CAPITOLO XXI
Amanda aveva trascorso un'intera settimana quasi senza uscire di casa, e quasi sempre rannicchiata sul divano, il suo plaid preferito indosso e le sue inseparabili cuffiette nelle orecchie. Il racconto di Federico l'aveva sconvolta nel profondo, e a malapena era riuscita a confidarsi con Monica, che, preoccupata del fatto che lei non rispondesse più al telefono, era corsa subito a casa sua per sincerarsi che fosse tutto a posto. Ovviamente non lo era. L'unica cosa che riusciva, seppur temporaneamente, a instillare una calma apparente nella ragazza – nonché a darle conforto – non era nient'altro che la musica, da sempre silenziosa testimone dei suoi momenti più bui. Monica, inutile dirlo, era rimasta scioccata tanto quanto lei dall'assurda verità che Amanda stessa – con estrema difficoltà – le aveva raccontato in tutti i suoi particolari. La sua migliore amica si era quindi proposta di farle compagnia per un'altra settimana almeno, posticipando, quindi, la sua imminente partenza per Madrid. Amanda, però, non gliel'aveva permesso. Non avrebbe costretto nessuno a sopportare la sua tristezza e i suoi pianti continui, tantomeno se ci andavano di mezzo questioni importanti. Monica non poteva certo aspettare i suoi comodi e fermare la sua avanzata negli studi a causa sua.
Si rigirò per l'ennesima volta fra le pesanti coperte, gli occhi che le bruciavano. Non dormiva da giorni, continuando ad annegare in un mare di lacrime, e in più di un'occasione era stata costretta a farsi prescrivere dei tranquillanti per cercare di arrendersi più facilmente al sonno, o comunque riposare almeno per qualche ora. Le sembrava di essere entrata, di punto in bianco, in un terribile buco nero, e questo con la stessa rapidità con la quale aveva legato con Federico, tant'è che, a tratti, non si ricordava nemmeno più del grandissimo successo che aveva ottenuto come scrittrice soltanto qualche tempo prima. "Suo padre" Francesco aveva spesso tentato di mettersi in contatto con lei, e ogni singolo giorno, alla stessa ora – solitamente verso le diciassette del pomeriggio – suonava alla sua porta con la viva speranza che lei si decidesse a concedergli finalmente un nuovo confronto. Amanda, per quanto fosse conscia che non potesse evitarlo in eterno, non riusciva nemmeno a figurarselo, un altro faccia a faccia con lui.
Un faccia a faccia con una persona che di fatto – e al pari di sua madre – reputava ormai completamente estranea.
Inutile dire con quanto fervore l'uomo la implorasse di aprirgli la porta. Ah, se soltanto quello stesso fervore ce l'avesse messo anni prima, anziché ignorarla per anni e anni, arrivando quasi a dimenticarsi della sua esistenza!
Ma poteva forse biasimarlo? D'altronde, come poteva comportarsi un qualsiasi uomo che all'improvviso veniva a sapere che quella che per anni aveva creduto sua figlia, in realtà... in realtà non lo era affatto? Amanda, ogni singola volta che lo sentiva bussare con decisione alla sua porta, si sentiva morire. Odiava il fatto che lui le avesse taciuto la verità, ma non poteva nemmeno ignorare tutto il dolore che lui stesso doveva aver provato a causa di una scoperta come quella. Ciononostante, non se la sentiva di parlargli. Non voleva parlare con nessuno.
Reputava altresì una fortuna che Federico non l'avesse contattata. Perlomeno aveva mantenuto la parola data, malgrado la promessa che le aveva elargito le fosse stata fatta sull'orlo delle lacrime. Non doveva essere stato facile nemmeno per lui.
Amanda accese la luce dell'abat-jour. Erano appena passate le diciotto e trenta. Fuori pioveva a dirotto e il cielo era impiastricciato da nubi grigie; era una perfetta giornata in stile invernale.
Ho iniziato l'anno nuovo proprio col botto, si disse Amanda, mentre con lo sguardo tornò ad accarezzare la bustina incriminata.
Non aveva ancora avuto il coraggio di aprire quella dannata lettera. La lettera che le aveva lasciato sua madre. In alcuni momenti era stata sul punto di farlo, ma poi la paura e il disgusto avevano preso il sopravvento e l'avevano fatta desistere.
Sulle prime, avrebbe tanto voluto strapparla; o magari bruciarla. Non aveva nessun interesse a conoscere i motivi che avevano spinto sua madre a prenderla in giro per anni. A prendere in giro Federico, e forse anche Francesco.
Lei aveva preso in giro tutti.
O magari... Si rigirò dall'altro capo del letto. Che Federico non le avesse detto la verità?
