26

*Spazio Autrice: Carissimi lettori, perdonate l'ora ma scrivere questo capitolo non è stato facile,  spero che vi colpirà comunque. Stavolta c'è il punto di vista di Newt e anche uno piccolo di Thomas ( fatto un po' dai  ricordi e dal sogno causato dal coma) Anche qui vi consiglio di ascoltare qualche canzoncina triste, io ad esempio per la stesura ho ascoltato questa sopra che è Under male version, ma anche: let's hurt tonight, alone, sing me to sleep sempre di Alan Walker, lost in the echo dei Linkin Park. Beh...buona lettura e ci sentiamo giù*

















Newt se ne stava seduto su una sedia dell'ospedale o almeno era quello che gli aveva chiesto Chuck, che vedendo la sua disperazione, diveniva sempre più ansioso e, cosciente, abbandonava ogni speranza. Riccioli di cioccolato aveva appena visto Thomas balzare in aria, scoperto di essere suo fratello e, cosa peggiore, lo aveva tenuto morente tra le braccia. Sentiva tutto quel peso sulle spalle, un macigno nel cuore e non c'era nessuno che potesse confortarlo, dopotutto era un bambino e aveva vissuto diversi e grossi traumi, tutti nello stesso momento.

Tra un singhiozzo e l'altro aveva rivelato a Newt di essere il fratello di Thomas, ma il biondo era troppo scioccato per dargli ascolto. Quel piccoletto necessitava di essere confortato, in fondo era soltanto un bambino con già tanti problemi.

Ma... per quanto piccolo e per quanto avesse una vita triste, sapeva di non poter chiedere né pretendere attenzioni da Newt. Il biondo non condivideva il sangue con Thomas, ma aveva condiviso qualcos'altro della stessa importanza: l'amore.

Era proprio quello che teneva ancora in piedi Chuck. Quel moribondo era o no suo fratello? In lui vivevano i pregi di Thomas che, anche se combina guai, sciocco, scapestrato, aveva un cuore grande. Un cuore che avrebbe fatto di tutto per Newt.

Dopo quell'urto, chiunque non avrebbe più aperto gli occhi e, invece, Thomas c'era riuscito. Aveva la forza di un uragano e l'avrebbe avuta anche Chuck; sarebbe stato un sostegno per Newt che appena venuto a conoscenza di quel  drammatico avvenimento, minuto dopo minuto, appariva sempre più vulnerabile e...fuori di sé. 

Sembrava non riconoscere più il luogo in cui fosse né le persone attorno a sé; s'avvicinava a infermiere, dottori e persino a gente che era lì per visitare i familiari ricoverati, chiedeva di Thomas e nessuno gli dava risposte che potessero aiutarlo.

I primi dicevano di non averne idea e che, molto probabilmente, aveva sbagliato piano, le persone comuni , invece, gli davano del pazzo, guardandogli shockati le braccia sporche di sangue. Occhiate altrettanto simili colme di ribrezzo erano rivolte anche a Chuck, per la sua t-shirt rovinata completamente da quel liquido rosso scarlatto. Terrorizzati si dileguavano a passi veloci, mentre Newt cercava soltanto delle risposte, degli aiuti che, puntualmente, non arrivavano.

Aveva un brutto aspetto:dalle tante lacrime gli occhi s'erano scavati, occhiaie nere risaltavano la loro presenza perché evidenziate dal pallore del suo viso. E una voglia di morire lo spingeva a fare sciocchezze.

Su consiglio del piccolo, si era appena seduto su quella sedia scomoda del pronto soccorso, dopo aver "consumato" il pavimento andando avanti e indietro agitato, mangiandosi le mani e le unghie.

"Nessuno capisce il dolore " era la frase che ripeteva di continuo la sua testa. Quella testa che avvertiva come un masso talmente pesante che il collo a momenti sembrava spezzarsi.

Si sentì toccare la spalla: era Chuck. I loro sguardi seppure diversi e per niente simili dicevano le stesse cose: dolore, rabbia, paura.

-Se Tho...mas non deve mollare, - enunciò quel nome con voce tremante-anche tu non devi farlo.- incoraggiò poi, guardando il biondo dritto negli occhi. Come gesto rapido il ragazzo portò le mani nei capelli, scostandoli dalla fronte umidiccia. Respirava affannato.

-Non so se ce la farò...io...io non ce la faccio senza di lui. - disse portando le mani davanti al viso con un filo di voce. Voleva nascondere il dolore, le lacrime, ma non ce ne era bisogno, non doveva vergognarsi di mostrare la sua fragilità a Chuck. Il "piccoletto" dolcemente gli scostò le mani dal viso.

