¹±⁴Percy Jackson
Continuo...
Mayumi
-Adesso non dare la colpa a me ! Non ho chiesto io di partire per un'impresa!-
-Tu e quel tuo cazzo di animo nobile! Ti offri sempre al posto di qualcuno, sembra che tu lo faccia solo per stare al centro dell'attenzione!-
Ribatté Marika alzando le braccia al cielo, mentre Jade sbuffava e si appoggiava al muro della sua stanza:
-La profezia parla di 'vendetta che verrà spenta da vendetta soltanto!' Di chi dovrebbe parlare, eh?-
-Perché non può andarci Nathan per una volta, eh? Oh, giusto! L'eroina non vuole che il fratellone si faccia male! Ma della sua ragazza non le frega niente!-
Sbottò Marika su tutte le furie, stringendo i pugni e pestando un piede a terra. Stavano insieme da quasi un anno, e non era la prima volta che litigavano perché l'una o l'altra doveva partire per un'impresa, o voleva rischiare per andare a trovare i genitori fuori dal campo. Ma non avevano mai litigato in modo così pesante:
-Credi che mi faccia piacere andarmene e starti lontano per chissà quanto?-
Domandò Jade ironicamente, voltando la testa per guardarla: allenata com'era alle loro liti, aveva imparato a trattenere il più possibile il tono di voce e cercare di non ferire Marika più del necessario per arrivare ad una tregua. Ma quel giorno era davvero stufa:
-Credi che mi diverta a intraprendere viaggi lunghi e impossibili che potrebbero portarmi a non rivederti più? È questo che pensi?-
Marika non disse niente, aveva le lacrime agli occhi, ma il broncio era ancora ben evidente e non c'era neanche un po' di trucco sbavato: che fosse waterpoof? Jade si staccò dal muro e le si avvicinò, ma quando fece per prenderle la mano, Marika si scansò:
-Penso che tu preferisca avere la coscienza pulita piuttosto che la mia felicità.-
E dopo questo, ignorando i richiami della sua ragazza, cercò di uscire dalla stanza: ma si sà, non si può uscire dalla casa di Nemesi senza che i proprietari vogliano. Con un gesto della mano, uno sbuffo di fumo nero obbligò Marika a fare un passo indietro e Jade riuscì ad afferrarle il polso sottile: era molto più bassa di lei, ma quella a sentirsi in gabbia era la bionda.
-Io ti amo, Marika. Ma dovrò partire lo stesso.-
La figlia di Afrodite si voltò a guardarla, e le si spezzò il cuore a vedere che, ora, anche lei era moralmente e fisicamente distrutta.
-Se vai, non mi troverai qui ad aspettarti.-
Queste parole fecero si che Jade sgranasse gli occhi e le lasciasse il polso. La confusione della ragazza permise a Marika di oltrepassare la nube di fumo ed uscire a grandi passi dalla cabina della dea della vendetta, sotto gli sguardi curiosi dei ragazzi del campo.
••
Jade partì, e Marika non uscì dalla sua Cabina per le tre settimane seguenti. Solo a Neve era permesso entrare, e solo in caso Marika avesse voluto. Quando riusciva a convincerla a vederla, veniva cacciata dopo pochi minuti, perché a vederla in faccia le sembrava di vedere Jade. E per quanto ne sapeva, poteva anche essere morta.
Alla fine, quando quella mattina a Neve venne rifiutata l'accoglienza, la viola fu felice di avere una notizia che l'avrebbe fatta uscire:
-Jade è tornata!-
Quasi non ebbe il tempo di terminare la frase che, chissà come, Marika spalancò la porta, già truccata e vestita, con uno sguardo sorpreso e traboccante di gioia che si spense quasi subito: probabilmente si aspettava di vederla lì davanti, venuta a salutarla.
-Ma... Dove...-
-È all'infermeria, credo abbia qualcosa di rotto e... Ehi? Dove vai! Non lasciarmi qui da sola!-
Ma a Marika non poteva importare di meno dell'ansia sociale della sua amica: era entrata ed uscita dalla casa di Afrodite tutti i giorni per tre settimane, sarebbe stata bene. E poi, Marika doveva assolutamente rivedere Jade: l'aveva lasciata andare con il peggiore degli auguri, senza pensare a come doveva sentirsi lei quando era dovuta partire! Non era andata neanche a salutarla prima di partire, che stupida! Quando arrivò all'infermeria, una gran calca di gente (conoscendo Jade erano tutti suoi amici) era ferma davanti all'entrata e cercava di entrare. Per quanto si sforzasse, Marika non riusciva ad avanzare. Fino a quando non fece la sua comparsa sulla porta un certo figlio di Apollo. Sapeva che l'avrebbe ignorata, ma Marika fece un tentativo:
-Paolo! Paolo, ti prego!-
Il compito di Paolo era mandare via i ragazzi accampati lì davanti, ma quando vide Marika il suo sguardo duro cambiò. Marika lo vide fare uno strano sorriso, e si mise a gridare ai ragazzi di farla passare: piacevolmente sorpresa, Marika riuscì a raggiungerlo, lo ringraziò con un'espressione tra il disperato e l'entusiasta e si fiondò alla ricerca di Jade.
••
-Suvvia, Jade..-
-Suvvia un cazzo Jo! Ti ho raccontato come è andata, non mi parlerà mai più!-
Continuò Jade per la sua strada, ignorando le rassicurazioni di Jordan e lasciandosi andare ad un pianto liberatorio privo di singhiozzi. Stesa sulla barella, con un piede ingessato appeso ad una gruccia che pendeva da soffitto, Jade era messa meglio di quanto i figli di Apollo potessero sperare. Jordan ammutolì, non sapendo cosa dire e maledicendo tutta quella gente all'entrata che non aveva permesso a Marghe, Velvet e Nathan di raggiungerlo: sperò almeno che Paolo riuscisse a fare entrare qualcheduno che lo aiutasse a calmarla.
-Jade...-
-Non sono capace, Jordan. Non so essere la fidanzata perfetta che si merita. E forse è meglio così, ma io...-
Jade si interruppe, ma non furono necessari attimi di silenzio, perché la porta si aprì e Marika entrò nella stanza con il fiatone, le mani sulle ginocchia e i capelli arruffati. Jade non poté che sorridere tristemente nel vederla bella anche ridotta così. Marika, prima ancora di essersi ripresa, si guardò attorno alla sua ricerca e quando la vide viva e vegeta non poté far altro che sorridere a sua volta. Si avvicinò di corsa a Jade e quando le fu vicino la strinse in un abbraccio che rischiò di soffocare la castana. Ma a nessuna delle sue importava.
-Marika, io...-
-Sei tornata... Grazie agli Dei sei qui.-
Jade, stringendo a sé la ragazza, chiuse gli occhi e sorrise:
-Sì... Sono qui.-
Nei secondi che seguirono, nessuna delle due si accorse del povero Jordan che, sentendosi un po' il terzo incomodo, usciva in punta di piedi dall'infermeria.
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