso lui per me.

-Secondo lui devi curarti, ha detto a Newt che se davvero tiene a te,  deve sparire dalla tua vita.- riportò Chuck con tono velato di tristezza e malinconia.

Restai in silenzio, mi sembrava strano che tra le tante stronzate non avesse paragonato " l'essere omosessuale a una malattia", ed eccola:la credenza degli ignoranti.Toccai la testa, sperando che quelle voci che non mi davano tregua, per un attimo,  si fossero zittite.

Ci fu silenzio, non potevo e non riuscivo a parlare, chiedevo a me stesso cosa avessi fatto di male per non meritare un po' di felicità, ma era inutile.

Nessuno mi avrebbe risposto.

-Dov'è Newt?- domandai poi  con sguardo perso, già...

Era così che mi sentivo senza lui, così che mi ero sempre sentito prima di approfondire la nostra conoscenza, prima di diventare una coppia. Una coppia felice e temeraria, ma che veniva puntualmente ostacolata, come se fosse maledetta.

-Non lo so...- rispose Chuck schietto senza nascondere la preoccupazione. -So che ha dormito qui stanotte,  vicino a te,  ma all'alba sarà sgattaiolato via, -si fermò-  tra poco apriranno per le visite.- annunciò con tono triste avvicinandosi al suo letto.

-Non è qui che devo stare.- cominciai a parlare come un pazzo, ad agitarmi. Senza freni muovevo i piedi, le mani, battevo i denti sul labbro. Newt era stato costretto,  ma poteva parlarmene, perché fuggire via? Non aveva avuto scelta, ma oo si: la mia scelta era lui tra chiunque e ovunque. L'avrei inseguito, non mi importavano le condizioni in cui fossi né le conseguenze di quel gesto sconsiderato ma giusto, era giusto per me.  Non potevo credere di vivere una vita, senza lui al mio fianco.-Io e lui...non può finire tutto così! -

Il mio telefono era morto, quindi non potevo riporre la speranza di chiamarlo... e anche se avessi avuto l'opportunità, avrebbe quasi certamente rifiutato la telefonata.  Avrei dovuto capire dove fosse, andare da lui e chiarire una volta per tutte.

Mentre ero in preda al panico, massacrandomi unghie e capelli, Chuck mi guardava inerme senza dire niente. Si sentiva in imbarazzo, ci conoscevamo da poco e aveva appreso da me solo il peggio.

L'idea che non sarei stato un buon fratello mi tormentava assieme alle altre voci, che continuavano a dirmi quanto fossi incapace in tutto ciò che facessi o creassi.

-Thomas ora ti calmi, e vediam- non riuscì a concludere la frase che qualcuno bussò alla porta.

Rivolsi un'occhiata piena di astio verso l'entrata; ero già pronto con fucili e cannonate. Avrei massacrato mio padre, colpendogli quel masso che aveva al posto del cuore, chissà,  forse avebbe capito come aveva sofferto Newt.

-Che dici...-proferì mio fratello a voce bassa- apro?- rivolgendo lo sguardo terrorizzato  verso la porta rivelatrice.

Mossi il capo in segno positivo.

-Può essere chiunque.- la buttai sul meno tragico. Anche perché,  se ci fosse stato qualche massacro, lo avrei provocato io,  ero io quello da temere. In caso fosse stato Newt, avrei ritirato fucili e tantaltro ma ne dubitavo fortemente.

Chuck avanzò a passi di lumaca e quando girò la maniglia per vedere chi fosse, si presentò una figura sull'uscio. Il pilastro che teneva il tramezzo della camera mi impediva di vedere chi fosse. Potei scorgere la figura dell'ospite, quando il nuovo arrivato avanzando, si piazzó a centro della stanza.

Non avevo immaginato che mi avrebbe fatto visita né che aveva qualcosa per me.

-E tu che ci fai qui?- domandai più stupito che infastidito.

"Certo che ultimamente la gentilezza mi aveva abbondato, ma come biasimarmi? Gally non mi aveva mai dato tregua con battutine idiote, e scherzi imperdonabili ogni anno scolastico."

Alzò un sopracciglio(più di quanto già non fossero) sorridendo divertito.

-Da parte tua mai un saluto riconoscente.- canzonó simpatico, mostrando una busta che poco prima aveva tenuto nascosta dietro la schiena.-Sono per Chuck,  ha la faccia di uno goloso e quindi ho pensato che dei cornetti sarebbero stati graditi.- sentenzió abbozzando un sorriso sincero. Mio fratello gli si avvicinò con gli occhi pieni di gratitudine e senza pensarci si buttò sul ragazzo, abbracciandolo. Come poteva provare tanto affetto per Gally,  che tra l'altro non conosceva neanche? Uno dei tanti misteri della vita.

