#[MISSING MOMENTS] Federico e La Sua Solitudine
Federico prese a girovagare in lungo e in largo, e a più riprese, per i vuoti anfratti dell'ampio soggiorno, le braccia conserte e un moto di profonda nostalgia che, di minuto in minuto, si faceva sempre più intenso. Da quando la sua Amanda se n'era andata, casa sua si era trincerata in un silenzio assordante; un silenzio dai risvolti quasi esasperanti — e che richiamava a sé molte vecchie memorie. Per la prima volta in vita sua, gli stava pesando moltissimo la solitudine. Starsene solo soletto in quella grande casa, nella quale si era stabilito in via definitiva dopo la morte di Giacomo — prima che suo padre acconsentisse al suo trasferimento all'Università di San Diego —, gli provocava, all'occorrenza, un fastidioso senso di inquietudine.
Non che non fosse felice (anzi, a dirla tutta, era felicissimo!) per Amanda: quando gli aveva confidato che Alessandro l'avrebbe voluta tutta per sé, lui per primo l'aveva incoraggiata ad accettare la sua proposta, immaginando che la convivenza con lui non avrebbe potuto che rafforzare un rapporto che, non poteva nasconderlo, considerava come un qualcosa di meraviglioso, nonché di autentico e speciale. Su tutti i fronti.
«Mi dispiace troppo andarmene da qui, però», gli aveva risposto Amanda, tra le lacrime.
Dispiace tanto anche a me, avrebbe voluto risponderle lui. Invece, le aveva elargito un dolce sorriso e, stringendola più a sé, le aveva detto: «Il nostro rapporto non cambierà, tesoro mio. Puoi venire a trovarmi tutte le volte che vuoi. Sarai sempre la benvenuta. Ma è giusto che tu faccia la tua vita, adesso. Ormai sei grande, bambina mia.»
Ad Amanda, a fronte di quell'ultima frase, era scappata un'allegra risata. L'essere "grande" ed essere, nel contempo, considerata ancora una "bambina" era senz'altro nella norma, per un genitore.
«Ti meriti tutta la felicità di questo mondo», aveva proseguito Federico, mentre cercava di ricacciare quel nodo in gola che, del tutto inaspettatamente, gli si era presentato nell'istante stesso in cui la sua amata figlia aveva ridacchiato.
Gli sarebbe mancato un sacco ascoltare il suono della sua risata ogni singolo giorno.
«Fortuna che non siamo poi così lontani», aveva risposto Amanda, sinceramente commossa. «Grazie di tutto, papà. Non dimenticherò mai questo periodo; è stato bellissimo. Ti voglio tanto bene.»
Il sorriso di Federico si era allargato ancora di più, un tenero buffetto sulla guancia. «Lo hai detto tu. Non siamo poi così lontani.»
Ma nemmeno così vicini, pensò, lo sguardo che vagava da un punto all'altro del soggiorno. Tutto era al suo posto: l'antica scrivania in legno di noce che occupava il fondo del salone, la vasta libreria, che vantava la presenza di innumerevoli classici della letteratura che Amanda aveva divorato nel corso dei mesi stupendi che avevano trascorso insieme. Il resto della mobilia che, in presenza della figlia, sembrava che d'un tratto avesse ripreso vita al pari di lui.
Gli sfuggì un piccolo sorriso. La costante presenza di Amanda, come il bene sincero che nutriva nei suoi confronti, lo aveva cambiato profondamente. Provava quel tipico senso di completezza che chiunque ricerca, nel proprio intimo. E che raramente si riesce a raggiungere. Certo, forse gli mancava ancora qualcosa, però, magari... avrebbe anche potuto farne a meno. Oppure no?
Quasi senza accorgersene, ripensò alla sua vecchia vita in quel di San Diego e, conseguentemente, alla sua...
Il trillo del telefono lo fece sussultare. Subito lo estrasse dalla tasca dei pantaloni. Rimase impietrito.
La scritta "Roxanne" sullo sfondo, il cellulare che, nel suo continuo vibrare, lo stava invitando tacitamente a rispondere alla sua chiamata. Negli ultimi quattro mesi, Roxanne si era fatta viva per almeno altre tre volte, ma lui, da "perfetto gentleman", non le aveva mai risposto. Si era spesso sentito in colpa per il suo comportamento, ma, d'altra parte, riteneva che l'unica cosa davvero importante fosse proprio Amanda.
