CAPITOLO XXIX

Per le successive due settimane, lo stato di salute di Federico venne costantemente monitorato da Brando e colleghi. L'uomo stava migliorando a vista d'occhio e Amanda, dal canto proprio, non aveva mai mancato alla silente promessa di andare a trovarlo e di trascorrere un po' di tempo con lui in ospedale, coltivando la segreta speranza che, di lì a poco, sarebbe stato dimesso. In effetti, il giorno tanto atteso arrivò quasi senza che i due se ne rendessero conto.

«Allora, hai preso tutto?» gli chiese Amanda, strattonandogli appena il braccio perché lui potesse affidarle il suo borsone.

Lui trattenne a stento un risolino. «Amanda, ti ho detto che ce la faccio!» sbottò, un'occhiata penetrante al suo collega Brando, che aveva subito capito l'antifona.

«Tua figlia mi ricorda tanto qualcuno che conosco», intervenne infatti, una risata spensierata a squarciare il silenzio assoluto che regnava nel reparto.

«Ti ho detto che la porto io!» insiste l'altra, ignorando il sottile commento di Brando.

Federico alzò gli occhi al cielo, quindi strizzò l'occhio al collega. «Sì, forse ho capito cosa intendi. Okay, se proprio ci tieni, portala tu.» Smise di opporre resistenza e lasciò che la giovane prendesse il borsone tra le mani.

«Ah, finalmente!» commentò lei. «Non è così pesante, in fondo.»

Federico le diede un buffetto sulla guancia, quindi si rivolse al suo più caro amico. «Grazie di tutto», esalò, gettandosi su di lui, una leggera pacca sulla spalla. «Non so come avrei fatto senza di te. Certo, anche la nostra bellissima squadra se l'è cavata egregiamente.»

«La tua squadra. Noi non siamo niente, senza di te. E comunque, ce l'avresti fatta lo stesso. Tu sei sempre stato un osso bello duro, e nessuno ti conosce meglio di me.»

L'altro scosse la testa. «Siete perfettamente in grado di cavarvela anche senza di me. E in queste tre settimane me lo avete dimostrato. Anzi, a dirla tutta... me lo state dimostrando da un bel po'.»

Brando gli regalò un ultimo abbraccio. «Mi raccomando, segui con attenzione tutte le istruzioni che ti abbiamo dato e non fare di testa tua, d'accordo? E tu», disse poi, rivolgendo la propria attenzione ad Amanda, «assicurati che le segua alla lettera, mmh?»

Amanda mimò un signorsì che li fece ridere tutti quanti.

«Quindi, stavo dicendo... riposo assoluto per almeno due settimane, pasti equilibrati e integratore multivitaminico per reintegrare del tutto le forze. Monitorare lo stato della pressione per almeno due volte al giorno e, soprattutto – ciliegina sulla torta, lo so – NIENTE SIGARETTE.»

Federico assunse l'espressione di un bambino deluso, al quale avevano appena tolto il suo giocattolino preferito. «Neanche una? Così, giusto per non annoiarsi, anche perché—»

Amanda gli diede un pugnetto sulla spalla. «Tu provaci e ti strozzo con le mie mani», lo avvertì, digrignando i denti.

«Tu lo strozzi con le tue mani, e io gli do il colpo di grazia gettandolo nella prima fossa comune che trovo. Non ci devi nemmeno provare!» lo redarguì Brando, gli occhi fuori dalle orbite.

Federico fece mille passi indietro, le mani in alto e l'espressione colpevole. «Messaggio ricevuto», sussurrò, deciso, lo sguardo alternato tra gli occhi feroci della figlia e quelli spiritati del suo migliore amico.

«Bene. Allora, come si suol dire... Va con diós, mio caro dottor Lapi. E non faccia altre cavolate.»

Federico gli sorrise divertito. «Agli ordini, capitano Forti. Mi comporterò come un angioletto.»

Brando strinse la mano di Amanda in segno di saluto, e lei non mancò di ringraziarlo di nuovo.

Lei e Federico s'incamminarono per il lungo corridoio al fine di raggiungerne l'uscita, e durante il tragitto Amanda si accorse di quanto suo padre fosse apprezzato da tutto il personale. Tutti quanti, dagli infermieri ai semplici Operatori Socio Sanitari, in effetti, si presero "il disturbo" di salutarlo e di augurargli di tornare presto nelle vesti di medico. Federico aveva ricambiato con affetto i loro slanci, e non appena lui e la figlia furono usciti dall'ospedale, quest'ultima gli rivolse un tenero sorriso.

