CAPITOLO XXXVII

Sei mesi più tardi...


Amanda parcheggiò la vettura nei pressi del fiorente giardino che circondava la casa di Federico, quindi si addentrò nel cortile, ansiosa più che mai di rivederlo. Dopo varie insistenze, Alessandro le aveva permesso di guidare la propria auto anziché prendere l'ennesimo treno per andare a trovarlo. Le sfuggì un sorriso divertito. Vivevano insieme da circa tre mesi e, sin dal momento in cui Amanda si era stabilita nel suo confortevole e accogliente habitat, aveva scoperto che il suo amatissimo fidanzato, per quanto meraviglioso, nascondeva nel cassetto più difetti di quanti ne avesse mai ipotizzati agli albori. A lei, però, piaceva proprio per questo. Era proprio quell'accozzaglia di difetti che, mescolandosi a quelli altrettanto ragguardevoli di lei, lo rendevano un uomo unico nel suo genere. 

«Ma che non ti fidi di me?» gli aveva chiesto lei, trattenendo a stento una risata. Solitamente, gli era difficile dirle di no, ma quando poi si decideva a muoverle qualche obiezione, diventava più testardo di un mulo. E assolutamente incorruttibile.

«Non è questo. Soltanto che non guidi da un po' di tempo, e quindi—»

«Non mi servono le tue lezioncine, carino. Dai, su! Affidami il tuo gioiellino» – neanche fosse stata una Ferrari, aveva pensato lei! – «e vedrai che te lo riporterò tutto intero.»

«Ma guarda che non sono mica geloso della mia macchina, figuriamoci!» L'aveva quindi attirata su di sé, un luccichio negli occhi che Amanda interpretò come l'ennesimo punto interrogativo.

«E allora?»

Quel luccichio aveva assunto un'altra forma. «Amanda, ascolta... l'ho portata dal carrozziere giusto un mese fa!»

«Ma non è stata colpa mia! Ti ho detto che ero completamente ferma ai lati del marciapiede e che un deficiente mi ha tamponata! Quante volte te lo devo dire?»

«Appunto per questo!»

«Guarda che poteva succedere anche a te!»

Lui aveva alzato gli occhi al cielo. «Su questo hai ragione. Ma sta di fatto che mi sono spaventato a morte. E non certo per la macchina.»

«Cioè... quindi non vuoi lasciarmi andare per questo motivo? Perché hai paura che possa succedermi qualcosa? Allora che farai quando ne comprerò una mia? Mi rinchiuderai nello sgabuzzino cercando di tenermi buona con quei gustosissimi manicaretti che hai preparato la settimana scorsa? Oppure comprerai un bel paio di manette e mi incatenerai al nostro lettuccio per settimane?» Amanda, con quel discorsetto, aveva sperato di farlo sorridere, e fortunatamente ci era riuscita.

«Potrebbe essere un'idea, in effetti.»

«A che ti riferisci?»

«Alle manette», aveva risposto lui, buttandola sullo scherzo.

«Ah-ah. Allora? Cosa mi rispondi?» La ragazza aveva messo su uno sguardo implorante, le labbra a un soffio dalle sue.

«Che ci devo pensare.» 

Mamma mia, ma quanto è testardo!

Le sfuggì un altro sorriso. Non riusciva ancora a credere che fosse rimasto impassibile dinanzi al suo "sfrontato corteggiamento". Si era scostato da lei senza mostrare il minimo segno di cedimento. Amanda, però, non aveva certo mollato.

«Cosa posso fare per convincerti?»

Gli si era gettata di nuovo addosso. Il classico sorriso malandrino, le braccia intorno al collo. Di solito, quella specifica carta del mazzo funzionava sempre. O quasi.

«Proprio niente, carina. O perlomeno, niente di tutto quello che in questo preciso momento ti sta passando per la testa.»

«E sentiamo... cosa mi starebbe passando per la testa in questo preciso momento

«Non ho intenzione di mettere in piazza i tuoi sogni proibiti, cara mia.»