Lo guardò con il suo sguardo da innocente e proferì-Thomas ce la farà. - "era determinato", pensò Newt, quasi lo invidiava. Avrebbe tanto voluto avere la sua speranza e la sua ingenuità ma in fondo, in quella situazione, quelle virtù potevano essere sinonimi.

Aveva visto quel sangue a terra...ne era davvero tanto e, cosa più orribile, era ricordare le parole di suo padre dette prima di uscire di casa -...Hanno chiamato un'autoambulanza ma sembra che non serva...- quella frase non gli lasciava riposo. Come se stesse impazzendo la sentiva e risentiva rimbombare nella testa, sempre più forte.

Parole dure, tristi, prive di speranza.

-Ne sembri convinto.- elogiò, curvando la bocca in un angolo, accennando un sorriso sornione, poi abbassò lo sguardo fissando il bianco e freddo pavimento di quel corridoio.

-Ce la farà per te!- esclamò con grinta. Newt alzò gli occhi, sorpreso. Sapeva che il bambino non stesse meglio di lui, eppure aveva quella strana luce negli occhi, come se non fosse umano. Era da invidiare e non perché piccolo, ingenuo, ma perché più di chiunque altro non perdeva la forza di crederci.Era un combattente.

Newt abbozzò un sorriso di circostanza e, come gesto d'affetto, per allentare la pressione di quegli attimi, grattò la testa di Chuck, scompigliandogli i capelli.






















Era passata un'ora tra il più profondo silenzio e la più letale agonia, quel reparto sembrava morto. Non era passato nessuno o almeno nessuno che sapesse di Thomas, era l'ospedale giusto? Certo, a Manhattan ve ne era uno soltanto eppure Newt non aveva avuto ancora sue notizie.

Tra le tante idee che lo torturavano ininterrottamente, c'era anche quella di trovare suo padre e chiedere a lui, tre quarti di vita li aveva trascorsi lì, e prima di essere coinvolto in "quell'omicidio", era stato primario. Ma voleva farcela da solo, fidarsi del suo istinto e trovare a qualunque costo il ragazzo che amava.

"Ci deve essere una soluzione." disse a sé, ma cosa poteva fare? L'unico reparto in cui potesse essere, era quello, per lo più sembrava disabitato e le porte che permettevano di accedere ad altri piani erano chiuse, bloccate.

Perché? Non ne capiva il motivo. Mentre parlava tra sè si accorse che Chuck si era addormentato. Quasi come se il piccoletto avesse avvertito lo sguardo di Newt su di sé, aprì gli occhi di sbotto.

-La sua spalla era molto più comoda di queste sedie.- sbottò tra il malinconico e l'angosciato, era troppo stanco per rendersi conto di aver utilizzato un tempo al passato, cosa che però non sfuggì a Newt.

Un calore improvviso, paragonato al fuoco, gli salì rapido alla testa, facendogli dare di matto. Si voltò verso Chuck -È! - urlò- La sua spalla è comoda!- Newt  non era più lo stesso, completamente diverso da quello che Chuck conosceva: non c'era nulla di gentile, solo rabbia, delusione e frustrazione.

Il dolore uccide. E Newt aveva l'aspetto di uno che all'orlo di un precipizio, invece di tirarsi indietro e salvarsi, faceva un passo in avanti, l'ultimo, prima di cadere nel vuoto; come aveva fatto Thomas, dopotutto.

-Scusami Chuckie...non so cosa mi prende- portò le mani alla testa massaggiandola. Era ancora più nervoso-ho la necessità di spaccare tutto.- proferì con tono calmo, come se la cosa che aveva appena detto fosse del tutto normale. Provò a controllarsi ma fu inutile.

-Scusami...- proferì ancora, stavolta con tono ancora più implorante. Chuck non ebbe neanche il tempo di capire a cosa si riferissero quelle scuse, che Newt s' alzò furioso e, a passo deciso s'avvicinò a un carrellino d'acciaio, vi  inveì contro, facendo cadere tutte le flebo e medicinali vari racchiusi nelle boccettine di vetro.

Come un pazzo buttava all'aria tutto ciò che si trovava dinnanzi: dalle sedie ai carrellini, per arrivare anche a strappare i cartelli salutari che sono soliti ricoprire le pareti dei corridoi.

-Vi odio tutti!- urlò incontrollabile richiamando l'attenzione degli infermieri del reparto accanto. -Mi avete sentito?- urlò ferocemente-Vi odio, vi odio, vi odio!- gridò con tutta l'aria che aveva in corpo, dallo sforzo era visibile l'ingrossamento di alcune vene del collo. I pazienti, che stavano riposando nelle loro stanze, uscirono preoccupati. Gli occhi furibondi di Newt si scontrarono per un attimo con quelli di un paziente:magro, calvo e piuttosto pallido. Non impiegò molto a capire che era finito nel reparto di Oncologia. Un'altra lacrima gli bagnò le guance come se volesse dire "perdonatemi..."

