Terza parte
Donald trovò lo zio appena fuori il retro de La Bolla D'oro.
Si avvicinò a lui a passo lento, silenzioso, come se non volesse disturbare ulteriormente il suo stato d'animo.
Lo leggeva nel suo sguardo che parlare con Goldie aveva riportato a galla un tipo dolore che mai avrebbe smesso di farsi sentire.
<Perché non stai con lei? Cosa ti ferma?> chiese, usando lo stesso tono premuroso che riservava, di solito, solo ai nipotini.
Nessuno lo avrebbe mai detto, ma in fondo al suo cuore provava un profondo affetto verso lo zio, anche se non era mai riuscito a capirlo del tutto.
Erano molto simili, alla fine.
Solamente, lui non aveva affrontato le stesse cose.
Non aveva lasciato casa a tredici anni per mantenere la sua famiglia, non aveva faticato ogni giorno, da solo, per sopravvivere, non aveva dovuto scontrarsi con persone che volevano solamente raggirarlo.
Certo, lui si era ritrovato a vent'anni da solo, a crescere dei bambini non suoi, ma Huey, Dewey e Louie erano anche loro di sangue McDuck.
Non era passato molto prima che trovassero la loro indipendenza.
Vide Scrooge stringere la mano a pugno, visibilmente irritato per quella domanda.
Passò qualche secondo, il tempo di rimettere a posto il suo turbine di pensieri, prima di potersi rilassare e rispondere con calma.
<Cosa dovrei fare? Portarla al Fosso dell'Agonia Bianca e costringerla a stare lì con me? Goldie non è fatta per questo. Non sarebbe mai felice, lì. E io... non posso stare qui a Dawson. Non posso rinunciare a tutto quello che ho costruito in questi quindici anni. Mio padre, mia madre, Matilda e Hortense... loro hanno bisogno di me, hanno bisogno del mio successo. Sono l'ultimo del Clan McDuck. È mio dovere non voltare le spalle alla mia famiglia.>
Donald non ebbe bisogno di rispondere, Scrooge non gli diede nemmeno il tempo.
Diede le spalle al nipote e iniziò a camminare, diretto alla sua casa, con ancora mille pensieri che gli balenavano nella testa.
I giorni successivi per Donald furono davvero estenuanti.
Adesso capiva perfettamente cosa voleva dire essere un cercatore d'oro.
Si era congelato le zampe a furia di stare immerso nelle gelide acque del fiume, spaccandosi la schiena nello stare piegato a raccogliere il fondo nella speranza di trovare anche solo una minuscola pietruzza dorata.
Non aveva nemmeno mangiato molto a causa della dieta poco varia.
Solo fagioli, fagioli, e una tazza di caffè se faceva un buon lavoro.
<Domani torneremo in città.> lo avvisò schietto lo zio, mentre lo osservava godersi il suo caffè, seduti uno di fronte all'altro davanti un focolare acceso.
<Che devi fare?> chiese il nipote, incuriosito.
<Abbiamo trovato abbastanza oro per pagare il mio debito con Soapy... l'ultima rata. Voglio togliermi di torno quello strozzino il più in fretta possibile.>
<Ti ha raggirato. Io non gli avrei ridato nemmeno un soldo!>
<Ho firmato un contratto... e purtroppo per me, a differenza tua sono un papero onesto.>
Donald fece un'espressione irritata a quell'affermazione ma non potè di certo ribattere.
In fondo, nel suo tempo era ben conosciuto per l'essere un maestro delle fughe anti-creditori.
<Donald, mi chiedevo una cosa...>
L'interessato aspettò paziente che Scrooge gli rivolgesse la domanda, dando un altro sorso al suo caffè.
<In futuro, tutto questo darà frutti? Riuscirò a... raggiungere il mio obiettivo?>
Donald gli rivolse uno sguardo malinconico, pieno di tristezza e rammarico.
<Sì... ci riuscirai. Ma a caro prezzo.>
Ogni volta che ci tornava Scrooge trovava Dawson sempre più caotica.
Gli argonauti aumentavano sempre di più, così come anche i ladri e i truffatori.
Odiava quella città più di qualsiasi altra al mondo.
Lui e Donald passarono subito dalla posta, appena arrivati.
Mandò la sua lettera, scritta il giorno prima sotto il cielo stellato del Fosso dell'Agonia Bianca, e ne ricevette due.
<Sono dai nonni!> esclamò Donald, entusiasta, dopo aver letto i nomi scritti sulle buste.
Il nipote vide della gioia nello sguardo del suo compagno di viaggio.