«Allora? Che effetto ti fa?»

«Essere sopravvissuto alla signora con la falce, o essere appena uscito dal reparto dei moribondi?» rispose prontamente Federico, un sorriso scanzonato.

Amanda, negli ultimi giorni, l'aveva visto spesso sorridere, e ammetteva quanto la cosa le scaldasse tuttora il cuore.

«Scegli tu», gli resse il gioco lei.

«Be', direi che senza di te non sarebbe stata la stessa cosa.» Le rivolse un'occhiata dalla quale trasudava tutta la sua riconoscenza. «Brando e la sua squadra sono stati fenomenali, ma... ma è stata la tua presenza costante a darmi la forza necessaria per non crollare. Non ti ringrazierò mai abbastanza.»

L'altra abbassò lo sguardo. «L'avrebbe fatto chiunque», gli rispose.

Con sentita delicatezza, Federico le sollevò il mento e, sfiorandone appena i contorni con la punta delle dita, incollò gli occhi nei suoi. «No. Non chiunque. Non eri tenuta ad assistere una persona che per tanti anni non ha potuto prendersi cura di te.» Scostò la mano, come lo sguardo, da lei. Si strinse nelle spalle, facendosi quasi piccolo piccolo.

«Non è stato per tua scelta», gli fece notare lei, catturando di nuovo l'essenza di quegli occhi tanto scuri e vulnerabili.

«Sì, ma forse... non lo so, magari avrei potuto insistere di più, avrei—»

«Shh... Non è stata colpa tua.»

Lui scrollò le spalle, le mani in tasca. Lui e Amanda stavano ancora dando le spalle all'entrata dell'ospedale, la brezza leggera del vento a scompigliare loro i capelli.

«Magari, se avessi insistito ancora un po', sarei riuscito a ritrovarla. A farmi dare qualche spiegazione in più. Eppure, l'avevo cercata ovunque, ma—»

Un tonfo improvviso gli impedì di continuare. Amanda aveva appena mollato il borsone e gli si era stretta contro, cingendogli le spalle. «Ti prego, non ci pensare più. Il passato non si può cambiare. Il presente, però, è ancora tutto da scrivere.»

Federico ricambiò la sua stretta e ricacciò il pesante flusso di lacrime che minacciava di tracimargli dagli occhi. Probabilmente, però, il suo cuore stava già lacrimando da un pezzo. Per molti anni, non doveva aver mai mancato a quell'appuntamento col dolore.
«Forse hai ragione tu. A tal proposito, che cosa ti piacerebbe fare oggi? Magari, prima che tu possa tornare a Monferrato, possiamo—»

«Possiamo incamminarci, tanto per cominciare», gli disse Amanda, facendolo sorridere. «E poi... be', non saprei, magari possiamo andare insieme al negozietto di musica più vicino. Che ne dici?»

Il volto di Federico riprese colore. «Mi piacerebbe molto», si limitò a risponderle, mentre Amanda pensava a quanta dolcezza nascondesse quell'uomo che, a primo impatto, poteva apparire ai più come il classico uomo che non doveva chiedere mai.


Percorsero con calma le stradine di Torino per poi salire sulla metropolitana. Dopo un paio di fermate, giunsero a destinazione e, senza perdere altro tempo, si addentrarono tra gli scaffali di un negozio che proponeva un vastissimo assortimento di dischi e vinili. Lo sguardo di Federico correva impazzito da una parte all'altra, affascinato come non mai da quella distesa di colori mista a immagini ritratte nelle copertine dei vari album. Era come in trance, e ad Amanda quel suo atteggiamento ricordava tanto il suo: quando si ritrovava in libreria, si comportava esattamente allo stesso modo. Entrava in un mondo tutto suo; un mondo a cui era concesso entrare giusto a pochi intimi.

«Non ci credo!» proruppe Federico, indicandole con delusione lo scaffale alla sua destra.

Amanda gli si avvicinò. «Che cos'è successo?» gli chiese, sorridendo sotto i baffi.

«Che cosa NON è successo, vorrai dire! In questa sezione c'erano i dischi degli Stackridge in edizione limitata, e adesso... sì e no se ce ne sono rimasti due!»

