•Jordan•

La rissa non era stata una buona idea.

Certo, stava proteggendo Xavier alla fine, ma comunque riusciva a notare come i rapporti nella squadra di stessero lentamente sciogliendo.

La loro amicizia era come un nodo di filo, intrecciato più e più volte, in modo da formare una pallina difficile da districare.
Eppure, bastavano pochissime parole e pochissime azioni sbagliate per aiutare il filo a sciogliersi.

Il fatto è che in quel caso, il nodo era qualcosa di positivo, non si sarebbe dovuto sciogliere.

Nella squadra si volevano bene praticamente tutti, si perdonava qualunque azione -a volte, dopo un po'- e sì, c'erano delle amicizie più strette tra alcuni ragazzi, ma comunque si definivano tutti amici.
Il fatto che ora anche Jordan si fosse messo a dubitare sulle amicizie di qualcuno non era una bella cosa.

Quando Xavier l'aveva rifiutato (in modo gentile, certo, ma l'aveva comunque rifiutato) Jordan non aveva saputo che pensare, che dire.

Aveva sentito un peso sul cuore affievolirsi, ma comunque era stato sostituito da qualcosa di peggio: si era sentito malissimo, perché sapeva che seppur Xavier dicesse non sarebbe cambiato nulla, qualcosa sarebbe cambiato.

Lo capiva dal modo in cui lo guardava: lo compativa.

E seppur Jordan tentasse di mantenere un sorriso, lui sembrava capire che ci fosse qualcosa che non andava.

Però, quel giorno, al campo, non era stato lui quello strano.

Facendo il suo ingresso in partita aveva potuto vedere benissimo una strana espressione sul volto dell'amico.
Sembrava quasi non avesse dormito o che magari l'avesse fatto, ma male.

Aveva una pelle di un colorito così chiaro che era impossibile non notare quelle occhiaie, evidentemente fresche.

Sembrava abbastanza confuso, distratto.

Più di una volta Caleb lo colpì con il pallone e Jordan potè vedere come non gli interessasse granché della partita.
Ad un certo punto quasi cadde a terra, per via di un brutto passaggio.

E la sola vista di Xavier che si comportava in quel modo distraeva a sua volta Jordan: voleva soltanto correre nell'altro lato del campo per assicurarsi che il suo migliore amico stesse bene.

E Shawn era nella sua stessa situazione, probabilmente.

Aveva lo stesso sguardo di Jordan: era preoccupato, confuso.
Nessuno dei due sapeva cosa ci fosse che non andava ma entrambi sembravano aver capito che non fosse tutto okay.

La terribile partita era continuata fino a quando Jude non aveva tirato nella porta sbagliata, facendo interrompere immediatamente il gioco a Mark per mettere in chiaro le cose.

Jordan aveva annuito, iniziando a sentire sensi di colpa perché aveva fatto parte delle persone che avevano giocato male e non gli interessava davvero, l'unica cosa per cui, al momento, era preoccupato, era Xavier.

Non aveva neanche sentito per intero il discorso di Mark: aveva continuato a distrarsi per via delle battute dette da Caleb.

Lui continuava ad affibbiare la colpa ad altri, a far finta che non c'entrasse nulla.
Pur volendogli bene, quel comportamento infastidiva un sacco il ragazzo dai capelli verdi.

Sul serio, giocano insieme da anni.

Cosa gli costava ammettere di aver sbagliato, per una volta?

Non si ricordava neanche come, ma sapeva benissimo che erano arrivati alle mani.

Quando poi Xavier gli aveva messo le braccia intorno al petto, con l'intenzione di fermarlo, Jordan non era riuscito più a muoversi contro Caleb, non perché Xavier gli evitava ogni movimento, ma perché quel contatto l'aveva colto di sorpresa.

Era rimasto contro il corpo dell'amico tanto quanto bastava perché Archer, Axel e Kevin riuscissero a far in modo che il crestato non potesse tornare all'attacco.

E poi, Caleb, se n'era semplicemente andato.

Era stato quando aveva iniziato a salire i gradini delle scale che portavano verso la strada che Xavier aveva lasciato la presa sul suo petto.