<Le leggeremo una volta tornati a casa.> rispose di rimando Scrooge, conservando le lettere nel suo zaino e cercando di mascherare la sua felicità nel ricevere delle lettere dalla sua vera casa.
Usciti dalla posta si fermarono, sorpresi nel vedere Casey farsi strada tra la folla, camminando verso di loro con una certa agitazione.
Si vedeva che era nervoso, si guardava in giro con sospetto e sembrava sudare freddo.
<Scrooge! Donald! Allora è vero che siete qui!> esclamò, allarmato, mentre si avvicinava per poter parlare loro sottovoce.
<Soapy Slink vi sta cercando... vuole prendersi il vostro terreno a qualunque costo! Ha pagato dei tipi loschi per seguirvi fino al vostro posto segreto... registrate subito la concessione, o sarete in grossi guai!>
Scrooge lo fermò dal parlare oltre, posando una mano sulla spalla dell'amico.
<Grazie, Casey. Staremo attenti.> gli disse poi, dandogli qualche pacca e riprendendo a camminare sulla strada principale.
Donald ringraziò il papero e seguì lo zio a passo svelto.
<Non sembri preoccupato... stranamente.> commentò, abituato com'era ai vari svenimenti del parente quando si parlava di minacce al suo impero finanziario.
<Sono abituato a questo genere di trucchetti... e poi, me n'ero già accorto.>
Scrooge fece un cenno verso destra, dietro di loro.
Un paio di tipi piuttosto loschi sembravano osservarli da lontano, seguendoli rimanendo ad un lato della strada.
<Sarà meglio riposarci, Donald. Staremo a Dawson stanotte!> esclamò poi, dandogli giovalmente qualche pacca sulla schiena e avvicinandosi all'ingresso di uno degli alberghi.
Donald notò subito il suo caratteristico sorriso furbo, di quando aveva già un'idea per togliersi dai guai.
Lo seguì senza esitazione dentro l'arbergo.
<Ora crederanno che ripartiremo domani mattina. Cerchiamo invece una porta sul retro, uscendo da lì non ci vedranno andare via.>
<Ma la concessione? E Soapy?>
<La concessione l'ho già registrata, la volta scorsa. La porto sempre con me.>
Si battè una mano sul petto.
Donald immaginò che nascondesse il documento in una tasca interna della veste.
<E Slink... ci penserò la prossima volta.>
Il nipote annuì, indicando poi una porta alle spalle dello zio.
<Quella sembra la nostra via d'uscita!> esclamò.
I due non persero tempo e si diressero all'uscita quasi in corsa, aprendo la porta con uno scatto secco e uscendo in strada subito dopo.
Furono così veloci che non si accorsero di quei due uomini.
Un colpo alla testa, ed entrambi persero i sensi.
Quando Donald si svegliò la testa gli scoppiava.
Sentiva voci stordenti e confuse e l'odore di alcol, di sudore e di polvere da sparo non miglioravano di certo la situazione.
Provò a muoversi solo per accorgersi successivamente di essere retto in piedi da due energumeni che lo tenevano di peso, saldo e impossibilitato a compiere qualsiasi azione.
Si trovava in mezzo a una grande sala, forse di un casinò a giudicare dai tavoli pieni di gente, soldi, carte e liquori.
<Ma guardate un po' chi è sveglio!> disse qualcuno a lui che ancora non riusciva ad identificare, data la confusione.
Ci volle un attimo in più per riprendersi ed associare quella voce a Soapy Slink, che stava in piedi davanti a lui, di spalle.
Capì che non si stava rivolgendo a lui con quelle parole quando si spostò poco più a destra.
Scrooge era incatenato a due colonne, teneva lo sguardo basso e il corpo sembrava non avere forze, sorretto solo dalle catene che aveva ai polsi.
La veste era aperta, in parte strappata, e tra le mani di Soapy c'era tutto quello lo scozzese possedeva: il documento della sua concessione, la numero uno legata allo spago e le due lettere da casa.
<Lasciate andare mio zio!> urlò Donald a quella vista, cercando di liberarsi agitandosi e scalciando.
Era la prima volta in vita sua che lo vedeva così, senza la sua forte determinazione a sorreggerlo.
E, strano ma vero, non riusciva a sopportarlo.
<Zio? Quindi questo papero è un tuo parente! Fantastico, per fortuna gli stiamo riservando un trattamento di favore!>
Gli uomini lì presenti, accerchiati attorno a loro, risero a quella frase, mentre un terzo uomo si adoperava per legare Donald ad una sedia intanto che gli altri due lo trattenevano.