Amanda li esaminò entrambi. The Man With The Bowler Hat ed Extravaganza.

«Be', magari possiamo chiedere al negoziante per quel famoso disco del '72.»

Federico sbuffò appena. «Sì, magari. Ma sono sicuro che non ce l'hanno più, ormai.»

«Tu resta qua», io vado a chiederglielo. Amanda si assicurò che lui non la vedesse e, fingendo di chiedere di quel disco a uno dei tanti commessi che popolavano il negozio, ritornò da Federico con la coda tra le gambe. «Avevi ragione tu. Non si sa quando potranno raccattare quel disco. Però, se ti può consolare, non c'era neanche prima.»

«Be', perlomeno questo mi consola. Comunque... c'è un qualche disco che ti ha colpito particolarmente?»

Amanda lo catturò subito con lo sguardo. «Questo qua.» Fece qualche passo e si avventò su un album del 1986.

Federico fece un sorrisetto. «I Toto

«Qualche tempo fa, ho ascoltato Fahrenheit e mi è rimasto davvero nel cuore. Soprattutto I'll Be' Over You

«Dovrò ascoltarmelo anch'io, a questo punto. Bene, allora te lo regalo. È tuo.»

Amanda spalancò gli occhi. «Ma no, non—»

«Non si discute», rispose lui. Estrasse una banconota da cinquanta e gliela mise nella tasca del cappotto. «Dai, corri a pagarlo, io ti aspetto fuori.»

«D'accordo, se la metti così... allora non insisto. Grazie mille!» gli rifilò un timido bacio sulla guancia e, stringendo quel prezioso vinile tra le mani, raggiunse la cassa e le spuntò un sorriso. Già pregustava la reazione che avrebbe avuto Federico qualora lei si fosse decisa a mostrargli la sua sorpresa.


«Amanda, si è fatto un po' tardi, e mi sa che purtroppo mi tocca rientrare a casa.» Il tono con cui Federico pronunciò quelle parole, dopo qualche ora trascorsa in dolce compagnia della figlia, lasciò intendere alla giovane quanto gli dispiacesse separarsi da lei. «Sono stato benissimo. Posso sperare di rivederti presto?» le chiese poi, carezzandole di sfuggita la guancia.

Amanda scrutò l'orologio da polso. Il sole era ormai tramontato, ed erano quasi le sette e mezzo di sera. «Sono stata molto bene anch'io, e... a dire il vero, avrei una proposta da farti. Mi piacerebbe molto se... sì, insomma, che ne diresti se per qualche tempo mi trasferissi a casa tua?» gli domandò, arrossendo fino alla punta dei capelli. Nelle settimane precedenti, aveva pensato spesso a quell'eventualità, e non soltanto perché avrebbe voluto conoscere più a fondo il genitore. A ben guardare, alla ragazza non le sarebbe affatto dispiaciuto prendersi cura di lui durante il periodo più critico dell'intera convalescenza, che, tra le altre cose, si prospettava piuttosto noioso.

«Credevo che non me l'avresti mai chiesto», rispose Federico, sinceramente emozionato. Nei suoi occhi un brillio che racchiudeva l'autentico sapore della felicità; un sapore che si poteva toccare con mano. «Ma certo, che mi piacerebbe!» continuò, contenendo a stento l'entusiasmo. «Anzi, non devi neanche chiederlo. Mi casa es tu casa

Amanda sorrise. «Benissimo, allora... possiamo andare, no?»

«Se non fosse che devo mantenere un profilo basso, mi sarei fatto volentieri un goccio di vermouth. Avrei brindato a questa serata con la donna più importante della mia vita», le disse piano, un sorriso appena accennato e un leggero tremolio nella voce. «Perché adesso sei tu, la più importante. Sarai sempre e solo tu.»

Il cuore di Amanda, ancora una volta, si mise a fare mille capriole. Incapace di rispondergli, si limitò ad abbracciarlo forte. I silenzi e gli sguardi, d'altra parte, valevano più di mille parole. Non appena si ritrovarono fra le mura di casa, Amanda si prodigò immediatamente e si mise a preparare la cena. Prima che l'ultimo negozio di generi alimentari più vicino chiudesse le tende, avevano comprato tutto il necessario per gustarsi un'ottima cenetta a base di insalata mista, insieme a una gustosa salsa di accompagnamento e a un uovo alla coque come secondo piatto.