Jordan si era sentito quasi male quando l'aveva fatto.
Si era sentito quasi solo e non si spiegava come Xavier potesse fargli quell'effetto semplicemente toccandolo.

«Tutto bene, Jordan?» gli aveva praticamente sussurrato il rosso, abbastanza vicino.

Da quella distanza, non aveva non potuto notare quel suo sguardo, che lo confondeva.
Era uno strano sguardo, uno di quelli che non gli aveva mai visto addosso.

Jordan aveva annuito a mo' di risposta ed aveva ascoltato in silenzio le parole di Mark, iniziando a sentirsi ancora peggio.
Aveva i sensi di colpa alle stelle e sarebbe andato fino a casa di Caleb per scusarsi, se fosse servito.

E chissà, magari se gli avesse dato il buon esempio anche Caleb avrebbe potuto imparare qualcosa dalla vicenda.

Di nuovo, Jordan non ricordava come tutti avessero iniziato ad allontanarsi dal campo, uno dopo l'altro.
Ricordava di essersene andato con Xavier e Shawn e di aver camminato silenziosamente per un periodo apparentemente lunghissimo.

Era un silenzio fastidioso, che quasi lo metteva in imbarazzo.

«Venite a casa mia, su, così che vi mettiate un po' di ghiaccio su quei lividi» aveva proposto alla fine Shawn, con un filo di voce.

Nessuno dei tre sembrava minimamente felice dell'accaduto, ma sia Xavier che Jordan non risposero di no alla proposta dell'amico. 

Era sempre strano entrare a casa di Shawn.

E questo era anche perché il distacco tra lui e le due genitrici adottive era percepibile da kilometri di distanza.

Il ragazzo teneva a loro, ma i suoi amici non pensavo che avrebbe mai potuto pensare alle due donne come effettive madri: a loro diceva tutto, ma continuava a sembrare che non riuscisse ad amarle tanto quanto amava i suoi genitori biologici.

Era una situazione strana in cui trovarsi, anche se le due donne erano davvero adorabili.

Per arrivare alla camera di Shawn c'era sempre da attraversare un coloratissimo corridoi che, osservato bene, Jordan trovava sempre molto triste.

C'erano varie foto lungo le mura, ognuna in corniciate a dovere.

Jordan sentiva il magone alla gola ogni qual volta che posava il suo sguardo su quello che doveva essere Aiden Froste, o su quelli che dovevano essere i genitori biologici del suo amico.
Entrambi continuavano ad essere argomenti quasi tabù per Shawn, anche se lui ormai ci conviveva.

«Voi due entrate, l'acqua ossigenata è sul comodino. Io vado a prendere il ghiaccio» disse il padrone di casa ai due, che accennandogli un sorriso varcarono la porta della stanza del ragazzo.

Jordan era convinto che quel posto non rendesse triste soltanto lui, ma che anche Xavier fosse sempre tremendamente dispiaciuto per ciò che era capitato alla famiglia biologica del loro migliore amico, seppur fossero passati anni.

«Sei tu quello con i graffi, l'acqua ossigenata è per te» aveva detto Xavier, sorridendo leggermente all'amico, mentre afferrava il barattolino bianco.

«Pensi sia stato stupido?» gli chiese Jordan, riferendosi alla rissa, mentre osservava il rosso svitare il tappo della boccetta e prendere del cotone.

«Sinceramente? Sì. Ma capisco perché l'hai fatto» rispose lui, per poi appoggiare con delicatezza il batuffolo di cotone sulla guancia di Jordan.

«Perché?»

«Caleb ti ha infastidito, lo capisco»

«No, non hai capito» fece il ragazzo dai capelli verdi, con un sorriso divertito, che subito si trasformò in una smorfia di dolore quando Xavier spinse meno delicatamente della volta prima il batuffolo sullo zigomo di Jordan.

«Scusa» gli fece immediatamente, con un sorriso quasi divertito e Jordan accennò un semplice "non è niente".

Non convinto, Xavier gli stampò un bacio proprio sopra il graffio, facendo attraversare la schiena di Jordan da brevissimi brividi.

«Cosa non ho capito?» domandò comunque dopo Xavier, con un sopracciglio appena alzato e un'espressione concentrata.

