1- L'uccello del malaugurio
Boston
«Tesoro, hai trovato la cravatta che stavi cercando? Lo sai, sono tutte nel secondo cassetto, ordinate per colore, forma e dimensione».
Kristal fece capolino nella stanza da letto, dove io mi stavo rimbecillendo alla ricerca di una stupida cravatta. Tutto quell'ordine era maniacale e mi scombussolava a tal punto da perdere il lume della ragione.
«No! Non credi che ce l'avrei addosso se l'avessi trovata?» Sbottai allargando le braccia, ancora in boxer e con addosso semplicemente la camicia ben stirata da lei.
Roteò gli occhi apprensiva e poi si accostò al mio comodino, lo aprì e ne estrasse poco dopo la tanto ricercata cravatta. Me la porse con un gesto fluido e io l'afferrai ancora con i nervi a fior di pelle.
Sembrò non voler fare caso al mio malumore nei suoi confronti, anche se scorsi sul suo volto un rapido accenno di tristezza. Così, il tempo di riprendersi e posò le sue labbra sottili sulla mia guancia ruvida, per posarci un casto bacio.
«Sbrigati, tra venti minuti dobbiamo essere al comune» sussurrò dolce e gentile e poi si allontanò sorridendo quasi a comando.
Non dissi nulla e scossi il capo tra me e me. Non andavo fiero delle mie scelte riguardo alle relazioni sentimentali. Sette anni prima ero fidanzato con una stronza psicopatica che faceva di me quello che voleva e ora, per ripicca, mi ero trovato una donna che sembrava essere più un burattino che una fidanzata. Non che io la comandassi a bacchetta, anzi, avrei voluto davvero che si sentisse libera di essere se stessa con me.
Non voleva mai fare o dire la cosa sbagliata, non mostrava mai le sue vere emozioni per paura che potessi giudicarla e di conseguenza indossava una maschera. Si impegnava ad apparire ai miei occhi sempre serena e sdolcinata. Se c'era qualche problema non discutevamo, lei mi dava ragione a priori e poi sorrideva.
Quel sorriso che da due anni mi inteneriva fino a lasciar perdere tutto e a godermi la sua infinita generosità. Era una donna perfetta, convivevamo da un anno e non era mai successo che tornassi a casa, dopo il lavoro, senza trovare una tavola imbandita e un affetto impagabile da parte sua.
Dovevo ammetterlo, non era una gran cuoca, ma, da quando le avevo elencato i miei piatti preferiti, passava le giornate a vedere tutorial su internet per poi prepararmeli. Kristal era... amorevole, ecco, ed era per questo che stavo per sposarla!
Proprio quella mattina di Maggio avremmo deposto le nostre firme sul contratto di matrimonio al comune, la cerimonia religiosa ci sarebbe stata cinque giorni dopo e ovviamente tutto era stato curato nei minimi dettagli dalla mia fidanzata.
Mandai un messaggio a Liam, la mia migliore amica, per ricordarle dell'appuntamento al comune. Lei e il cugino di Kristal ci avrebbero fatto da testimoni.
Rispose poco dopo dicendomi di essere ancora sotto le coperte. Strinsi i pugni per non spaccare il cellulare. Come faceva a essere così ritardataria e strafottente? E perché ero così nervoso? Probabilmente era tutta la questione del cambiamento che ci sarebbe stato con il matrimonio ad agitarmi.
La minacciai di rifilarle il vestitino rosa confetto scelto da Kristal per lei e, così, ottenni la sua attenzione. Mi avvisò che sarebbe stata pronta in cinque minuti, e non avevo dubbi sul fatto che ce ne avrebbe letteralmente impiegati tre o quattro.
In auto, la mia fidanzata non spiccicò una sola parola, forse per timore di suscitarmi fastidio. Ero un po' teso, ma non le avrei mai risposto in modo sgarbato. Stavamo per sposarci, quale bestia lo avrebbe fatto?
«Amore, come ti senti?» le chiesi voltandomi di poco nella sua direzione. Inizialmente sembrò spaesata, come se fosse assorta nei suoi pensieri, poi ci rifletté su.
«Tranquilla, tutto va a meraviglia, tra pochi minuti saremo coniugi agli occhi dello stato».