Decisi di sorvolare,  c'erano ben altre faccende da pensare e forse quel gabbiano rincretinito poteva tornarmi utile.

-Bella borsa rosa.- marcai l'ultima parola, schernendolo. Non era da lui andare in giro con una borsa né tanto meno di quel colore, che avesse un ripensamento sul suo orientamento?

Aggrottó la fronte, confuso, come se non sapesse di cosa stessi parlando.

-Ero convinto di averla data a Teresa!- esclamò con aria sbadata. Che sollievo,  non ero l'unico idiota!

-C'è Teresa? - feci  domanda sperando in una risposta affermativa. Avrei avuto bisogno di lei per architettare un piano infallibile.

-Sì e anche il coreano, per non parlare dei tuoi super preoccupati.- specificò porgendomi un cornetto. Ignorai "tuoi super preoccupati" smorzando le labbra in una smorfia da "figlio ribelle".

-Non avevi detto che sono per Chuck?- ribattei irritato dal suo finto buonismo. Sapevamo tutti chi era Gally, poteva anche aver avvelenato i croissant.

-Sono abbastanza, tutti possono mangiarne uno.- rispose netto, curvando la bocca in un sorriso.

-Non cambia il fatto che non possiamo mangiare, e con possiamo intendo  plurale.- specificai dando un'occhiata canzonatrice a mio fratello, che a un passo dal morso, posò il cornetto,  rattristato.

-Fa nulla, li mangerete quando potete.- Gally fece spallucce, credendo comunque di aver fatto un buon gesto,  e lo sarebbe stato,  se quel passato da stronzo bullo non l'avesse caratterizzato.

-Beh...cosa ci fai con la borsa di Teresa?- chiesi curioso, ticchettando sul materasso. Poteva avergliela rubata.

-Ho starnutito e avevo bisogno di un fazzoletto, ma lei era troppo impegnata a litigare con Minho, quindi le ho chiesto la borsa e ho fatto da me. Poi si sono allontanati e, approfittando che non passavano  infermieri, sono entrato. Contento ora?-raccontò il fatto per filo e per segno, concludendo con espressione seccata.

-Perché Minho e Teresa litigavano? - domandai a raffica, i conti non quadravano e non mi importava un fico secco se stavo  mettendo a dura prova la pazienza di Gally. Dovevo sapere e scoprire se qualcosa fosse connesso.

Gabbiano sbuffò poi mi guardò,  ero  a letto, vittima di un incidente mortale,  e cercò di eliminare la sua rabbia da istinto omicidia,  la quale avrebbe suggerito di scaraventarmi  la testa contro al muro.

-L'altro giorno Teresa e Newt hanno avuto una discussione, a Minho questo ha dato fastidio. Secondo Teresa era colpa di Newt se tu eri in un letto di ospedale.- specificò poi e tutto mi era chiaro. Ora che era scomparso Kevin ci si metteva mio "padre" e la mia fidata "amica".

-Mai i cazzi loro!- sbottai senza controllo, guadagnandomi un'occhiata sorpresa da parte di Gally e un'altra basita di Chuck, pareva volesse trucidarmi.- Mai i caspi loro!- corressi, cercando di fare più attenzione al mio linguaggio.

-Nervosetto, eh?- stizzì Gally, ero sul punto di esplodere e avere lui come vittima non mi andava, anche perché non ero sicuro di fronteggiarlo. Mi bastò ricordare l' unica volta in cui ci avevo provato, nonché all'inizio, quando quel brutto scontro aveva dato vita a quei bei e gloriosi giorni con Newt. Pessima idea, meglio cambiare programma.

-Tra lei e mio padre non so più di chi fidarmi...io sono qui, mentre Newt può essere in qualsiasi parte del mondo.- portai i capelli all'indietro, e abbassai lo sguardo sfiduciato. 

-O a pochi metri, a casa sua.- suggerì Gally, evitando che continuassi a fare il melodrammatico.

Ad un tratto, una sensazione che avevo già avvertito prima, si ripresentó, più fastidiosa.

Qualcosa continuava a tirarmi proprio lì,  nelle parti basse. Avrei voluto vedere chiaro e tondo cosa avessi ma il gabbiano poteva fraintendere e tra l'etichetta di  gay e SSC, non volevo che si aggiungesse anche una da "gay che prova a stuprare un omofobo come Gally".

Provai a resistere ma con scarsi risultati.

Stufo di nascondere quel fastidio, cominciai ad agitarmi, rendendo visibile il mio disagio.

-Perché ti muovi in quel modo?- chiese Gally stranito, indietreggiando a poco a poco disgustato, come se mi stessi trasformando in un mostro verde, gigante e puzzolente.

-Ho qualcosa attaccato là, mi dà fastidio!- sbottai, che c'era di male? Dopotutto eravamo tutti maschi.

