2. Allucinazione vs realtà

Newt's Pov

Camminavo per le strade di Manhattan con sguardo passivo, osservando ciò che mi circondava; ormai conoscevo tutto di quella città per rimanerne ancora attratto, incuriosito. Non c'era mai nulla di interessante, niente che potesse sciogliere la mia "freddezza apatica". Come routine ogni sabato si tenevano feste sempre più mondane incentrate su alcol, sesso e droga, ed io, in quell'ultimo sabato di Aprile stavo andando proprio lì.

A ogni secondo sentivo sempre più che quella vita non mi apparteneva . Avevo bisogno di starmene da solo, di capire cosa fosse davvero destinato a me, di cosa avessi bisogno. Mi fermai al ciglio di una strada qualsiasi portando la sigaretta tra le labbra senza esitare ad accenderla, aspirai così veloce e appieno che quasi rischiai di strozzarmi. Volevo morire? Beh forse sarebbe stata la scelta più facile.

Avevo sempre avuto una vita comoda, una madre che lavorava per le migliori multinazionali, mio padre era un chirurgo di fama, una villa lussuosa, insomma ... una vita perfetta che a breve, almeno per quanto riguardava me, si sarebbe trasformata in uno scatolone di dubbi esistenziali.

Quei dubbi iniziarono il 13 ottobre di due anni fa, quando con Kevin, il barista che lavorava al pub dietro casa mia, andai a una festa che come tutti le altre si rivelò caotica e asfissiante con liquori e altri alcolici capaci di far collassare con pochi bicchieri anche il miglior alcolista; padrone della casa era un collega di Kevin, Ricky, un tipo simpatico ma chiassoso.

Per tutta la serata il mio amico ed io restammo seduti a un tavolo, lontani dalla folla scalmanata, tra un bicchiere di Martini e l'altro, parlavamo del suo lavoro, dei miei studi e di tutto ciò che si reputa importante nella vita.

A ogni scolata di bicchiere, l'aria sembrava sempre più mancarci e vampate di calore iniziavano a essere presenti per tutto il corpo. Due tipi come noi, maniaci del controllo, avevano esagerato.

Decidemmo di andare in giardino per respirare ossigeno puro, cercando di disintossicarci dal caos e da tutto l'alcol in corpo, Kevin era messo peggio del sottoscritto, barcollava e di tanto in tanto cercava di appoggiarsi a me, rischiò perfino di inciampare e se non fosse stato per me, la sua faccia avrebbe preso in pieno gli escrementi di Marley, il labrador del padrone di casa.

Scoppiammo in una fragorosa risata immaginando lo schifo che sarebbe stato se non avessi avuto i riflessi pronti.

Lo tenevo ancora per la maglia quando si voltò verso me, i nostri sguardi s'incrociarono per pochi istanti, eravamo troppo vicini perché facessimo finta di niente. Ci scambiammo un messaggio soltanto guardandoci, sentivo di avvampare e non riuscivo a capire se fosse per l'alcol o per quella strana sensazione, so soltanto che ci avvicinammo sempre di più fin quando le nostre bocche non si sfiorarono approfondendo quello che può essere definito un bacio, senza curarci che qualcuno potesse vederci. Durò pochi istanti ma il ricordo è ancora vivo.

Appena ci staccammo lo fissai dritto negli occhi, con sguardo perso, terrorizzato. Mi sentii uno stupido, non proferii alcuna parola; ricordo solo la faccia naturale di Kevin che però divenne preoccupata notando il mio atteggiamento schifato, come un codardo scappai ignorando le sue suppliche a farmi restare.

Non dormii né mangiai per giorni interi, non uscivo di casa, volevo evitarlo. Mi chiamava diverse volte al cellulare ma rifiutavo sempre fin quando mi inviò un messaggio con scritto che sarebbe partito per la California e che se glielo avessi permesso, mi avrebbe voluto salutare.

Non ci riuscii e negli anni a seguire non provai mai a contattarlo, volevo che sparisse dalla faccia della terra, mi aveva confuso e ciò significava soltanto una cosa:per me era stato importante.