Nonostante volesse credere a ciò che diceva, sapevo che era tesa come una corda di violino, se possibile, peggio di me.
Le sfiorai una guancia e la osservai nella sua purezza e nel suo candore. Era la ragazza più dolce che avessi mai conosciuto e sicuramente non avrei potuto chiedere di meglio. A volte non trovavo punti in comune sul nostro stile di vita contrapposto, ma quale coppia non ha problemi!
Al semaforo rosso mi avvicinai per darle un bacio, lei arrossì visibilmente ricambiando in modo lieve e pacato. Quando provai a chiedere accesso con la lingua alla sua bocca, si scostò. «È verde» annunciò.
«Sarà stato il dentifricio» mi giustificai. Lei fece una risatina perplessa.
«Non la tua lingua, il semaforo. È verde!»
Puntai gli occhi sulla strada e diedi gas, svoltai a destra e pochi metri dopo parcheggiai. All'entrata vidi un'auto conosciuta piazzata difronte al comune.
Non ebbi neanche il tempo di pronunciare il suo nome che lei sbucò dal nulla.
«Hai visto che spettacolo, Randy?»
Liam allacciò un braccio attorno alle mie spalle e utilizzò quel nomignolo odioso che mi aveva affibbiato ormai da anni.
«Buongiorno Liam, hai ragione, la sede è un vero spettacolo» rispose Kristal al posto mio, guardando con occhi sognanti il luogo in cui lo stato ci avrebbe riconosciuto come marito e moglie.
«Che?»
La mia amica inarcò un sopracciglio in direzione della mia fidanzata.
«Io parlavo della macchina parcheggiata in divieto di sosta».
«Ti dispiacerebbe toglierla da lì? Non vorrei iniziare la giornata con una multa alla mia testimone di nozze» sentenziai.
Lei sbuffò sonoramente.
«Stare con questa bacchettona ti sta rovinando».
Schietta come sempre.
La mia amabile Kristal corrugò la fronte, ma non proferì parola. Fin troppo educata.
Liam si mise in macchina e sparì nella stradina affianco. Presi la mano della mia futura consorte e le rivolsi uno sguardo di scuse.
«Perdonala, sai com'è fatta».
«Non fa niente, l'unica cosa che mi interessa è entrare in questo comune e firmare il contratto».
Alzò le spalle e prese un respiro di incoraggiamento. Con quel movimento i suoi capelli biondi ondeggiarono morbidi e lucenti.
«Andrà tutto a buon fine» la rassicurai. Non sarebbe stata di certo la maleducazione e l'istinto di trasgredire le regole della mia migliore amica a rovinare i nostri piani.
Il cugino di Kristal, nella sua camicia grigiastra e nella sua giacca nera, ci raggiunse a passo svelto, mentre usciva dalla sede.
Mi stampai in viso un sorriso a labbra strette, per non risultare acido. Non lo sopportavo, era il tipico nerd perfettino che poteva fare concorrenza a Sheldon de The Big Bang Theory. Era affannato e sudaticcio, con un'espressione di un uccello del malaugurio. Una specie di iettatore dei poveri.
«Mike, non avevo dubbi che fossi già qui!»
Fu il saluto di Kristal, tutta occhi brillanti e sorrisi grandi quanto il sedere di Donald Trump.
«Ciao, Mike» dissi squadrandolo seccato, con un leggero senso di nausea alla vista del brufolo che capeggiava sul suo naso stretto e lungo.
«Ragazzi vi conviene entrare, l'ufficiale deve dirvi qualcosa».
Strizzò due volte gli occhi e poi li spalancò.
Io e Kristal ci scambiammo uno sguardo terrorizzato e sconfortato. Era successo qualcosa, chiaro. Lo sapevo che quel dannato Mike avrebbe portato sfiga...
«Forza, andiamo» intimai alla mia ragazza.
«Se qualcosa va storto... terrai le tue chiappe attirasfiga a casa tua il giorno della cerimonia» sussurrai minaccioso all'orecchio dello iettatore.
Lo superai con una spallata e mi introdussi nella sede, affiancato da una Kristal tremante e in iper ventilazione.
«Amore, stai calma, ti ho detto che andrà tutto liscio e così sarà».
