CAPITOLO XXXIV

Durante il weekend, Amanda aveva tentato chissà quante volte di rintracciare Alessandro, ma pareva proprio che il suo agente si fosse volatilizzato. Lui non le aveva mai risposto al cellulare, tantomeno aveva richiamato. E, come se ciò non fosse bastato, non l'aveva trovato neanche a casa sua. Di tornare dai suoi genitori nemmeno se ne parlava, anche perché avrebbero senz'altro sospettato che qualcosa non andava. Alla fine, stremata e annientata da tutto quel silenzio, decise di appostarsi nei pressi dell'agenzia di lunedì mattina, convinta che l'avrebbe visto passare da un momento all'altro. Aveva affrontato l'ennesimo viaggio in treno e non se ne sarebbe certo andata a mani vuote, questa volta. Rimase impalata lì di fronte per almeno venti minuti, poi si decise a entrare. Chiese di Alessandro e, contro ogni sua aspettativa, il direttore la informò che lui era già lì.

«È arrivato più presto del solito, stamattina. Ha parecchio lavoro da sbrigare, perciò gradirebbe non essere disturbato.»

Amanda lo ignorò. «Io sono la sua più cara amica, e sono certa che mi accoglierà a braccia aperte, signor Brancacci.» Sfoggiò un sorriso strafottente e prese ad avviarsi nel suo studio, il passo risoluto.

«Signorina, le ho detto che è molto occupato!» tuonò l'altro, inseguendola.

Amanda si mise a correre lungo il corridoio e lo seminò.

Me ne frego! pensò.

Per sua fortuna, era ben più giovane di un Brancacci che, ormai da un bel pezzo, aveva superato la sessantina.

Corse a perdifiato su per le scale e, una volta raggiunto il secondo piano, si apprestò ad aprire la porta dell'ufficio di Alessandro senza neanche bussare. Quello che vide la fece sudare freddo. Alessandro era abbracciato a quella bellissima ragazza con cui l'aveva visto conversare qualche giorno prima nei pressi di casa sua. Lui le aveva stampato un bacio fugace tra i capelli color grano, dispensandole un sorriso confortante. E pareva che il tutto fosse avvenuto a rallentatore. Le sembrò di rivivere quella scena all'infinito. Non appena vide Amanda, l'uomo spalancò gli occhi e si staccò dalla giovane, ma non così velocemente come la stessa scrittrice aveva pensato.

«Mi dispiace», farfugliò, la gola secca. «Non volevo interrompervi.»

«Sta' tranquilla, non interrompi proprio nulla», le assicurò la giovane, che le tese la mano. «Tu devi essere la famosa Amanda, giusto? Alessandro mi ha parlato molto di te. Piacere di conoscerti! Io sono Marta, sua sorella.»

Amanda spalancò la bocca. «E così... sarebbe lei, tua sorella?» Le porse la mano e gliela strinse, abbozzando un sorriso imbarazzato.

Dio, non posso crederci. Ho toppato alla grandissima!

«Ma certo», intervenne Alessandro, lo sguardo indagatore. «Chi pensavi che fosse? La mia amante, forse?» le chiese, a mo' di battuta. Nel suo sguardo, però, a dispetto di quelle parole cui Marta non poté che rispondere con una risata divertita, sembrava trapelasse un pizzico di fastidio, nonché una serietà che non apparteneva alla sua persona. Per quanto riservato e all'apparenza poco "dinamico", era sempre stato un ragazzo solare e altrettanto alla mano. All'occorrenza, persino avventuroso.

«Vi lascio soli. Io e te ci vediamo dopo, okay?» Marta gli diede un tenero bacio sulla guancia e si avviò verso l'uscita, quindi regalò un sorriso entusiasta anche ad Amanda.

L'altra fece un respiro profondo, la tensione alle stelle. «Ale, senti, io... io devo assolutamente dirti una cosa. Sono giorni che cerco di parlarti. Per quale motivo non hai risposto alle mie telefonate?»