«Davvero non posso aiutarti?» le aveva chiesto a più riprese Federico, cui la giovane aveva tassativamente ordinato di sedersi a tavola senza che muovesse un solo muscolo. «Guarda che non sono mica un impedito, eh!»

Amanda, per tutta risposta, l'aveva gelato con una sola, penetrante occhiata. «Ho detto che stasera cucino io. Tu m'a compris?

Federico aveva scosso la testa, sbuffando divertito. «Parfaitement, mademoiselle.*»

Amanda fu davvero soddisfatta del risultato ottenuto. «Allora? Com'è?»

«Tutto buonissimo. Sei un'ottima cuoca, non c'è che dire. Anche se lo sospettavo.»

«Ti ringrazio tanto. Sono molto contenta che la cenetta sia stata di tuo gradimento.»

«Io sono ancora più contento del fatto che tu sia qui. Ancora non... sì, ancora non mi sembra vero.»

«Per me è lo stesso. Comunque, ho una piccola sorpresa per te.»

Federico aggrottò la fronte. «Una sorpresa? Per me

«Esatto. Dai, vieni in soggiorno, così te la mostro.»

Federico non se lo fece ripetere due volte. Amanda si chinò sul pavimento e aprì la sua valigia, ancora adagiata scompostamente tra il divano e una vecchia poltrona in stile ottocentesco. «Eccolo qua. L'ho fatto incartare poco prima che uscissi dall'ospedale.»

Federico lo prese tra le mani, saggiandone appena la consistenza. «Posso?» le chiese, senza che un sorriso dai tratti enigmatici scomparisse dal suo volto.

«Ovvio», gli rispose Amanda, fremendo dall'eccitazione.

Federico scartò con grazia il regalo, e sembrò mancargli il fiato non appena scorse una sottospecie di gnomo sulla copertina gialla del vinile in questione. «No! Ma dai! Friendliness degli Stackridge! Lo cercavo da una vita! Ma allora—»

«Eh no. Non l'ho comprato nel negozietto dove siamo stati. L'ho acquistato giusto qualche settimana fa, quando ero in quel di Madrid con...» Amanda si bloccò di colpo, decidendo di correggere il tiro. «Sì, insomma, ho fatto un viaggetto a Madrid e, non appena l'ho visto, ho pensato di comprarlo. Non so perché l'abbia fatto, però...» Scrollò le spalle. «Sulle prime, pensavo che me lo sarei tenuto io perché, come ti dissi qualche mese fa, mi piace molto questo album. Ho capito che volevo regalartelo non appena ho saputo che... sì, insomma, mi sono ripromessa che, se tutto quanto si fosse aggiustato per il meglio e se fossi tornato a casa sano e salvo, ti avrei regalato questo vinile come segno di...» Inspirò profondamente. Non era affatto abituata a esprimere i suoi sentimenti in quel modo. «Come segno del profondo affetto che sto cominciando a nutrire per te. Che ho cominciato a nutrire per te quasi immediatamente, e quasi senza rendermene conto. In nome di quella strana sintonia che, perlomeno all'inizio, non riuscivo affatto a spiegarmi.»

Federico, a fronte di quel discorso, si commosse profondamente. «Ah, figlia mia! Mi hai fatto un regalo meraviglioso», le sussurrò, tornando ad abbracciarla. «Se penso che sono quasi dovuto andare all'altro mondo, perché tu potessi di nuovo parlarmi... Perché ti potessi ancora stringere tra le mie braccia...»

«Mi dispiace tanto», farfugliò Amanda, il cuore in gola.

«Dispiace più a me», mormorò lui, in lacrime. «Perdonami, tesoro. Perdonami se non ho avuto la forza di lottare per te. Perdonami se ho preferito lasciarmi affogare dal dolore, di gettarmi nella morsa della disperazione... Ma il pensiero di non poterti più rivedere era diventato un macigno, un peso insopportabile. Mi sembrava di non avere più un motivo per sorridere. Non ero più soddisfatto di niente. I continui progressi dei miei pazienti non mi facevano più effetto, la presenza e il sostegno di Brando mi sembravano completamente inutili. La vita, tutto d'un colpo, mi è sembrata inutile.»