Provai a tranquillizzarla, lisciandole i capelli con le dita. Socchiuse le palpebre per poi trovare, come sempre, la forza di sorridermi.
Non credevo a una sola parola di quello che avevo detto.
«I signori Bateson e White?»
Un signore sulla quarantina ci si avvicinò sbrigativo.
«Sì, siamo noi» risposi impavido.
«Bene, seguitemi, l'ufficiale vi sta attendendo» ci informò autoritario e perentorio.
Ci incamminammo verso la sala d'incontro a ritmo di una marcia spedita che rassomigliava alla processione della via crucis. In prima fila c'era la nostra guida, a seguire io e Kristal, e a chiudere il cuginetto portaiella.
«Ah, eccovi. Buongiorno ragazzi, sedetevi pure».
Quello che doveva essere l'ufficiale dello stato civile ci accolse all'interno di quella stanzetta ristretta e maleodorante. Prendemmo posto uno affianco all'altro, sempre più scettici e perplessi.
«Signore, posso andare ora? Le ho detto che mia moglie sta poco bene, avrei proprio bisogno di questo permesso».
L'uomo che ci aveva scortati a destinazione si parò difronte ad una specie di cattedra, dietro alla quale sostava l'ufficiale.
«Sì, sì, va' pure, Jonson. La gastroenterite è una brutta bestia».
Lo liquidò quest'ultimo, con un gesto della mano e un sorrisino strafottente. «Direi di sì, grazie signore».
Jonson impallidì, in evidente imbarazzo, e poi abbandonò le quattro mura cariche di tensione.
Dopo il rumore tonfo della porta che si chiuse alle nostre spalle, l'ufficiale ci prestò la sua attenzione. Iniziò a raccattare pile di fogli sparsi sul piano di lavoro e, dopo aver trovato ciò che cercava, capovolse il documento nella nostra direzione. Picchiettò con l'indice qualcosa sul pezzo di carta.
«Dopo alcune ricerche svolte nelle ultime ore, è saltato fuori questo intoppo. Leggete pure qui, rigo numero dieci» spiegò con serietà e lampante competenza professionale.
Tutti e tre allungammo il collo come giraffe e calammo il capo sulla pagina imbrattata da un mucchio di parole.
Ma ciò che attirò subito la mia attenzione fu il nome di Lauren Belli, la mia ex. Lessi approfonditamente per tentare di capire di cosa si trattasse e perché lei c'entrasse qualcosa con il mio matrimonio!
«Ma questi sono i miei dati anagrafici...» precisai.
«Ha perfettamente ragione, vada avanti» mi intimò l'ufficiale, che altro non era se non un uomo poco più grande di me.
Scorsi la mia attuale fidanzata sbiancare di colpo, a un certo punto della lettura, e ne capii le ragioni poco dopo.
«Sposato con Lauren Belli, in data 18 Marzo 2012...» boccheggiai incredulo. «Ma stiamo scherzando?»
Diedi di matto, alzai il capo di scatto e fissai negli occhi il mio coetaneo in divisa lavorativa.
Lui mi scrutò con un ghigno divertito, quasi complice.
«Signor Bateson, mi sta dicendo che non sapeva di essere già legato in matrimonio a un'altra donna, forse?»
Si accarezzò il mento sbarbato e mi rivolse un'occhiata accusatoria.
In quel momento, mentre il mondo mi stava cadendo addosso, la porta si spalancò e fece il suo ingresso Liam.
«Che mi sono persa? Vi siete già maritati?» proferì e, senza chiedere il permesso, si accomodò sull'ultima sedia rimasta libera incrociando le gambe sulla scrivania dell'ufficiale. E nonostante lui le stesse lanciando sguardi di fuoco, fece finta di nulla e si cacciò in bocca una gomma da masticare.
«Mi scusi, potremmo tornare al nostro "intoppo"?»
Mi rivolsi furibondo e agitato al rappresentante dello stato civile.
«Certamente» proclamò coscienzioso, intrecciando sul tavolo le dita delle mani tra loro.
«Perché nessuno mi dice niente? Cos'è successo? Cazzo, Randy, te l'avevo detto che questo brufolo vivente portava sfortuna!» disse Liam con tono derisorio, dando uno schiaffo schioccante sulla nuca del malcapitato cugino.