Questa volta, però... Scrollò il pollice verso destra e accettò la chiamata.
«Pronto?»
Una voce ferma e sicura risuonò dall'altra parte della linea. «Ciao, Federico, sono Roxanne. Come... come stai?» Sull'ultima parola, il suo tono si era incrinato un poco.
«Ciao, Roxanne.» Una piccola pausa. «Abbastanza bene, ti ringrazio. Tu? Senti, scusami tanto se non ti ho più risposto, ma—»
«Sono qui a Torino», buttò lei, senza tanti preamboli.
Federico spalancò gli occhi. «Come qui a Torino?» le chiese, sicuro di aver capito male.
«Sì. Sono nei pressi della Mole Antonelliana.»
Soltanto in quel momento, Federico si accorse di quanto il suo italiano fosse migliorato. Anzi, a dirla tutta, sembrava perfetto. Il suo caratteristico accento americano persisteva ancora, ovviamente, tanto che, nel corso delle telefonate precedenti, Federico si era sempre "scomodato" a parlare nella sua lingua. Aveva forse seguito un corso apposito?
«Possiamo vederci?»
Federico rimase a dir poco spiazzato da quella proposta. Fino a qualche mese prima, aveva creduto che non l'avrebbe rivista mai più. Nell'ultimo periodo, gli era comunque capitato di pensare a lei, ma non si sarebbe mai azzardato a telefonarle. Ancora una volta, era stata lei ad andargli incontro.
«Sì, credo che... credo che si possa fare», farfugliò, in leggero imbarazzo. D'altra parte, non poteva certo rispedirla in America con tanta leggerezza, dopo l'interminabile viaggio che si era fatta in aereo!
«Ti va bene tra una mezz'ora?»
«D'accordo. A tra poco, allora.»
Mentre si incamminava per le viuzze del quartiere, Federico non sapeva proprio cosa aspettarsi. Fasciato alla perfezione dal lungo cappotto invernale, si fermò per un momento al cospetto di una vetrina e analizzò il proprio riflesso. L'espressione del suo viso tradiva la consueta enigmaticità che l'aveva spesso contraddistinto, la mano destra ormai del tutto spoglia della sigaretta che soleva fumarsi ogniqualvolta usciva di casa. Anche stavolta, sorrise tra sé, pensando a quanto potere potesse avere un figlio su un genitore. Nemmeno la stessa Roxanne era riuscita a farlo smettere, nonostante avesse profuso tutto il suo impegno perché lui riuscisse nell'impresa.
Quando raggiunse la Mole Antonelliana, si guardò attorno e, non appena la vide (lo stava aspettando nei pressi di un bar che conosceva benissimo), le profuse un mesto sorriso. Lei, dall'altra parte della strada, incurvò appena le labbra in risposta. Federico provò una sensazione particolare, non appena le si avvicinò e la salutò con un bacio sulla guancia. Riconobbe immediatamente il suo profumo; inoltre, aveva indossato un'elegante sciarpa color caramello, che Federico le aveva regalato qualche anno prima.
«Ti va di bere qualcosa?» le propose lui, notando quanto gli occhi di Roxanne risplendessero di una luce diversa.
«Speravo tanto che me lo chiedessi», rispose la donna, accennando un breve sorriso.
«Tè alla pesca?» le chiese lui, che ricordava alla perfezione i suoi gusti.
Roxanne annuì, quindi varcarono la soglia del locale e Federico, avvicinatosi al cameriere, ne ordinò due tazze.
Non appena si accomodarono, si persero l'uno negli occhi dell'altra.
«Ti trovo bene», azzardò Federico, lo stomaco in subbuglio. «Nonostante...» Sospirò, sconfitto. «Nonostante mi sia comportato da perfetto stronzo», aggiunse poco dopo, facendo appello a tutto il suo coraggio.
«Anch'io ti trovo bene. Benissimo, in realtà. E... e mi arrischierei a dirti che sia tutto merito di una donna.»
Federico strabuzzò gli occhi. Nel suo tono di voce non c'era stata alcuna traccia di rimprovero, men che meno di scherno. Sembrava, invece, che fosse piuttosto contenta per lui.
