Capitolo 7

Stava per scattare la mezzanotte e non riuscivo a prendere sonno. Continuavo a rigirarmi nel letto cercando una posizione comoda. L'indomani avrei avuto un'altra visita di controllo ed ero un po' preoccupata. Oggi avevo dovuto aumentare l'ossigeno perché sentivo che c'era qualcosa che non andava. In passato, avevo già avuto questa brutta sensazione e non era finita bene. Ricordai che i medici mi dovettero aumentare la dose dei farmaci per non farmi avere di nuovo qualche ricaduta.
Dopo almeno cento tentativi di riaddormentarmi, decisi di alzarmi dal letto. Iniziai lentamente a camminare per la mia stanza, ma non so perché, la mia mente decise di portare il mio corpo vicino alla finestra. Fortunatamente, sta volta, non c'era William. Forse, in fondo, speravo di vederlo.
Iniziai ad osservare attentamente le pareti della sua camera, ogni piccolo dettaglio. Erano di un blu scuro come la notte e aveva alcuni poster dei Pink Floyd attaccati alle mura che mi ricordavano le canzoni che ascoltavo con i miei genitori quando partivamo per le vacanze estive. Per colpa del cancro, non avevamo più fatto tanti viaggi troppo lontani da casa.
Ad un certo punto, intravidi Will entrare nella sua camera. Mi spostai leggermente per non farmi notare, ma continuai ad osservarlo. Aveva i capelli bagnati e spettinati. Indossava una semplice tuta grigia e una maglietta nera. Era dannatamente bello. Non avevo mai visto un ragazzo più bello di lui in diciannove anni della mia vita.
Una parte di me sperava che si togliesse la maglietta da un momento all'altro per rivedere i suoi muscoli scolpiti, ma lo vidi prendere un foglio e un pennarello rosso. Si era seduto sul letto e stava scrivendo qualcosa. Non era una frase lunga, erano poche parole. Rimasi praticamente senza respiro quando lo vidi avvicinarsi alla sua finestra. Aveva girato il foglio e potevo riuscire a leggere la scritta.

Sei bella

Cazzo. Mi aveva vista. Di nuovo. Portai una mano sul petto per cercare di calmare i battiti del mio cuore. Riguardai il foglio e rilessi le parole che aveva scritto. I suoi occhi incontrarono i miei e non potei fare a meno di sorridergli. Il suo bellissimo sorriso era come se potesse illuminare l'ambiente intorno a noi.
Presa dall'ansia, cercai il primo foglio che trovai nella scrivania e decisi di rispondergli, sempre con un pennarello rosso.
Mi avvicinai alla finestra e lui era ancora lì. In attesa di una mia risposta. Girai il foglio e appena lo lesse rimase perplesso. Gli avevo scritto "Non è vero". Il mio cuore stava impazzendo. Fortunatamente l'ossigeno arrivava ancora al cervello e ai miei polmoni malati, quindi avevo la capacità di calmarmi.
Dopo poco, arrivò nuovamente una sua risposta. Sul foglio c'era scritto il suo numero di telefono. Presi di scatto il mio cellulare e lo salvai nei contatti. Mi stava ancora sorridendo. E ovviamente, io sorridevo a lui. Quando lo vidi spegnere le luci, mi lanciai direttamente sul letto. Iniziai a pensare su cosa scrivergli ma d'altra parte, andava contro tutta la mia filosofia di vita. Non volevo avere amicizie, figuriamoci un ragazzo.
Rimasi a fissare il telefono per due ore. Volevo scrivergli qualcosa ma non sapevo cosa, e soprattutto, non volevo che si potesse affezionare a me. Non volevo creargli dolore. Non volevo far soffrire nessuno. Sarei potuta morire da un momento all'altro e le persone accanto a me avrebbero sofferto. Meno mi affezionavo alla gente, meno avrebbero provato dolore il giorno della mia morte.
Mi addormentai con il telefono in mano ancora acceso e con la testa piena di pensieri confusi.

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