-Peccato che non c'è Newt che possa staccartelo...- beffeggiò, inevitabilmente  gli scappò una risatina che pensò bene di reprimere mettendo una mano davanti alla bocca, contenendosi.

-Io ti staccherei la testa.- proruppi e al diavolo tutto! Sollevai le coperte, notando un filo attaccato ai miei genitali.

-Sarà il catetere, l'hanno messo anche a mio nonno dopo l'intervento, serve per urinare.- informò diplomatico, quanta sapienza da un imbecille del genere. Chi l'avrebbe detto. Con aria stremata mi buttai all'indietro, cadendo sul cuscino, scomodo come tutto di quell'ospedale di sploff.

-Devo andarmene da qui.- sbuffai estenuato.-Devo trovare Newt, devo chiarire e devo costruire un bel lieto fine.- sì, chiunque mi avrebbe dato dell'illuso, ma quando si credeva nel vero amore e che questo potesse tutto, non era semplice arrendersi.

Gally si avvicinò, con sguardo profondo guardò prima a destra e poi a sinistra, come se volesse accertarsi che nella stanza fossimo solo in tre.

-Cosa pensi di fare?- domandò a bassa voce con una certa enfasi.

Mossi la testa a destra e sinistra, chiaro segno che non sapevo come muovermi. Poi un'idea, una genialata.

Saltai dal letto, stupendo  i due ragazzi per le mie fresche abilità,  nonostante poche ore prima fossi in pericolo di vita. Qualche costola mi duoleva ancora, ma il dolore che avrei provato allontanandomi da Newt sarebbe stato molto più letale. Con coraggio portai la mano sotto il camice, all'altezza del bacino, e senza pensarci troppo,  tirai il filo dell'urina.
Mi scappò un aio,  e lo stesso a Chuck e Gally che terrorizati chiusero gli occhi. Solidarietà? O si erano semplicemente messi nei miei panni? Non m'importò.
Quello non era il tempo di pensare.

-Cosa vuoi fare?- cadenzò Gally con occhi sbarrati. Mentre mio fratello mi guardava con aria fiera, lanciava  sguardi maliziosi rivolti ai cornetti, con l'esplicito messaggio: " vi mangerei, se Thomas non ci fosse".

-Mi servono dei vestiti.- avvisai veloce girandomi come Speedy Gonzales per tutta la camera. Afferrai di tutto ma niente poteva essermi di aiuto.

Guardai Gally una volta, poi due...quel giorno era destinato per le idee geniali.

-Perché mi fissi in quel modo?- proferì lento come se avesse qualche problema di comprendonio, o forse temeva soltanto la mia risposta, un'idea di pazzi quanto maledettamente scientifica.

-Io voglio una cosa che non ho,  e solo tu puoi darmela.- in quel momento potevo essere paragonato a un pazzo psicopatico e probabilmente lo ero, ma lo sguardo di Gally era molto più spaventoso di qualunque mia intenzione.

-Ho seriamente paura...- dichiarò atterrito, indietreggiando prima lentamente e poi velocizzando il passo. A ogni movimento, le sue orbite s'allargavano sempre più, terrorizzate.- Chuck, dagli qualcosa in testa, non è più lui!- urlò, ma  mio fratello, che era alle mie spalle,  non rispose.

-Sotto questo camice sono nudo, non ho neanche le mutande!- eruppi incontrollabile- mi servono i tuoi vestiti!- esclamai tenendogli la maglia per i lembi.

-Ma cosa ti dice il cervello, dopo sarò io quello nudo!- ribatté restio. Avrei dovuto colpirlo con un vaso in testa e denudarlo privo di sensi? No, non ero così crudele.

-Devi affiancarmi, Gally.- proferii con tono ipnotico.

-Cosa ti fa credere che farò questa assurdità?- replicò divincolandosi dalla mia presa, sistemandosi la maglia ormai rovinata dal mio appiglio.

-Beh, sei tu che vai dietro a Teresa.- dissi rapidamente e  inevitabile lo sguardo in cagnesco di Gally mi si piombò addosso. Aprì la bocca per replicare- inutile che fingi, posso aiutarti, se tu mi darai una mano.- proposi amichevole, il mio poteva essere definito un ricatto, un aiuto che rispondeva a un altro aiuto, un compromesso.

-Hai la sua borsa, quindi ci saranno le chiavi del suo pick-up. Questa è un'occasione che il destino ti sta dando per eliminare tutti quegli anni orribili che hai fatto passare a me, Minho e Teresa- sottolineai l'ultimo nome-possiamo iniziare tutto da capo, forse.- la probabilità mi scappò.

Gabbiano non era convinto, non fece in tempo a dirmi le sue intenzioni che sentimmo qualche rumore fuori la porta, che si aprì. Chiunque era ci aveva colti sul fatto. Non c'era tempo.

A entrare con una cartella medica era il padre di Newt, perché proprio lui?