Il fumo continuava a uscirmi dalla bocca, ero così attento che sentivo i polmoni contrarsi per poi lasciare quell'aria inquinata. Decisi di percorrere una strada diversa dal solito, forse avrei aumentato il tragitto ma non ero ancora pronto per la musica ad alto volume e soprattutto non mi sentivo abbastanza forte per poter fingere che andasse tutto bene.

La strada che imboccai era decisamente poco illuminata e sperai di non imbattermi in qualche malvivente, anche se tutto sommato avrebbe movimentato la serata. Avanzavo sicuro quasi come se fossi un eroe, già ... un eroe perdente. L'indecisione su cosa avrei fatto e cosa sarei diventato nella vita non poteva far altro che accrescere la nullità del mio essere. Un ragazzo sconfitto, senza ideali, senza sogni. Cercai di zittire quei pensieri che continuavano a rendermi la vita impossibile, dovevo distrarmi, ma non riuscivo perché ero un enigma io stesso, confuso sul mio orientamento sessuale e su tutto ciò che sarebbe dovuto essere ovvio sin da sempre.

A ogni passo ero sempre più vicino alla casa di Alby, mi mancavano pochi metri, qualche altro tiro di sigaretta e a breve avrei calato la maschera. Lanciai un'occhiata furtiva al vicolo alla mia sinistra e fu lì che notai qualcosa di ambiguo. Il calle aveva qualcosa di strano. Qualcosa di abbastanza grosso era sdraiato sull'asfalto. Che fosse una persona? Potevo benissimo andarmene e fingere di non aver visto nulla ma non era da me.

Gettai la sigaretta avvicinandomi incerto. La luce del lampione che illuminava a intermittenza mi fece capire che davanti ai miei piedi, privo di sensi, c'era un ragazzo probabilmente vittima di una rissa. Non era conciato male ma non usciva neanche da un centro benessere. Mi accovacciai di fianco a lui annullando qualsiasi distanza tra noi, cercai di svegliarlo ma già da sé sembrava intenzionato a farlo. Aprì gli occhi e il mio sguardo si posò su lui, fissandolo.

La luce del lampione ci illuminava a intermittenza e quando lo vidi ben in volto, capii di conoscerlo, frequentavamo assieme il corso di letteratura del venerdì. Quella strana circostanza mi fece notare i suoi occhi che seppure di un colore comune, castano scuro, erano in grado di togliere il fiato a chiunque incontrasse il suo sguardo o almeno era quello l'effetto che avevano su me.

Non avevamo mai parlato eppure appena mi vide enunciò il mio nome shockato con voce quasi rotta dall'emozione ... sicuramente mi aveva scambiato per qualcun altro, un amico cui teneva.

Si schiaffeggiò ripetitivamente. Corrucciai la fronte, basito. Senz'altro davanti a me c'era un pivello strano, pazzo e mezzo morto ma non m'importò; l'unica cosa di cui ero certo nella mia vita era solo una: la normalità non faceva per me.

Thomas's Pov

Litri di birra più pugni di Gally uguale ad allucinazioni.

Come in un sogno, mi ritrovavo in una via sperduta mezzo morto, sofferente; d'un tratto aprivo gli occhi e ad affiancarmi c'era Newt.

Mi fissava preoccupato cercando in tutti i modi di aiutarmi, voleva persino chiamare un'ambulanza ma io non ne avevo bisogno ... c'era lui.

Ignorando che potessi avere qualche costola rotta cercai di aggrapparmi al muro per rimettermi in piedi, a ogni mia smorfia di dolore "Newt fantasma" si avvicinava sempre più, sembrava così reale ... sentivo le sue mani lungo i miei fianchi, era pronto a sorreggermi come un angelo custode.

Portò il mio braccio sinistro attorno al suo collo.

Più mi toccava più la mia lucidità andava a fottersi.

Anche se le forze mi mancavano, cercavo di farcela. C'era lui che mi guardava, dovevo dimostrargli che non ero il tipo dalla resa facile. Riuscii a mettermi in piedi ma non avendo forze riuscii soltanto a dire qualcosa del tipo -Portami a casa, Newt. -

-Sì, ma tu non mollare.- furono queste le parole che proferì, amabili parole che continuarono a riecheggiare nella mia mente.