Amanda rimase a dir poco spiazzata. Quella sua confessione lo rendeva un uomo a tutti gli effetti, benché lui stesso avesse tentato, sin dall'inizio, di proteggersi, di non lasciar trapelare troppo i suoi reali sentimenti. Il dolore e la lontananza, come pure la concreta possibilità di morire, gli avevano forse fatto capire l'importanza di godersi ogni singolo attimo, di assaporare fino in fondo la complessità di un'esistenza intera. Una complessità che, nonostante tutto, nascondeva in sé rimasugli preziosi, fulgidi testimoni di un'antica ed eterna bellezza.

«Ho provato le stesse cose quando ho scoperto tutta la verità», ammise lei, scostandosi appena perché Federico potesse guardarla. «Sto ancora cercando di accettarla, ma di una cosa sono sicura. Io non voglio allontanarmi da te. Non più. Lo siamo stati per troppo tempo.»

«Hai ragione. E ti prometto che cercherò di rendere i nostri momenti indimenticabili. Però ti vorrei chiedere una cosa...» Federico la scrutò con occhi indagatori, gli angoli della bocca piegati all'insù. «Con chi sei stata a Madrid?»

Amanda avvampò. «Io? Ma con nes—» La ragazza saltò sul posto. Il suo cellulare aveva preso a squillare, e a lei fischiarono subito le orecchie. Era Alessandro, senza dubbio. Rimase paralizzata, mentre il sorriso di Federico si allargava ancora di più.

«Che fai, non gli rispondi? Non vorrai mica farlo aspettare!»

Amanda forzò un sorriso e, mentre cercava di estrarre – con lentezza calcolata – lo smartphone dalla tasca dei suoi jeans, Federico si alzò dal divano.

«Vado a farmi una doccia», le disse, sparendo seduta stante.

Solo a quel punto, Amanda rispose alla chiamata.

«Ciao, Alessandro! Come stai?»

«Oi, ciao! Ho letto il tuo messaggio qualche ora fa, ma sono riuscito a liberarmi solo adesso. Sono contenta che tuo padre sia stato dimesso.»

«Anch'io sono tanto felice», gli rispose Amanda. Durante quelle settimane, si erano sentiti per telefono quasi tutti i giorni, e alla ragazza saliva sempre di più il desiderio di rivederlo. «Per fortuna, ormai è fuori pericolo.»

«Benissimo. Ma dimmi una cosa... perché stai sussurrando? Nel tempo libero fai l'agente segreto, per caso?» scherzò lui.

«Io, be'... ho deciso di trasferirmi per un po' a casa di Federico. Così, per stargli più vicino, per tenerlo d'occhio e... e conoscerci un po' meglio.»

«La tua mi pare un'ottima idea. Però... per caso ti vergogni di fargli sapere che ti intrattieni al telefono con uno dei migliori esperti sulla piazza in campo editoriale? Hai forse paura che inizi a recitare lo scomodo ruolo di padre geloso?»

Amanda scosse la testa, soffocando una risatina. «Potresti smetterla di fare lo scemo, per piacere?»

Dall'altra parte della linea, calò un breve silenzio. «Mi manchi, lo sai? Non averti vicina è una tortura», le disse poi, ricacciando un sonoro sospiro.

Amanda provò un intenso formicolio al basso ventre. «Anche tu mi manchi molto», gli confessò. Prima di quel momento, non l'aveva mai detto a nessuno. Al solo ricordo dei suoi baci, un piacevole calore le salì fino alle guance. Quell'Alessandro le avrebbe fatto perdere la testa, prima o poi.

«Quei tre giorni a Madrid sono stati meravigliosi. Non riesco a smettere di pensarci...»

«È stato bello anche per me.»

«Però hai paura che non possa funzionare. Ascolta, che tu ci creda o meno, anch'io ne ho. Ma se non ci proviamo non possiamo saperlo, no? Te l'ho detto, io sono disposto ad aspettarti e a non precorrere i tempi. Non devi sentirti sotto pressione. Però... non voglio più soffocare i miei sentimenti per te. Adesso più che mai desidero dargli voce.»

«Io non voglio che tu lo faccia, anzi. È solo che... forse ti sembrerà ridicolo, ma tutto quello che mi sta capitando ultimamente è così inaspettato, che... che non riesco a definirlo con precisione.»

«Lo so. Hai bisogno di tempo, e io ti ripeto che non c'è alcuna fretta. E no, non mi sembra affatto ridicolo. Adesso, la tua priorità è una soltanto. Anche se, lo confesso, mi piacerebbe proprio tanto rivederti.»

