CAPITOLO 1: Casa

Scusate per eventuali errori di grammatica e/o ortografia

≿━━━━༺⚡️༻━━━━≾

L'aereo finalmente atterra, un senso di leggerezza e nostalgia mi riempie il petto facendomi sentire molto più leggera e spensierata. Sensazione che non accenna a sparire neanche quando salgo sul taxi e sorrido come una ebete al taxista, il poveretto aspetta solo di sapere dove cavolo devo andare. Ammetto di essere tentata nel dirgli solamente "casa", ma sinceramente ho lottato contro una famiglia di 5 persone per salire su questa benedetta macchina, quindi forse farmi sbattere fuori non è il caso.

Il viaggio è abbastanza lungo, circa un'oretta e mezza, dove rimugino agli scenari migliori per salutare la mia famiglia, a che cosa dire a Mark faccia a faccia e non più da uno schermo del computer.

Arrivata finalmente d'avanti a casa varco la soglia dell'ingresso con l'eccitazione alle stelle e una piccola ansia che mi schiaccia il petto.

«Sono a ca...» Ma non faccio in tempo a finire la frase che una pioggia di coriandoli mi inonda. Mamma e papà mi guardano con un sorriso a 32 denti stampato sulle loro facce e delle lacrime di gioia agli angoli degli occhi.

Mia madre mi abbraccia di scatto, rischiando di rompermi due costole. Papà imita il suo gesto e le costole spaccate diventano quattro, ma soffro in silenzio per non rovinare questa bella riconciliazione: è un male a fin di bene.

«Bentornata.» Sussurra la mamma con una dolcezza che gli occhi mi si inumidiscono di lacrime, portandomi a stingere ancora di più i miei genitori.

«Mi siete mancati tantissimo.» Sbiascico tirano rumorosamente su con il naso. Sciogliamo l'abbraccio dopo due minuti belli abbondanti.

«Forza, vai a mettere le tue cose nella tua camera. Non vorrai lasciarle qui in mezzo al corridoio.» Dice mia madre
«Agli ordini!» Simulo un saluto militare, poi prendo le mie due valigie e inizio a salire le scale.

Onestamente non avevo contato l'aver riempito un po' troppo i miei bagagli, perciò arrivare in cima è diventata un situazione più difficile del previsto.
«Nota per me: fai portare gli scatoloni a papà, la schiena non reggerebbe.» Penso.

Miracolosamente riesco ad arrivare alla mia meta: camera mia; esattamente vicino a quella di Mark.
Aprendo la porta rivedo la stanza uguale a come l'avevo lasciata. Credo che qualche cambiamento sia d'obbligo: a cominciare dalle pareti rosa osceno, il letto dove neanche un nano ci starebbe, la scrivania -anzi, mi correggo- il tavolino su cui le formiche prendono il thè, l'armadio troppo piccolo per contenere tutti i miei vestiti. L'assenza di una libreria non solo fa piangere il mio cuore ma anche i libri che prossimamente arriveranno con la ditta di traslochi, insieme ad altre cose perché essere minimalista mi risulta troppo difficile.

Abbandono le valige vicino alla porta e scendo in salotto.
«Mamma, papà, credo che la mia camera vada risistemata.» Proclamo entrando nella stanza.
«Effettivamente hai ragione, d'altronde quando l'hai lasciata avevi solo 11 anni.» Riflette mia madre.
Annuisco, ma un pensiero si fa strada per l'anticamera del mio cervello, così lampante che mi do della bionda per non averci pensato prima. «Dov'è Mark?» Chiedo guardandomi intorno.

«Credo che sia a giocare al campo vicino al fiume con la squadra.» Mi risponde mio padre girando la pagina del giornale che sta leggendo seduto tranquillamente in poltrona. Togliete tutto a quell'uomo tranne il suo giornale.

«Va bene se vado a salutarlo? Credo di non riuscire ad aspettare prima di sta sera.» Mark non sa che sono tornata, si aspetta di venirmi a prendere all'aeroporto tra due settimane, ma i corsi obbligatori all'accademia li ho già dati e quindi col permesso dei nostri genitori ho anticipato il mio ritorno. Anche per questo ho insistito nel venire in taxi: per non rovinare la sorpresa creando sospetti in mio fratello.

La mamma capisce la mia impazienza e sorride teneramente «Certo, vai pure, magari riesci a riportarlo a casa prima di cena.» Scherza.
«Ci proverò, ma non prometto nulla.»

«No sul serio, ultima volta è tornato a casa dopo un intero giorno.» Si fa improvvisamente seria.
«Ah, no okey, lo trascino per le orecchie.» Quel ragazzo ha un serio problema con la cognizione del tempo.