-Thomas, come mai in piedi?- domandò con espressione mista tra il preoccupato e spaventato- devi riposare, hai rischiato di morire.-

"Come se lo avessi dimenticato"

Mi toccò la spalla affettuosamente esortandomi a sedere sul letto.-Devo visitarti.- disse poi guardando con una certa attenzione il catetere a terra.- Posso sapere cosa è successo?- interrogò a bassa voce scandendo ogni singola parola. Io e i ragazzi ci guardammo, avvampando. Ovviamente sarei stato io quello che avrebbe parlato.

-Hm...- esitai-mi dava fastidio.- non credevo fosse così imbarazzante parlare di urina, addirittura con il mio quasi suocero.

"Bella scusa del cacchio"

Mike fece spallucce, abbozzando un'espressione comprensiva.- Avresti potuto chiamare qualcuno, non è tanto facile.- aggrottò le sopracciglia, guardandomi da capo a piedi, o per rendere meglio l'idea mi stava studiando, scrutandomi peggio di una lastra a raggi x.

-Sto bene- diedi risposta poco convinto- è ancora tutto intero.- 

"Non potevi omettere la frase finale?"

"Non ho pensato..." risposi mentalmente a Din, sbigottito che era ancora lì, senza abbandonarmi.

-Sa dov'è Newt? Ho bisogno di parlargli.- cambiai discorso, sbarcando su ciò che mi interessava.

Mike si morse il labbro, incerto. Quanto quel gesto poteva ricordarmi il figlio?

-Ho letto un suo messaggio poche ore fa...presumo che abbiate litigato.- enunciò dispiaciuto, doveva essere un uomo che pesava molto le parole. Nello stesso momento diceva tutto e niente.

-Lei presume che abbiamo litigato?- ripetei spaesato, non comprendendo. Mike sapeva che conoscevo Newt ma nessuno gli aveva detto "quanto".

-So tutto, Thomas. L'avevo capito e Newt me l'ha confermato.- abbozzò un lieve sorriso, non aveva tracce di finzione né omofobia. Guardai Gally sconvolto, il suo sguardo sembrava che dicesse"parlagli del piano, lui ci può aiutare".

Deglutii, mi avvicinai a lui sedendomi al suo fianco. Continuava a guardare i fogli medici con aria rilassata come se avesse detto qualcosa di normale.

-Non abbiamo litigato ma non c'è, ho paura che sia successo qualcosa e...- mentre parlavo non mi ero accorto di aver assunto quel classico tipo di tono patetico che si ha quando si è molto preoccupati per qualcuno. Mike mi guardava compassionevole, poi tirò un sospiro.

-Starà un po' da sua madre... si riflette a lungo prima di prendere una decisione del genere, ma Newt è vulnerabile, possiamo farci poco...- sentenziò aprendo la cartella delle analisi, scorrendo con la penna le varie voci scritte.

-Sì ma sua madre è a Parigi.- asseverai sciocco.

-Appunto.- annuì Mike, alzò il capo e mi guardò. Sbiancai, allargando sproporzionatamente le orbite.

-Perché capisco sempre a scoppio ritardato?- imperai, sobbalzando dal letto come se stessi scappando da una tarantola. Guardai con sguardo supplichevole Gally, che ricambiava con occhi curiosi e preoccupati.

-Thomas non ti fa bene quest'agitazione.- il dottore poggiò le analisi sul letto e s'alzò, provando ad avvicinarsi a me, divenuto ormai una bestia sbizzarrita.

-Io devo andare da lui- cadenzai girandomi come un vortice per tutta la stanza, alla ricerca di una soluzione.

Gabbiano rassicurò il medico dicendogli che una reazione del genere l'avevo avuta anche prima e che poi ero tornato in me.-Gally noi abbiamo un patto, non tirarti indietro!-  urlai e senza far funzionare il cervello(come mi capitava la maggior parte delle volte), mi diressi verso l'uscita. Ero a un passo dalla libertà, dal trovare Newt.

Aprii la porta ma sventuratamente mi trovai l'essere che non avrei voluto vedere per circa mille anni. Deglutii tenendo il capo basso. Dal silenzio si capiscono molte cose, e lui avrebbe dovuto decifrare il ribrezzo che avevo nei suoi confronti. 

-Thomas-recitò con tono apprensivo ma restava sempre l'uomo glaciale, senza cuore. Ero bloccato, la sola vicinanza mi provocava conati di vomito.

Il suo restare fermo sull'uscio della porta,  mi impediva di passare. Per qualche minuto interminabile restai con il capo basso, mostrando il ripudio nell'averlo nella mia stessa area. Continuai a non guardarlo finché il pensiero che potesse interpretare il mio capo chino come segno di sottomissione mi picchiettò,  fu così che sollevai la testa. Sguardo sfidante e muscoli tesi.