«I miei sogni proibiti, eh? Come se non fossero anche i tuoi! E poi ci siamo solo noi due!»

«Non oggi, piccoletta.» Le aveva dato un tenero buffetto sulla guancia, un sorrisetto beffardo. «In effetti, il tuo uomo è veramente mooolto stanco.» La teatralità con la quale aveva pronunciato quelle parole l'aveva fatta quasi sbottare dal ridere. «E lo sai perché? Perché proprio ieri sera ha dovuto fare i conti con una macchina da guerra un po' troppo brilla, con due gambe mozzafiato e una parlantina a dir poco esagerata. Questa macchina da guerra, alias la sua bellissima fidanzatina, lo avrebbe letteralmente "obbligato" a fare gli straordinari. Di conseguenza, il tuo lui si è preso un giorno di aspettativa. Anzi, mi sa tanto che non sarà disponibile per almeno le prossime tre sere.»

«Ti correggo, uomo molto stanco: dovrai prenderti direttamente le ferie, almeno per un'intera settimana. Per la tua gioia, mi è appena tornato il ciclo.»

Alessandro, a quel punto, aveva scosso la testa senza smettere, però, di sorridere. «Quindi poco fa mi stavi prendendo in giro?»

Il suo sguardo divertito era stato per lei un incentivo per continuare con la sua arringa. «Tu che ne dici?»

«Dico che, comunque stiano le cose, non ho nessuna intenzione di cedere», aveva risposto lui, senza mutare la propria espressione.

«Aww! Adoro quando fai l'irremovibile. Ma, al tempo stesso, ti odio a morte!»

«Anch'io ti odio a morte, mio tesssoro.»

«Ci mancava pure Gollum, adesso! D'accordo che sei strafissato con le opere di Tolkien, ma dovevi per forza rovinare tutta la poesia proponendomi l'immagine di quel bellimbusto

«Quell'immagine potrebbe tornarmi parecchio utile, invece. Soprattutto in certi momenti.»

Sulle prime, Amanda era rimasta a bocca aperta, ma poi era scoppiata in una fragorosa risata. Alessandro aveva un senso dell'umorismo particolarmente spiccato, e con lui si divertiva sempre tantissimo. Come cavolo aveva fatto a non accorgersene prima? «Stupidino!» La sua esclamazione l'aveva fatto sorridere ancora di più.

«Be', in qualche modo dovrò pur distrarmi, o il sipario calerebbe ben prima! Non è mica colpa mia se sei troppo sexy.»

Amanda aveva continuato a ridere come una pazza. «Che? Troppo sexy? Io? Ma che ti sei bevuto, si può sapere?»

«Soltanto un po' di caffè. Ma comincio a sospettare che tu ci aggiunga qualcosa.»

«Forse sei stato proprio tu, ad aggiungerci qualcosa.»

«Io? E per quale motivo, di grazia?»

La ragazza gli si era avvicinata furtivamente, cominciando a canticchiare una canzone. «M'hai detto vieni su da me, l'inverno è caldo, su da me... Non senti il freddo che fa, in questa nostra città? Perché non vieni su da me... saremo soli io e te. Ti posso offrire un caffè? In fondo, che male c'è?»

Alessandro si era subito unito a lei, quindi le aveva preso la mano e, mentre continuavano a cantare insieme, lui aveva tentato di farle fare qualche giravolta. Erano sembrati due ubriachi, tanto erano pessimi nel ballo.

«Ma cos'hai messo nel caffè, che ho bevuto su da te? C'è qualche cosa di diverso, adesso, in me. Se c'è un veleno morirò, ma sarà dolce accanto a te, perché l'amore che non c'era, adesso c'è.»

Alla fine, tra una risatina e l'altra, si erano di nuovo stretti l'uno all'altra, un bacio profondo a sancire un rapporto che si intensificava di giorno in giorno.

«Allora? Me la presti la macchina?»

Alessandro, a quel punto, non si era più fatto pregare. «Ti prego di stare attenta, però. Occhi – e soprattutto orecchie – ben aperti. Mi sono spiegato?»