Lui evitò il suo sguardo e tornò a sedersi dietro la scrivania. «Scusami tanto, ma ho veramente tanto lavoro da sbrigare. E se non finisco entro stasera, Galeazzi & CO. mi spediranno a Timbuctù come il "povero" Edgar degli Aristogatti.»

Questo sarebbe un gentile invito ad accomodarmi fuori?

Alessandro tornò a concentrarsi sulla corposa pila di fogli che aveva dinanzi a sé, e la ragazza ebbe l'ennesima conferma che lui stesse cercando di evitarla.

«È successo qualcosa? Se vuoi ti posso aiutare, e—»

«Che cosa volevi dirmi?» la interruppe lui, secco. Non la degnò di una sola occhiata.

«Riguarda noi due.»

Alessandro mollò la stilografica che teneva tra le dita, un sonoro sospiro che alla giovane provocò un moto di agitazione che per poco non la fece desistere. Non riusciva proprio a capire perché si stesse comportando tanto freddamente con lei. Gli aveva forse fatto qualche torto?

«Non credevo ci fosse un "noi"», soffiò lui, la fronte aggrottata. «A quanto ne so, tu sei una donna libera. E, a dirla tutta, lo sono anch'io, no?»

A quell'ennesima stoccata, Amanda rischiò di esplodere. «Perché mi tratti così, si può sapere?» Sarebbe scoppiata a piangere davanti a lui, se soltanto non avesse fatto altro per tutto il weekend.

Alessandro si alzò di scatto e si passò una mano sui capelli. Le diede le spalle e raggiunse la finestra, scostandone appena le tende. Per un istante, regnò un silenzio carico di aspettative e di attesa. «Io non lo sopporto», esalò dopo un po', gelido. «No, non riesco proprio a sopportarlo.»

Una scarica di terrore attraversò la schiena di Amanda. Sembrava stesse parlando con un completo sconosciuto, e non con l'uomo tanto gentile, simpatico e generoso che aveva conosciuto. «Scusami tanto, ma non ti seguo. Cos'è che non sopporti?»

Lui strinse i pugni. «Le bugie. Come non sopporto che il primo venuto possa baciarti o anche solo sfiorarti con tanta leggerezza. Non dopo tutto quello che c'è stato.» Le rifilò uno sguardo di fuoco. «Anche se non stiamo ufficialmente insieme, io mi sento legato a te. Mi sento parte di te, non lo capisci? Non avresti dovuto farmi questo, non—»

«Ale, ma si può sapere a chi ti riferisci? Nessuno mi ha...» S'interruppe di scatto.

No, non può essere, pensò, tutto d'un colpo si sentì svenire.

«Io vi ho visti», continuò lui, imperterrito. «E ne sono rimasto molto deluso. Credevo che io e te...» Scosse la testa, l'aria ferita e risentita. «Sono stato un coglione anche solo a pensarlo. Un emerito coglione.»

Amanda gli si avvicinò, un fastidioso ronzio nelle orecchie e lo stomaco aggrovigliato. «Non è come pensi!» esclamò, disperata. Gli sfiorò il braccio e lui si scostò.

«Ti prego, lasciami solo, adesso. Non avresti dovuto permettere che lo scoprissi così

«Scoprire cosa? Ti sto dicendo che hai frainteso! Ha fatto tutto lui, te lo giuro! Per favore, ascoltami! Fammi spiegare!»

«Non so se posso crederti», le confessò lui. «Quella volta ti ho detto che avrei lottato per te e che non mi sarei arreso tanto facilmente, ma non sono disposto a farmi prendere in giro. Ho una dignità anch'io, e per quanto io sia pazzo di te, non posso certamente calpestarla.»

«D'accordo», rispose Amanda, trattenendo a stento le lacrime. «Ma vorrei che tu sapessi che anch'io ho pensato al peggio, non appena ti ho visto così in confidenza con Marta! Eppure sono qui, e sto persino cercando di parlarti da persona civile, in barba ai tuoi attacchi continui.»