Mi voltai verso sinistra, individuandola al fianco di Mike (che era rimasto con la bocca spalancata senza emettere un fiato) per farle segno di stare zitta.
Lei mi rivolse una smorfia di disappunto, ma grazie a Dio mi diede ascolto e iniziò a mangiucchiarsi le unghia in religioso silenzio, o quasi... visto che il rumore che produceva solleticava i nervi dell'essere umano, sfidandolo a restare pacifico!
«Lei, signorina White, non sapeva nulla di tutto questo?»
L'ufficiale piantò i suoi occhi sulla figura di Kristal che, fino a quel momento, era rimasta ammutolita.
«No, assolutamente»
Scosse il capo e strinse il tessuto del suo abito di seta. Era spaventata e malinconica.
«Ma è ovvio che non sapesse niente, il primo a esserne all'oscuro ero io!»
Mi discolpai iniziando a gesticolare.
«Questo è occultamento di precedenti nozze, se ne rende conto signor Bateson? Questo matrimonio, oltre che in comune, non può essere assolutamente celebrato neanche in sede cristiana» sostenne esagitato. Sbatté le mani sulla scrivania con fare querelante.
«Mi ascolti, signor...»
Tentai di mantenere la calma. Non poteva davvero credere che avessi nascosto alla mia fidanzata un matrimonio di cui non sapevo una mazza! Era assurdo.
«Clark» mi informò con vanto, accavallò le gambe e posò le mani in grembo.
«Bene, signor Clark, ciò che lei non sta considerando è che io non so nulla di queste presunte nozze, risalenti a sette anni fa. Mi capisce? Sono stato raggirato, ci deve essere un errore, io e Lauren abbiamo rotto più di quattro anni fa. È inquietante pensare che ci sia lei dietro a questa storia, ma non mi stupirebbe dato che è una psicopatica» spiegai in breve, confidando nella comprensione dell'ufficiale.
«Scusate se mi intrometto vostra altezza, ma ha ragione. Quella donna è una malata di mente!»
Liam levò le gambe dalla scrivania e le piantò con prepotenza sul pavimento, quasi a prepararsi a una battaglia.
«Vede, la mia amica può confermarlo, ne è testimone!» Ribadii con gli occhi lucidi e un sorriso angosciante, nelle sembianze di un anziano che sta per avere un infarto sotto effetto di stupefacenti.
«Glielo giuro maestà, sulla mia pantegana defunta».
Fece voto la mia migliore amica, portandosi una mano sul cuore e l'altra in alto, rivolta verso il nostro interlocutore.
L'ufficiale assunse un'espressione ripugnata alle parole di Liam. «Iniziando con il fatto che non sono un principe e che preferisco tralasciare il giuramento su quell'animale passato oltre, mettiamo caso che sia come dite voi: quindi, questa Lauren ha pianificato il matrimonio, bene...»
Fece una pausa, forse per prendere coraggio.
«È un vero casino, a patto che vogliate ancora sposarvi, voi due».
Passò in rassegna la mia fidanzata e me, attendendo una risposta.
«Certo che vogliamo sposarci. Vero, amore?» chiesi con una punta di timore. Chissà cosa stava passando nella testa di Kristal!
Lei sospirò amareggiata, socchiuse le palpebre e, per la prima volta da anni, rivelò il suo vero stato d'animo. Leggevo nei suoi occhi una totale demoralizzazione. Si sentiva tradita ed era visibilmente diffidente nei miei confronti.
«Non lo so, Brandon, tu che dici? Voglio ancora sposare un uomo che è già convolato a nozze con una donna di cui non conoscevo neanche l'esistenza?!»
Alzò di un ottava il suo tono di voce e non riuscì a controllare il suo crollo emotivo. Una lacrima le scese giù per la guancia, andando a finire sul suo collo immacolato.
Le passai il pollice sul viso per asciugarla.
«Kristal, mi dispiace moltissimo, ma credimi... io non sapevo nulla di questa storia, ti prego» ribattei mortificato.
Il ticchettio dell'orologio scandiva il tempo che passava inesorabile. Saremmo dovuti essere marito e moglie già da un po' e, invece, ci trovavamo in quella situazione di merda. Il silenzio calò nella piccola sala, tutto taceva, anche la mia Kristal. Era combattuta, potevo percepire il battito del suo cuore che pompava alacre e tempestoso.