La Domenica è amata da tutti, tecnicamente sarebbe il giorno del riposo ma non per me, non quella volta. Mi svegliai più tardi del previsto, la testa era così pesante che avrei dovuto trascinarla con l'aiuto di qualcuno. Appena mi alzai dal letto, lo stomaco sottosopra com'era, mi spinse a correre in bagno, urtai contro il mobilio per diverse volte e tutto grazie al mio giramento di testa. Neanche se fossi andato sulle montagne russe, avrei sofferto di un mal di testa così accentuato.

Dopo essermi svuotato o almeno sperai di aver finito, mi sciacquai la faccia e volgendo lo sguardo allo specchio fissai a lungo la mia immagine.

"E ora che dico ai miei?" tastai il livido agli angoli della bocca e poi quello sulla guancia.

Sbuffai visibilmente scocciato, sentivo il naso indolenzito, era ovvio che Gally non mi avesse accarezzato ma non doveva neanche conciarmi a tal punto per un'operazione facciale. Alzai il mento cercando di vedere se avessi tracce di sangue nelle narici per mia fortuna no. Il dolore all'anca era sempre vivo ma a dispetto delle ore precedenti sembrava essersi ridotto. Nella mia testa c'era un black out e l'unica cosa che ricordavo era soltanto un sogno avente come protagonista Newt e me, io stavo per morire e lui mi salvava. Peccato che io stavo per morire ma lui anziché salvarmi stava a letto con una tipa.

"Tutto normale, Thomas." Dissi a me stesso, mi asciugai il volto e mi diressi in cucina; lì trovai mio padre seduto sullo sgabello e come suo rituale beveva il caffè espresso alternando occhiate fugaci al giornale.

Alzò lo sguardo nella mia direzione e quando mi vide, sputò il caffè, lavandomi.

-Un buon giorno originale- proferii ironico cercando di asciugarmi.

-La buona notte che hai avuto mi sembra molto più originale, che diavolo hai combinato?- domandò con un sorriso fiero sul viso.

Feci spallucce.

-Non si nota?- domandai retorico.

-Mi auguro che l'altro stia peggio. - enunciò rilassato bevendo un altro sorso di caffè.

-Puoi contarci- mentii. Aprii la dispensa prendendo un pacco di cereali.

-Un triangolo?-gli occhi gli si illuminarono, mi guardò eccitato.-Ricordo ancora la mia prima rissa ... rimarresti deluso se ti rivelassi che non fu per la tua mamma? Ero solo un ragazzino e lei si chiamava Melanie ... una bella ragazza.- narrò, chissà se avesse saputo che quel discorso mi infastidiva, se avrebbe continuato.-È Teresa la dama che vi contendete?-sorrise malizioso, mi fissò complice e non riuscii a evitare di fulminarlo con un'occhiata in cagnesco.

Cercai di rilassarmi con uno dei miei rituali sospiri.

-Non mi va di parlarne ... dov'è la mamma?-cercai di cambiare discorso senza far notare troppo il mio disappunto per la vecchia conversazione.

-Dalla nostra vicina ... la Domenica è il giorno dei pettegolezzi, solita roba da donnine.- sbraitò continuando a bere il caffè.

-Già ... beh io salgo, rimetto a posto la camera.- inventai una scusa, continuavo a vivere nel disordine e di certo non avrei fatto il casalingo, Gally mi aveva ridotto male, avevo di sicuro sbattuto la testa ma era troppo poco per farmi diventare il figlio perfetto. Insomma, ero ancora disordinato e gay.

-Va bene figliolo, ma prima ti consiglierei una doccia ... ieri non hai avuto neanche il buon senso di cambiarti. -

- Il mio obiettivo era sopravvivere.-affermai serio abbandonando la cucina.

Salii le scale di corsa cercando di ignorare il dolore visibile in quasi tutti gli arti del corpo. Sbattei la porta della mia stanza e portando il computer sul letto lo accesi. Mi augurai che almeno uno dei miei amici fosse in linea e per fortuna Minho era online su skype. Avviai la video chiamata.

-Amico ma che faccia!- esclamò, dal sorriso che aveva sulle labbra, capii che era ancora brillo.

-Qualche birra di troppo ... - ammisi grattandomi la testa.

