Capitolo 7

Dovevamo ammetterlo, non eravamo proprio la squadra più indicata quando si parlava di rimanere concentrati su un compito al di fuori del calcio, soprattutto se noioso. Tendevamo a distrarci con una velocità sorprendente, finendo per scordare in fretta l'obiettivo ultimo. Girare la città per fare ricerche era di certo una di quelle situazioni. Orlando, Sirius ed io stavamo percorrendo le strade del quartiere Seodaemun da circa dieci minuti e la nostra indagine si era già trasformata in una specie di giro turistico. A dir la verità sembrava quasi una gara tra i due ragazzi su chi ne sapesse di più. Uno dei due incominciava a spiegare qualcosa e l'altro si sentiva subito in dovere di ribattere o aggiungere un'informazione. Detto da quella che li stava a sentire? Una giornata di potenziamenti era più spassosa. Li stavo incominciando a odiare, insomma le loro curiosità erano per lo più inutili o noiose. Per il cambio una intrigante contro nove evitabili, non ne valeva la pena.

«Questa è l'Ewha Womans University!» Commentò il regista indicando un edificio a poca distanza, che presumevo fosse uno dei tanti che componevano il campus. Ecco, quello forse poteva essere interessante. Il capitano della Royal prese subito al balzo il nuovo argomento e il mio entusiasmo per intromettersi.

«Pensate che è la prima università fondata in Corea del Sud, nel 1886 per l'esattezza e ad oggi è il più grande istituto femminile al mondo!» Sir parve irritato dal suo prendere la parola. Non amava essere interrotto.

«Sì, lo sappiamo grazie.» Forse con un leggero tono di sfida misto a rabbia decise che mettere fine alla conversazione nozionistica sarebbe stato più efficace. L'altro dal canto suo non dava l'impressione di voler lasciar correre e di conseguenza mettermi in mezzo era la scelta migliore che potessi fare.

«Non ricominciate! Vorrei godermi Seul senza battibecchi almeno per qualche istante se possibile.» Si ammutolirono entrambi. Ottimo, la missione era stata portata termine con successo. Il mio ragazzo senza aggiungere altro mi si affiancò prendendomi per mano. Avevo smesso di sussultare in quelle occasioni già da un po'. Incominciavo ad abituarmi a certi gesti e non mi dispiacevano più, anzi li apprezzavo soprattutto se spontanei. Unica richiesta? Che non durassero troppo, la mia iperattività non resisteva molto.

Quella situazione di pace non proseguì a lungo, ma per lo meno mi diede il tempo di riposare un po' le orecchie. In più, grazie alla clemenza di ogni divinità esistente, decisero che cambiare argomento e spostarsi su qualcosa che potesse evitare una competizione fosse la scelta più indicata.

«Come pensate se la stiano cavando gli altri?» Quella posta da Orlando era proprio una domanda da un milione di dollari ed ero tutto fuorché convinta che potesse esserci una risposta ottimista quanto sincera.

«Considerando la composizione dei gruppi e che in uno ci sono sia Ethan che Alex dubito abbiano combinato molto. Si saranno distratti al primo negozio di abbigliamento e la povera Shiny non sarà riuscita a fermarli.» Detestavo ammetterlo, però Sirius aveva presumibilmente ragione. Parlavano di alcune marche di vestiti già in aereo e sembravano molto interessati a visitarne le sedi. Non avrei voluto accompagnarli nemmeno nella prossima vita.

«Probabile. Visto il nostro fallimento su tutta la linea, sono pronto a scommettere che il mister ci ricompenserà con un allenamento in grado di stendere un elefante. Non la prenderà per niente bene.» Scoppiammo a ridere, forse con una nota di arrendevolezza, consci che non si poteva far cambiare idea a quell'uomo.

«Posso dire che non me ne frega assolutamente nulla? Infondo se il massimo di informazioni che ci dà sono un nulla di fatto, non si può aspettare che torniamo con un tesoro o la risposta al più grande dilemma dell'umanità.» Annuii.

«Sono d'accordo. Faccia qualcosa lui se vuole dei risultati, al posto di affidarsi interamente a dei ragazzini delle medie. Ci ha preso per Sherlock Homes? Mio padre sarebbe almeno sceso a terra con noi e ci avrebbe aiutato nelle ricerche!» Il capitano della Royal mi guardò incuriosito.

«Che tipo è l'allenatore Evans?»

«Un po' pasticcione, con più entusiasmo che fatti concreti da offrire. È una persona gentile, quasi sempre di buon umore, molto protettivo e appiccicoso.- Inclinò la testa di lato confuso. -Ah, come mister intendevi?»

«Buongiorno Ella!» Ridacchiò il mio ragazzo divertito. Gli diedi un leggero scappellotto sul braccio fingendomi offesa.

