2)♠Hiromido♠

Otp

"Questa va su insta"

Era una mattina come tante, il sole splendeva nel cielo, ma in lontananza si notavano grandi nuvoloni neri. Xavier uscì di casa di fretta, la felpa verde sopra il pigiama e le ciabatte blu a coprire i calzini spaiati. Aveva una sola destinazione: Jordan. Non era riuscito a dormire, quella notte: troppi pensieri per la testa, troppe vocine crudeli a sussurrargli nell'orecchio che era davvero finita. Xavier superò il cancello, alzò il pugno, pronto per bussare, ma si bloccò con il cuore in gola. Come si sarebbe permesso di entrare dopo quella litigata? "Ehi, Jordan, sono quel coglione del tuo ex ragazzo, posso entrare?". Xavier abbassò il pugno e fece un passo indietro. Le grida di Jordan ancora gli rimbombavano nella mente.

«Devi smetterla di controllare la mia vita! » aveva gridato, lanciando contro Xavier un libro sfilato dalla libreria. «E' normale che io non mi fidi appieno di teaveva ribattuto il rosso, schivando il libro per un pelo.

Xavier fece dietro-front e abbassò la testa. Gli occhi pizzicarono, Xavier fece del suo meglio per non scoppiare a piangere.

«Non ti fidi di me?» aveva balbettato Jordan, la smorfia dispiaciuta e adirata non era ancora scomparsa. «Dopo l'ultima volta dovrei fidarmi di teaveva sibilato l'altro. Jordan aveva stretto i pugni e si era avvicinato. Xavier, per la prima volta nella sua vita, aveva avuto paura di lui.

Xavier uscì dal cancello, senza voltarsi indietro, attraversò la strada e si sedette sulla panchina in attesa del bus.

«Non può funzionare» aveva affermato Jordan piangendo, mentre Xavier si accarezzava la guancia dove lo schiaffo del compagno era ancora ben visibile. «Un rapporto si basa sulla fiducia» aveva continuato, aprendo la porta della sua stanza «E tu non ce l'hai» poi si era chiuso dentro ma Xavier non se n'era andato.

Jordan riaprì gli occhi a fatica, sentendo il cuscino bagnato sotto la sua guancia. Non era la prima volta che si addormentava piangendo dopo un litigio con Xavier, ma non aveva mai pianto così tanto. Strinse il cuscino tra le braccia, ricacciando indietro altre lacrime, poi chiuse di nuovo gli occhi.

«Jordan, aprì! » aveva urlato Xavier, battendo i pugni sulla porta di legno chiusa a chiave. Jordan, seduto sul letto davanti alla porta, ascoltava le sue suppliche in silenzio. Ogni suo singhiozzo veniva soffocato e le lacrime scendevano lente. «Jordan, ascolta, non è vero che non mi fido di teaveva detto Xavier in tono più calmo, dopo qualche secondo di silenzio. «Dopo l'ultima volta, come potresti? In fondo ero andato a casa di Shawn a dormire, no? Avevamo senz'altro scopatoribatté Jordan, tentando di mantenere la voce ferma.

Qualcuno bussò alla porta, sua madre smanettò con la maniglia, poi bussò di nuovo: «Jordan, tesoro, tutto bene? Ci sono Torch e Gazelle. Perché non andate a fare colazione?» chiese. Jordan fece un bel respiro, regolando il tono di voce. «Mandali via, mamma. Non voglio vedere nessuno.» Sentì i passi di sua madre allontanarsi, così chiuse di nuovo gli occhi. Un tonfo, qualcosa di metallico cadere per terra, la chiave che gira nella serratura e Jordan si ritrovò senza coperte, con Torch e Gazelle che lo tiravano giù dal letto.

«Jordan, se non esci entro cinque secondi giuro che me ne vadoaveva urlato il rosso. Jordan si era stretto il cuscino al petto, poi si era rigirato nel letto, piangendo tra le pieghe della stoffa. «1!» aveva urlato Xavier, Jordan capì che gli tremava la voce. «2!» Jordan si asciugò gli occhi e si tappò la bocca, soffocando i singhiozzi. «3...» La voce di Xavier si fece meno sicura, Jordan chiuse gli occhi. «4...» Ora la voce gli pareva un eco lontano, udì le scarpe di Xavier strisciare sul pavimento. «5...» Un lungo silenzio seguì quel numero tanto doloroso. Jordan si alzò ed aprì la porta, ma Xavier era andato via.