«D'accordo, professor De Dominicis. Sei troppo protettivo, comunque. Non mi succederà niente, okay?»

«So soltanto che sei così tanto patita di musica, che saresti capace di indossare le cuffie persino mentre guidi.»

«Be', su questo... non posso darti torto.»

«Come se non ti conoscessi! Allora, facciamo così. Io ti presto la macchina, ma queste –» Alessandro aveva frugato con nonchalance nella tasca dei pantaloni della fidanzata che, al solito, non dimenticava mai di portarsi appresso gli auricolari – «le prendo io.»

«D'accordo, hai vinto tu. Certo che se ti comporti così con me che sono la tua partner, che farai con i nostri figli?»

Il suo sguardo si era addolcito di colpo. «Tu ne vorresti più di uno?» le aveva chiesto, senza tanti preamboli.

«Ovviamente. Perché, tu no?»

«Ne farei a cascata, con te. Perché non t'immagini neanche quanto ti amo.»

«Ah sì? E quanto mi ami, esattamente?»

Il sorriso di Amanda non accennava proprio a scomparire. Anche in quel momento, a poca distanza dalla casa paterna, non riusciva proprio a pensare ad altri che a lui. Al suo dolcissimo compagno. Un compagno fedele e sempre pronto alla battuta, generoso e altruista come pochi. Al miglior compagno che potesse desiderare. Aveva riso più negli ultimi sei mesi che in quasi trent'anni di vita. Lui la faceva sentire viva, e Amanda stessa si sentiva parte integrante del suo mondo in ogni singolo momento. Si sentiva sempre più libera e felice. Sempre più amata e desiderata.

«Infinitamente», le aveva risposto lui.

Il cuore di Amanda iniziò a battere più forte. Insieme ad Alessandro, sarebbe stata in grado di affrontare qualsiasi sfida.

«Ehi, tesoro! Ma che ci fai lì impalata?» Federico le corse incontro, l'aspetto radioso. Amanda lo guardò dalla testa ai piedi e si ridestò. Gli sorrise. Più passava il tempo, più lo trovava ringiovanito.

«Papà, ciao! Mi sei mancato un sacco!»

Si abbracciarono nel bel mezzo del giardino, gli occhi lucidi e il cuore che palpitava sempre di più. «Anche tu mi sei mancata, Amanda. Sono state le due settimane più lunghe della mia vita.»

«Addirittura! Dai, entriamo in casa. Ho una bellissima novità da raccontarti!»

Federico le cinse la vita e s'incamminarono dentro casa sua. Federico si accinse a prepararle una tisana, tirando fuori dal cilindro la preferita di Amanda. «Ecco a te.» 

Le porse la tazzina e l'altra ne inspirò a fondo l'odore vagamente speziato. Ne centellinò un sorso, le sue papille gustative andarono in estasi. «Non manca mai, eh?»

«Non potrebbe. Potresti venire a trovarmi in qualsiasi momento, quindi non me la faccio mancare mai», le rispose lui, felice come una Pasqua. Si sedette accanto a lei sul divano, gli occhi scintillanti.

«Papà, ma... mi devi dire qualcosa, per caso? Mi sembri diverso, non lo so...»

«Be'?» scattò lui, la bocca piegata all'insù. «Sbaglio, o eri tu quella che doveva dirmi qualcosa d'importante?»

Amanda si arrese, non senza dargli un pugnetto sulla spalla. «D'accordo. Guarda un po' qui!» squittì, eccitata.

Sollevò la mano sinistra, gli occhi fissi sul suo anulare. Un guizzo di sincera emozione le graffiò la gola. Il suo ragazzo aveva scelto proprio bene.

Federico strabuzzò gli occhi, l'indice che, esitante, sfiorò, l'anello scintillante che aveva al dito. «Amanda, ma allora ti—»

«Alessandro mi ha chiesto di sposarlo, sì. E io volevo che fossi tu il primo a saperlo.»

L'altro non stava più nella pelle. «Ma è una notizia stupenda! Sono tanto felice per te. Vieni qui.»