Scostò lo sguardo. Di colpo si sentì spenta, svuotata e priva di ogni energia. Non avrebbe mai voluto vomitargli addosso quelle parole. Avrebbe tanto voluto dirgli altro, abbracciarlo forte e rivelargli anche di aver parlato con Francesco, ma Alessandro aveva eretto un muro. Non le avrebbe permesso di esprimersi a cuore aperto. Non in quell'occasione, almeno.

«Avresti dovuto bussare, prima di entrare così deliberatamente nel mio ufficio, comunque», le disse lui per tutta risposta, le braccia conserte.

Amanda scosse la testa, gli occhi lucidi. «D'accordo, ho capito. Messaggio ricevuto. Non ti disturberò più.»

Girò i tacchi e decise di levare le tende. Sbatté sonoramente la porta e si allontanò fino a raggiungere l'uscita. Soltanto allora si concesse di piangere.


§


«Sicura di stare bene?» Federico la squadrò dall'alto in basso per l'ennesima volta, un cipiglio severo e preoccupato allo stesso tempo.

«Va tutto a meraviglia, papà. Sono solo molto stanca.» Amanda aveva passato quasi due giorni interi rannicchiata sotto le coperte, l'aria depressa e il cuore in mille pezzi. Non aveva voglia di fare niente.

«Vuoi che ti prepari una tazza di tè? Magari ti farà bene.»

Amanda scrollò il capo, pur ringraziandolo. «Papà, me la sapresti raccontare una storia?» se ne uscì a un certo punto, mentre lui le scostava piano una ciocca di capelli che le coprivano la fronte.

Federico la guardò sorpreso. «Una storia? Non sei un po' troppo grande per queste cose?»

Amanda sorrise. «Non si è mai troppo grandi per sognare un po'. Dai, raccontamene una.»

«D'accordo, hai vinto tu.» Federico si schiarì la voce. «C'era una volta un ragazzo di nome Philip. Lui si poteva definire, a tutti, gli effetti, un solitario. Amava particolarmente la natura e gli animali, e aveva un cuore nobile e sincero. Era anche un talentuoso pittore. La sua missione primaria era quella di salvare i tanti uccelli migratori che, durante la stagione della caccia, venivano uccisi o anche solo feriti.»

Gli occhi di Amanda tornarono ad accendersi.

«Un bel giorno, Philip conobbe la giovane Fritha, che gli portò un grosso uccello gravemente ferito, sperando che lui possa salvarlo. Philip riconobbe subito una bellissima oca delle nevi, che Fritha battezzò La Principessa Smarrita, e che con le cure opportune riuscì a guarire. Tra i due giovani, nel frattempo, iniziò a prendere piede una tenera amicizia. Quando l'oca, in un bellissimo giorno di primavera, si alzò in volo per raggiungere le proprie compagne, "salutando" così la zona abbandonata sulle coste dell'Essex, il luogo dove Philip viveva, Fritha smise da un momento all'altro di far visita al giovane. Quando però, durante l'autunno, l'oca delle nevi si ripresentò al faro, i rapporti tra i due si rinsaldarono. Questo fino a quando, però, Philip non decise di partire.»

«Le truppe britanniche, rimaste intrappolate sulla spiaggia di Dumquerque, stavano per essere uccise dal fuoco nemico, e Philip voleva fare tutto il possibile per salvarle. Salvare tutti quegli uomini si rivelò un'impresa davvero dura, però. Ciononostante, in tanti riuscirono a salvarsi, ma una mitragliata inaspettata colpirà mortalmente Philip.»

Federico fece una pausa più lunga, come se stesse compiangendo sul serio la morte di un grande amico.