-Birra? Cosa da poppanti ... - si avvicinò allo schermo- Ieri ho bevuto qualcosa di magico- ammise a bassa voce -beh almeno pensavo dipendesse dall'alcol ma Teresa mi ha detto che non erano allucinazioni ... - portò alla bocca un paio di noccioline ed io corrucciai la fronte, curioso.

-Allucinazioni?- ripetei.

-No, no ... tutta realtà ... Te e Newt, ancora non posso crederci.- si agitava sulla sedia, sorridendo e fantasticando.

Lo interruppi, confuso.- Io e chi? Ma cosa dici?-

-Per favore Tom, non fare l'imbecille ... tu non eri bellissimo ma state bene insieme.-

-Sai qualcosa che io non so, Minho ... non mi risulta nessun me e Newt insieme.- negai visibilmente infastidito. Minho aveva bevuto e aveva voglia di scherzare ma ero già abbastanza nervoso.

-Gli stavi incollato come non so chi, lui ti sorreggeva paziente, mi sarei aspettato che ti avesse tirato qualche gancio all'improvviso ....- continuavo a non capire, Minho era ubriaco eppure sembrava serio.

Mi alzai sconfortato, ricordavo un sogno in cui c'era Newt che mi aiutava ad alzarmi ma non poteva essere reale.

Ricordavo di aver litigato con Gally in fondo i lividi erano il risultato della nostra rissa ma .... chi mi aveva riportato a casa? Chi mi aveva aiutato?

Deglutii spaventato.

Non poteva essere stato davvero lui.

Scossi la testa a destra e sinistra per più volte come se potessi tornare indietro nel tempo ed evitare una simile figuraccia.

Minho mi guardava perplesso dallo schermo del pc ed io non potevo far altro che andare avanti e indietro per tutta la camera, fu in quel momento che l'occhio cadde sulla scrivania, c'era un post-it.

Non stavo sognando ... quel piccolo foglietto c'era davvero sulla mia scrivania.

Lo lessi e non potei crederci, sentii il pavimento mancarmi sotto i piedi e le gambe tremarmi come non mai.

"Rimettiti e... per la cronaca: non mi stavo sbattendo nessuna."

Arrossii, terrorizzato spalancai gli occhi. Newt mi aveva aiutato, mi aveva riaccompagnato a casa, era tutto ciò che desideravo da una vita e lo avevo dimenticato? E per di più che diavolo gli avevo detto?

Raccontai tutto a Minho, rimanendo profondamente deluso nel constatare che il mio amico ne sapesse poco, ci aveva visto andare verso casa mia ed io mi aggrappavo a Newt come se fossi un koala.

-Con che coraggio gli parlerò?- domandai al mio amico, melodrammatico.

-Non avete mai parlato Tom...-mi ricordò lui, calmo.

-Maledetto Gally, a quella telefonata, alla mia gelosia!- elencai una serie di cose sentendomi sempre più una nullità, gli occhi mi bruciavano preparandosi a un pianto irreparabile.

- Tom calmati, a quanto pare Newt è un tipo comprensivo, capirà ... -

-Capirà? Noi non lo conosciamo bene ... Se nella sbornia gli avessi confessato i miei sentimenti? In fondo io non lo ricordo ... E se ha visto il mio diario? Tutti gli appunti che ho su lui e ... mi chiameranno frocio per l'eternità. -

-No Tom, Newt non ti sputtanerebbe ... ha l'aria da snob ma è l'unico assieme ad Alby che si salva in quello schifo di gruppo. Lunedì invitalo a un bar lo ringrazi e magari ti scusi ... -

-Non posso ancora crederci.- ammisi amareggiato, toccai diverse volte i capelli e dalla rabbia mordevo il labbro con insistenza.

-E io che pensavo una serata movimentata ... - enunciò Minho quasi deluso- Immaginavo la tua prima volta ... e sarei stato orgoglioso di te, amico.- proferì con sguardo compiaciuto, gli sorrisi, arrossendo un po' per l'imbarazzo e un po' per la gioia.

-Spero di risolvere tutto- dissi speranzoso e qualcuno bussò alla porta. In silenzio feci capire a Minho di chiudere la video chiamata, di sicuro erano i miei.