Provò a tornare in sé. Ci fu un attimo di silenzio e poi una domanda. Una soltanto  ma a cui necessitava obbligatoriamente la risposta. Abbassò lo sguardo e con tono calmo scandì con determinata lentezza tre parole-Dov'è Thomas?-  Gli infermieri che erano accorsi continuavano a guardarlo senza proferire parola. Newt era un'altra persona, avanza verso di loro con occhi sgranati, terrorizzandoli.

-Voi non mi rispondete- muoveva la testa dall'alto verso il basso-E va bene...- pronunciò con un sorriso provocatorio avvicinandosi a un carrello ancora intatto. Prese una boccettina, la portò agli occhi per vedere cosa ci fosse scritto in caratteri minuscoli.-Cloruro di sodio in acqua purificata.- lesse e, senza alcuna esitazione, gettò la fiale a terra con tutta la forza, rompendola in tanti pezzi. I medici si allontanarono temendo che il vetro potesse ferirli e facevano bene, perché il ragazzo senza alcun controllo, ogni cosa che trovava davanti gliela scagliava contro. Era incontrollabile e temibile.

-Beclometosone di propionato.- enunciò e, con un gesto rapido, anche quel campioncino giaceva a terra, di fianco all'altro.

-Posso andare avanti per ore, a quanto pare qui per essere notati bisogna avere dei problemi. E lasciate che ve lo dica: sì, ho dei problemi ma con voi. - passò la lingua tra le labbra, inumidendole.-Siete tanto preoccupati di uno svenimento, di un malore, ma quelli che soffrono aspettando i vostri esiti? Ci avete mai pensato alle emozioni che provano, seduti su una sedia senza aver fame, sete, sonno...perché l'unica fottuta cosa che pensano è se la persona cara che sta combattendo tra la vita e la morte ce la farà?Avete la benché minima idea di cosa significhi provare dolore e rifugiarsi in una speranza illusoria?In una speranza senza senso. Se non ci avete mai pensato, vi dico io come è...-si toccò la testa mentre tutti lo fissavano, vide avvicinarsi figure, erano  le persone che ore fa lo avevano guardato con aria di disgusto, stavolta però sembravano diversi, comprensivi.-Un vero schifo.La verità è che per voi  noi siamo trasparenti. Dovreste curare i cuori più di ogni altra cosa e non in senso letterale.- prese quei pochi campioncini superstiti, lanciandoli a terra tutte assieme.

Newt aveva ragione e questo non lo pensava soltanto Chuck ma anche quella gente che era lì per scoprire se i parenti, amici, sarebbero sopravvissuti.

"Solo chi è stato o è nella tua stessa situazione può capire. Il dolore ha tante forme."

Chyck guardava sgomentato la scena, avrebbe voluto parlare con Newt, ma sapeva che non gli avrebbe prestato attenzione. Era fuori di sé, quindi s'avvicinò a una donna anziana bionda, sul camice c'era un'etichetta con su scritto i suoi dati.

Chuck lesse " Paige Ava, capo reparto".

-Vi prego di credermi- proferì con tono tremante e mortificato- lui non è così. Sta male perché...- mentre cercava di giustificare quel comportamento inammissibile, la donna riportò lo sguardo su Newt, ignorando completamente le parole del bambino, che  invano cercava di salvare l'amico da qualcosa di pecuniario, o peggio, una nota disciplinare che avrebbe pesato sulla fedina penale.

-Ora basta!- tuonò rabbiosa- Forse tu non ti rendi conto che c'è gente che ha bisogno di quelle medicine!- rimproverò la donna con sguardo per nulla comprensivo, bensì autoritario.

A quella esclamazione Newt rise, e rise tanto. Era ben percepibile che era una risata di scherno per niente sentita. Priva di umorismo.

-Come voi non vi accorgete che io ho bisogno della mia! Dov'è il mio Tommy, eh?- digrignò a denti stretti e la sua espressione adirata si addolcì soltanto quando proferì quel nomignolo.

-Se non lo salverete...vi ucciderò tutti!- minacciò poi senza staccare lo sguardo da quella donna anziana, bionda e dai tratti severi.

D'un tratto non si si sentì più libero di muoversi, voltò la testa notando due grossi infermieri che gli tenevano le braccia bloccate, mentre un altro si avvicinava con una siringa. Provò a dimenarsi -Lasciatemi!- ordinò ma fu vano.- si sentì pungere, avvertì un formicolio nel braccio, cosa gli avevano iniettato?