«Spero che tu abbia ritrovato la serenità perduta, adesso», continuò, nei suoi occhi un profondo affetto.
«Roxanne—»
«Non devi dirmi niente, se non te la senti. Volevo solo vederti un'ultima volta, e... e desideravo soltanto sapere se adesso, a differenza di qualche mese fa, ti ritieni un uomo felice.»
Federico non scostò gli occhi dai suoi nemmeno per un istante. «Ascolta, Roxanne, io non... non è che con te non fossi felice, anzi. Soltanto che...» Si grattò la testa. «In effetti, non sono stato del tutto sincero, quando ti ho detto che non lo ero più. E... e me ne scuso. Ti assicurò che non c'era un'altra donna, però. Non c'è mai stata, o perlomeno... non materialmente, ecco.»
Proprio in quel momento, il cameriere porse loro due le tazze di tè che aveva ordinato, e Federico se la portò subito alla labbra, pur correndo il serio rischio di scottarsi la lingua. Era dannatamente difficile parlarne, ma sapeva anche che glielo doveva – soprattutto in nome dei tanti anni trascorsi insieme.
«Sono pronta ad ascoltare le tue ragioni», si offrì lei, sfiorandogli la mano. A quel tocco tanto leggero, Federico sussultò in silenzio. Quella presa di posizione gli aveva fatto accelerare inavvertitamente il battito del cuore. Non provava quelle sensazioni da diverso tempo, e quasi se ne spaventò.
Accantonò la tazzina di tè e iniziò a raccontarsi. «Sai, quando avevo ventitré anni, mi sono innamorato perdutamente di una ragazza di ventisei. Lei studiava Scienze Politiche. Ci siamo conosciuti per puro caso, e da quel giorno non sono riuscito a pensare ad altro. Desideravo tanto rivederla, perché quando ci siamo incontrati in mensa la prima volta non sono riuscito neanche a dirle una parola in più del classico "ciao". Il destino ha voluto che ci ritrovassimo nei pressi della sua facoltà, e da quel momento... ho cercato di conquistarla in tutti i modi. Per me è stato amore a prima vista.»
«Lo è stato anche per lei?»
Per un istante, Federico ripensò alla lunga lettera che Amanda gli aveva fatto leggere un paio di mesi addietro. «Sì», sputò, con rinnovata convinzione. «Soltanto che... lei mi sfuggiva sempre, e io, sulle prime, avevo pensato che fosse impegnata con un altro ragazzo. Quando glielo chiesi, mi rispose di no. Invece...» Riprese la tazzina e vi affogò le labbra per qualche secondo. «Invece era già sposata. Mi aveva mentito.»
«E com'è finita?» si azzardò a chiedergli Roxanne, pur con misurata discrezione.
«È finita che abbiamo fatto l'amore soltanto una volta, e che... e che da quell'unica volta sia nata mia figlia, la scrittrice Amanda Benassi.»
Roxanne schiuse appena le labbra. «Tu hai—»
«Sì. Ho avuto una figlia, soltanto che io non ne sapevo niente. La mattina dopo che siamo stati insieme, Valeria mi ha scritto una lettera nella quale mi confessava che era sposata e che, di conseguenza, era stato tutto un grosso sbaglio. Per anni ha creduto che la figlia che portava in grembo fosse di suo marito, invece... quella bambina era mia.»
Gli occhi di Federico si fecero di nuovo lucidi; quasi non si accorse che Roxanne aveva allungato il braccio per poi stringergli con decisione la mano.
«Ho scoperto tutto un paio di anni fa, quando sono stato chiamato da Brando per svolgere delle lezioni all'interno del reparto di Neurologia di Torino. Ho ritrovato Valeria su di un letto di ospedale, ed era in pessime condizioni. Ho quasi stentato a riconoscerla, ma si trattava proprio di lei. In quel momento, mi sono reso conto di non essere mai riuscito ad andare avanti davvero, senza di lei. Il fatto che mi avesse lasciato mi aveva provocato delle ferite insanabili, anche perché, a suo dire, non era mai stata innamorata di me. Quando stava per morire, mi ha confessato tutto quanto. Ero io, il vero padre di quella ragazza.»