Il mio sguardo pieno di rancore contro il paio d'occhiali spesse di George. Ancora attimi di silenzio, inavvertitamente sentii Gally, alle mie spalle,  toccarmi la mano, quasi come se mi stesse dando un segnale. Una mossa d'intesa. Mi voltai in versione del bullo, sorridendogli. Poi riportai lo sguardo in avanti, a quella figura austera.

-Se davvero mi vuoi bene,  sparisci dalla mia vita.- dissi fissandolo dritto  negli occhi, il suo sguardo da impenetrabile sembrò ammorbidirsi, come se la frase che aveva udito non gli era nuova. Con un leggero spintone lo allontanai,  e seguito da Gally, scappammo via.

Non era di certo una bella scena e forse qualcuno ci avrebbe preso, ma fui felice nel constatare del gioco di squadra con gabbiano, se  fosse stata un'occasione meno spaventosa non avrei esitato a ridere.

In fondo correvamo come pazzi andando a tentoni con l'uscita. Bocche spalancate e spettacolo pietoso: io senza mutande,  e Gally che sventolava la borsa rosa, pietosamente.






















C'era qualcosa che sembrava tanto l'uscita da quell'orribile posto. Vedevo finalmente la luce, avvertivo il vento che mi picchiettava insistente sulla fronte, prologo di un temporale. Affannato ma non desistito, spingevo le gambe in avanti, mancava poco, di tanto in tanto lanciavo occhiate alle mie spalle sperando che Gally non distasse molto.

-Me la pagherai pivello!- minacciò una volta usciti fuori, piegato in due tentando di riprendere fiato. Avevamo impiegato molto per trovare il pick- up di Teresa, e molta gente ci guardava con aria interrogativa. Avevamo incontrato anche personaggi pericolosi come infermieri, che ci avevano espressamente detto:-Entrate, tra poco scende giù una bufera!-dopo quell'esclamazione avevo liberato un sospiro di sollievo, e così anche Gally. Per fortuna c'erano capitati infermieri stupidi.

Nascosti dietro il grosso veicolo, provavamo a regolarizzare i respiri.

-Guarda il lato positivo: li abbiamo seminati.- non ero mai stato ottimista, ma questo Gally non lo sapeva.

-Come farò a scappare da una Teresa furiosa? Penserà che le ho fregato l'auto e al diavolo ogni piccola opportunità di appuntamento.- ma quanto poteva essere lagnoso!

Nervoso gli afferrai la maglia, intrappolandolo tra me e il pick-up.

-Siamo entrambi nella merda, Gally. Il mio ragazzo sta per andarsene in Francia, sentendosi in colpa. E tu puoi avere una possibilità con la ragazza dei tuoi sogni. Ora puoi salvarmi le chiappe,-feci una pausa guardando l'asfalto per poi inchiodare il mio sguardo determinato nel suo ancora poco convinto- io te le salverò a tempo debito.-

Mi fissò dritto negli occhi, schiuse la bocca appiattendo le sopracciglia. La sua espressione era impassibile e sotto certi aspetti anche buffa-Nel frattempo però c'è chi pensa che sono anch'io frocio.- mi voltai ed era vero, due signore ci guardavano con ribrezzo.

-Almeno diranno che hai buon gusto.- feci l'occhiolino, schernendo e non badando per nulla alla parola sprezzante.

-Ti soffoco.- minacciò rabbioso ma gli avevo già tirato la borsa da mano, prendendo le chiavi e aprendo l'autoveicolo.

















Approfittato che nessuno vi fosse, Gally ed io c'eravamo spogliati all'interno del pick-up di Teresa. L'abitacolo dell'auto era abbastanza stretto quindi nell'indossare maglie e pantaloni, avevamo colpito l'un l'altro con calci e pugni. Una volta sistemati e con questo intendevo: io con mutande, maglia, pantaloni di Gally, e lui con il mio camice operatorio e le sue scarpe. Ero pronto per indossare la cintura di sicurezza. Girai il viso verso di lui, che guardava con occhi spalancati il volante.

-Comunque scusa per i calci...- proferii grattandomi  l'orecchio, imbarazzato. Non dimentichiamoci che eravamo stati nudi, un gay e un etero, di cui quest'ultimo profondo omofobo. Nonostante ciò avevamo mantenuto la privacy senza sbirciare.

-Scusa anche da parte mia.- rispose come se gli pesasse. Posò le mani sullo sterzo, stringendolo.-Le mutande puoi tenertele alla fine di questa faccenda, se ne usciremo illesi.-avvisò, ingoiando saliva.

-Le darò al bidone della spazzatura fuori casa.- soggiunsi indubbio, guardando la strada davanti a noi.-Cosa aspetti a mettere in moto?- domandai allucinato, notando il ritardo inspiegabile.

Esitò, qualche mugolio e tanto silenzio, senza alcuna risposta.

