CAPITOLO 7

Nicholas

"Sei stato... fantastico"
Le parole di Layla escono fuori dalla bocca disconnesse.
Ha il respiro ansante, e sta cercando di riprendersi dal potente orgasmo che le ho regalato.

La sua voce continua a tormentarmi, finché non tronco il suo discorso con un semplice: "per favore vattene, voglio stare solo."
Mi guarda stranita, aggrotta la fronte per poi riaprire la bocca.
"Ho detto, vattene!"
Ringhio, interrompendo nuovamente il suo monologo.

Sistema il suo outfit, e poi esce di casa sbattendo la porta.

Mi butto sul divano passandomi le mani tra i capelli nervosamente.
"Che cazzo sto facendo?"
La domanda mi esce spontanea, ma è la risposta che manca.
Non lo so, non ho la minima idea di quello che sto facendo.

Mi sono trasferito da poco in città.

Ho trovato un lavoro che riesce a soddisfare tutte le mie esigenze.

Non mi aspettavo di trovarmela qui, sembra essere diventata una persecuzione.
I suoi occhi mi hanno accompagnato in questo lungo periodo in cui non ho potuto rivederla, e adesso, la sua figura slanciata, sexy e perfetta è impressa nella mia testa, dopo averla vista nuovamente.

Anche se volessi scappare, me la ritroverei comunque davanti.

Al destino non si sfugge, vero?
E penso proprio che il destino si sia accanito contro di me, perché ovunque io vada, lei è sempre nei miei pensieri.

Prendo le chiavi, ed esco di casa.
Ho bisogno di schiarirmi le idee.

Ho sempre agito d'impulso, ho sempre tenuto in mano la situazione, ho sempre avuto il controllo su ogni cosa.
Perché adesso penso che la situazione mi stia scivolando tra le mani come sabbia?
Perché non riesco a gestirla?
Ma sopratutto perché penso a lei?

Sono troppe le domande senza risposta.
Troppe, per trovarne una soltanto.

Devo andare da lei, ho bisogno di parlarle,  dirle che eravamo entrambi ubriachi, che è stato un grande errore, chiederle scusa perché mi sono approfittato della sua situazione per soddisfare i miei bisogni.

Inizio a correre, come se da un momento all'altro lei potesse svanire, e che il mio è stato solo frutto di uno scherzo dettato dal destino, che la fervida immaginazione mi ha preso in giro, ma niente di tutto ciò è reale.

Corro come un'ossesso per raggiungere il luogo in cui lavora.
Mi piego sulle ginocchia per poter riprendere fiato, inalo l'ossigeno per immetterlo nei polmoni, e alzo il viso per entrare nel bar.

Osservo la vetrina con su affissi gli orari di apertura.
Il locale è chiuso, e riapre solamente tra due ore.

"Porca puttana!"
Pesto un pugno sul muro con potenza, dovrò aspettare due ore per parlarle.

Torno su i miei passi più confuso di prima.
Cammino osservando l'asfalto che caplesto sotto i piedi, mentre sbatto contro qualcuno.

Alzo lo sguardo.

 
Incontro il cioccolato fuso delle sue iridi, puntellate da una parte più scura verso l'esterno, che solo ora riesco a vedere, dato che la luce del sole bacia perfettamente il suo viso angelico.

"Devo parlarti"
E per la seconda volta, nello stesso giorno, le parole escono in sincrono dalle nostre labbra, come se sapessimo uno, il pensiero dell'altro.

"Cosa devi dirmi?"
Risponde lei, abbastanza nervosa.
Ci sediamo su una panchina e inizio a parlare.
"Prima cosa: mi chiamo Nicholas."
"Agnese"
Ci stringiamo la mano, e una scossa elettrica attraversa il mio corpo.
D'impulso lei la ritrae, e, sono certo, di non essere stato l'unico ad averla sentita.

"Agnese, io...
Mi dispiace, mi dispiace di essermi preso gioco di te quella sera.
Ero ubriaco, ma non è una scusa.
È stato un errore, un grandissimo errore."
Mi passo le mani nei capelli.
Osservo il suo viso, e posso scorgere una nota di tristezza nei suoi occhi.

"Vuoi dirmi che è stato un errore conoscermi quella sera?"
I suoi occhi s'incupiscono, nascondendo quel fantastico marrone che delinea le sue iridi.
Le mie parole l'hanno ferita.

Cazzo!

Prendo le sue mani nelle mie, il suo sguardo mi brucia la pelle, mentre sussulta per il gesto che non si aspettava.

"No Agnese, non è stato un errore.
L'errore è stato quello di essere finiti avvinghiati in un sudicio bagno."

"Non è stata solo colpa tua.
Io non sono mai stata così, 'una facile'.
Non so cosa mi sia preso, ma è troppo tardi per riparare ai nostri misfatti"
Abbassa il capo, e stacca le mani dalle mie, iniziando a torturare i suoi jeans con le dita.

"Non possiamo rimediare ai nostri misfatti hai ragione, ma possiamo cominciare da capo, partendo dal conoscerci.
Che dici, si può fare?"
Spero che possa accettare, nonostante tutto quello che è successo quella sera..
"È un ottima idea!"
Mi sorride.
Un sorriso vero, che coinvolge gli occhi.

"Allora andiamo a prenderci un bel caffè"
Le faccio strada, e la porto in un bar poco distante dal punto in cui siamo.
Ma appena varchiamo la soglia, una suoneria spezza il mio discorso.
Agnese afferra il telefono, rispondendo alla chiamata.
Farfuglia qualcosa che a malapena riesco ad udire, e mi risponde:
"Non posso rimanere.
Devo badare  a mio fi.. mmm nipote, se ti va tra due ore è il mio turno al bar, possiamo chiaccherare mentre servo i clienti"
"Certo, non mancherò!"
Mi sorride, ed esce dal locale, lasciandomi in balia dei miei pensieri.

Ecco a voi un altro capitolo!
Spero vi piaccia❤

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