Ritorno in camera per cambiarmi e darmi un rinfrescata dopo il lungo volo.
Dopo aver fatto una doccia veloce con i capelli raccolti, visto che la mia voglia ad asciugarli è pari a zero, indosso dei pantaloni cargo fatti in jeans, una semplice maglia crop top nera e una leggera camicia oversize bianca, ai piedi delle Adidas bianche. Sistemo i capelli pettinandoli con le dita e dopo aver constatato di essere un minimo decente, esco di casa salutando i miei genitori.

Mentre cammino per le vie della città mi concedo qualche secondo per riguardare i quartieri e le vetrine dei negozi per fare il paragone tra adesso e 5 anni fa. Arrivo al campo vicino al fiume e vedo dei ragazzi che giocano a calcio.

Decido di non interromperli subito, poiché li vedo molto presi dall'allenamento, quindi mi limito a sedermi sulla scalinata in pietra e osservarli dall'alto.

E' incredibile quanto siano abili. Il loro affiatamento, il senso di squadra e il talento di ognuno di essi si percepisce anche ad occhio nudo.

Ad un certo punto noto Mark in porta: si sta allenando a parare i tiri effettuati da alcuni suoi compagni, è davvero bravo, lo è sempre stato.
In quel momento entra in campo una ragazza, con i capelli sul castano, dai riflessi verdognoli che sfiorano le spalle e gli occhi verde scuro. Indossa una tuta arancione.

«Dai ragazzi fate una pausa!» Urla con le mani vicino ai lati della bocca per farsi sentire meglio.
«Okey!» Rispondono tutti fermandosi dell'allenamento.
Mi alzo e pulisco velocemente il fondoschiena dalla ghiaia. Scendo i gradini e vedo Mark girato di schiena e io mi avvicino cercando di non fare il minimo rumore.

Il resto della squadra, ovviamente, mi ha notato però si limitano solo a guardarmi confusi. Il Portiere dell'Inazuma non si è ancora accorto di nulla, forse è diventato sordo negli anni? Gli metto le mani davanti agli occhi come se fossi tornati bambini di 9 anni.

«Dai! Chi è?» Sbuffa, anche se mi da le spalle percepisco il sorriso sulle sue labbra.
«Indovina!» Rispondo cercando di camuffare come meglio posso la voce.
«Addirittura!» Dice lui.
«Dai provaci!» Lo incito, non ci sarebbe gusto a dargli subito la risposta.

«Okey... Silvia?»
«No!»
«Axel?» Seriamente la mia voce camuffata assomiglia a quella di un ragazzo?
«Ma ti pare che io mi metta a farti ste robe?» Risponde l'interpellato.

«Un indizio?» Chiede il castano.
«Quando eravamo piccoli giocavamo sempre insieme a calcio.» Dico smettendola di simulare un'altra voce.
«Eh, grazie, ho giocato con molte persone. Un altro indizio?» Onestamente vorrei sbattermi una mano in fronte, ma mi limito a sospirare esasperata.

«Quando ti segnavo un goal te lo rinfacciavo per minimo tre ore.»
«Sei...la vicina di casa?»
«No! È da 5 anni che non mi vedi!» Inizio a spazientirmi, questo gioco si è rivelato un fallimento.
«L'altra vicina di casa?» Ma quante bambine abitavano vicino a noi?

«Mark abbiamo vissuto letteralmente insieme.» Dico mentre qualcuno inizia a ridacchiare.
«Mamma?!» Esclama sorpreso e confuso. Mi sto seriamente chiedendo come possiamo avere gli stessi geni.
«Fai pena in questo gioco.» Gli tolgo le mani dagli occhi e lui si gira per vedermi.

Appena i nostri occhi si incrociano, lui spalanca la bocca e mi guarda sorpreso.
«CELESTE?!»
«No, la vicina di casa che non hai.» Rispondo sarcasticamente facendo un sorrisetto.

Ci abbracciamo, beh chiamarlo "abbraccio" è un eufemismo: Mark mi salta letteralmente addosso afferrandomi per i fianchi e riuscendo a sollevarmi in aria. Onestamente mi chiedo da quando sia diventato così forte e perché nella mia testa mi parte una musichetta dei film Disney.
Mi rimette giù, una mano si posa sulla mia guancia destra come per accertarsi che sia veramente io.

«Ma dovevi tornare tra due settimane!» Esclama.
«Sorpresaaa!» Canticchio agitando le mani mentre ridacchio.
Ci riabbracciamo non accorgendoci che l'intera squadra ci guarda ancora confusa. Una ragazza dai capelli un po' mossi sul castano-rosso e gli occhi rossicci si fa avanti per finalmente capirci qualcosa.