«Piacerebbe anche a me. Perché non ci incontriamo questo venerdì? Potremmo stare insieme per un paio d'ore.»

«Per me va benissimo. Ma come farai con tuo padre?»

«Con Federico me la sbrigo io, non preoccuparti. Anzi, credo proprio che il signorino sarebbe al settimo cielo, se gli dicessi che ho un appuntamento con il mio agente letterario preferito. Io, però, devo almeno assicurarmi che non tocchi neanche mezza sigaretta.»

«O lo strozzeresti con le tue mani», rincarò lui, suscitando in Amanda un risolino.

«Esattamente. Tu come stai, comunque?»

«Non mi lamento, dai. Certo, dal punto di vista lavorativo è un periodo un po' morto, da quando il tuo tour è finito. Sto approfittando del tempo libero per leggere il tuo nuovo romanzo e mi sto imponendo di non divorarmelo tutto in una sola serata. Ti ho già detto che il tuo stile mi fa impazzire?»

Alla ragazza spuntò un sorriso. «Solo il mio stile?» gli chiese, l'aria sardonica.
Si morse la lingua subito dopo. Cosa diavolo stava dicendo?

«Non mi provocare», l'avvertì Alessandro, e in quel frangente la ragazza immaginò che lui stesse sfoggiando il consueto sorrisetto malandrino.

«E tu non mi adulare troppo, o finirò per crederci sul serio.»

«Tu devi crederci. Perché io dico solo la verità.»

«Lo so. Dopo la mamma, tu sei stato sempre il mio fan numero uno.»

«Non sono proprio l'unico, in realtà. E sai perfettamente a chi mi riferisco.»

Amanda trasse un lungo sospiro. «Ci sto provando, anche se non è facile.»

«Immagino. Accettare tutto quello che ti è successo richiede tempo. Federico come sta? Come si comporta con te?»

«Lui sembra stare bene, e... mi sta trattando come una regina.»

«E non sei contenta?»

«Lo sono, certo. Anche se c'è ancora una cosa che non ti ho detto, ma di questo preferirei parlartene di persona.» Amanda si guardò intorno; di Federico non v'era traccia.

Sarà davvero andato a farsi una doccia pensò. E tutto pur di lasciarmi parlare in tranquillità con Alessandro.

«Quando vuoi.»

Amanda stava per dirgli qualcos'altro, quando le salì un improvviso conato di vomito. Raggiunse subito il lavabo della cucina convinta che avrebbe rigettato la cena, ma per qualche strano miracolo riuscì a placare il momentaneo desiderio del suo stomaco.

«Amanda? Sei ancora lì?»

La giovane aprì il frigorifero e afferrò l'altra metà del limone, con il quale aveva preparato la salsina di accompagnamento che aveva assaggiato insieme a Federico. «Sì, è tutto a posto. Mi preparo una limonata e corro subito a letto. È stata una lunga giornata.»

«Lo è stata anche per me, in effetti. Be', allora ti auguro una buonanotte.»

«L'auguro anch'io a te. Ci sentiamo presto, un bacio.»

Amanda riattaccò. Si versò un bicchiere d'acqua e vi aggiunse il succo di limone. Forse non ho digerito, pensò, dubbiosa. Eppure...

«Ehi», intervenne una voce che ben conosceva, un profumo diverso nell'aria. Federico assunse un'espressione meditabonda, le braccia conserte. L'essenza del suo dopobarba quasi la stordì. «È tutto a posto?»

«A postissimo. Giusto un po' di mal di stomaco», gli rispose, indicandogli il bicchiere che teneva in mano.

Federico annuì. «Comunque, ci tenevo a dirti che non devi sentirti obbligata a stare qui in casa tutto il giorno. Puoi benissimo uscire a fare due passi, se e quando lo desideri. Ci siamo capiti?» Le regalò un sorriso e le si avvicinò. Le diede un bacio sulla fronte. «La camera degli ospiti è pronta. Quando vuoi, puoi sistemarti lì. E... grazie ancora per lo splendido regalo che mi hai fatto. Quel vinile è bellissimo.»

Amanda lo baciò sulla guancia. «Grazie a te», gli rispose, e nel pronunciare quelle semplici parole sentì il suo cuore riempirsi di un senso di pace che non provava da tanto tempo.