L'abbracciò e la tenne stretta per qualche minuto, mentre Amanda non riuscì a non richiamare nella mente il momento fatidico. Quando aveva deciso di trasferirsi a casa sua, aveva preparato una cena a lume di candela e si era fatta trovare nella sua cucina mentre aspettava che rientrasse dal lavoro. Non avrebbe mai dimenticato lo sguardo che le aveva rivolto non appena l'aveva vista. Lo stesso sguardo che, forse, le aveva rifilato lei qualche sera prima quando, seduti sul divano e accanto al caminetto acceso, dopo aver visto Shall We Dance, uno dei suoi film preferiti, lui si era voltato verso di lei e, con una semplicità disarmante, le aveva chiesto: «Sposami.»

Sulle prime, lei ne era rimasta sconcertata. Aveva praticamente perso la lingua. «Non dovresti farmi la solita domandina, prima?» si era sforzata di rispondergli poi, la gola secca.

«La mia non è una domanda. Il mio è un ordine. O meglio, una supplica. Ma non una domanda.» Aveva continuato a fissarla con infinita devozione, gli occhi carichi di aspettativa. Una punta di autorevolezza nella voce. La serietà e la dolcezza concentrati in quell'unico sguardo, la sua mano che frugava nella tasca dei pantaloni. Poi, un sorriso appena accennato. Uno dei tanti sorrisi che la spedivano sempre in orbita. Aveva accarezzato appena la scatolina, quindi l'aveva aperta e, ancora una volta, le aveva detto: «Ti prego di accettarlo, Amanda. Come simbolo dell'amore profondo che provo per te. Qualunque sia la tua scelta, a me andrà bene. Sappi, però, che non mi stancherò mai di chiedertelo finché non mi dirai di sì.»

Amanda gli si era avvicinata e l'aveva baciato. «Non chiedermelo più. Perché la mia risposta sarebbe sempre la stessa. La mia risposta sarebbe sempre e solo 

Si staccò da Federico, le mani nelle sue. «Non ti nascondo che la sua proposta mi aveva spiazzata, ma poi mi sono detta: perché aspettare? Abbiamo perso già troppo tempo, e tutto quello che voglio è stare con lui per sempre. Certo, non ci sposeremo tra pochissimo, però... però ecco, non vedevo l'ora di dirtelo. Non mancherò di parlarne anche a Francesco tra qualche tempo. Devo solo trovare il momento più adatto.»

Federico le sorrise. «Sono molto contento per tutto, tesoro. Ti meriti questo e anche di più. Come va con tuo padre?»

«Abbastanza bene. Di tanto in tanto ci vediamo e parliamo di un po' di tutto. All'inizio è stato tanto strano, ma a poco a poco mi sto abituando e, devo dirlo, mi fa molto piacere vederlo. Per certi versi, è come se soltanto adesso lo stia conoscendo sul serio.»

«Quindi lo hai perdonato?»

Amanda sospirò. «Sai cos'ho capito, pa'? Che lui ha sofferto veramente tanto. Il distacco da me e da mia madre, il fatto che non potesse avere figli... Insomma, sono entrata sempre più in empatia, con lui. E questo l'ho capito anche grazie ad Alessandro. Se lui mi lasciasse, penso proprio che ne morirei. Ho capito che qualsiasi forma di amore è importante, e che privarsene è il più grande errore che si possa commettere. Francesco, come mi hai spesso detto tu, rimane pur sempre il mio papà. Me l'hai ribadito più volte, no? I legami di sangue contano tanto, ma... ma non sono tutto.»

«Sono davvero fiero di te, figlia mia. Anche se sono un po' geloso.»

«Geloso? E perché mai?»

«Be', Francesco è a due passi da te, mentre io... Be', io sono qui.»

«E allora? Questo è il tuo posto, pa'. Qui hai il tuo lavoro, i tuoi pazienti... E poi hai me. Ci possiamo vedere tutte le volte che vuoi. Basta chiedere. Non siamo poi così lontani, in fondo.»

