Capitolo 29

«Come ti fa sentire il fatto che un tuo amico sia morto?». La mia psicologa non aveva neanche un po' di tatto nel parlare. Era sempre stata così.
«Non lo so». Ero diventata apatica. Non riuscivo a capire come una persona possa togliersi la vita. Anzi, non riuscivo a capire dove una persona trovasse il coraggio per compiere un atto così estremo. Era passata più di una settimana dalla sua morte.
«Hai paura di morire, Diana?».
«No».
«Perché no?».
«Perché ricordo ogni attimo. Ricordo ogni singolo momento passato, e non mi pento di nulla».
«Qual è il ricordo più bello che hai?».
«Quando mi hanno detto che il mio cancro era diminuito del settanta percento».
«Posso immaginarlo, ma...»
«No. Non può immaginarlo. Nessuno può immaginarlo a parte me o chi ci passa. Ho vissuto quindici anni della mia vita attaccata ad una bombola per l'ossigeno per respirare. Era diventata la mia ombra in ogni momento. Non potevo fare lunghe passeggiate o andare a giocare al parco come i bambini normali. Non potevo salire le scale al liceo, ma dovevo essere sempre accompagnata da qualcuno in ascensore. Solo adesso, che non ho più questi problemi, posso capire quanto sia stata dura per me affrontare quel genere di cose. Prima, neanche me ne accorgevo. Adesso riesco a respirare da sola, senza l'aiuto di nessun aggeggio. Riesco a baciare il mio fidanzato senza che le mie canule per l'ossigeno si spostino da qualche parte. Riesco a vedere i miei genitori felici e non più mia madre o mio padre pregare e piangere per me».
«Nonostante il tuo cancro sia quasi guarito è scomparso del tutto, ti senti ancora depressa?».
«Sì».
«Perché?»
«Continuo a pensare che non me lo meritavo. Che non ho mai fatto nulla per meritarlo. Non ho mai fatto nulla per meritare di perdere quindici anni della mia vita, buttata su un letto a guardare la televisione per tutto il giorno, a fare visite su visite, a prendere medicine su medicine. Io, semplicemente, non me lo meritavo».
«Pensi che le altre persone lo meritino?».
«Non lo so».
«Cosa vuol dire?».
«Il cancro lo vedo come una punizione inflitta da Dio o dall'Universo o da chi ci sta lassù. Una punizione che dovrebbero avere le persone che se la meritano. Che hanno fatto qualcosa di orribile. Che hanno ucciso qualcuno. Che hanno fatto del male».
Grazie alla terapia sperimentale si è visto che il mio tumore ai polmoni si è ridotto alla stessa grandezza di un sassolino. La terapia, aveva funzionato.
Ero libera. Ero finalmente libera di poter respirare da sola.

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