-Ho fatto l'esame di guida.- avvisò con tono naturale, tranquillo.-Due volte.- la voce gli tremò appena.

Sbuffai annoiato. Aprii il finestrino poggiandovi il gomito.

-Non è il momento adatto per vantarsi di guidare come Schumacher, partiamo, per favore!- stizzii, ogni secondo era prezioso e perderlo con stupidaggini non mi andava, per nulla.

-Possibile che debbano dirti le cose tre volte?- si voltò feroce nella mia direzione e mi attaccai al sediolino, spaventato.- Sono stato bocciato, alla pratica!- spiegò e no, non potevo avere l'intero universo contro. Non ero così sfortunato. Cercai di ignorare, per quanto si potesse: la mia vita già minacciata molte volte, stava per essere messa di nuovo alla prova.

-Piedi sulla frizione, per intenderci quella a sinistra.Gira le chiavi e accendi il motore, aspetta un po'. Togli il freno di stazionamento, e metti la prima marcia. Trascina lentamente il piede dalla frizione fino ad abbandonarla, poi vai con l'acceleratore.- spiegai candido, non c'era nulla che fosse errato in quella mia spiegazione diretta e precisa.

Eppure Gally mi guardò basito.

-Se sai tutte queste cose, perché non guidi tu?- domanda ovvia.

-Perché non ho fatto alcun esame, tu ne hai due.- risposi certo che fosse una  giustificazione plausibile.

-Non superati uguale a un pessimo guidatore. Qui finirà male, andremo in galera sia per furto di questo mezzo,  incidenti e tamponamenti, e vogliamo aggiungere che non ho la patente?- Wow, il tipo paranoico seduto affianco a me non sembrava proprio il bullo che mi aveva massacrato  in tre anni scolastici.

Proprio vero: non si smette mai di conoscere le persone.












Tra uno sbuffo e l'altro, tra incoraggiamenti e occhi spalancati a destra e manca, Gally se la stava cavando bene a contrario di come mi immaginavo. A parte che ogni tanto spegnava l'auto,  cnon si fermava a uno stop,  ma aveva  pur sempre schivato per trenta e per trentuno un tir ad alta velocità.

-Quell'autista mi stava salutando!- sorrise fiero, -è il terzo in dieci minuti, incredibile, ma credimi io non li conosco!- come avrei dovuto spiegargli che stavano imprecando, facendogli segno di dargli precedenza?

Alla fine optai per il "sorridi e annuisci", meglio lasciarlo nuotare sicuro nel mare delle sue convinzioni.-Avrò anche una certa popolarità ma non frequento ultrasessantenni.- proferì allontanando lo sguardo dalla strada per guardarmi.

-Avanti Gally, è lì che devi guardare!- strillai, abbandonando la più stenua sopportazione.

-Okay, tranquillo...comunque per me è stata una scoperta che tu e Newt...insomma, ti immaginavo con Teresa.- diede voce ai suoi pensieri, permettendomi di conoscerlo di più,  oltre il suo essere superficiale e idiota.

-È per questo che ti stavo sul caspio, credevi che Teresa fosse la mia ragazza.- dedussi non riuscendo a contenere una risata. Gally mi affiancò, confermando.

Dopotutto non era male.


















Tre. Questo era il numero degli infarti che avevo rischiato con Gally alla guida, semmai fossi sopravvissuto, avrei dovuto ricordare di non salire più in macchina con lui al volante.Un forte batticuore si instaurò al centro del petto alla vista del grande aeroporto. Ali di gabbiano durante il tragitto mi aveva prestato il suo telefono dicendomi che chiamare Newt sarebbe stata una scelta sensata, ma ovviamente il suo telefono era irraggiungibile.

Quando arrivammo frenò di sbotto, quasi rischiò di investire un pedone.

-Frenata eccitante come tutto il viaggio!- esclamò radioso, fiero di aver guidato "bene". Se avesse visto in che stato fosse il mio stomaco, avrebbe riflettuto un po' di più. Accennai un sorriso di circostanza, per nascondere il mio profondo disappunto, provando a eclissare la paura che prorompente si faceva spazio in me.

-Io vado...-avvisai e l'aria sembrava essersi bloccata all'interno dei polmoni, non uscendo. Un peso sempre più tedioso si faceva presente sul mio stomaco, aumentando smisuratamente la paura.

Strinsi la manovella, pronto per scendere dal pick-up. Diedi un' ultima occhiata a Gally, mentre lui con un segno della mano mi fece capire che avrebbe aspettato lì, sperando positivo.

Quando poggiai i piedi sull'asfalto liscio e ben lustrato, mi sentii mancare il pavimento, come se qualcosa mi trascinasse per finire sottoterra. I miei occhi predatori, viaggiavano tra la folla cercando una chioma bionda.