«Beh-... sai... ti ha lanciato quella frecciatina e poi i passaggi-».
Jordan quasi si stupì quando noto una leggera risata attraversare il volto dell'amico, lo stesso amico di cui fino a due secondi fa era super preoccupato.

«Avevo ragione: Caleb ti ha infastidito» fece lui, con tono palesemente divertito.

Jordan, per tutta risposta, contorse il volto in una smorfia, che non fece che far ridere nuovamente Xavier.

Vederlo ridere gli faceva bene.

Shawn rientrò nella camera poco dopo, con un paio di piastre eutettiche (conosciute anche col nome di ghiaccini) e qualcosa come tre stracci nell'altra mano.

Aveva mugulato qualcosa mentre di fretta appoggiava i ghiacciani sul suo comodino, che evidentemente gli stavano iniziando a dare fastidio alla mano.
Aveva passato uno straccio a ciascuno di loro e poi si era seduto sul suo letto, guardandoli.

«Interrotto qualcosa?» aveva domandato, con un sopracciglio di poco sollevato.

Xavier aveva tranquillamente scosso la testa, prendendo una delle piastre eutettiche e avvolgendola nello straccio, per poi sollevarsi di poco la maglia e poggiarsi il pacchetto  sulla pancia.

Shawn aveva immediatamente guardato Jordan, che invece stava fissando l'amico dai capelli rossi, con un'espressione estremamente presa.

Mentre Xavier non si era accorto di nulla, il padrone di caso gli aveva tirato una gomitata, ridacchiando appena, e Jordan, visibilmente in imbarazzo, si era poggiato il siberino sull'occhio sinistro.

Era incredibile la velocità con cui Caleb riuscisse a tirare pugni, sul serio.

«Ho l'occhio nero?» aveva mugulato Jordan, mentre lasciava scorrere le dita sulla palpebra in cerca di un qualche gonfiore.

«In realtà no» aveva ridacchiato Xavier a mo' di risposta.

Jordan aveva sorriso e si era girato verso Shawn, non convinto di quello che il rosso gli aveva detto, considerato il tono che aveva usato.

«Shawn, ho l'occhio nero?» aveva ripetuto all'amico e lui aveva prima lanciato un'occhiata al rosso e poi aveva sorriso a Jordan, dandogli la stessa risposta negativa.

«Okay ho capito» aveva borbottato lui, per poi passarsi di nuovo le dita sulla palpebra e questa volta, percepire quel gonfiore.

«Infami» aveva bofonchiato, mentre un sorriso involontario gli nasceva sul volto.

«Ehii, stai benissimo anche così, tranquillo» l'aveva rassicurato Xavier, beccandosi così un sorriso quasi imbarazzato da parte di Jordan.

«Se l'avessi detto io non mi avresti sorriso così, vero?» aveva scherzato Shawn e Jordan gli aveva risposto con un'occhiata che diceva: "Beh, non sei tu quello per cui ho una cotta".

Poco tempo dopo erano di nuovo per strada perché, a quanto pareva, Shawn aveva litigato con le sue madri e non voleva che fossero dentro casa quando sarebbe tornate.
Era un litigio di quelli stupidi, semplici incomprensioni a chi si rispondeva in modo esagerato.

A quanto pareva, le due donne non avevano creduto che Shawn fosse sul serio capace di fare cioè che aveva promesso loro.

Perciò, subito dopo aver ricevuto un messaggio da loro recitante: "Ehi, tesoro. Io e tua madre rientriamo da mezz'ora, apparecchieresti? Comunque ho comprato la cioccolata che ti piace tanto, vedi di non finirla subito" Shawn aveva detto ai suoi amici che se ne sarebbero andati immediatamente.

Quella situazione faceva quasi divertire Jordan, un po' per la serietà con cui Shawn prendeva la cosa ed un po' per il ricordo di come più di una volta fossero tutti e tre usciti dalla finestra pur di non essere a casa al ritorno delle sue madri.

Lui personalmente non aveva nulla contro le due donne, loro erano adorabili, ma doveva comunque stare dalla parte del suo migliore amico.

Le genitrici di Shawn avevano forse una delle più belle relazioni che Jordan aveva avuto modo di vedere e, tra l'altro, lo adoravano.