«Ehm... Mark non ci presenti la tua... amica?» Lo chiede con titubanza e forse un pizzico d'invidia, penso proprio che non sappia che sono la sorella di Mark.

«Ah si, scusa Nelly. Lei è...» Fa per parlare ma lo interrompo.
«Piacere a tutti! Io sono Celeste, la sorella di Mark.» Sorrido tranquillamente.
«COSA?!» Urlano tutti all'unisono abbastanza sconvolti.

Mi giro verso Mark alzando il sopracciglio destro. «Davvero non gli avevi detto di avere una sorella?»
«Non me lo hanno mai chiesto.» Si giustifica come se fosse palese il motivo.
«Ah beh si, giustamente.» Commento sarcasticamente.

«Vieni ti presento la squadra!» Esclama Mark, cambiando completamente argomento, prendermi il polso e trascinarmi più vicino agli altri ragazzi.

Come dirgli che non c'è bisogno che me li presenti visto che nelle nostre lunghe videochiamate non fa altro che parlare di loro? Oppure che li ho seguiti durante gli anni tramite i servizi e le partite trasmessi in tv? Lascio perdere e regalare la soddisfazione a mio fratello di vantarsi della propria squadra.

«Celeste, ti presento il bomber della nostra squadra: Axel Blaze.»
Davanti a me c'era un ragazzo con i capelli a sul biondo platino, tendono verso l'alto formando delle punte, gli occhi sono neri fanno l'effetto di essere molto profondi, mi sorrise e cavolo che sorriso!
«Piacere.» Risponde porgendomi la mano.
Ricambio subito la stretta sorridendo a mia volta. «Piacere mio!»

«Questo invece è Jude Sharp, il nostro regista.» Continua Mark indicandomi un ragazzo dai capelli sul marrone chiaro acconciati in rasta e raccolti in una coda, gli occhi non riesco neanche a vederli per colpa degli occhiali da aviatore che porta, e stranamente indossa un mantello blu.

«Loro sono Shawn ed Aiden, anche loro sono gemelli ma almeno si assomigliano!»
Annuisco ridacchiando; sono identici: Shawn ha i capelli sul grigio tendente all'azzurro con gli occhi sempre grigi ma sul blu scuro, Aiden invece ha capelli rossi, color salmone oserei dire, e un po' più tendenti verso l'alto, gli occhi sono uguali a quelli del fratello.

«Loro invece sono Xavier Foster, Nathan Swift, Caleb Stonewall, Hurley Kane, Scott Banyan, Erik Eagle, Jack Wallside, Kevin Dragonfly e Byron Love.»
Xavier ha i capelli rossi e gli occhi color acqua marina e devo ammettere che è un bel ragazzo.
Nathan porta i capelli azzurri legati in una lunga coda con un ciuffo che gli cade sull'occhio sinistro di color marrone-rosso.
Caleb ha solo un ciuffo di capelli marroni con in mezzo una riga bianca il resto della testa è completamente rasata, gli occhi sono di un verde sporco.

Hurley e Kevin hanno entrambi i capelli rosa, Hurley però ha una capigliatura più folta rispetto a quella di Kevin che è rasata.
Passando a Scott: è molto piccolo mi arriverà si e no fino al gomito, ha gli occhi arancioni, i capelli blu scuri e le orecchie a punta, sembra quasi un elfo. Jack è molto alto e robusto, sembra proprio un muro umano, con dei capelli a cespuglio verdi e gli occhi rotondi neri.

E infine c'è Byron, ha i capelli biondi lunghi fino al bacino, sono abbastanza uguali ai miei, se non fosse per il fatto che i miei sono di un biondo più acceso.

«E ora ti presento le nostre manager.: Nelly, Silvia, Celia, Camelia. Mentre
Suzette e Victoria giocano.» Mark passa a presentarmi le ragazze.
La ragazza che prima ci aveva interrotti è Nelly mentre l'altra che aveva fermato gli allenamenti si chiama Silvia.

Celia ha i capelli lunghi fino alle orecchie, un po mossi di color blu scuro, porta degli occhiali rossi appoggiati sulla testa. Camelia ha i capelli lunghi fino alla schiena, molto ordinati e lisci, di color lilla e ha gli occhi azzurro chiaro.
Suzette invece ha la carnagione olivastra con i capelli azzurri. Victoria ha i capelli rosa, corti fino alle spalle e gli occhi di un marrone tendente al nero.

«Bene ragazzi! Ora che le presentazioni sono finite: Ritorniamo a giocare!» Urla Mark alzando in aria il pugno destro tutto esaltato.
«Celeste, vuoi unirti?» Mi chiede Axel con tono gentile.
«Beh, me la cavo, ma non sono così brava come voi. Però accetto volentieri l'offerta!»
«Un'altra ragazza in campo? Che palle!» Commenta Scott beccandosi delle occhiatacce da tutti gli altri. Decido di ignorarlo e non fare molto peso al commento.