C'era tanta gente, troppa. Gli aeroporti e le stazioni mi avevano sin da sempre trasmesso un senso di nostalgia, abbandono.

Beh...come luoghi erano abbastanza insoliti, quasi inquietanti.

Chi va, chi viene...luoghi in cui ci si ritrova, non sempre per partire c'è anche chi ritorna ma avevo avuto sempre una concezione negativa e non l'avrei cambiata facilmente. 

Scalzo, cominciai a correre non badando se a terra vi fossero cocci di vetro o sporcizia varia. Non mi importava di nulla se non ritrovarlo, in tempo.

Deglutii, ero nel grosso atrio, molta gente con le valigie salutava i cari. Chi, invece, sorrideva per aver intravisto la dolce metà, un parente, un amico. Io ero lì, mentre la vita continuava a fare il suo corso, restavo immobile a guardare milioni di persone di cui non avrei ricordato il volto neanche un minuto dopo. Scalzo, guardavo tutti, basito. Tutti andavano di corsa, e anche io mi sarei mosso,  se non avessi provato quel senso di vuoto e dispersione. In alto, di fronte a dov'ero, vi erano i diversi tabelloni che segnavano gli aerei decollati e quelli pronti a partire. Non gli diedi alcuna occhiata, molte volte non erano affidabili. A passi d'elefante mi avvicinai al bancone più prossimo, dove una lunga fila attendeva ansiosa il proprio turno.

-Un'informazione!- sbottai con la mano alzata, pregando che le persone che avevo sgarbatamente superato non mi maledicessero. Mi avvicinai all'hostess che consegnava i biglietti.

Era una ragazza poco più grande di me. Aveva la carnagione olivastra, gli occhi castani, lo stesso colore dei capelli, che teneva racchiusi in uno chignon. A vestirla era una giacca elegante alla quale sicuramente era abbinata un altrettanto gonna chic. Sulla camicia bianca potei scorgere una targhetta con i suoi dati personali, per quel che ne capii doveva chiamarsi Brenda.

-Dovresti rispettare la fila.-disse con tono sereno,  più che un rimprovero sembrava un consiglio, guardò un attimo la folla,-Avrei paura se fossi in te.- scherzò guardandomi, accennando un'occhiata maliziosa.

-Ho bisogno solo di sapere se c'è qualche aereo per la Francia, qualcuno che ancora non è decollato!- proferii agitato come un fiume in piena, ticchettando nervosamente sul bancone.-Perdonatemi- mi girai verso la gente che imprecava-un attimo e vado.- promisi, stringendo le dita dei piedi, imbarazzato.

La ragazza in silenzio visionò alcuni dati sul computer, dopo diverse digitazioni qua e là, sollevò la testa.-Mi dispiace, ho controllato,  l'ultimo è partito cinque minuti fa.- come gesto automatico portai le mani nei capelli Colpito e affondato. Non avevo parole per descrivere quanto mi sentissi inutile, perso e vuoto. Il caos che mi era attorno sparì e davanti al mio viso, fantasiosa, si piazzò un'immagine: Newt che se ne andava e io che non riuscivo a fermarlo.

Avevo fallito.

Un signore anziano panzuto si avvicinò scostumato, spingendomi, e involontariamente mi scosse da quei demoni chiamati pensieri.

Aveva borbottato qualcosa, ma l'avevo palesemente ignorato.

Mi allontanai infastidito, le provai tutte:a mettermi sulle punte, a salire in piedi sulle sedie d'attesa, avevo anche adocchiato il microfono per lanciare un messaggio che potessero udire tutti, ma i poliziotti mi guardavano prevenuti.

C'era mezzo mondo e non lui. Un aeroporto stracolmo di persone, per me era vuoto. Mentre molti mi guardavano con occhi strabuzzati, altri, invece, mi deridevano, credendo che avessi dimenticato di indossare le scarpe.

Dovevo tornare da Gally? Forse era la scelta più sensata. Così facendo quello che avevo appena pensato,  mi diressi verso l'uscita, sconfitto.

-Che inferno...- appurai alzando la gamba per fare un passo. Un passo che mi avrebbe portato fuori da quel luogo caotico, di  frequenti addii e rari ben tornato. Un passo che mi avrebbe portato via definitivamente da Newt.

-E io sono Caronte.-una voce angelica per nulla appartenente agli inferi, parlò. Le mie orecchie infastidite da quel gran caos si riuscirono a concentrare e a sentire solo quelle parole, forse perché vicine o perché fottutamente familiari. Mi sembrò un sogno, un' illusione. Mi voltai, togliendomi il beneficio del dubbio, sperando di non aver dato spazio alla mia immaginazione.

Chiusi e aprii gli occhi, incredulo. Boccheggiai, incapace di parlare.

Era lui. Mi sorrideva dispiaciuto, stringendo la valigia. Doveva ancora partire? Non capivo, i voli non erano forse finiti?