Il profumo del pane tostato la spinse ad aprire gli occhi. Uno spicchio di luce mattutina filtrava nella stanza, gli uccellini che cinguettavano felici e uno strano rumore proveniente dalla stanza accanto.
Amanda si stiracchiò e, allungandosi dall'altra parte del letto, afferrò l'elegante vestaglia di seta rosa; dopo averla indossata, diede un'occhiata sommaria a quanto aveva attorno. Qualche mobile antico sparso qua e là, quadretti appesi su ogni parete della stanza. Un piccolo particolare – che non aveva notato la sera prima – attirò la sua attenzione: nell'angolo sinistro della stanza sostavano diverse scatole impolverate. Accese la luce, scoprendo che si trattava di alcuni giochi da tavolo. Su ognuna di queste scatole c'era un post-it con su scritto Gianluca.

Amanda increspò le labbra.

Sarà meglio che vada di là, si ammonì, per quanto in lei stesse nascendo una certa curiosità.

Uscì dalla porta e, a passo leggero, percorse il breve corridoio che la separava dalla cucina. Le spuntò un sorriso non appena captò che, nell'angolo sinistro dell'ampio soggiorno, Federico aveva trascinato un mobiletto al cui interno era stato posto il vinile che gli aveva regalato. La canzone in questione era Syracuse The Elephant, un grandioso pezzo che si fregiava di affascinanti sonorità. Federico ne stava canticchiando la strofa e la giovane, incapace di trattenersi, allungò appena il collo e lo trovò ad aggiungere un quintale di marmellata di albicocche su di una fetta biscottata.

«Syracuse the elephant, remember his name. Then you won't forget about his fortune and fame. They shipped him to America, to star and reign. And now che lives in Hollywood with Tarzan and Jane!»

«Siamo di buonumore oggi?» esordì Amanda, entrando in cucina.

Federico si voltò di scatto. «Ehi, buongiorno!» Le si fece accanto e le diede un bacio sulla guancia. «Dormito bene?»

«Benissimo. Anche tu, mi pare.»

«Sì. Ho dormito come un sasso, a dire il vero. In ospedale non ci riuscivo molto.»

«Lo credo. Bellissima questa canzone, vero?»

«Forse la migliore del disco, sì. Non ho resistito e ho voluto subito deliziarmi con uno dei gruppi più ironici del panorama britannico.»

Amanda prese posto sul tavolo, che era strapieno di leccornie. «Dove l'hai presa tutta questa roba?» gli chiese, a bocca aperta.

Lui sorrise con orgoglio. «Finalmente una colazione come si deve, eh? L'ho ordinata e me la sono fatta portare. Tranne le fette biscottate. Quelle me le mangio io.»

Amanda osservò il delizioso cornetto alla panna che troneggiava al centro del vassoio, assieme a un bicchiere di spremuta d'arancia e qualche pasticcino sparso qua e là.

«Forse ho esagerato un po', ma a me piace fare le cose in grande.»

«Il cornetto alla panna, assieme a quello all'albicocca, è il mio preferito.»

«Buono a sapersi.»

«Be', allora buon appetito. E ti ringrazio per il pensiero.»

«Non è necessario che mi ringrazi ogni volta», rispose lui con dolcezza. Si sedette accanto a lei e inzuppò la fetta biscottata nel tè. «Queste sono stupidate. Sono cose che un qualsiasi padre farebbe, per la propria figlia.»

«O quasi», rispose l'altra, abbassando il capo. Addentò un pezzo di cornetto e si sentì subito meglio.

«Lo so che per tanti anni ti sei sentita trascurata. Me l'hai raccontato, e sapere tutto questo mi ha fatto molto male. Ma ti prometto che, da adesso in avanti, sarà diverso.» Le sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e il pensiero di Amanda corse alla madre. Lei, a quel semplice gesto, ricorreva molto spesso, quando era piccola.

«Che vuoi farci. Sono cose che capitano. Ma adesso non voglio parlare di questo.» Incollò gli occhi nei suoi. «Perché non mi hai mai detto che hai vinto un concorso letterario? Hai scritto addirittura un saggio!»

Federico spalancò gli occhi. «Quindi ti sei informata, su di me.»

«Eh certo! Come avrei potuto sapere dove lavoravi, altrimenti?»

