Capitolo 11

Era forse un quarto d'ora che mi stavo fissando allo specchio. Guardavo ogni minimo dettaglio della mia pelle. Il vestito rosso mi faceva sembrare e soprattutto sentire come una vera principessa.
«Posso entrare?», chiese mia madre, aprendo la porta della mia camera.
Rimase scioccata quando mi guardò. Aveva le lacrime agli occhi. «Sei bellissima. Sei veramente stupenda, Diana». Mi strinse in un forte e caloroso abbraccio. Stavo per piangere anche io a causa di tutte le emozioni che stavo provando in quel momento ma non potevo permettermi di rovinare il trucco.
«Grazie mamma». La strinsi ancora un po' più forte.
«Il tuo principe azzurro è alla porta che ti sta aspettando». Cercai di prendere un respiro profondo, e mi feci coraggio.
«Mi raccomando, per qualsiasi, dico qualsiasi cosa Diana, chiamaci. Io e tuo padre ti aspetteremo svegli». Annuì. Per la troppa ansia mi si era formato un nodo alla gola.
Mi guardai per l'ultima volta allo specchio, spruzzai un po' di profumo e scesi lentamente le scale. Fisicamente, non mi ero ancora ripresa del tutto. Avrei tanto voluto aver la possibilità di passare una serata senza l'aiuto dell'ossigeno per respirare, ma era praticamente impossibile. Quando mio padre mi guardò, rimase a bocca aperta.
«Si, lo so, sono fantastica, bellissima, sembro una principessa ma il mio principe mi sta aspettando qui fuori», gli dissi sorridendo. Gli lasciai un piccolo bacio sulla guancia come ringraziamento per lo splendido regalo che mi avevano fatto.
Stavo indossando i tacchi da solo cinque minuti e i piedi iniziavano già a farmi male, ma dovevo resistere. «Polmoni, mi raccomando, stasera cercate di collaborare», dissi a me stessa. Aprì la porta e vidi William vestito con giacca e cravatta. Portava anche una piccola rosa bianca nel taschino.
«Sei... sei...». Non riusciva a parlare, quindi decisi di eliminare un po' di tensione.
«Anche tu». Gli sorrisi.
«Sei bellissima, Diana». La sua voce era dolce. Mi stava mangiando con gli occhi e io stavo facendo lo stesso.
Rimanemmo a fissarci per pochi istanti. Volevo che questo momento si potesse trasformare in un ricordo. Un momento speciale, in caso la mia vita dovesse finire da un momento all'altro.
«Dove mi porti di bello?», gli chiesi mettendo la mano sotto al suo braccio.
«Non è molto lontano. Ci possiamo arrivare a piedi». La mia curiosità si stava facendo sentire ancora di più.
Pochi passi dopo, ci ritrovammo davanti all'entrata di casa sua. Quando aprì la porta, rimasi scioccata. La casa era illuminata da delle candele rosse accese e quando mi portò verso la sala da pranzo, dei petali di rosa erano cosparsi su tutto il tavolo.
«Tu... tu, hai organizzato tutto questo... per me?».
«So che non sei potuta andare a nessun ballo scolastico per colpa del cancro, quindi ho deciso di portartici e unirlo ad un appuntamento». Una musica classica e romantica si poteva sentire da tutte le parti dell'abitazione.
«Me lo dedica un ballo signorina?», mi disse porgendomi la mano.
«Tu lo sai che prima dovremmo cenare, vero?», gli chiesi ridendo.
«Si, ecco, a proposito di questo... non sono un grande chef quindi ho ordinato due pizze che dovrebbero arrivare tra...». Non finì la frase, che il campanello suonò.
«Adesso».
Mentre William prendeva le pizze e pagava il fattorino, girai lentamente per il salotto di casa sua. Sulle pareti c'erano attaccate delle foto di famiglia. Si poteva percepire tutto l'amore che li legava. I miei occhi si soffermarono su una foto in particolare, appesa vicino al camino. Un neonato con tantissimi capelli biondi.
Mi sentì toccare la spalla.
«Cosa guardi?», mi chiese.
«È Bella?».
«Vuoi sapere la verità, anche se ti può rendere un po' triste?».
«Sì». La mia curiosità non poteva non essere non ascoltata.
«Lei è Elizabeth. La sorella gemella di Bella. È morta a pochi giorni di vita». Il suo tono si fece più afflitto.
«Cosa le è successo? Se posso saperlo, ovviamente».
«La chiamano "morte bianca". È la morte improvvisa di un bambino. Può succedere a tutti. Ora andiamo a mangiare qualcosa, vieni». Mi prese per mano e ci sedemmo entrambi a tavola. Ovviamente, il racconto di William mi aveva un po' addolorato. Ma non volevo rovinare la serata con brutti pensieri.
Più passavo tempo con lui, più riuscivo ad andare nelle profondità oscure del suo cuore.
Dopo aver mangiato, mi chiese nuovamente di ballare e sta volta, accettai.
Le nostre mani si incrociavano. Appoggiai la testa sulla sua spalla e iniziammo a dondolarci a destra e a sinistra lentamente. Potevo sentire il suono dei battiti del suo cuore unito alla musica romantica che arrivava dallo stereo.
«Grazie per tutto questo, Will», gli dissi sussurrando.
«Non mi ringraziare. Anzi, grazie a te per avermi dato questa occasione».
Spostai la testa dalla sua spalla e lo guardai negli occhi. Non ero mai riuscita a vederli così da vicino. Erano di un castano chiaro con alcune striature verdi. Sentivo il suo profumo che mi faceva venire la pelle d'oca.
«Lo sai, che io oggi posso esserci e domani...». Non feci in tempo a finire la frase. Le sue labbra toccarono le mie, dolcemente. Potevo sentire le nostre anime unirsi in una sola. Un bacio, che non avrei scordato per tutta la mia vita. Un bacio, che aspettavo e sognavo ormai da troppo tempo.
La canula dell'ossigeno non dava fastidio, ma dopo un paio di secondi mi dovetti staccare dalle sue labbra per riprendere fiato.
«Oggi ci sei e domani pure, Diana». Le nostre labbra si toccarono di nuovo, ma sta volta, ci fu più passione. Sentivo le nostre lingue sfiorarsi, come se si accarezzassero. Questo bacio era il modo per tacere, ma allo stesso tempo per dirci tutto. Se questo è il paradiso, io voglio restarci per sempre.

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