Aprì la bocca per parlare, ma si bloccò, quasi pietrificata, quando un suono equivoco si espanse nella stanza.
«Scusate, ho mangiato pesante ieri sera».
Si giustificò Liam, dopo aver scoreggiato con nonchalance.
Con la coda dell'occhio vidi Mike tapparsi il naso stomacato.
Tornai a concentrarmi su Kristal che per poco non mandò a quel paese la mia amica. E sarebbe stata la prima volta. Si trattenne grazie al suo rinomato autocontrollo, passò una mano tra i capelli biondi e posò l'altra sul dorso della mia.
Si schiarì la voce con un colpo di tosse, poi iniziò a parlare: «Tesoro, promettimi che d'ora in poi mi dirai l'assoluta verità, senza omettere più nulla» mi disse in preghiera, con il volto stravolto dalle troppe emozioni impreviste.
«Te lo prometto, amore».
Sorrisi.
«Vuoi ancora sposarmi?» Desiderai ascoltare con le mie orecchie la sua risposta. Mi protesi in avanti e lei abbassò il capo ancora sconvolta. Le presi il mento e le feci alzare il capo fino a incontrare i suoi occhi castani.
«Sì, Brandon, ti amo e questa è l'unica cosa di cui sono certa. Risolviamo questa faccenda» mi confidò sincera e innamorata, con voce instabile.
Se questo doveva farmi stare meglio, non funzionò affatto. Sentire tanta verità nelle sue parole mi destabilizzò. Mi amava più di quanto potessi immaginare.
Mi rivolsi al signor Clark.
«Allora, cosa possiamo fare per rimediare a questo pasticcio?»
Lo sollecitai, la nostra unica speranza risiedeva nella sua conoscenza in materia.
Si rigirò i pollici con fare riflessivo e assennato. Lanciò un'occhiata a tutti noi, quasi a valutare se ne valesse davvero la pena. Liam masticava la sua chewing gum sfacciata come un camionista, Mike sudava più di un cammello nel deserto, io e Kristal attendevamo di conoscere il nostro destino.
«Tutto ciò che potete fare è rintracciare Lauren Belli e convincerla a divorziare civilmente, inoltre bisognerà fare richiesta alla Sacra Rota per sciogliere anche il legame religioso, e vi avviso... le tempistiche non saranno affatto brevi» annunciò Clark.
Mi grattai la nuca dubbioso. «Mi scusi, ma per il divorzio non basterebbe solo la mia volontà di spezzare il vincolo? Di solito funziona così, o mi sbaglio? Lauren non potrà opporsi» obiettai.
«La ragazza deve essere molto furba, perché ha fatto celebrare il matrimonio in Italia, dove non funziona allo stesso modo che in America. Per divorziare bisogna essere consenzienti da entrambe le parti. Mi dispiace, ma l'unica soluzione è rivedere Lauren e accordarsi, sempre che lei lo voglia. Soprattutto perché non ha lasciato alcuna traccia di ciò che ha fatto illegalmente, contro la sua volontà, signor Bateson. Non possiamo neanche contestare la validità del matrimonio».
Mi aprì gli occhi sull'inquietante piano ideato dalla mia pazzoide ex fidanzata.
Non riuscivo a credere che per colpa sua stessi mandando all'aria il giorno più importante della mia vita! A distanza di anni, riusciva ancora a controllarmi come una marionetta. Non sopportavo l'idea di essere, in qualche modo, ancora legato a lei. Per me era una storia chiusa a chiave e gettata nel dimenticatoio.
«Di male in peggio, Randy. Hai ancora il suo numero di cellulare?» mi chiese Liam allarmata.
«No, l'unica cosa che ricordo è che viveva in un paesino a nord, chiamato Rockport».
Rievocai il passato con frustrazione.
«Allora non ti resta che partire il prima possibile. Si torna all'inferno!»
La mia migliore amica aveva pienamente ragione, tornare a frequentare quella donna sarebbe stato come suicidarsi.
Mike chiese ingenuamente: «È così terribile questa Lauren?»
«Quella donna è il diavolo».
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top