«Lo so. Ma è giusto che tu faccia la tua vita, Amanda.»

«E tu la tua. Senti, sicuro che... che non hai proprio niente da raccontarmi?»

«Cosa dovrei raccontarti? Tutto come sempre.»

Un trillò improvviso lo fece sobbalzare. «Scusa un attimo», le disse, abbozzando un sorriso. Estrasse il telefonino dalla tasca e rimase a fissarlo per qualche secondo di troppo, l'espressione indecifrabile.

«Qualcosa non va?»

Le riservò un'occhiata furtiva. «È tutto a posto, sta' tranquilla. Niente di così importante.»

La figlia annuì, poco convinta. «Guarda che se stai frequentando qualcuno me lo puoi dire, eh! Lo sai che sarei molto felice per te.»

«Amanda, non ricominciare!» sbottò lui, pur bonariamente.

«Eddai, pa'! Hai tutte le carte in regola per piacere a qualsiasi donna. Sei colto, affascinante, sensibile, intelligente... Insomma, hai tantissime qualità. Ti salterebbe addosso chiunque.»

«Addirittura chiunque?» domandò lui, esterrefatto. Ghermì la tazzina di caffè abbandonata sul tavolinetto situato di fianco al divano e, a piccoli sorsi, riprese a berlo, un sorrisetto che, di quando in quando, gli affiorava sulle labbra. Sembrava divertito.

«Chiunque», sottolineò lei. «Persino Monica.»

All'uomo andò quasi di traverso il caffè. «Ma se potrebbe essere mia figlia!» esclamò, l'aria scioccata e gli occhi fuori dalle orbite.

La sua espressione sconvolta la fece morire dal ridere. «Oddio, non mi dire che non te ne sei accorto! Certo, ormai si è fidanzata con Vittorio e ne è super iper mega innamorata, come dice sempre lei – ah, per inciso, sono stata proprio io a presentarglielo –»,  asserì, orgogliosa, «però mi ha detto chiaro e tondo che ti trovava un gran figo, quando mi ha accompagnato alla famosa festa organizzata da Francesco.»

Lui non seppe cosa rispondere. Sembrava quasi imbarazzato, le dita che tamburellavano sulla tazzina di porcellana. Poi, tutto d'un tratto, accennò il solito sorriso. Un sorriso dai tratti indecifrabili e intriganti al tempo stesso. «Amanda, potresti...» Scosse la testa. «Non importa, vado io. Aspettami pure qui.»

Amanda corrugò la fronte e aspettò. Chissà cos'ha nella testa, si chiese.

Dopo qualche secondo, Federico rientrò dalla cucina, un bouquet di rose rosse tra le mani.

Lei gli sorrise, trionfante. «Sì! Lo sapevo! Ma allora avevo ragione, tu... tu hai un appuntamento!»

«In effetti, non ti posso dare torto. L'appuntamento ce l'avrei al cimitero, però.»

Amanda raggelò. «Come al cimitero? Papà, se è uno scherzo non è div—»

«Lo sai che giorno è oggi?» le domandò, il timbro della sua voce tradiva una certa tensione.

«A che ti riferis...» Non terminò la frase. Un brivido di freddo le penetrò sin dentro le ossa, un'amara – quanto improvvisa – consapevolezza si fece strada nel suo cuore e lo squarciò in due. Non l'aveva affatto scordato, in realtà. Non avrebbe mai potuto. Aveva soltanto relegato quel terribile fatto in un angolino della sua mente, nella vana speranza di pensarci il meno possibile. Forse, però, non avrebbe dovuto continuare a fuggire da quella scomoda verità.

«Sì, papà. Lo so benissimo che giorno è. La mamma ci ha lasciati proprio oggi. E sono passati già tre anni.» Si rabbuiò, mentre la vista le si offuscava sempre di più.

