CAPITOLO 66

Agnese

I singhiozzi continuano imperterriti a percuotermi le membra.

Perché? Perché lo ha scoperto? Come ha fatto a saperlo?
Chi glielo ha detto?

Le mani strizzano con forza le ciocche di capelli.
Tiro, tiro forte.
Perché le sue parole si ripetono in un loop continuo e io, io mi sento davvero in colpa.

"Non ho mai parlato di mio padre.
La foto che ho a casa, mi ricorda un momento felice della mia vita.
E non so perché, ma non riesco a sbarazzarmene.
Ho odiato quell'uomo.
Ho odiato i suoi gesti e le sue azioni per molti anni.
Vuoi sapere perché, Agnese?"

Le parole fredde e taglienti.
Affilate.
Graffianti.
Lamiere e rasoi sulla pelle.

E adesso so perché.
La sua ira, il suo continuo affogo e derisorio atteggiamento nei miei riguardi.
Adesso so...

"Perché quando ha saputo che mia madre era affetta dalla "Maledizione di Odine" lui ci ha abbandonati.
Se n'è andato.
Così, su due piedi.
Senza avvisare, senza dire nulla.
Non ha mai detto il perché, ma penso che per lui, occuparsi di una malata e di un bambino da solo, fosse un peso.
Così si è lasciato i problemi alle spalle e non è più tornato".

È cresciuto senza genitori.
Senza conoscere e assaporare l'amore di un padre e di una madre.
O almeno, lo ha conosciuto per poco, finché il destino non ha cambiato le carte in gioco.
E il suo dolore, l'ho sentito tutto.
Ma il colpo di grazia, quello che è stato in grado di squassarmi l'animo, l'ho ricevuto con la parte finale del suo pensiero:

"Vuoi sapere una cosa?
Per un momento mi sono sentito mostro come mio padre.
Ho lasciato da solo mio figlio, senza una figura paterna che lo crescesse con amore.
Mi sono sentito così, Agnese.
E la colpa è tua.
Tua, che hai nascosto tutto ciò con una naturalezza impressionante.
Io e Francesco siamo le vittime del tuo gioco.
Avresti fatto così anche con lui?
Se non mi avessi incontrato nuovamente, e tuo figlio sarebbe cresciuto, cosa gli avresti detto?
Eh?
Avresti mentito come hai fatto con me?
Avresti detto che suo padre non l'ha voluto, quando in realtà suo padre non sapeva nulla?
Mi avrebbe odiato.
Mi avrebbe odiato senza sapere la verità.
Questo non te lo permetto."

Quelle parole mi hanno uccisa.
Bruciata.
Stesa.
Colpita.
Trafitta.
Lacerata più e più volte.
Perché è vero che le parole feriscono più dei gesti, e le sue, le sue, mi hanno
Laraceto la carne un'infinità di volte.
In più punti.
Su tutto il corpo.
Un prosieguo di torture, che a distanza di tempo, molto probabilmente faranno ancora effetto.
Mi hanno scorticato la pelle, bruciato le membra e collassato il cuore.
E tutto per cosa poi?

Per dei sentimenti che non sono riuscita a tenere rinchiusi nella gabbia toracica.
Lontano da lui, da mio figlio e dal triangolo che ci unisce.
I miei gesti non hanno fatto altro che distruggere questo triangolo.
Questa figura geometrica frastagliata in tre linee che portano in direzioni diverse.

E ho scelto io tutto ciò.
Tutto perché invece di mettere mio figlio e Nicholas al primo posto, ho messo il mio amore in alto, fra le cose vitali.
Patetica.

Bastava dirgli la verità.
Avremmo parlato in maniera diversa, magari ci saremmo scannati all'inizio, ma ci sarebbe stato un finale diverso.
E forse, per ultimo, avrei potuto rivelare ciò che provo per lui.

E invece...
Ho fallito.

Ho fallito come donna.
Come madre.
E come possibile fidanzata.

La colpa è mia, mia è di nessun altro e questo sarà un errore che mi porterò dietro per molto tempo.

"Cosa avresti detto a Fracesco quando sarebbe cresciuto?
Che suo padre non l'ha voluto, quando in realtà suo padre, non sapeva nemmeno della sua esistenza?"

Cosa avrei detto?
Cosa avrei fatto?
Come mi sarei comportata?
Come avrebbe reagito mi figlio?

Dio, non c'è nulla che da fare per aggiustare un danno così struggente come questo.

Cosa ne sarà di noi?
Di me e di te?
Di ciò che abbiamo costruito?
Ho demolito ogni cosa.
Ho demolito tutto, quando bastava solamente aprire la bocca e dire la verità.
Magari, invece che disperarmi qui da sola, tu con le tue grandi bracci, mi cingeresti il busto e mi consoleresti come tu sai fare.

Riuscirai a perdonarmi?
Un giorno, magari...
Quando le acque si saranno placate e tu starai meglio...
Chissà...

Ma forse non c'è rimedio a tutto ciò.
E io sono solo un'illusa.
Un'illusa che spera in una pozza d'acqua nel deserto.
Ma poi, toccando con mano quella pozza, si rende conto che l'acqua non era altro che l'immaginazione e il frutto di un cervello stanco e provato, e in realtà tra le dita non si ritrova altro che sabbia.

Osservo una speranza che nemmeno esiste, come la linfa nelle dune afose nei film.

Stringo tra le dita aria, aria astratta e immatateriale.
Vana e futile.
Come me.

Le banconote sul pavimento bianco della stanza scricchiolano tra i miei pugni stretti, ed essi sono l'unico suono udibile che smorza il mio pianto.

Le guardo e sorrido amaramente.

Davvero credi che possa esserci un minimo di dubbio nel constatare che Francesco non abbia i tuoi stessi geni?
Che nelle sue vene, non scorra il tuo sangue?
Lo credi davvero, Nicholas?

Ed è questo a farmi altro male.
Ho mentito, è vero, me ne assumo le colpe, ma non ho mentito sulla nascita di mio figlio e sulla natura di provenienza.

Le fisionomia è la prova concreta della netta somiglianza con lui,  nonostante ciò, ha ancora dubbi sul legame con Francesco.

Non ti impedirò di fare le tue scelte, ma darmi dei soldi per un test di paternità, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Ma forse è giusto così, no?
Io ho ferito te e tu hai ferito me...

E quanto altro male ci faremo ancora?
Quanto graffi, calci e lividi condivideremo?
Quando troveremo la pace?
Quando potrò amarti senza ostacoli?
Quando?

Mai.
Mai, perché sono io la causa dei nostri dolori.
Tre persone.
Un triangolo.
Spaccati, divisi e trasformati in tre rette infinite che mai riusciranno a congiungersi davvero.

Quanto dolore in due capitoli, vero?
Spero abbiate capito il concetto.
Qui, Agnese ha commesso un errore.
Ma quando c'è di mezzo l'amore, diventiamo ciechi ed è facile sbagliare.
È facile incolpare e puntare il dito, quando in realtà basta un semplice gesto che avrebbe portato a un finale diverso: la comunicazione.
Parlare, parlare e parlare.
Dire le cose avrebbe di certo cambiato le carte in gioco e non ci sarebbero state conseguenze così catastrofiche.
Che dire, il libro sta lentamente finendo... spero vi piaccia!
Ps. Non sono pronta per la fine😭

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