Il volto di Federico si fece più disteso, una piccola rughetta a solcargli la fronte alta. «Be', da una parte non volevo che ci fossero troppi punti di contatto tra di noi. Stavo cominciando ad affezionarmi sul serio, e ne avevo paura. Però... ovviamente, avevo messo in conto che prima o poi l'avresti scoperto, e quindi...»

«E quindi, per certi versi, ho ripreso da te», concluse Amanda, osservando con ingordigia il pasticcino ai pinoli che le stava davanti.

«Se vuoi, ti posso far leggere il saggio che ho scritto. Avrai visto che è ormai fuori catalogo.»

Lei gli sorrise. «Mi piacerebbe molto, sì. Sono piuttosto curiosa. Quanto al racconto-»

«Ti farò leggere anche quello, sta' tranquilla.»

Amanda annuì. Per qualche minuto, furono avvolti dalla tiepida atmosfera della musica; ciascuno dei due si perse nei propri pensieri.

«Senti, ti... ti posso fare una domanda?» sparò la ragazza a un certo punto.

Federico annuì, facendo roteare il cucchiaino nella tazza.

«Chi è Gianluca?»

L'altro si bloccò seduta stante. Fece un respiro profondo, accantonò la tazza e si fregò nervosamente le mani. «Gianluca è mio fratello gemello. O meglio... lo era.»

«Cosa—»

«Io e lui giocavamo sempre insieme. Mi diceva sempre "ciò che è mio è tuo". Eravamo molto uniti. Quando lui stava male, io soffrivo altrettanto, e viceversa. Nessuno di noi ha mai superato la sua morte. Mamma e papà, dopo qualche tempo, acquistarono un'altra casa, però non ebbero neanche il coraggio di vendere questa. Io, però, non sono riuscito ad andarmene. Stando qui, è come se riuscissi ancora a sentire la sua presenza. Il legame tra due gemelli e davvero forte, oserei dire viscerale. E...» Una lacrima gli sfuggì dalle palpebre, e Amanda afferrò con prontezza la sua mano, stringendola nella sua. «Lui è morto qualche mese dopo aver compiuto diciotto anni. Un lurido bastardo me l'ha portato via. Un ubriaco gli ha tagliato la strada, e... e non c'è stato niente da fare. Non si è salvato. È stato in coma per quasi un anno, poi...»

Amanda si alzò dalla sedia e lo abbracciò forte, partecipando nel silenzio a quel dolore straziante.

Federico non si oppose a quella stretta. «Già da qualche tempo, pensavo che avrei voluto iscrivermi a Medicina, e dopo quel fatto... mi sono ripromesso che avrei sgobbato come un mulo per laurearmi con il massimo dei voti e diventare un medico degno di questo nome. All'inizio, avrei voluto specializzarmi in medicina interna. Poi, be'... la passione per l'ambito neurologico ha preso il sopravvento.»

«Mi dispiace tantissimo. Scusami tanto, non avrei dovuto-»

«No. Prima o poi l'avresti saputo, perché io stesso te l'avrei raccontato.» Le sorrise con grande tristezza. «Hai visto i giochi da tavolo, vero?»

Amanda annuì.

«Io e Gianluca ci divertivamo spesso, con quelli. Ogni singola domenica, era dedicata a quei gingilli. Dopo l'incidente, non le ho nemmeno più sfiorate, quelle scatole. Neppure una volta. La stanza dove hai dormito era la sua.»

«Sono sicura che lui ci stia guardando, in questo momento. E che sia molto felice per noi, e per te. Sarà di certo orgoglioso dell'uomo che sei diventato.»

Federico piegò le labbra all'insù. «E lui lo sarà altrettanto di te. Della sua talentuosa nipotina scrittrice.»

«A proposito di scrittura, ti andrebbe di leggere in anteprima il mio nuovo romanzo?»

Il sorriso di Federico si allargò di colpo. «Ovvio che sì. Anzi, non vedo l'ora.»

*Tu m'a compris?: "Hai capito?"

*Parfaictement, mademoiselle: "Perfettamente, signorina".

*Siracusa l'elefante, ricorda il suo nome. Allora non dimenticherai la sua fortuna e la sua fama. Lo hanno spedito in America, per recitare e regnare. E adesso vive a Hollywood con Tarzan e Jane!


fxyredarling

Vittoria1975

Nat0519

DanRuben

N.d.A: Vi auguro una splendida domenica, e, al solito, grazie di cuore a voi fedelissimi ❤🥰

Un abbraccio,

Eleonora

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