Non lo sapeva, vedeva soltanto dei pallini che gli offuscavano la vista.

-Se non salverete Tommy...- farfugliò confuso.Roteò gli occhi all'indietro, le pupille non erano più visibili, bensì si potevano notare soltanto i bulbi oculari arrossati dalle tante lacrime. Chuck si accorse subito di quella stranezza, provò ad avvicinarsi ma gli uomini vestiti di bianco glielo impedirono, -Io lo raggiungerò.- sentenziò con voce impastata, si rilassò tra le braccia di quegli uomini e, senza forze chiuse le palpebre.
















Newt's Pov

Come si sente una persona che ha perso tutto?

Una sploff, sì...ma io mi sentivo molto peggio. Prima di perdere i sensi, ricordavo solo di aver cominciato a vedere strani pallini, avvertivo ogni singolo suono come un boato e,  cosa più strana era quell'incredibile calma, che mi aveva avvolto al punto da farmi lasciar andare. Ero crollato in un sonno profondo e ora qualcuno mi stava destando da quel buio incessante.

Mi chiamava assiduamente, detestavo l'insistenza con cui lo facesse, la testa mi doleva. E mi sentivo flebile, come un leone che vive i suoi ultimi giorni. Sembrava che mi fossi scolato litri e litri di camomilla. Ero fin troppo calmo. Che mi avessero drogato? Dopotutto non ricordavo niente.

-Newt, apri gli occhi!-  mi schiaffeggiava qualcuno e a momenti lo avrei preso a calci nel di dietro.

"Sicuramente era Thomas, certe volte il mio Tommy sapeva essere davvero rompiscatole."

-To...Tommy, non ora.- biascicai voltandomi all'altro lato per continuare a dormire.

Mi sentivo così fuso.

Nuovamente percepii quella sensazione di trappola. Sbarrai gli occhi spaventato e il mio sguardo si scontrò con quello scuro e accusatorio di mio padre alias dottor Mike. Guardai a terra, ero in un letto singolo e il suo bloccarmi mi aveva evitato una caduta brutale faccia-pavimento. Avrei dovuto ringraziarlo, ma rimasi  in silenzio. Mi tirai a sedere, prendendo conoscenza mi accorsi che accanto a mio padre c'era Chuck,  gli sorrisi e fui felice che lui ricambiò con altrettanto entusiasmo.

-Come ti senti?- chiese il mio genitore toccandomi la fronte. Cos'erano quelle smancerie?

-Sopravvivo...- risposi, evitando il contatto e mettendomi seduto.-Cosa è successo?- domandai confuso.

Mi si riaffiorarono alla mente diverse immagini in bianco e nero: quella chiazza di sangue, Chuck shockato, le infermiere. E una morsa di dolore sembrò travolgermi, uccidendomi più di quanto non avesse già fatto nelle ore precedenti.

Mike sbuffò con aria simpatica portandosi le mani nei capelli-La domanda è cosa non hai fatto.- puntualizzò con un sorriso.

Non me lo aspettavo, sembrava piuttosto calmo e io ero convinto di aver fatto qualcosa di incredibilmente irreparabile e imperdonabile.-Proprio con Ava Paige dovevi perdere le staffe? - domandò porgendomi una tazzina di caffè,  attento a non scottarmi, la afferrai.

Toccai la testa che sentivo ancora troppo addormentata. Pian piano le immagini cominciavano a farsi nitide e, con molta pazienza,  provai a ricostruire l'accaduto.

-Io non c'ero ma il video sta spopolando sul web, quindi so perfettamente cosa è successo: da psicopatico hai fatto fuori un sacco di medicinali, farneticavi frasi e, cosa peggiore, hai minacciato di uccidere il team di medici se non avessero salvato Thomas. Hai  tralasciato il fattore più importante: non toccava a loro salvare Thomas, bensì ad altri.- spiegò Mike seduto sullo sgabello, mentre Chuck attorcigliava le mani l'una all'altra e si guardava intorno, non sapendo cosa fare.

-Mi rimproveri solo che ho sbagliato destinatari?- spalancai la bocca, completamente stupito. Ero basito non solo per l'appoggio di mio padre, ma anche perché non credevo di essere stato capace di mettere sottosopra un intero reparto.