«L'oca delle nevi, a quel punto, cominciò a disegnare infiniti cerchi d'aria per commemorare la morte del suo grande eroe, affondato con la sua imbarcazione a causa dei colpi incessanti dei nemici. Il grido di dolore dell'animale giunse anche alle orecchie di Fritha che, ormai cresciuta, si rende conto solo in quel momento di aver sempre amato Philip. Purtroppo, anche il luogo dove l'uomo viveva verrà poi bombardato da un pilota tedesco, che l'aveva scambiato per un rifugio militare. E questo è tutto.»

Amanda si asciugò le lacrime. «Non pensavo che la conoscessi», gli disse, lo sguardo puntato verso la finestra.

«La Principessa Smarrita di Gallico è un storia molto triste. L'ho conosciuta ascoltando l'album dei Camel, che a questo punto presumo tu abbia presente.»

«Sì, lo conosco molto bene. E sì, ascoltare questa storia mi fa sempre piangere un bel po', per quanto la trovi comunque molto significativa.»

«Il mio obiettivo non era quello, però», precisò Federico, accarezzandole la guancia.

«Lo so. Il tuo obiettivo era farmi capire che noi siamo ancora vivi, e che tutto è ancora possibile.»

«Proprio così.»

«Sai, per alcuni versi, io mi sento proprio uguale a Fritha. Soltanto adesso mi sono resa conto di quello che provo per Alessandro.»

Federico sospirò. «Ma a Fritha non è rimasto che il ricordo. Non riavrà più indietro il suo Philip.» Le sfiorò la guancia. «Senti, Amanda, qualsiasi cosa sia successa tra voi due, io sono sicuro che si risolverà.»

Amanda sbarrò gli occhi. «Come—»

«Non devi dirmi nulla, okay? Mi è bastato guardarti, per capire che qualcosa è andato storto. Anche se ti conosco ancora poco, riesco a percepire quando non stai bene. Però, ci tengo a ripetertelo, e lo farò fino allo sfinimento, se necessario: puoi ancora avere la tua favola. Ne sono certo.»

«Tu non pensi che... che sia troppo tardi?»

«Non è mai troppo tardi, Amanda.» Federico le strinse le spalle con affetto, rannicchiandovisi contro. «Guarda noi due. Adesso siamo qui, insieme. Come padre e figlia. Dopo tutti questi anni. Non pensi che questo sia una specie di miracolo?»

Amanda sorrise. «Sei un uomo di scienza. Non pensavo che credessi nei miracoli», ridacchiò, una forte emozione le squarciò il petto e le bruciò in gola. Era stata immensamente fortunata a incontrare quell'uomo che in apparenza le sembrava tanto burbero ma che invece, proprio come Philip, nascondeva un grande cuore.

«Nemmeno io lo pensavo. Eppure, penso proprio che questo lo sia. E poi, anche un uomo di scienza può ricredersi.» Le si avvicinò e le diede un bacio affettuoso sulla fronte.

Lei chiuse gli occhi, beandosi di quel gesto di affetto che aveva sognato di ricevere tante e tante volte. «Ti voglio tanto bene, papà.»

«Anch'io. Non arrenderti, tesoro. Lotta sempre per i tuoi sogni, anche se dovessi prendere mille cantonate. Non mollare la presa. Non farlo mai. Credici sempre. Sono convinto che tu, a differenza della povera Fritha, avrai il tuo lieto fine.»

Amanda lasciò che quelle parole la proteggessero dalla terribile consapevolezza che, forse, avesse ormai perduto quel treno; la sua occasione per essere felice.

Il dolore, a poco a poco, iniziò a dissolversi, lasciando spazio a un senso di meravigliosa – quanto inaspettata – beatitudine.
La sua, di favola, non era ancora finita. Spettava a lei scriverne le ultime righe, e cercare di rendere tutto al meglio. Questa volta, spettava proprio a lei sguainare la spada e combattere la più ardua delle battaglie: quella contro se stessi.


fxyredarling

Vittoria1975

Nat0519

DanRuben


Come promesso, ecco qui l'aggiornamento! E come al solito, vi ringrazio immensamente per il sostegno 💕💕

Un abbraccio,

Eleonora.


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