In una fredda notte d'inverno


Ellis camminava in un tratto di strada deserto. Era buio e il ghiaccio sulla superficie dell'asfalto scricchiolava sotto i suoi passi cauti, mentre gelide raffiche di vento penetravano gli abiti che indossava.

«Come sono arrivata qui?» Si guardò intorno, infreddolita.

All'improvviso udì un forte stridore di pneumatici, seguito da un tonfo, voltò il capo e vide, in fondo alla strada, un'auto dal cofano anteriore fumante: si era schiantata contro un muro.

Oh, no... Ellis si avvicinò con cautela, gli occhi spalancati e la paura per chiunque si trovasse all'interno. C'era solo una giovane donna nell'abitacolo, con il volto poggiato sull'airbag.

Bussò al finestrino. «Riesci a sentirmi? Ehi!»

Non ricevette risposta, la donna non si muoveva.

Devo chiamare un'ambulanza. Mise mano in tasca in cerca del cellulare e trasalì. «Non c'è, non c'è!»

Il panico cominciò a farsi sentire quando, nel tentativo di tirare la donna fuori da lì, si accorse che la portiera era bloccata. Si guardò intorno, ma non c'era nessuno che potesse aiutarla.

                                                                              ***

Ellis si svegliò con un pizzicore agli occhi e fece dei lenti respiri, poi incrociò lo sguardo curioso di Sarah, seduta al posto di guida.

«Da quanto mi sono appisolata?» le chiese sfregandosi gli occhi, per poi osservare il paesaggio in movimento al di là del finestrino.

«Ho scoperto di parlare da sola venti minuti fa» rispose lei. «Hai sognato qualcosa di interessante?»

Ellis rise divertita e fece un'alzata di spalle. «Qualcosa di strano, a dire il vero.»

«Sai che novità!» esclamò sarcastica, mentre parcheggiava l'auto nel vialetto di casa. «Hai già avvisato i parenti del tuo arrivo?»

«Ho detto loro che mi sarei trattenuta da te per qualche ora.»

E infatti Ellis rimase da Sarah fino a tarda sera, prima di raggiungere la casa degli zii; le piaceva viaggiare leggera, quindi aveva portato con sé solo uno zaino con pochi vestiti di ricambio e qualche accessorio per la manicure da adoperare nei tempi morti.

«Ricordami un po' quant'è che rimarrai qui» le disse Sarah.

«Solo una settimana, purtroppo» rispose Ellis.

L'altra mise il broncio e intrecciò le braccia, la spalla poggiata allo stipite della porta. «Così poco? Mi toccherà prenderti in ostaggio prima della partenza, allora.»

«Se sarai disposta a offrirmi vitto e alloggio a vita, volentieri.» Guardò il cielo. «Credo stia per nevicare, è meglio che vada.»

«Sono d'accordo. Se dovessi incontrare uno spirito strada facendo, fammelo sapere.»

«Tu e la tua fissazione per i fantasmi.» Ellis roteò gli occhi con falsa esasperazione, conosceva Sarah da più di cinque anni e non era ancora riuscita ad abituarsi alle sue strane passioni. «Quante volte ti devo dire che non esistono?»

Sarah si morse le labbra e la osservò con un sorriso indecifrabile. «Aspetta che io muoia e ne riparliamo.» Rientrò in casa e le fece l'occhiolino. «Notte notte!»

Sei proprio un'idiota. Ellis scosse il capo e sospirò.

Accelerò il passo quando cominciarono a cadere i primi fiocchi di neve; l'ultima cosa di cui aveva bisogno era finire in mezzo a una tormenta. Voltò il capo appena percepì un movimento con la coda dell'occhio e si accorse così di non essere sola: all'altro lato della strada c'era una giovane donna che si muoveva con passi strascicati e si guardava intorno smarrita, indossava un abito leggero e teneva le braccia intrecciate forse nel tentativo di scaldarsi.

Cosa ci fa conciata in quel modo con questo freddo? Le si avvicinò. «Scusami.»

La donna si voltò di scatto, era molto pallida e tremava. «S-sì?»