-Hm...Sì, sul web sei conosciuto come: il portavoce dei malati e non, è su un  blog.- informò con aria fiera.-Vuoi vederlo?-

-Ma anche no!Che gente... io mi sfogo perché distrutto dal dolore e uno mi riprende per mettermi in internet!- bevvi il caffè e, irrequieto,  saltai giù dal letto.  Solo quando fui in piedi notai bene in che stanza fossi: pareti azzurre, due piccole finestre con le tapparelle semi-alzate che lasciavano entrare quei freddi fasci di luce. Qualche cartellone che consigliava di lavare frequentemente le mani, e una porta che faceva accedere sicuramente a un bagno in camera.

Insolita come stanza dell'ospedale.

Portai gli occhi su Chuck, mi avvicinai sedendomi affianco a lui.

-Non è una cosa negativa, ti apprezzano.- elogiò Mike guardandomi con sguardo fiero? Sì,  sembrava davvero contento.

-Al punto da sedarmi.- risposi ironico, abbassando lo sguardo.-Perché è quello che hanno fatto.-

-Sì, ma tu eri incontrollabile.-controbatté provando a farmi ragionare.

-Potevano parlarmi, no? Informarsi su Thomas...ma non hanno fatto nient'altro che dimostrare ciò che ho detto: non sanno fare i medici.- sputai acido senza accorgermi che molto probabilmente avevo offeso anche mio padre, dopotutto era un cardiochirurgo.-Loro non sanno che sono tuo figlio.- constatai alzando lentamente il viso.

-Non lo sapevano prima che io glielo dicessi,-interloquì e il mio sguardo da spento si accesse con un pizzico di curiosità.-Già...gli ho detto che sei mio figlio e che, secondo me, hai tutte le ragioni per essere arrabbiato.- Mike risultò per l'ennesima volta impacciato: fregava con veemenza le mani l'una, si grattava la nuca e si scrollava da dosso polvere invisibile solo per fare qualcosa.

-Ora mi chiameranno anche viziato.- sbuffai alzandomi e dirigendomi verso la finestra, mi affacciai.

-La gente può credere quello che vuole, tu sei tu.- ammonì. Io ero di spalle ma sorrisi, per una volta Mike aveva fatto quello che fa un padre: consigliare.

-Su Thomas non preoccuparti...è in sala operatoria.- avvisò e mi sentii ibernare. Il sangue s'era gelato nelle vene e il freddo saliva dai piedi, i quali sembravano bloccati in grossi pezzi di ghiaccio. Un ghiaccio che sempre più sembrava avvicinarsi ed estendersi nel petto.

-S...sala ope...ratoria?- feci domanda sconvolto. Anche Chuck aveva in viso un'espressione sconcertata.

-Inizialmente non volevano...i suoi battiti erano deboli e irregolari poi, all'improvviso, sembra che qualcosa sia cambiato, i battiti si sono regolarizzati. Chissà... forse per un attimo è tornato cosciente e ha capito che qui aveva qualcosa di molto importante.- s'avviò per uscire dalla porta-O meglio qualcuno.- mi sorrise e vedere mio padre, così altruista, al mio fianco e soprattutto umano, mi fece ammorbidire. Curvai la bocca in un sorriso ricambiando quel gesto affettuoso che non avevamo mai avuto.-Scoverò altre informazioni,  abbi fede!- diede un pizzicotto affettuoso sulla guancia destra di Chuck e veloce raggiunse i colleghi.

La porta si chiuse alle sue spalle e, io non sapendo cosa fare,  tornai a fissare il cielo grigio all'infuori della finestra.

-Tu c'eri Chuck...se per te non è trop-

-Sono il fratello di Thomas, Newt!- interruppe il mio discorso scoppiando a piangere.

Ero stupito, in fondo il loro incontro era stato casuale, quasi dettato dal fato, eppure qualcosa mi diceva che già lo sapevo. Vedevo le mosse dell'uno nell'altro,  i loro sguardi...anche se strano Chuck mi era sempre apparso come la miniatura di Thomas, forse con qualche difetto in meno ma entrambi stupendi e con qualcosa di rivelante in comune: il sangue.

Il mio istinto non si era sbagliato, ma cosa diceva ora riguardo alla sopravvivenza di Thomas? Ce l'avrebbe fatta? Questo non poteva  saperlo, nemmemo quei finti medici.

-Non ce la facevo più a tenerlo dentro...-si giustificò come se quel liberarsi fosse un peccato.

-Perché non me lo hai detto prima?- mi avvicinai velocemente, inginocchiandomi. Lui era in piedi e come un cucciolo bastonato, teneva il capo fisso a guardare il pavimento, le tante lacrime gli inzuppavano quella t-shirt ormai rovinata da fin troppe cose.