Aprii e trovai mio padre, speravo soltanto che non dovesse farmi qualche ramanzina. Il foglioche mi aveva scritto Newt era tra le mie mani, lo accartocciai, mio padre lo guardava curioso poi mi rivolse uno sguardo sprezzante guardandomi negli occhi.

-Ancora devi lavarti?- domandò e la risposta era ovvia. - ci stavo pensando da un po', forse è tempo che ti faccia il ... discorsetto-si schiarì la voce -quando un ragazzo e una ragazza decidono di manifestare la passione carnale. Non voglio che ti trovi impreparato.- si discolpò e io davvero non potevo assistere a quella scena.

-So tutto.- liquidai nervoso-non ho bisogno di consigli o tattiche per accalappiare qualcuno ... per ora sto bene da solo. - dissi superandolo, restò fermo appoggiandosi con il braccio allo stipite della porta della mia camera.

-È la classica risposta di chi è stato ferito e non vuole saperne più nulla.-fece una pausa - Teresa ha scelto l'altro, vero?-

Mi voltai profondamente indignato, avrei voluto gridare la mia omosessualità e finirla con quella farsa una volta e per tutte ma la vocina del buonsenso continuava a parlare nella mia testa, mi pregava di non scoppiare.

-Teresa, Teresa ... basta, davvero. Ho bisogno di vivere la mia vita, con le mie esperienze, i rifiuti e tutto ciò che mi faccia crescere. Non sono più un bambino, so cavarmela da solo, papà. Scusa ma adesso vado a lavarmi.- abbandonai quella conversazione, fiero di avergli tenuto testa. Non avevo mai mancato di rispetto ai miei genitori ma non mi capivano e forse non l'avrebbero mai fatto.

Chiusi la porta del bagno, mi spogliai velocemente abbandonandomi al calore dell'acqua calda; immaginavo Newt e le probabili figuracce che avevo potuto fare.

Perché? Perché non ricordavo nulla?

Non stavo facendo una doccia ma una seduta dallo psicologo con la sola differenza che non vi era il laureato e non ero in uno studio.

I miei pensieri, per fortuna, trascorsero veloci come ogni cosa di quella Domenica da inferno, a pranzo non proferii parola se non "vediamo sempre il telegiornale?" per alleggerire l'aria pesante ma i miei si limitarono a fissarmi con aria sprezzante come se avessi ucciso qualcuno. Trascorsi il pomeriggio nella mia camera, sdraiato sul letto, leggendo e rileggendo il foglietto di Newt. Scrissi qualche pagina di diario, ascoltai i Linkin Park cercando di distrarmi ma i pensieri inevitabilmente cadevano sempre e solo su lui.

"Forse se avessi avuto il suo numero di telefono, a quest'ora mi sarei già scusato."

"Nah Thomas, non l'avresti mai fatto."

-Ok voci, basta!- urlai con moderazione sperando che i miei non mi avessero sentito.

Nella mia testa c'era un caos ingestibile, stesso io ero un caos, un disastro.

Venne presto sera, i miei cenarono fuori in memoria delle pomiciate giovanili, io, invece, mangiai poco e male. Continuavo a fissare il soffitto, depresso. Teresa mi aveva chiamato diverse volte al cellulare ma non riuscivo a rispondere, mi sentivo un idiota o meglio lo ero. Avevo sprecato un'occasione divina con Newt e nessuno mi avrebbe concesso una seconda possibilità.

Avevo perso Newt prima di averlo. Che sfigato.

Non ricordo quando mi addormentai ma la mia playlist andava avanti accompagnando i miei sogni con Monsoon dei Tokio Hotel, sperai che come diceva la canzone presto sarei stato con lui.

///

La mattina venne presto, il mio sonno pesante com'era stato, non mi aveva fatto sentire i miei genitori rincasare, non riuscivo ad andare a scuola, non avrei sopportato anche l'etichetta da checca, mi bastava quella di SSC sfortunato sempre e comunque. Nonostante il tiro e molla, la mia coscienza aveva prevalso. Ero al mio armadietto e al mio fianco c'era il mio migliore amico che impartiva consigli "inutili".

-Se oggi viene alle lezioni, gli parli ... semplice.- proferì Minho versione" artigiano che con una colla cerca di riparare un cuore infranto".