«Perdonami, non ho potuto fare a meno di chiedermi cosa ci facessi in un posto come questo, per di più vestita con abiti così leggeri.» La osservò preoccupata.

«La m-mia auto ha avuto un guasto al motore a metà strada, così mi tocca fare a piedi il resto del tragitto...» Fece un'alzata di spalle e abbozzò un sorriso.

Pessima idea uscire senza gli indumenti adatti. «Senti, vivi da queste parti? Posso accompagnarti, se ti va. Non me la sento di lasciarti qui da sola» le propose Ellis.

La donna scosse il capo, l'ombra di un sorriso ancora stampata in volto. «Non preoccuparti, casa mia è qui vicino, ci arriverò in un baleno.»

Ellis esitò, la persuasione non era mai stato il suo forte.

«Come preferisci» disse infine, poi si tolse lo zaino dalle spalle, si sfilò il pesante giubbotto e glielo mise in spalla. Represse subito un brivido di freddo. «Porta questo con te, almeno, e non ammetto obiezioni.»

L'altra la osservò sorpresa, mentre indossava l'indumento.

«È così caldo, grazie...» Chiuse gli occhi per un istante e smise di tremare. «Come farai senza?»

«Ne hai più bisogno tu di me, e poi anche io alloggio qui vicino, sono praticamente arrivata a casa» le rispose. «Potrai restituirmelo tra qualche giorno, d'accordo?»

La donna annuì. «E come farò a trovarti?»

«Se mi lasci il tuo indirizzo verrò io stessa a riprenderlo.»

Lei glielo fornì, poi, dopo l'ennesimo ringraziamento, si allontanò sotto lo sguardo vigile di Ellis che rabbrividì più volte.

Meglio che mi avvii, o sarò io quella che rischia un malanno.

*

«Non posso credere che sia già passata una settimana, non sono ancora pronta a lasciarti andare.» Sarah sollevò il labbro inferiore e assunse l'espressione di una piagnucolona.

Ellis rise di cuore. «Vorrei che mi prendessi davvero in ostaggio, ma non posso proprio rimanere.»

«Lo so, lo so. Allora, quand'è che andiamo?»

«Ho l'aereo tra quattro ore.»

«Allora perché stai già uscendo?»

«Ho prestato uno dei miei giubbotti a una ragazza, qualche sera fa. Sto andando a riprendermelo.»

Uno strano luccichio balenò negli occhi dell'amica. «Hai prestato il giubbotto a una donna, eh?» Ellis annuì e lei sorrise. «Allora avrai una bella sorpresa.»

«Scusa?» chiese lei, confusa.

«Scuse accettate» rispose Sarah, facendole una pernacchia. «Non è niente, pensavo ad alta voce. Va' a riprendertelo, forza! Poi raccontami tutto.» La spinse verso l'uscita ignorando le sue proteste.

*

Ellis fece mente locale per assicurarsi che l'indirizzo fosse corretto e suonò il campanello. Si guardò attorno durante l'attesa: le strade erano imbiancate da un lieve manto di neve fresca e in lontananza c'erano dei ragazzini che giocavano a palle di neve.

Mi manca la spensieratezza di un tempo. Fece un lungo sospiro.

Quando la porta si aprì, sulla soglia comparve una donna anziana dal volto gentile che la osservava con lo sguardo di qualcuno che sta cercando di ricordare chi ha di fronte.

«Sì?» chiese titubante.

Lei esibì un largo sorriso. «Buon giorno, mi chiamo Ellis.»

«Non credo di conoscerla, signorina.»

«In effetti no, mi scusi. Sono qui perché qualche sera fa ho prestato il giubbotto a una donna che aveva all'incirca la mia età. Sono venuta a riprendermelo perché tra un paio d'ore lascerò il paese.»

L'anziana socchiuse la bocca e a Ellis parve di aver scorto l'ombra di una lacrima nei suoi occhi. «In questa casa non vive una giovane donna da molto tempo.»

Questa volta fu lei a mostrare sorpresa. «Oh, chiedo scusa, devo aver sbagliato indirizzo.»