Con le dita gli asciugai le gocce di pianto, sorridendogli rassicurante-Non devi piangere...- mi si buttò contro al petto, stringendomi forte.- Sh...andrà tutto bene.- ripetevo al suo orecchio, sentendo i sussulti aumentare. Amorevole gli carezzavo quei bellissimi e voluminosi ricci-appena ti riprendi, che ne dici di raccontarmi?- proferii cauto sperando di non aver fatto una domanda azzardata.Si staccò e con il suo visino dolce muovendo la testa dall'alto verso il basso, acconsentì.














Thomas's Pov

Memories

-Voglio essere un perdente, perché cavolo l'amore, i batticuori, è bello! Lo voglio gridare al mondo se è necessario, non nasconderò a nessuno chi sono né chi voglio al mio fianco. Io ti starò vicino come inconsapevolmente abbiamo fatto in tutto questo tempo l'uno per l'altro, ti sosterrò e ogni volta che sarai tentato a mollare non te lo lascerò fare con facilità. Se saremmo perdenti con l'amore, saremmo vincitori per noi stessi.-  

-Newt...- dissi con voce strozzata. Era sparito tra gli alberi di quel bosco e non riuscivo più a vederlo. Non capivo dove fosse.

-Tommy, ce la puoi fare! Io e Chuck stiamo facendo di tutto, ora tocca a te!- incoraggiò, ma dove poteva essersi nascosto? Beh...era anche vero che quel luogo era molto grande. Gigantesco e dispersivo proprio come un labirinto.















Newt's Pov

-Sembrava deluso...- raccontò Chuck fissando un punto fisso dinnanzi a sé, ricordando quel brutto incidente-Io ero sul marciapiede e quando il rombo di una macchina ad alta velocità ha catturato la mia attenzione, mi sono voltato verso di essa, mi ci è voluto poco per capire che Thomas fosse in pericolo e così  l'ho chiamato...- fece una pausa, sospirando. Io provavo a immaginare la scena, anche se era abbastanza straziante.-Lui se ne è accorto ma non sembrava spaventato,  non credo fosse cosciente di quello che stava per succedere. Poi...il modo in cui ha rivolto lo sguardo al guidatore, mi ha fatto pensare...-scostò all'indietro il ricciolo caduto davanti agli occhi- Sono sicuro che Thomas lo conoscesse e che la cosa fosse del tutto intenzionale. E se te lo stai chiedendo: no, non sono suggestionato dalla signora in giallo o da Sherlock Holmes.-

Restai in silenzio, poteva avere si e no dieci anni ma il modo in cui ragionava mi spiazzava. Riusciva ad essere lucido  anche in una situazione drammatica e scioccante come quella, alla quale a mia differenza aveva anche assistito.

-Thomas non lo guardava sorpreso.- affermò determinato.

-Stai ipotizzando che Thomas si aspettava quel sgarro da quella persona? Un incidente premeditato?- corrucciai la fronte. Il racconto stava prendendo una piega interessante.

-Non ho mai creduto al caso e poi il fatto che Thomas potesse conoscere il suo investitore è molto probabile. Era un ragazzo da quello che ho potuto vedere. - Quando Chuck proferì ragazzo, inevitabilmente la mia mente concretizzò un viso, una faccia che avrei preso a sberle. Una persona che avrei ucciso: Kevin.

Poteva anche non essere lui, ma il racconto di Chuck sembrava spingermi a credere che lo fosse. Deglutii, se era davvero lui i miei piani di proteggere Thomas erano miseramente falliti e...se non ce l'avesse fatta, sarei stato io la causa della sua morte?

No, non potevo essere stato così corto di mente. Non potevo convivere con quella croce.

Cosa c'è peggio di convincersi di proteggere la persona che si ama e, invece, la si sta condannando a morte?

Non avevo risposte.

-Newt hai sentito?- Chuck mi toccò la spalla scuotendomi da quei dubbi, da quei pensieri che come sempre si divertivano a massacrarmi psicologicamente e moralmente. Lo guardai confuso.

-Quando mi sono avvicinato a Thomas, mi ha mostrato la statuetta che mi ha dato mia madre...ne erano due. Identiche. Non so dove l'abbia presa ma fino a prova contraria, solo io e mio fratello ne eravamo in possesso. Voleva che le tenessi io ma ho insistito perché continuasse ad averle lui, - si stoppò prendendo fiato. Sapevo che era difficile  e che raccontando stava rivivendo quell'orrore ma dovevo sapere tutta la verità, anche se conoscerla non placava il senso di colpa inflitto della mia assenza- sono una sorta di portafortuna.-spiegò poi.