-Che ci fai qui?- domandò incredulo, guardando il caos che ci attraversava, che ci invadeva. Avrei voluto dire "sono venuto qui per fermarti." ma preferii essere restio, mi aveva pur sempre ferito.

-Potrei chiederti lo stesso.- risposi con un pizzico di acidità-dovevi andare in Francia, no? Sei arrivato in ritardo a quanto pare.- feci spallucce, sorridendo cattivo. Senz'altro ero felice di vederlo ma non potevo contenere la mia rabbia. Non potevo dimenticare che era scappato, senza dirmi nulla.

Sorrise beffardo,  il solito sorriso sfidante e malizioso.  Poi abbassò lo sguardo, e un leggero rossore gli colorò le guance.

Innalzò la mano mostrandomi un fogliettino rettangolare: un biglietto.

-Non sono in ritardo.- disse secco, stupendomi.-Non ho riposato tutta la notte, ti ho guardato dormire, tra le mie braccia e ho capito che era il panorama migliore, meglio dell'alba, del sole che cala riflettendo nell'acqua del mare. Quando la paura ha preso il sopravvento ho lasciato l'ospedale, sono tornato a casa per darmi una sistemata e per prendere la valigia, il biglietto e...sono stato qui per tanto tempo, seduto su una sedia qualunque pensando alla mia vita. Quella che avrei dovuto vivere da protagonista, sarebbe stata da spettatore senza te. La verità Tommy, è che non mi è mai sfiorata l'idea di partire.- aveva proferito quella frase tremante, le sue guance erano bagnate da lacrime e lo stesso le mie. Perché non gli credevo? Sarebbe partito appena avesse potuto, lo sapevo.-Nemmeno solo per un istante.- si abbassò, poggiò la valigia sulle ginocchia e l'aprì-Non c'è niente.-

Per quanto sembrasse strano, quella valigia vuota fu la prova schiacciante.

-Ciò che avrei voluto portare con me, non poteva essere in una valigia.- appurò infine avvicinandosi a me.

Boccheggiai, le vie respiratorie, soprattutto il naso,  era tappato dai muchi nati per le troppe lacrime. Ero incredulo, meravigliato, stupito.

Newt si avvicinò, la distanza tra noi era quasi sparita. Indietreggiai un po', per un attimo non capii.

-Ma tu non...-replicai confuso, Newt non era il ragazzo da effusioni amorevoli in pubblico, eppure sorrise, mi zittì con uno dei suoi soliti-Shh- e senza curarsi che intorno avessimo persone di tutto il mondo, prese dolcemente il mio viso tra le sue candide e fredde mani, fiondandosi sulle mie labbra.

Un bacio casto, puro, trionfante, che non ebbe paura di tramutarsi di qualcosa di più passionale, bagnato, focoso.

Quel bacio era una vera dimostrazione d'amore.

Durò pochi secondi, e quando ci staccammo,  le nostre tempie si sfioravano affettuosamente l'una contro l'altra.I respiri si scontravano e le labbra erano più rosse che mai. Allargai la bocca in un grosso sorriso,  e Newt fece lo stesso.

-Ti amo.- enunciai semplicemente, stringendogli amorevolmente i fianchi.

-Ti amo anch'io,  Tommy. - non ci credevo, quelle due famose parole composte da cinque lettere erano nostre. Le avevamo dette, guardandoci negli occhi, con voce tremante, sinceri l'uno con l'altro. Newt schiuse le labbra-E semmai dovessi dimenticare, ricorda: senza te niente posso, niente sono.-

Quella frase, che come tutto il resto mi aveva folgorato, mi lasciò ancor di più interdetto. Ci fissammo di nuovo  negli occhi, con sguardi innamorati;  fu impossibile fermare le nostre labbra, che allegre, si unirono di nuovo.

Un bacio che rappresentava la tanta voglia d'amarsi,  che ci divorava sempre più; restammo lì a stringerci, a coccolarci, incuranti che l'intero mondo ci stesse guardando.
























Spazio Autrice: Carissimi lettori, perdonate per questo tempo lungo e l'ora! Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi ha emozionato, fatto arrabbiare o altro. Si sono detti ti amo, finalmente e chi ricorderà Indelible avrà notato qualche riferimento al primo capitolo! Sabato cioè domani sarà pubblicato l'epilogo. Eh già, è finita quest'avventura cominciata a inizio settembre, che dire se non grazie a tutti voi?
Beh...non affrettiamo le cose,  ci sarà un capitolo a parte per i ringraziamenti. Ps: è stato un parto, capitolo più lungo quasi 8000 parole ma spero che vi abbia reso felici. Per una volta tanto dopo capitoli tristi, volevo divertirvi. Perdonate come sempre per gli orrori che mi saranno sfuggiti,  baci!

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