La donna scosse il capo. «Temo di no.»

Sta a vedere che quella mi ha fregato il giubbotto. «Prego?»

Udì un rumore di passi e poco dopo apparve un uomo anziano che la osservò con espressione corrucciata.

«Che succede, cara? Chi è questa ragazza?»

«È successo di nuovo, Thomas.»

L'uomo la osservò, poi chiuse gli occhi e annuì.

«Perdonatemi, credo di non capire.» Ellis cominciava a sentirsi a disagio. «Quella donna vive forse nella casa accanto?»

I due coniugi si scambiarono un rapido sguardo, poi l'uomo si fece avanti. «Stavamo andando a trovarla, perché non vieni con noi?»

«V-va bene, grazie.»

Si incamminarono a passo lento, allontanandosi ben presto da quell'isolato. Ellis si sentì presa in giro e quasi si pentì di essersi fermata ad aiutare una persona che neppure conosceva.

Forse si è solo sbagliata, non mi sembrava stare bene.

«L'hai incontrata non lontano da qui, vero?» chiese d'un tratto l'uomo, con le mani intrecciate dietro la schiena.

«Eh?» Ellis si riscosse dai suoi pensieri, poi si guardò intorno. «Sì. Laggiù, per essere più precisi.» Indicò un alto muro a una cinquantina di metri da loro.

L'uomo indugiò con lo sguardo in quella direzione, poi riprese il cammino. «Siamo quasi arrivati.»

Ellis alzò lo sguardo su un'arcata con affissa un'insegna in ottone e corrugò la fronte.

Che ci siamo venuti a fare al cimitero? Osservò i due coniugi, in attesa di spiegazioni, ma questi si limitarono a varcare la soglia e a proseguire, facendole cenno di seguirli.

Vagarono nel cimitero per un po' e lei cominciò a innervosirsi, poi li superò e accelerò il passo con sgomento quando individuò il suo giubbotto su una lapide.

Lo afferrò con foga e si rivolse ai coniugi: «È uno scherzo, vero?»

Ma la serietà sui loro volti le fece intendere tutt'altro.

«Lo pensavamo anche noi, la prima volta che è successo, ma quando la cosa si è ripetuta abbiamo cominciato a prendere sul serio la questione» ammise l'uomo.

«Continuo a non capire. Perché il mio giubbotto è finito qui?»

«La donna a cui lo hai prestato è la stessa raffigurata su quella lapide, vero?» Questa volta fu la donna a parlare.

Ellis inarcò un sopracciglio, si voltò e il suo cuore perse un battito: prima non l'aveva vista, un po' perché era arrabbiata, un po' perché il giubbotto l'aveva coperta, ma la ragazza raffigurata sulla foto era la stessa che aveva incontrato la sera del suo arrivo in paese.

«È morta una sera di vent'anni fa, le strade ghiacciate le hanno fatto perdere il controllo della vettura e l'hanno fatta finire contro un muro. Allora quella zona del paese non era ancora abitata, nessuno ha sentito lo schianto anche a causa del forte vento. Il colpo le ha fatto perdere i sensi, finché non è morta per ipotermia» disse l'uomo. «Immagino che tu abbia sognato le circostanze della sua morte, succede sempre.»

Ellis, ignorando il pizzicore agli occhi, gli rivolse uno sguardo interrogativo. «Perché io? Perché ha scelto me?»

«Chi lo sa? Forse avviene casualmente, ma solo nelle fredde sere d'inverno.» Sospirò. «Tante volte ci siamo recati in quel luogo, nella speranza di incontrarla, ma non ci siamo mai riusciti.»

La donna anziana le si avvicinò e le strinse le mani, mentre la osservava con un sorriso e gli occhi lucidi. «Grazie di essere stata gentile con nostra figlia.»

Ellis la abbracciò, in lacrime, infine si avvicinò alla lapide e risistemò il giubbotto. «Scusami se ho pensato male di te. Puoi tenerlo, così che possa scaldarti nelle fredde notti d'inverno.»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top