Torch gli tirò una pacca sulla spalla tanto forte da fargli male. «Su con la vita, ora puoi esporti a nuovi orizzonti, no?» Erano al bar dietro l'angolo, quello dove vanno tutti i liceali rimandati all'esame che si ritrovano lì per studiare. Gazelle leggeva con i piedi sul tavolo e Torch, di fianco a lui, gli teneva un braccio sulle e spalle mentre con l'altro gesticolava ampiamente parlando con Jordan. «Hanno aperto un locale dietro alla biblioteca, stasera ci spariamo due birre lì e tu ci dai den- Ahia!» Gazelle gli aveva afferrato il polso, girandolo con decisione, poi aveva lanciato al rosso un occhiata gelida. «Tu stasera non vai da nessuna parte. C'è la cena con i miei.» Torch deglutì e cercò un modo di giustificarsi, mentre Jordan osservava assente la sua briosche ai frutti di bosco. Era quella che Xavier preferiva. «Ehi, ma quello non è lui?» Jordan aveva alzato lo sguardo lentamente e per alcuni secondi non seppe se scappare o scoppiare a ridere. Xavier lo stava raggiungendo a grandi falcate, attraversando la strada in pigiama, con quelle orrende ciabatte blu che gli avevano regalato il natale precedente. Quando si rese conto che era davvero vicino, Jordan scattò in piedi ed uscì dal locale, mentre Torch gli gridava dietro qualcosa che suonò come: «Non hai pagato la colazione!»

Quando gli occhi di Xavier incontrarono quell'inconfondibile coda di cavallo verde i piedi erano partiti ad soli ed era saltato giù dal bus. Aveva lasciato il biglietto al conducente ed era corso a grandi passi verso il bar, fino a quando Jordan non lo aveva notato. Seguire il ragazzo per tutta la piazza si rivelò un impresa peggiore di quello che aveva pensato: durante gli ultimi allenamenti gli era sempre sembrato molto stanco, eppure a sfuggirgli era velocissimo. Quando riuscì ad avvicinarsi abbastanza perché lo sentisse, cominciò a pregarlo di fermarsi: «Jordan, fermati! Ti prego sono... Sono in ciabatte!» La frase gli uscì più stupida di quanto avesse pensato eppure, quando sentì Jordan ridere, non poté fare a meno di imitarlo. Si slanciò ulteriormente verso di lui, appena prima che Jordan si voltasse verso di lui per vedere se lo stesse ancora seguendo. Xavier cadde addosso a Jordan che, perdendo l'equilibro, lo trascinò con sé sulle sudice mattonelle della piazza. Jordan si ritrovò propriamente bloccato, e quando cercò di parlare, Xavier gli tappò la bocca: «Si, lo so. Sono un idiota» Jordan annuì. «E ti stavo cercando» Jordan annuì inarcando le sopracciglia come a dire: "l'avevo notato". «E volevo dirti che mi dispiace» Jordan, spostò lo sguardo e cercò di liberarsi ma Xavier gli bloccò le gambe con le ginocchia ed ancorò i polsi a terra, liberando così la bocca di Jordan. «Xavier, stiamo dando spettacolo» borbottò poi il verde, il volto era diventati rosso come un pomodoro. «Ascolta Jordan, non è vero che non ho fiducia in te... È degli altri che non mi fido!» cercò di giustificarsi il rosso, Jordan sempre più imbarazzato e con gli occhi rossi. «Sono stato uno schifo...» gli sussurrò poi il ragazzo. Xavier gli liberò un polso, accarezzandogli la guancia. «Lo so, mi dispiace...» si scusò. Jordan lo guardò negli occhi, Xavier perse un battito quando non vide né disprezzo né timore. Solo... Attesa? «Hai intenzione di baciarmi o hai bisogno di un invito scritto?» Xavier non se lo fece ripetere due volte e si calò a baciare le labbra del verde. Liberò entrambi i polsi di Jordan, portandogli le mani sulle guance, mentre l'altro se lo avvicinava tirandogli dolcemente i capelli. Quando si staccarono, entrambi con il fiatone, udirono un leggero click della macchina fotografica. Guardando alla loro destra, videro Torch che si spanciava dalle risate mentre Gazelle, come sempre impassibile, li guardava di traverso, la telecamera puntata verso di loro: «Questa va su insta».

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