Soapy continuò il suo show come se nulla fosse.
<Vediamo un po', che abbiamo qui... una monetucola? Bah.> disse, lasciando poi cadere il decino per terra, senza curarsene troppo.
<Queste lettere invece vengono da Glasgow! È dove sei nato, vero Scroogie? Saranno da parte della tua famiglia.> continuò strappando la busta e uscendo fuori la prima lettera.
<Questa è da tua madre! Oh, dice che gli manchi... e che è davvero taanto stanca!>
Il "pubblico" se la rise di gusto, come se Soapy avesse appena finito di raccontare una barzelletta, aggiungendo qualche commento alla "cocco di mamma!" o "Manchi alla mammina!".
Donald continuava ancora ad agitarsi, pronto a lottare fino all'ultimo pur di far smettere quelle risate e quelle voci.
Sapeva cosa stava per succedere.
Lo sapeva, e sapeva anche che Scrooge non meritava tutto quel dolore che ne sarebbe conseguito.
Perché Donald quel dolore lo conosceva bene.
Sapeva cosa voleva dire dover affrontare tutta quella sofferenza.
<E adesso la lettera dal papino!...>
Slink si fermò a leggere e il silenzio calò sulla sala.
Il maiale si lasciò andare ad una risata colma di soddisfazione.
<Su, su, gente. Voi ragazzi non dovreste essere così crudeli con un piccoletto che ha appena perso la mamma!>
Le cronache dell'epoca danno resoconti molto diversi su quanto accadde quel giorno, a Dawson...
Tutto l'incidente fu probabilmente gonfiato nei molti racconti successivi e, anzi, pare che in realtà non successe proprio nulla!
Ma era il tempo in cui nascevano le leggende e Dawson, la sfrenata Dawson, quel giorno si fermò a guardare un nuovo personaggio che entrava nei libri di racconti e di avventure, al fianco di Paul Buyan e Pecos Bill...
...il nuovo protagonista era Scrooge McDuck, il re del Klondike!
Donald si svegliò nel suo salotto, questa volta.
Quasi non riusciva a crederci.
Si guardò intorno, mettendosi seduto sul letto, notando di aver dormito sul divano.
Era stato tutto solo un sogno?
Eppure, gli era sembrato così reale...
Pensò agli ultimi istanti, lì, nella sala, legato.
Gli ritornò a galla quel dolore lancinante che mai era riuscito a mandare completamente via.
E come poteva?
Dalla morte di sua madre, Hortense, tutto era diventato più difficile, più cupo e solitario.
Della era diventata un'astronauta e lui si era dovuto fare carico di tre neonati, con un tetto sopra la testa per miracolo e girovagando alla ricerca di lavori, per di più precari, per tirare avanti qualche giorno in più.
Poi tutto era cambiato.
Era bastata una notte di natale.
<Zio Scrooge...> sussurrò, ripensando a quel giorno.
Fu allora che sentì bussare alla porta.
Si alzò a fatica, ancora un po' frastornato, e aprì senza nemmeno controllare chi ci fosse dietro alla porta.
<Tu, nipote scriteriato! Hai consumato una delle mie pastiglie! Ti rendi conto di quanto mi costano?!>
Ed eccolo lì, come richiamato, in tuba e palandrana.
Donald non riuscì a contenersi e lo abbracciò appena finì di sentire una delle sue solite ramanzine.
<Nipote! Che cosa stai facendo?! L'affetto non mi ridà indietro quei 78 cent!> brontolò il vecchio, piuttosto confuso e anche un po' in imbarazzo.
<Volevo solo dirti che... ti voglio bene.>
Scrooge si irrigidì nel sentire quelle parole.
Era più unico che raro che qualcuno le rivolgesse nei suoi confronti, per di più senza alcun contesto.
Ci mise un po' a decidersi, chiedendosi se poteva, almeno per quella volta, lasciarsi andare.
Fu quando avvolse anche lui le braccia attorno a suo nipote che capì di aver fatto la giusta scelta.
Quell'abbraccio sapeva di casa.
<Ti voglio bene anche io, Donald.>
ANGOLO AUTRICE
C'ho messo ERE, lo so, e non sono nemmeno del tutto soddisfatta del risultato.
Spero che a voi piaccia e che io sia riuscita a trasmettervi tutta la carica emotiva che questi due personaggi trasmettono a me in ogni vignetta in cui condividono la scena.
Alla prossima!
P.s. La parte "evidenziata" è presa direttamente dalla Saga, non ho aggiunto una virgola.
Volevo assolutamente inserire quel pezzo.
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