«Allora fammi pensare... È carismatico, quando sei con lui in campo credi di poter superare qualunque ostacolo ti si pari davanti, non importa quanto possa apparire insormontabile. Sa dire sempre la cosa giusta al momento giusto. Molto attento a tutti i suoi giocatori, pronto a dare consigli o comportarsi da padre con chiunque. Se hai un problema puoi andare da lui, non importa se riguardi il calcio oppure altro. Insomma, è qualcuno su cui sai di poter contare in ogni momento.» Un piccolo sorriso si formò sulle labbra di Orlando.

«Da come ne parli direi che lo ammiri molto.»

«Sì, mio padre è il mio modello, almeno sulla maggior parte delle cose. Su altre invece è proprio un disastro.» Pronunciai quelle parole divertita. Non potevi dire di aver conosciuto davvero Mark Evans finché non lo avevi visto provare a fare una faccenda domestica. Le sue abilità erano pari a quelle di mamma in cucina, in parole povere un caso disperato.

«Dev'essere bello avere un padre del genere.» Perché diceva così? La sua famiglia era molto diversa dalla mia? Per la prima volta mi resi conto di quanto conoscessi poco della vita di quel ragazzo. Non sapevo se chiedergli qualcosa fosse l'idea migliore, non davanti a Sirius. Stavo per aprire la bocca e inventarmi una frase che avesse un minimo di senso, quando qualcuno entrò nel mio campo visivo. Si aggirava furtivo tra i vicoli a passo svelto, attento a non attirare sguardi indesiderati. Al mio cervello servirono solo pochi secondi a processare quelle informazioni. Era Do Hyun, il tipo dell'aeroporto! Il mio corpo ricevette subito un nuovo impulso e senza pensarci troppo, colta dalla mia solita impulsività, gli corsi dietro.

«Dove stai andando!» La voce di Sirius mi tuonò dietro. Prima o poi si sarebbe stancato delle mie cavolate, ma per fortuna quel giorno era ancora lontano.

«Fidatevi ho come un presentimento!» E così mi vennero dietro.

Dovevo ammetterlo non avevo idea del perché avessi iniziato a pedinarlo. Aveva sì un'aria sospetta, però non lo conoscevo e quello poteva essere il modo in cui tendeva spostarsi nella sua quotidianità. Di gente folle infondo il mondo era pieno. Eppure, eccoci lì, tre deficienti che sembravano le nuove reclute di un'agenzia di spionaggio. Ero abbastanza convinta che Sir mi stesse dando della pazza nella sua testa, troppo educato per dirlo ad alta voce, e forse anche Orlando pensava lo stesso. Nascosti dietro un angolo, proprio il primo mi destò dai miei pensieri.

«Tesoro ricordami perché stiamo pedinando questo poveraccio che magari si sta solo facendo gli affari propri? Che so, cercando un bagno?»

«Sirius non ha tutti i torti Ella. Infondo è un tizio con cui hai parlato una volta sola in vita tua. Come possiamo essere certi che sia collegato all'organizzazione.» Le mie guance presero fuoco, un conto era che io la pensassi allo stesso modo e un altro era che loro non avessero la minima fiducia in me e nelle mie capacità!

«Sentite quello non me la racconta giusta. Avevamo incominciato a parlare da pochi secondi e già sapeva che frequentassi la Raimon! Cosa che io non avevo nominato. E dai, dovete ammettere che è un po' strano!» I due si scambiarono uno sguardo poco convinto e in me salì il desiderio di prenderli a pallonate. Presi un bel respiro, dovevo concentrarmi sul nostro obiettivo. Se mi fossi distratta avrei perso di vista Do Hyun e le speranze di scoprire qualcosa si sarebbero azzerate in modo definitivo. Chissà quanto ancora aveva intenzione di correre per la città. Oramai era diverso tempo che lo stavamo seguendo e lui non dava l'impressione di essere molto interessato a fermarsi. Ci eravamo allontanati di almeno un chilometro dalla zona in cui si trovava l'Ewha Womans University e mi domandavo quanto avremmo dovuto continuare ad andargli dietro. Le strade in cui ci trovavamo in quel momento erano molto affollate e non ero sicura fossimo più a Seodaemun.

«Idee su dove siamo finiti?» Orlando parve confuso quanto me dai nuovi spostamenti ed ero pronta a scommettere che quel quartiere non rientrasse nelle parti della città che aveva imparato a memoria. Il regista alzò le spalle oramai arreso.

«No idea.- Fermo in mezzo al marciapiede, un uomo in giacca e cravatta lo urtò facendolo quasi cadere in avanti. Per fortuna i suoi ottimi riflessi gli permisero di riprendere l'equilibrio. -Ma che modi sono!» Non si scusò nemmeno, al contrario gli rivolse solo un'occhiataccia e brontolò: "Giapponesi". Supponevo di doverlo interpretare come un insulto. Che tipi strani. Solo allora mi resi conto di aver dimenticato di controllare proprio chi avrei dovuto. Tirai il mantello di Sirius.

«Ragazzi, credo ci sia un problema.»

«Del tipo?»