Dato che era da tanto tempo che non giocavo a calcio, i ragazzi ci sono andati piano con me (cosa molto apprezzata), ma bene o male sono riuscita a tenergli testa. Più correvo con la palla fra i piedi più la mia mente si ricordava i movimenti corretti.

«Per essere una che non gioca da tanto non te la cavi male.» Si complimenta Nathan.
«Grazie!» Gli sorrido sfoggiando il famoso "sorriso alla Evans".
«Talento di Famiglia!» Urla Mark vantandosi dalla porta e causando le risate di tutti.

✨✨✨

Continuiamo a giocare per quasi tutto il pomeriggio, solo quando mi fermo a bere dalla borraccia di mio fratello riesco a vedere l'ora sul telefono, lasciato di proposito sulla panchina. Per poco l'acqua non mi va di traverso: le 19:30... possiamo pure considerarci morti.
«Che ne dite di una partita?» Propone il portiere ai suoi compagni di squadra mentre si dirige verso la porta.

Con uno scatto lo afferro per il colletto della divisa fermandolo. «E Invece no!»
Lui si gira a guardarmi triste. «Perché no?»
«Cuore mio, sono le 19:30! E io che avevo promesso alla mamma di essere puntuale.» Mi lamento.
«Ma facciamo solo una partitina piccola piccola.» Continua facendo lo sguardo da cucciolo bastonato
«Scordatelo... E lo sia che con me quello sguardo non funziona.» Rispondo autoritaria.

«E va bene. -Sospira sconsolato- Sei senza cuore sai?»
«Non è vero! Il mio è spirito di sopravvivenza a nostra madre!» Mi giustifico lasciandolo andare.
«Ciao ragazzi, ci vediamo domani a scuola.» Mark saluta tutti mentre io mi limito ad un cenno con la mano prima di andarcene.

Mentre camminiamo, anzi corriamo per non arrivare tardi (anche se lo siamo già), Mark non la finisce di raccontarmi tutto quello che gli passa per la testa. Mi era seriamente mancato.
Arriviamo a casa col fiatone e i sudori freddi per la ramanzina che ci aspetta.

«Dai apri la porta.» Gli dico colpendolo col gomito.
«Ma aprila te!» Risponde sbiancando.
«Dai Mark, fai l'uomo su.»
«No grazie.»
La discussione sarebbe andata avanti a lungo ma ci pensa nostra madre ad aprire la porta e fulminarci con lo sguardo.

«Alla buon ora!» Tuona.
«Scusa mamma!» Io e Mark istintivamente ci abbracciamo spaventati.
Per fortuna in nostro soccorso arriva papà: il salvatore!
«Dai cara, lo sai che Mark va pazzo per il calcio e Celeste lo stava solo aspettando.»
«Per oggi vi perdono, ma solo perché è una giornata speciale.»
«E ora a mangiare!» Dico io staccandomi da Mark e correndo dentro casa, non vedendoci più dalla fame.

Per festeggiare il mio ritorno, la mamma aveva preparato la sua buonissima pizza, era così buona che io e Mark non abbiamo lasciato neanche un avanzo.
Finito di mangiare decidiamo di andare a dormire, visto la giornata parecchio carica di eventi.

Prendo da una valigia il pigiama, cioè una maglia extra-large nera, poi vado in bagno per levarmi la stanchezza e il sudore del pomeriggio trascorso con una bella doccia calda e la mia solita skin care notturna contenente 300 step.

Una volta asciugati per bene i capelli ed averli raccolti in una treccia torno in camera per andare finalmente a dormire, ma mi ricordo che nel letto non ci sto. Le opzioni sono due: divano, come consigliato dai miei genitori, o letto con Mark.

Busso alla porta della camera da letto di Mark e subito dopo entro senza aspettare il permesso.
Lui è disteso sul letto intendo a leggere una rivista sportiva, l'abbassa leggermente per guardarmi.
«Prego, avanti.» Commenta sarcastico.
«Nel letto in camera mia non ci starebbe neanche Scott, posso dormire con te come facevamo quando eravamo piccoli?» E questa volta faccio io gli occhi dolci.

Mark in tutta risposta mi fa posto nel letto e batte una mano sul posto libero. «Si, ma perché io ho un cuore a differenza tua.»

Sollevo gli occhi al cielo, mentre mi accoccolo al caldo e tra le sue braccia.
«Ti voglio bene, Mark.» Gli dico, era da tanto che non gli rivolgevo questa frase.
«Anch'io. Notte Celes.»
«Notte.» Sono le uniche parole che ci rivolgiamo prima di addormentarci.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top