Capitolo 24
Erano passate le due di notte da poco. Ero seduta vicino alla finestra con il telefono in mano. Avevo scritto a William un messaggio per chiedergli come stesse andando la serata ma non mi aveva ancora risposto. Ero in ansia per lui. La mia gamba tremava per l'agitazione. Ogni due minuti controllavo fuori dalla finestra. Ero tentata di riempirlo di chiamate e messaggi ma non volevo essere quel genere di ragazza.
Finalmente, dopo mezz'ora lo vidi entrare nella sua camera, con una birra in mano. A malapena riusciva a reggersi in piedi. Aveva bevuto. La promessa che mi aveva fatto, l'aveva infranta. Da una parte, ero arrabbiata con lui. Dall'altra, mi sentivo in colpa e volevo aiutarlo.
Fortunatamente, non guardò dalla finestra. Quando lo vidi mettersi a letto dopo aver spento le luci, feci anche io la stessa cosa.
Ero molto assonnata, ma il disagio che provavo in quel momento non mi faceva chiudere occhio. Sicuramente, mi sarei dovuta arrabbiare con lui. Avrei dovuto affrontare un'altra litigata, anche se non ne avevo per niente voglia. Non avevo voglia di stare male con lui. Lo amavo con tutto il mio cuore e volevo solo il meglio per la nostra coppia. Ma non sapevo cosa fare o come comportarmi. Forse, aveva bisogno dell'aiuto di uno specialista. Alla fine, decisi che gliene avrei parlato il giorno dopo.
«Mary! Ti prego lasciami dormire ancora cinque minuti!».
«Diana, dobbiamo andare in ospedale stamattina. Forza, alzati dal letto. Siamo già in ritardo».
Per tutto il tragitto, provai a tenere gli occhi aperti. Li sentivo pesanti e ogni tanto si chiudevano. Avevo dormito forse un'ora e mezza.
«Non fa bene ad una ragazza con il cancro non dormire la notte», mi disse Mary mentre parcheggiava la macchina,
«Non fa bene neanche alle ragazze normali», le risposi.
Mancava una settimana a Natale e non avevo ancora comprato nessun regalo. Le stanze dell'ospedale iniziavano ad essere abbellite con striscioni rossi e verdi e qualche alberello poco abbellito.
«Buongiorno principessa».
«Non sono dell'umore oggi, Jacob. Non ho dormito un cazzo stanotte».
«Oh, poverina. Il tuo ragazzo ti ha tenuta sveglia tutta la notte?», mi disse ridendo per poi farmi l'occhiolino.
«Mi ha tenuta sveglia, ma non in quel senso. È dipendente dall'alcol e non so cosa fare». Il mal di testa che avevo si stava facendo sempre più forte e pesante.
«Brutte le dipendenze. Hai provato a parlargliene?».
«Sì. Ieri pomeriggio mi aveva avvisato che la sera sarebbe andato in pub con i suoi amici. Mi aveva promesso che non avrebbe bevuto e alla fine...»
«alla fine ha bevuto», completò la mia frase.
«Cosa dovrei fare secondo te?», gli chiesi.
«Non so. Dovresti essere furiosa per non aver mantenuto la promessa che ti aveva fatto».
«Lo sono. Sono incazzata nera ma lui beve anche per colpa mia».
«Colpa tua? E tu che c'entra?».
«Per il cancro, Jacob. Dice che lo fa star male vedermi soffrire».
«Tutti soffrono ma non tutti si buttano sull'alcol per risolvere i problemi».
«È per questo che dovrei convincerlo a partecipare a che ne so, quelle cose che si fanno in gruppo o ad andare da qualche specialista. Ma molto probabilmente non mi ascolterà mai».
«Se ti ama, ti ascolta».
Per il resto delle due ore in ospedale, cercai di riprendere le ore arretrate di sonno che avevo. Dovevo parlare con William. E anche urgentemente. La situazione non poteva andare avanti così. Mi aveva già nascosto troppe cose del suo passato e ogni giorno che passava lo sentivo sempre più distante da me.
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