All'uomo sfuggì una lacrima, lo sguardo fisso sul tavolo. Nella sua mente, aveva rivisto quella scena almeno un migliaio di volte.
«Sulle prime, non ci ho creduto e, non appena Valeria è deceduta, sono scappato. Sono tornato da te, a San Diego, però... niente era più come prima. Lo spettro di Valeria continuava a perseguitarmi, e il pensiero di avere una figlia non mi faceva più dormire. Ero sconvolto.»
Roxanne scosse la testa. «Perché non me l'hai detto? Perché mi hai fatto credere che non volevi più stare con me?»
«Credevo di non meritarti», farfugliò Federico, la voce incrinata. «E poi... dovevo assolutamente risolvere quella questione, ma sentivo che dovevo farlo da solo. Forse avevo solo paura di rovinarti la vita, o che pensassi che non fossi l'uomo che credevi, anche se, me ne rendo conto, avrei potuto renderti molto più felice, se soltanto...»
Lei gli strinse la mano con ancora più forza, impedendogli di continuare. Aveva gli occhi lucidi.
«Quindi... adesso l'hai conosciuta?»
Federico si aprì in un sorriso spontaneo e ricambiò la stretta. «Eccome. Amanda è una ragazza straordinaria, ed è stupenda. Dentro e fuori. Conoscerla mi ha cambiato la vita. Abbiamo vissuto persino insieme, per un breve periodo, e, per quanto possibile, abbiamo cercato di recuperare tutto il tempo perduto. Certo, all'inizio è stato difficile, perché quando mi sono deciso a confessarle la verità, lei non voleva più saperne niente di me. Adesso, però, è tutto diverso.»
«Pensi che... pensi che sarebbe possibile farla conoscere anche a me?»
Il cuore di Federico perse un battito. «Tu... lo vorresti davvero?»
«Se adesso sei così felice, è soltanto merito suo, no?» replicò lei, schiudendosi in un sorriso radioso.
In quel frangente, Federico provò il forte istinto di abbracciarla, ma si trattenne. «Sì», si limitò a dire. «È tutto merito di Amanda.»
Ed è merito tuo se siamo qui, pensò, il placido tocco di lei gli stava trasmettendo infinita tranquillità. Ma non solo. Le accarezzò il dorso della mano con il pollice e, leggermente imbarazzato, le rispose: «Penso che le farebbe molto piacere conoscerti. Però, ecco, preferirei comunque andarci cauto. In tutti i sensi», aggiunse poi, stupito dalle sue stesse parole. Era bastato un semplice contatto per fargli capire quanto gli fosse mancato quel genere di intimità, come Roxanne stessa. D'altra parte, aver conosciuto la verità di Valeria gli aveva finalmente arrecato un senso di pace che non provava da tanto tempo — a dispetto della sua reazione iniziale.
«Mi stai dicendo che non ti dispiacerebbe se... se di tanto in tanto tornassimo a vederci?»
Federico le regalò uno sguardo penetrante. «Soltanto se lo vuoi anche tu. Lo sai che l'ultima cosa che voglio è farti del male, anche se...» Abbassò gli occhi. «Anche se non ho fatto altro, nell'ultimo periodo.»
«Non pensiamoci più», gli propose la donna, intrecciando ancora una volta le dita a quelle di lui. «Adesso siamo qui, ed è questo quello che conta. E no, non ho nessuna fretta.»
Profondamente grato, Federico annegò nel suo sorriso. E, in quel preciso momento, prese coscienza del fatto che voltare pagina, forse, non era poi così impossibile.
N.d.A: E niente, avevo troppa voglia di scriverlo, questo missing moments! Federico e Roxanne si sono riavvicinati, o, perlomeno, queste sarebbero le intenzioni di entrambi. Spero che questo breve racconto vi sia piaciuto, come il punto di vista di Federico. Come sempre, aspetterò di conoscere le vostre impressioni! Grazie di cuore per essere arrivati sin qui!
Eleonora
P.S.: Federico E La Sua Solitudine è una composizione strumentale di Ennio Morricone, appartenente al soundtrack del film: Questa specie d'amore (1972) del regista Alberto Bevilacqua.
💕 E un grazie speciale a chi mi ha sempre supportato 💕:
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