Federico posò il mazzo di rose sul divano, quindi la strinse a sé. «Non volevo rattristarti, solo che... Quando ieri sera mi hai detto che saresti venuta a trovarmi, io non me la sono sentita di dirti di no. E adesso, be'... ero quasi tentato di chiederti se volessi accompagnarmi. Non devi sentirti obbligata a dire di sì, se non è quello che vuoi.»

Amanda si asciugò in fretta il sottile velo di lacrime che le aveva cosparso le guance. «Io la sua tomba l'ho vista soltanto una volta», gli confessò. «Non ho più avuto il coraggio di tornarci, forse perché non ho ancora accettato del tutto la sua morte.»

«Ti capisco benissimo. Nemmeno io me la sentivo, lo sai? Questa sarà la prima volta in assoluto, per me. Adesso, da un po' di tempo a questa parte, mi sento pronto, però. E questo perché credo di aver finalmente fatto pace con il passato.»

Le rifilò un sorriso timido. «Ti devo confessare una cosa. Avrei voluto farlo subito, ma ho preferito prendermi un po' di tempo per pensare a come dirtelo.»

«Dirmi che cosa?»

Federico tentennò un attimo, prima di risponderle con un semplice: «Io e Roxanne ci siamo rivisti.»

Per un breve istante, regnò un silenzio tombale. Gli occhi di lui s'immersero in quelli della figlia, e lei ebbe l'impressione che stesse attendendo pazientemente una sua reazione, un suo cenno o qualsiasi altra cosa.

«Quando?» gli chiese, stupita.

Lui fece spallucce. «Diciamo che non è stata una cosa davvero voluta, perlomeno da parte mia. È successo tutto un po' all'improvviso.»

«Vivevo ancora qui con te?»

«No. Circa un mese fa, Roxanne mi ha richiamato. Senza pensarci troppo, le ho risposto, e... e ci siamo fatti una lunghissima chiacchierata. Quando stavo per chiudere la telefonata, mi ha confessato che era venuta qua a Torino. Desiderava tanto rivedermi.»

«E tu?»

«Ero spiazzato, ma non me la sono sentita di dirle di no. Non ti nascondo che qualche volta, specie nell'ultimo periodo, mi era capitato di ripensare a lei e al nostro rapporto, e quindi mi sono detto che non poteva esserci nulla di male nell'incontrarci. D'altra parte, aveva affrontato un lungo viaggio e non potevo rispedirla a San Diego senza neanche salutarla. Solo che...»

«Solo che?» lo incalzò Amanda, desiderosa di saperne ancora di più.

«Non so come spiegartelo, ma non appena l'ho rivista, io... io ho sentito come se dentro di me si fosse riacceso un interruttore che si era spento già da qualche anno. Di sicuro si trattava di una semplice suggestione, di un'emozione del tutto normale, visti gli anni trascorsi insieme. Non poteva essere altro. Ci siamo seduti in un caffè e, molto semplicemente, le ho raccontato tutto quanto. Di te le ho fatto proprio una testa tanta. Le ho parlato di come ci siamo conosciuti, del dolore che ci legava, di tutto quello che abbiamo in comune... Di quando sono finito in ospedale, e... le ho parlato persino di tua madre. Senza omettere nessun particolare. Fino a quel momento, non ero mai stato così trasparente con Roxanne. Per la prima volta, stavo parlando della mia Valeria senza più percepire quel dolore che per quasi tutta la vita mi ha accompagnato, e che non mi permetteva di mostrare fino in fondo le mie emozioni. Conoscerti è stata la mia più grande fortuna. Perché tu, figlia mia, mi hai insegnato davvero tanto. Più di quanto tu possa immaginare. A poco a poco, ho ripreso a sentire; a sentirmi. Ho fatto pace col mondo, e quindi anche con me. Sei stata proprio tu ad abbattere quel muro. Perché adesso, forse, mi sento veramente pronto a regalare quell'amore che tu stessa mi hai fatto conoscere a un'altra persona. Ovviamente, in una forma molto diversa, però... però, ecco, io...» Scosse la testa, soffocando una risata. «Io non so davvero cosa mia stia succedendo, so solo che... ormai mi sento un altro. E rivedere Roxanne me ne ha dato la conferma.»