-Non è facile ... è sempre vicino a una ragazza o peggio è con Gally.- deglutii pensando che l'amico del ragazzo dei miei sogni mi aveva massacrato.

-Decidi in fretta, è arrivato.-

Il mondo con i suoi sette miliardi di persone, con la sua vastità, le diverse culture, le diverse etnie, con gli oceani, le montagne, le foreste e tutti gli animali non era nulla in confronto a Newt. La sua bellezza era qualcosa di ineffabile. I suoi capelli erano perfettamente in ordine, ben pettinati, la giacca color giallo ocra era una scelta azzardata ma era figo comunque; sarebbe stato bellissimo anche con un sacco dell'immondizia e in testa i bigodini della nonna.

Minho mi chiuse la bocca, ogni volta che fissavo Newt assumevo l'espressione da pesce lesso e dovevo finirla!

Lo guardavo pregando che si voltasse nella mia direzione. Mi aspettavo un suo gesto, un sorriso ma nulla.

-Mi odia...- constatai amaro sbattendo la porta del mio armadietto.

Mi voltai lasciando il biondo alle mie spalle. Una sbornia del cavolo mi aveva ridicolizzato proprio con la persona meno appropriata. Mi sentii uno stupido, abbassai il capo, ferito.

-Vedrai che non è così ... Tom io vado in classe, ci vediamo all'uscita.- il mio amico mi salutò con una pacca sulla spalla, sorridendo forzato.

Minho non poteva farci nulla e nemmeno Teresa, ero arrabbiato con me stesso. Di studiare non mi andava proprio ma non potevo marinare la scuola e così con un cappio alla gola ero lì nel corridoio, tutti mi guardavano come se fossi un extra terreste e nonostante avessi dolore ovunque, si accollavano addosso a me per non far ritardo alle lezioni.

Non volevo essere trasparente.

Mi scappò qualche imprecazione ma nessuno si scusò.

Figuriamoci, nella mia scuola, c'era tutto tranne che l'educazione.

Qualcuno mi guardava ridendo, credo per i due lividi... Teresa aveva cercato di coprirli con un po' del suo trucco ma per quanto fosse brava, non risolvemmo molto.

Le lezioni stavano per iniziare, la prima ora c'era matematica e sicuramente il professor Brown avrebbe interrogato me, non volevo aggiungere un altro impreparato alla lista, così violando per la prima volta le regole, decisi di andare in palestra. Fui felice quando constatai che non vi era nessuno neanche le cheerleaders che provavano balli idioti, una vera offesa per chi ha l'intelligenza.

Palleggiavo cercando di tranquillizzarmi e sfogarmi al tempo stesso, di tanto in tanto facevo due tiri al canestro, mancandolo miseramente.

-Vedo che ti sei rimesso.- una voce sicura e chiara tuonò all'interno della palestra scolastica.

Non avevo sentito nessuno arrivare.

Mi bloccai, avevo il pallone da basket tra le mani, lentamente mi voltai.

Le mie orecchie parevano non percepire più i rumori esterni, sembrava che indossassi cuffie che mi permettevano soltanto di sentire il battito del mio cuore, che , un secondo dopo l'altro batteva più forte rischiando di uscire dal petto.

Era lui ... Newt mi aveva rivolto la parola.

-Ciao ... - risposi timido, dovevo parlare poco. Se avessi parlato tanto, avrei balbettato tanto e ciò avrebbe comportato a una colossale figura di cacca.

-Non hai lezione?- domandò avanzando, a ogni suo passo mi irrigidivo sempre più e i polmoni non volevano saperne di respirare.

-Tu non potresti fumare qui ... - risposi d'istinto ma almeno non avevo balbettato.

-E tu non dovresti stare qui.- tagliò lui, determinato come sempre. La sua sicurezza mi spaventava.

Dovevo dimostrargli quanto valevo, presi coraggio fingendo che quella situazione mi fosse indifferente. In me c'era il fuoco della timidezza che si contrapponeva a quello dell'amore ed era una lotta all'ultima fiamma di fuoco.