Jordan era quasi convinto che Shawn si fosse lasciato sfuggire qualcosa sulla sua situazione sentimentale con loro, perché ogni volta che lo vedevano lo riempivano di domande su un possibile ragazzo e finivano sempre per chiedergli come andassero le cose con Xavier.
Quando succedeva, beh, trovava che la cosa diventasse un po' imbarazzante, ma gli faceva piacere parlarne con loro: erano ottime ascoltatrici e davano i migliori consigli che Jordan aveva mai sentito.

«Qualcuno di voi sa dove abita Caleb?» aveva chiesto ad un certo punto Jordan, facendo immediatamente voltare entrambi i suoi amici nella sua direzione.

Jordan pensò che l'avessero scambiata per una frase da gangster, perché avevano entrambi un'espressione perplessa e quasi preoccupata.
«Voglio scusarmi» chiarì quindi lui, facendo sospirare di sollievo Shawn e facendo sorridere Xavier.

«Non ne sono sicuro, ma credo di esserci stato una volta. Se ricordo bene, dovrei sapere anche dove abita» aveva detto il rosso, infilandosi tra Shawn e Jordan e buttando un braccio sulle spalle di ciascuno.

«Daa quellaaa parte» aveva annunciato, in modo quasi divertito, mentre camminavano.

Jordan si aspettava che la casa di Caleb fosse diversa, incredibilmente diversa.
Ed invece, Caleb abitava in un posto pressoché normale.

Era un luogo quasi carino, accoglievole. O, almeno, era l'impressione che dava da fuori.

Xavier e Shawn si allontanarono un poco da Jordan, facendo in modo che restasse da solo davanti alla porta.

Lui bussò un paio di volte.

Nessuna risposta.

Lanciò un'occhiata perplessa su due amici, che fecero spallucce.

Ritentò.

Di nuovo, nessuna risposta.

Esitò prima di bussare nuovamente, ma, questa volta, quando lo vece, sentì una voce impastata borbottare infastidita qualcosa come: "Smettilaaa, arrivo".

No, quella non era sicuro la voce di Caleb.

Quando la donna aprì la porta, Jordan si rese conto che quella era la prima volta che si trovava faccia a faccia con la madre di Caleb.

«Oh... beh... buonasera signora- io sono Jordan Greenway, vorrei parlare con suo figlio, se fosse possibile.»

La vide ridacchiare, indicandogli l'occhio.
«È con te che ha fatto a botte, eh? Comunque non è in casa e se lo vedi digli che può tranquillamente startene fuori per un altro po'».

Jordan si girò verso Shawn e Xavier che questa volta avevano uno strano sguardo pensieroso sul volto, di quelli che formulavano pensieri non felici.

Il ragazzo dai capelli verdi non sapeva cosa dire, perciò annuì semplicemente bofonchiando un "certo signora, allora- buonasera signora".

«Potrà tornare quando avrà capito cosa significa portare rispetto» avevano sentito i tre, detto in un modo quasi sussurrato, prima che la donna chiudesse la porta alle sue spalle.

Jordan si voltò con lentezza verso i ragazzi e quasi correndo si allontanò dalla porta.

Quella donna era inquietante.
E non sembrava una brava madre.

Grandioso, questo non poteva che far sentire Jordan ancora più in colpa di quanto già si sentisse.

«Mi scuserò domani al campo» aveva sussurrato lui, poco prima che si salutassero e che ognuno di loro tornasse nella propria casa.

Jordan lo aveva notato come ognuno di loro avesse il volto dipinto da una stranissima espressione, prima che si allontanassero.
Evidentemente, non era l'unico a cui l'incontro con la donna aveva dato da pensare.



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ho dovuto cercare su google come si chiamassero i "cosi blu del ghiaccio".

sì, si chiamano piastre eutettiche.
personalmente sono scioccata.

ma hanno comunque 3000 nomi.
giuro che faccio copia incolla da Wikipedia e li metto tutti.

a voi:
carica del ghiaccio, ghiaccino, ghiacciolino, ghiaccioletto, siberino, siberina, polaretto, freezerino, panetta del ghiaccio, gelino, saponetta del ghiaccio o mattonella di ghiaccio.

chi diavolo lo chiama polaretto?

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