Amanda gli sorrise. Il suo discorso l'aveva emozionata davvero tanto, e trovare le parole giuste da dirgli si stava rivelando più difficile del previsto.

«Leggere la lettera di Valeria, paradossalmente, mi ha permesso di riappacificarmi con il passato», proseguì lui. «All'inizio ho sofferto tanto, continuavo a chiedermi perché le cose non fossero state diverse. Ma la verità è che non c'è un vero perché. Le cose sono andate così. Punto e basta. All'improvviso, dentro di me è scattato qualcosa. E questo ancora prima che ricomparisse Roxanne. Adesso, quando penso a tua madre, provo soltanto tanta tristezza. Al di là di tutto, non meritava di morire così presto. Allo stesso tempo, però, mi sento sereno. Sereno e felice, come forse non lo sono mai stato.»

«E quindi?»

Federico ricambiò il suo sorriso. «Valeria è stato il mio più grande amore. E voglio che tu sappia che questo non cambierà mai. Sarò per sempre legato a lei, perché mi ha regalato la cosa più bella del mondo. Te. Quando ho lasciato Roxanne e sono tornato qui, io non mi sono affatto preoccupato di rivelarle il perché. Non provavo più le stesse cose. Le dissi solo questo. Lei mi aveva chiesto se ci fosse un'altra donna, e in un certo senso era così. Negai con forza, pur sapendo che lo spettro di Valeria mi ha inseguito per tanti anni. Adesso, però, mi sento di nuovo libero. Nonostante Roxanne fosse stata la mia compagna per tanto tempo, la voglia di conoscerti ha prevalso su tutto il resto. Amavo Roxanne, ma non completamente. Mi sentivo come bloccato, e solo adesso ho capito il perché. La confessione di Valeria è stata come la chiusura di un cerchio. È stata come la risoluzione di un caso che per quasi mezza vita avevo classificato come un cold case. Sono tornato a respirare, e—»

«E ti sei ringiovanito di almeno cinque anni!» concluse Amanda, il cui sorriso si allargò ancora di più. «Adesso sì, che riesco a spiegarmi tutto... I tuoi occhi parlano da soli. Non penso di averti mai visto così soddisfatto. Il messaggio che hai ricevuto sul cellulare era di Roxanne, quindi. Giusto?»

«Eh sì. Domani ci rivedremo, credo. Sai, mi ha sorpreso tanto che lei sarebbe stata pronta a sostenermi e che... e che voglia persino conoscerti, sempre ammesso che io lo desideri. Non ha preteso niente da me. Al momento, per ovvi motivi, ci vediamo di rado, ma qualche sera fa...» Si grattò la nuca e gli scappò un sorriso. «Mi fa quasi ridere il fatto che io ne stia parlando con te, perché magari dovrebbe essere il contrario, però... però mi sa tanto che ho bisogno di un tuo parere oggettivo sulla questione.»

«Un mio parere oggettivo? Tu?»

«Potresti?» le chiese lui, una sfumatura di dubbio nella voce.

Amanda avrebbe tanto voluto stritolarlo in un abbraccio. Quando faceva l'indeciso, lo trovava così adorabile!

«Certo che posso! Allora? Che mi stavi dicendo?»

 «Ecco, vedi... l'altra sera ci siamo baciati, e quello che ho provato è stato... Insomma, al netto del fatto che non sia stato il nostro primo bacio, in questi giorni non sono riuscito a pensare a nient'altro. Questo potrebbe significare—»

«Che ti stai di nuovo innamorando? Be', io penso proprio di sì», gli rispose Amanda, sempre più intenerita dall'atteggiamento del padre.

Federico sorrise, palesemente emozionato. «L'ho pensato anch'io, e credo proprio che stavolta potrei amarla in un modo molto più sentito rispetto a prima. D'altra parte, non mi vedrei con nessun'altra donna. Certo, ci sto andando con i piedi di piombo, però nel complesso sono molto contento di come sta andando. Tra l'altro, mi è sembrato di vedere un'altra Roxanne, ma sono consapevole del fatto che lei è sempre rimasta la stessa di allora. Sono stato io a cambiare. E di questo devo ringraziare soprattutto te.»