-Thomas ti ama, Newt!- replicò inaspettatamente. In un primo momento arrossii poi lo guardai.-Incredibile...mi ha guardato nel tuo stesso modo quando gli ho detto una frase simile, non sono cieco né stupido...- scherzò abbozzando un sorriso da furbetto.-Mi ha detto una cosa che ho impressa nella mente, mi ha toccato profondamente e non so se sono capace di dirtela.-

-Dilla.- rinfrancai, bramoso di sapere cosa  Thomas  volesse dirmi.

Immaginai che fosse il mio Tommy seduto accanto a me, che fosse lui a parlarmi.

 -Dì a Newt che ha reso la mia vita meravigliosa, non avrei desiderato nient'altro che lui, al mio fianco. Per sempre. -

Una scarica di brividi, poi un'altra. Freddo, tanto freddo. Quanto avrei desiderato essere anche in quel momento, al suo fianco, nella sala operatoria. Forse non avrebbe sentito le mie parole, ma lo avrei spinto a non mollare, a combattere assiduamente fino a uscire fuori pericolo.

Io non ero niente senza lui.

Una lacrima scese, quella frase mi aveva emozionato. Scosso. Riportato in vita, dandomi la forza.

Stavolta fu Chuck ad asciugarla con le sue mani. Gli sorrisi riconoscente e mi alzai, avrei chiesto a qualcuno dove fosse la sala d'attesa per gli interventi, stavolta più calmo, e avrei aspettato assieme a Chuck l'esito di quella battaglia.















Ora mi sentivo più tranquillo, alla fin fine lo dice anche il  detto "la calma è la virtù dei forti" .

Quel pizzico di agitazione c'era sempre ma come " antistress" avevo scelto i capelli di Chuck; li giravo dolcemente attorno alle dita, la loro morbidezza sembrava rilassarmi o almeno attenuare l'inquietudine interiore.

Chiunque mi avrebbe mandato a quel paese ma non Chuck, non sembrava infastidito anzi, pareva che gli piacesse. Quando cominciai a calmarmi la porta si spalancò, in uno scatto alzai  la testa e lo stesso fece il mio compagno di sventura.

Mi pietrificai.

A varcare l'entrata del pronto soccorso vi erano: Gally affiancato da un poliziotto che sembrava fargli qualche domanda fugace ma aveva un viso tranquillo, Teresa stretta nel suo giubbino tra le braccia di Minho, il quale, con la velocità che si trovava nelle gambe sembrava strattonarsi la ragazza più che affiancarla.

Tutti avevano una faccia sconvolta ma sicuramente io li battevo. Soprattutto  quando  il mio sguardo si posò su Teresa, da quel messaggio che avevo sentito a casa di zia Linda la sopportazione nei suoi confronti era sempre più ridotta.

-Newt.- disse Gally avvicinandosi e rivolgendo un'occhiata scrutatrice a Chuck-Mi dispiace, amico. Non so che dire in questi casi...io ero lì e...- mi parlava goffo, il poliziotto si era allontanato lasciandoci parlare senza soggezione.

-Eri lì?- lo interruppi, avrebbe potuto dirmi qualcosa riguardo all'incidente, qualcosa che potesse sapere più del fratellino di Tommy. Stesi le braccia in avanti poggiandogliele sulle spalle e guardandolo dritto negli occhi-Chi è stato? Lo sai vero?- ero implorante.

Dovevo capire chi fosse la merda che avesse osato fare quello, anche se avevo i miei dubbi ma non volevo capacitarmene.

-Kevin.- sboccò senza indugi.Strinsi i pugni, fu l'unica cosa che riuscii a fare. Avevo dato fin troppo spettacolo.-Quel bastardo ha provato a scappare, è uscito dall'auto ma l'ho preso e sta sicuro che non ti ronzerà più intorno né a te né...- lanciò uno sguardo veloce alla porta, quella che speravamo si aprisse al più presto e che uscisse un dottore con una bella notizia-aveva bevuto, era in un bar prima di attraversare la strada. Quando era lì imbambolato, l'ho chiamato e c'era anche questo furfante.- enunciò simpatico l'ultima parola rivolgendo a Chuck un tenero sguardo.-Avevate litigato?- domandò su due piedi. Era tutto difficile da spiegare.

Non ebbi neanche il tempo di rispondere, di trovare le parole giuste che  Teresa avanzò,  intromettendosi. Era sconvolta, non aveva una bella cera e il mascara colato le dava un ulteriore aria da strega, altro che Biancaneve.

-Ovvio...- proferì rivolgendomi sguardi di disgusto-è colpa tua se Tom è nel letto di un ospedale, in rischio di vita.- incolpò senza distogliere i suoi occhi,  blu quanto falsi dai miei.

Preferii stare in silenzio.