-C'ero prima io... -

-Non buttarla sul personale, pivello. Se non sbaglio, sei un anno più piccolo di me. -

-E con questo?- incurvai un sopracciglio, innervosito. Che Newt fosse un po' fanatico?

-Non ti ho mai visto in palestra né tanto meno quando ci sono le lezioni, io sto sempre qui ... quindi, se vogliamo essere più precisi.-

Sbuffai, il nostro primo incontro aveva fatto schifo e non volevo che il secondo sarebbe stato peggiore; decisi di prendere in mano la situazione e cercare di essere gentile.

-Io...ti ringrazio per Sabato sera ... non ricordo cosa è successo ma ho letto il messaggio che mi hai lasciato e ti giuro che sono profondamente mortificato. Scusami, ero ubriaco fradicio e non so cos-

-Accetto le scuse ...-troncò acido- non c'è bisogno di parlare tanto.- portò la sigaretta tra le labbra, provai molta invidia per l'oggetto.

-Bene, grazie ... - risposi confuso.

-Lo hai già detto.- prese l'accendino e lo avvicinò alla sigaretta. Stava per fumare, stava facendo una cosa che fanno quasi tutte le persone eppure era magnifico.

-Scusami allora ... -

Aspirò -Hai detto anche quello ... -

Sospirai arreso.

-La pianto ... era soltanto per vederti meno teso. Sei più simpatico da sbronzo.- accennò un sorriso flebile ed io ricambiai cercando di non assomigliare a uno con una paralisi facciale.

-Sono rilassato.- mentii fissando i suoi occhi color castano scuro, simili ai miei con la sola differenza che i suoi erano incanto puro.

-Guardandoti meglio il tizio ti ha ridotto maluccio.- i suoi occhi erano così penetranti che sembravano farmi la radiografia.-Hai continuato a sanguinare?- domandò poi, interessato.

-No...-

-Ti ha rotto qualche capillare ma ti ho pulito il sangue con la carta igienica, è stata un'impresa trovare la tua casa...e poi le chiavi.-

-Le avevo nei pantaloni se non sbaglio.- provai a ricordare.

-Nei pantaloni...già...peccato che appena ti toccavo per prenderle tu arrossivi dicendo "non qui, ci possono vedere"- sorrise imbarazzato.-Una circostanza ambigua, non credi?-

-Cavoli...davvero perdonami, ero strafatto di brutto e spero di non averti offeso.-

-A parte incolparmi di essere un maniaco del sesso, no.Anche perché quello sarebbe un complimento- accennò un sorriso malizioso, non mi permise neanche di scusarmi che -...ora torna in classe, non mi va di vederti lavare i bagni per i prossimi mesi. - accennò un sorriso rassicurante- Anche perché lì non ti aiuto, sappilo.- continuò scherzoso.

Feci una smorfia-Mai dire mai.- Il biondo strabuzzò gli occhi scuotendo la testa a destra e sinistra, terrorizzato.

-Vai... prima che stavolta ti pesti io.- minacciò e non capii se stesse scherzando o stesse facendo sul serio. Meglio non rischiare.

Lanciai il pallone cercando di fare canestro e per fortuna ci riuscii. Guardai Newt e poi mi diressi verso l'uscita.

-Sono Newton- proferì, mi arrestai girandomi visibilmente incredulo.- che chiamerai Newt.- continuò.

-Io sono Thomas.- dissi fiero, finalmente c'era la presentazione ufficiale. Era meno romantica di come l'avevo immaginata ma almeno era reale.

-Thomas che chiamerò Tommy.- avvisò lui determinato. La sua bocca si aprì in un sorriso sincero e non potei fare altro che imitarlo come un ebete. Alzai la mano in segno di saluto abbandonando a malincuore la grande sala da ginnastica.

Tommy.

Nessuno mai mi aveva chiamato così ...

Newt però sì ed era tutto ciò che m'importava.

Spazio Autrice: Carissimi lettori, perdonatemi davvero...credevo di impiegare meno tempo. La prossima volta vi lascio un avviso così sapete quando pubblico*^* Tengo a ringraziare tutti quelli che hanno votato, commentato, che seguono la mia storia e me. Grazie vi adoro^^ Spero di sentirvi e sentire le vostre sclerate. Perdonate gli orrori!

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