«Oh, papà! Sono così felice per te! Anzi, felicissima.» Amanda, finalmente, si concesse di abbracciarlo un'altra volta. La notizia che le aveva dato era il fiore all'occhiello di quel periodo tanto felice che stava vivendo.

«Per me è un sollievo, perché sai... la tua approvazione conta davvero molto, per me. Anche per questo non ho mai pensato di ricontattare Roxanne. Se tu non fossi stata d'accordo, ti assicuro che io—»

«No, pa'. Tu te lo meriti. Non avrei mai potuto non essere d'accordo, anzi. Ti meriti tutta la felicità del mondo, e io sono davvero contenta che tu e lei stiate tornando a frequentarvi. E non vedo l'ora di conoscerla!»

Federico si rialzò dal divano e tornò a prendere il bouquet. «Allora? Saresti disposta ad accompagnarmi?» le chiese, speranzoso.

«Sono pronta», esalò.

Dopo circa dieci minuti, lei e Federico erano già fuori dalla porta.


Raggiunsero la lapide percorrendo con decisione il breve tratto che li separava da essa. Amanda ricordava alla perfezione dove fosse posizionata, le gambe tremolanti e un nodo allo stomaco. Il ricordo di sua madre sarebbe rimasto per sempre vivo, nella sua memoria. Non appena si scontrò con la sua immagine, sia lei che Federico si lasciarono sopraffare dalle emozioni, qualche singhiozzo in più da parte di Amanda, che continuava a stringersi a Federico.

«Lei sarebbe davvero orgogliosa di te.»

«Lo sarebbe anche di te. Sei una persona straordinaria.»

Si fece coraggio e sfiorò con le dita il profilo del volto di Valeria dalla fotografia che aveva scelto proprio lei. Un senso di pace profonda la pervase. Tutto d'un colpo, non provò più alcun dolore; dentro di sé, cominciò ad avvertire il profumo di quella speranza che per tanto tempo aveva cercato di coltivare, ma senza successo.

«Ti voglio tanto bene, mamma. E te ne vorrò sempre.»

Federico la raggiunse e sistemò con cura il bouquet di rose di fianco alla lapide.

«Hai visto cos'abbiamo fatto, sì?» proruppe Federico, rivolgendosi anche lui alla sua Valeria. «Una figlia meravigliosa. Una figlia che per fortuna, adesso, è proprio qui. Accanto a me.»

Amanda sentì affiorare nel petto un'emozione tutta nuova. «Ti starò sempre accanto, papà», le rispose lei, improvvisamente consapevole del fatto che l'esistenza di ciascun individuo potesse, in barba alle sue aspettative, cambiare sul serio da un momento all'altro.

In un giorno qualunque, aveva esaudito il suo sogno più grande diventando una scrittrice.

In un giorno qualunque, aveva conosciuto un uomo straordinario, che poi aveva scoperto essere il padre.

E in un giorno qualunque, aveva capito di essersi innamorata perdutamente del suo agente letterario.

Amanda sorrise, grata alla vita. Non avrebbe potuto chiedere di meglio.



fxyredarling

Vittoria1975

Nat0519

DanRuben


N.d.A: Ho pianto e mi sono emozionata più volte, scrivendo questo capitolo. In questi momenti, mi rendo veramente conto che forse non riuscirei mai a smettere di scrivere per troppo tempo. Non penso che riuscirei a descrivere tutte le singole emozioni che ho provato nel redigerlo, ma posso soltanto dire che sono felicissima. Questa volta, ho sentito davvero tutto, e ovviamente spero che anche per voi lettori possa essere lo stesso. Un sentito grazie a chi è arrivato fino a qui, e a chi mi ha sempre spronata a continuare a scrivere.

Ci si vede alla prossima; di nuovo grazie mille. 💕

Un abbraccio forte,

Eleonora



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