-Cosa c'è? Non parli...-incrociò le braccia al petto girandomi attorno. Odiavo il ticchettio dei suoi stivali. Minho voleva intromettersi per sistemare ma Gally lo aveva fermato, dicendogli che Teresa era una ragazza ragionevole e non avrebbe fatto chissà cosa.Non ne ero così sicuro.

-Lo avrai sedotto e quando ti sei stufato, siete ritornati dalla vostra fuga romantica. Commuovente.- abbozzò la sua solita espressione da "smorfiosa" e si fermò davanti a me, guardandomi con quella sua aria da stupida cheerleader.-Lo hai ucciso tu.- sussurrò. Un sussurro che divenne immenso, che si unì agli altri sensi di colpa.-Lo hai ucciso tu nel momento in cui sei entrato nella sua vita. Cosa ne hai fatto di lui? Il tuo compagno di...-guardò Chuck e per non fargli ascoltare tale "oscenità", avanzò verso me avvicinandosi al mio orecchio-hai fatto di Tom il tuo compagno di giochi erotici? Lo hai usato? Certo, come potrebbe essere altrimenti.-

Non potevo stare zitto, non più almeno.

Feci lo stesso: mi avvicinai al suo orecchio con altrettanta sfacciataggine,  la vidi far un passo indietro ma poi si fermò, conscia che l'avessi in pugno; mi morsi la guancia e senza alcun ripensamento, a bassa voce e con estrema lentezza proferii- Ti brucia così tanto che abbia sbattuto me e non te?- mi allontanai subito, con un sorriso soddisi in pieno viso.

-Teresa, cara mia!-  a parlare fu una donna, che ci distolse dal nostro desiderio di scannarci. Una signora dai capelli castano scuro, vestita casual avanzava verso di noi; al suo fianco un uomo che la teneva tra le esili braccia, ci stava guardando tristemente. Teresa allargò le braccia con fare teatrale.

-Pensala come vuoi...non sono io ad avere il suo sangue addosso.- scagliata questa freccia si allontanò, andando incontro ai suoi "suoceri". Una freccia che mi stava facendo sanguinare.

-I genitori di Thomas...- mormorò Minho affiancandomi.

-Immaginavo...-proferii e non capii perché, ma anche se ero sfrontato, e avevo la mia inaffondabile sicurezza, davanti a quei due mi sentivo in soggezione. Soprattutto vedere i miei "suoceri" stringere Teresa la loro amabile nuora tra le braccia, confortandola.

A me non  rivolsero nessuna occhiata se non perché avessi del rosso sulle braccia ma non fecero domande al riguardo. Col passar delle ore passò anche mio padre per assicurarsi che fossi ancora vivo e che non avessi ucciso nessuno. Quando si accorse della presenza dei genitori di Thomas, mi rivolse un'occhiata e gli feci capire che era tutto okay. Sì, tutto okay maledettamente schifoso.

-Newt...va a casa a riposare. Sono passate più di due ore solo dal nostro arrivo- consigliò Minho sedendosi al mio fianco. Per tutto il tempo anche Minho come me aveva avuto un'espressione amarognola in volto, sicuramente qualcuno gli urtava.

Lo guardai con sguardo indecifrabile.-Per il mio Tommy non c'è tempo che perda. Nessun minuto per lui è troppo.- enunciai e riportai il viso tra le mani. Silenzio e solo qualche altro piagnisteo. Teresa ai miei occhi appariva così falsa. Come riusciva a recitare così?  Mi infastidiva il pensiero di condividere la stessa aria,  pensai di uscire ma ci fu un rumore.

La porta si aprì . In contemporanea scattammo tutti.

Un dottore dal camice verde e con una mascherina avanti la bocca,  usciva dalla sala operatoria, dietro di lui c'era una donna, presumibilmente un'infermiera, teneva tra le mani una cartella medica.

L'uomo ingoiò, ci guardò con sguardo imperturbabile.

-Allora?- domandammo all'unisono.

Aprì la bocca, l'ansia aumentò.

Il respiro divenne corto e, la paura che avevo provato in precedenza non era nulla a quella che sentivo in quell'istante.

-Thomas è-






















*Spazio Autrice:* La prima cosa a cui avete pensato leggendo "Thomas è? "Scrivetela nei commenti! Spero davvero di sentirvi, manca poco e posso ben dire che Indelible mi ha dato molte soddisfazioni, soprattutto perché ho letto i vostri scleri, i complimenti...è un'emozione magnifica che mi avete regalato e non ho parole per ringraziarvi. Spero che vi sentirò tantissimo anche per questo capitolo.
Sappiate che vi voglio bene e vi do tanti baci! Perdonate come sempre gli orrori!

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