«Non vedo più Do Hyun da nessuna parte!» Entrambi alzarono la testa di scatto, nella speranza di individuarlo. Quella volta era stata colpa mia, mi ero fatta distrarre come un'idiota! Il mister avrebbe dovuto rimandarmi a casa all'istante! Ero una persona inutile! Un dito mi picchiettò sulla spalla. Sir aveva un sorriso beffardo in volto, tipico di quando voleva prendere in giro qualcuno.

«Ella s...»

«NO, non dire niente. È colpa mia lo so!» Mi tappò di scatto la bocca con la mano sinistra.

«Se hai finito di parlarmi sopra e l'autocommiserazione, volevo dirti che Orlando lo ha bello in vista.»

«Ah.- Mi rivolsi verso il capitano della Royal. -Ottimo lavoro.» Lui altrettanto divertito decise di non infierire più di tanto.

«Apprezzo i complimenti, ma è meglio sbrigarci. Sta entrando in quel grattacielo e se non ci muoviamo, rischiamo di perderlo seriamente questa volta!»

«Sì, hai ragione.»

La struttura in cui stavamo entrando era imponente quanto mistica all'apparenza. Grazie alla sua struttura interamente in acciaio e vetro, veniva creato un magico gioco di luci, volte ad ingannare la vista dell'ignaro visitatore. Se non fossimo stati nel mezzo di un pedinamento avrei perso il resto della giornata ad ammirare quello spettacolo. Mi domandai come potesse cambiare l'atmosfera al suo interno durante le varie ore o nelle diverse stagioni. Allora era come se fossimo in paradiso, la sera invece? Come lo trasformavano i colori notturni della città e delle insegne dei locali? Scossi la testa, era tutto fuorché il momento per pensarci. Non dovevo distrarmi di nuovo! Cercai il nostro obiettivo con lo sguardo, l'interno dell'edificio non si differenziava molto dall'esterno in quanto a quantitativo di persone. Non c'era molta differenza con Shibuya all'ora di punta. Per la prima volta desiderai di avere l'altezza di Derek, solo per poco, quei 13 centimetri in più mi avrebbero fatto molto comodo in mezzo a quella folla.

«Si può sapere che ci fanno così tante persone in un grattacielo?» Mi voltai verso Sir incuriosita. Non poteva di certo essere un complesso abitativo.

«Forse è la sede di qualche azienda?- Ipotizzai ad alta voce. -Voi spilungoni riuscite a capire qualcosa?»

«Magari.» Orlando e Sirius non erano molto più alti di me in effetti e tra di loro si passavano pochissimo. Era improbabile che riuscissero a superare gli adulti. Il primo incominciò a guardarsi intorno alla ricerca di un appiglio su cui arrampicarsi.

«Idee? Non c'è nemmeno una poltroncina da usare come sgabello.» Cercai il mio ragazzo con lo sguardo, era lui quello dalle trovate geniali dopo tutto.

«Cinque...quattro...tre...»

«Ella che stai facendo?»

«Aspetta e vedrai Orlando. Due...uno...»

«Ci sono!» Cinque secondi, il tempo necessario a Sir per sintetizzare ed analizzare le nuove informazioni. Sistema testato in anni di esperienza.

«Che dobbiamo fare?»

«Tesoro avvicinati per favore.» Eseguii senza fare troppe domande, non avevamo tempo da perdere e mi fidavo ciecamente di lui. Ecco a dir la verità quest'ultima vacillò appena un secondo dopo, quando lo osservai abbassarsi alle mie spalle e le sue braccia mi circondarono le gambe.

«ASPETTA CHE VUOI FARE?» E così mi ritrovai sollevata in aria. Sentii un impellente bisogno di ucciderlo, ma mi trattenni. Per fortuna non ero abbastanza in alto da avere le vertigini.

«Allora? Lo vedi?» Appuntai nella mente di strozzarlo più tardi, però decisi lo stesso di aguzzare la vista. Una felpa così colorata e chiassosa non poteva certo essere difficile da individuare tra tanta gente in giacca e cravatta. Dove cavolo...

«Eccolo! C'è una porta semi-nascosta sulla parete alla sinistra dei tornelli, sta entrando lì! Muoviamoci è una di quelle in cui non passi senza un badge. Dobbiamo sfruttare la sua apertura!» Ero di nuovo a terra in un secondo. La corsa che ne era seguita era stata folle. Evitare quelle persone senza perdere velocità era stato quasi impossibile. Eppure, non avevamo altra scelta, la porta si chiudeva sempre di più ad ogni istante che passava. Non potevamo fermarci. Aumentai il passo il più possibile, pronta anche ad evocare le ali se necessario. Trattenni il fiato varcandola per ultima, quando era solo una minuscola fessura. Mi accasciai contro una parete talmente scura da essere quasi impercettibile. Un lungo corridoio altrettanto privo di luci si estendeva in profondità, portandomi alla fine a domandarmi dove fossimo finiti.

«Quando avrete ripreso fiato, sarei curioso di sapere perché mi state pedinando.»

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