Capitolo 22

Erano solo le otto del mattino e avevo un sonno terribile. Non ero riuscita a dormire molto perché ero un po' preoccupata per questa terapia sperimentale.
Mi trovavo in una stanza, uguale a quelle dove facevo le sedute di chemioterapia. C'erano altre persone insieme a me, tutti con un fottutissimo cancro ai polmoni.
Vicino a me c'era un posto libero, quindi ci appoggiai la borsa. Sarei dovuta stare lì per almeno due ore quindi tanto valeva farsi un piccolo riposino. Appena chiusi gli occhi, una voce maschile che avevo già sentito prima, me li fece riaprire di scatto.
«Buongiorno principessa Diana, è possibile sedermi qui di fianco a lei? Tutti gli altri posti sono esauriti, sfortunatamente». Era Jacob. Il ragazzo che avevo incontrato prima di fare l'elettrocardiogramma. Ero allibita.
«Scusami, ma tu cosa ci fai qui?», gli chiesi mentre spostai la borsa appoggiandola per terra.
«Cosa dovrei fare qui secondo te? Indovina», mi rispose sedendosi. L'infermiera gli bucò una vena e anche lui iniziò a fare la terapia sperimentale.
«Ma non mi dire!», gli dissi ridendo. Poi continuai dicendo:«tu hai un cancro ai polmoni e non me l'hai detto. Tutte quelle domande che mi facevi... mi stavi per caso prendendo per il culo?».
«Forse sì, forse no. Che te ne frega tanto un giorno moriremo tutti».
«Jacob, tu hai un cazzo di cancro ai polmoni, come me e non me l'hai detto?». Non sapevo se mettermi a ridere per la situazione.
«Principessa Diana, passeremo qui insieme molto tempo. È meglio se facciamo amicizia», mi rispose. Io ero ancora scioccata, quindi non dissi nulla.
«Va bene. Inizio io. Quanti anni hai?».
«Diciannove. Tu?».
«Sei una bambina, praticamente. Io ventiquattro».
«Aspetta un attimo. Perché non portavi le canule con l'ossigeno se hai un cancro ai polmoni anche tu?».
«Perché non tutti i tumori sono uguali. Il mio è abbastanza piccolo. Riesco a vivere la vita, diciamo, in modo normale».
«Che culo».
«Dai, continuiamo con il gioco delle domande. Allora, scommetto che sei un'amante dei cani».
«Jacob, questa non è una domanda. Ne sei consapevole, vero?», gli dissi ridendo, poi continuai. «Comunque, sì. Sono allergica al pelo del gatto. I cani, invece, li amo. Tu fammi indovinare... pappagalli?».
«Mi stai prendendo in giro?!», il suo tono di voce si fece un po' più alto.
«No?».
«Certo che amo i pappagalli. Chi non li ama?». Quella domanda mi fece pensare al mio William. Lui odia i pappagalli. Un po' di tempo fa avevamo avuto un dibattito che sarà durato si e no due ore. Mi mancava.
«Un'altra domanda. Credi in questa terapia?». Sta volta, ero più seria.
«Non lo so. Penso di sì. Il mio tumore non è molto esteso quindi non credo che le cose possano peggiorare. Tu invece, ci credi?». Gli feci le spallucce. Anche io non sapevo se crederci.
«Va bene. Prossima domanda... genitori separati?», mi chiese.
«No, fortunatamente. I tuoi sono separati?».
«Si, fortunatamente. Vivo con mia madre ma ho un buon rapporto con mio padre nonostante lo veda si e no quattro volte al mese».
«Perché così poco?», chiesi curiosa.
«Perché il giudice ha deciso così, semplice». Stavo per rispondergli ma il mio telefono vibrò.
Era William.

Mi manchi. Come sta andando la terapia?

Mi venne un sorriso spontaneo. «È il tuo ragazzo?», mi chiese Jacob.
«Sì. Si chiama William. Tu hai una ragazza?».
«No. Sono più uno che sta dall'altra parte».
«Puoi dirlo che sei gay. Non ti giudico mica».
«Sono gay. Mi hai scoperto». Mi misi a ridere e risposi al messaggio di William.

Mi manchi anche tu. La terapia sta andando bene, ho solo un po' di nausea adesso. Ho fatto amicizia.

«Com'è essere fidanzati?». Jacob, era davvero un tipo curioso. Forse più di me.
«Non lo sei mai stato?», gli chiesi.
«No. Ho avuto una piccola storiella con una ragazza circa tre o quattro anni fa. Da lì mi sono accorto che mi piacevano i ragazzi».
«Come hai fatto a lasciarla?».
«Semplice. Dopo aver fatto sesso, gli dissi che ero gay». Mi misi a ridere.
«Povera ragazza!». Il mio telefono vibrò di nuovo.

Sono contento che tu abbia fatto amicizia. Poi mi racconti. Ora torno all'allenamento. Ci vediamo oggi pomeriggio a casa tua. Ti amo.

Sorrisi di nuovo.
«Sei proprio innamorata di questo ragazzo», mi disse Jacob.
«Si nota così tanto?».
«L'amore è ciò che muove il mondo principessa Diana».
Passammo tutte le due ore a parlare di qualsiasi argomento che ci passasse per la testa. Ero felice di aver fatto amicizia con lui. Era divertente e sapeva farmi ridere. Non è una cosa da tutti, in fondo.

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