Ma a quale scopo? pensò, reprimendo a fatica l'ennesimo conato di vomito. Lui aveva un buon lavoro, godeva di una fama e di una rispettabilità uniche nel suo genere. Perché mai avrebbe dovuto inventarsi tutto? Per vendicarsi, forse?
Amanda scosse la testa. Non la trovava una motivazione così plausibile. D'altra parte, la storia della lettera era vera. E l'unico modo per assegnare un fondamento concreto al suo racconto sarebbe stato quello di verificarne, seduta stante, il contenuto.
Se solo ne avesse avuto il coraggio! Con Monica aveva tenuto la bocca cucita, altrimenti sarebbe stata la prima a consigliarle di prendere il toro per le corna, come d'altronde aveva sempre fatto. Per la prima volta in vita sua, si sentiva del tutto priva di difese. Un guscio vuoto, prosciugato di qualsivoglia emozione positiva. Non riusciva più a trovare alcun motivo per sorridere. Mostrarsi forte e imperscrutabile non faceva più per lei. Avrebbe tanto avuto bisogno di qualcuno con cui condividere le proprie debolezze senza vergognarsi, quel qualcuno che l'avrebbe presa per mano senza lasciarla più e, soprattutto, senza riempirla di false promesse.
All'improvviso, una strana immagine le si insinuò nella mente. Sulle prime pensò di scacciarla, ma poi si concesse di indugiarvi di più. Di lasciarsi trasportare dal senso di sicurezza che la stessa le trasmetteva. Avrebbe potuto arrogarsi quel diritto? Un pensiero fugace, cui Amanda inizialmente non ebbe il coraggio di dare voce, tantomeno assegnare una consistenza ben definita, rimase sfumato nella sua mente per giorni e giorni. Passarono così un altro paio di settimane, nelle quali Amanda fu in balia dello scoramento e dell'apatia più totale. Quasi niente era cambiato, però. Francesco continuava a tormentarla, Monica a telefonarle tutte le sere. La ragazza si sforzava di non farla preoccupare più del dovuto, ma la sua migliore amica riusciva a leggere piuttosto bene tra le righe. A leggerle dentro come nessun altro.
«Non ti azzardare a tornare qui», la intimava Amanda. «Io me la caverò, sta' tranquilla.»
«Promettimi che non farai delle mosse avventate. Sono molto preoccupata per te», ribatteva spesso lei, con un tono da cui si deduceva tutta la sua angoscia.
«Andiamo, non ti sembra di esagerare un po'?»
Quel bonario ammonimento, in realtà, non suonava affatto convincente. Gli occhi di Amanda non riflettevano più alcun barlume di speranza, in poche settimane aveva perso quasi sette chili. Si sforzava di spiluccare qualcosa, ma poi puntualmente la rigettava. Le sue giornate erano scandite da pianti ininterrotti, tremendi mal di pancia e occasionali emicranie. Stava passando le pene dell'inferno, eppure si ostinava a non chiedere aiuto. Si stava spegnendo piano piano e, mentre Francesco cercava di ottenere dai vicini di Amanda la certezza che lei stesse bene, il vortice della depressione continuava a risucchiarla senza pietà.
Una mattina, stanca di crogiolarsi nella solitudine e nella tristezza, si fece forza e arraffò un paio di biscotti al cioccolato dalla dispensa. Si preparò un tè, ve li inzuppò e tentò di mangiare. Accompagnò il tedioso processo con A Curious Feeling, le cui note risuonavano delicate nei meandri del soggiorno. Le sfuggì un sorriso genuino. Contro ogni sua aspettativa, assaporò con gusto più di quattro biscotti senza che il suo stomaco prendesse a lamentarsi. Cercò di rendersi più presentabile e si decise a uscire di casa, sperando di non incontrare Francesco. A quell'ora, secondo i suoi calcoli, doveva essere al lavoro, quindi il rischio di imbattervisi era pressoché nullo. Quando fece per chiudere la porta, però, si accorse di un pacchetto regalo che sostava nell'angolo in basso a destra del battiscopa. Amanda lo prese tra le mani, un biglietto semi-spiegazzato vicino alla coccarda argentea appiccicata sopra la carta regalo.
Questo sarebbe stato il regalo di Natale che avrei tanto voluto darti quando sei venuta a casa mia per il pranzo natalizio. Non ti chiedo di perdonarmi, magari non lo merito. Ma ti chiedo almeno di non gettare via questo pensiero.
Il biglietto non aveva alcuna firma, ma era chiaro che fosse da parte di Francesco. Amanda trattenne il fiato, mentre un paio di lacrime sfuggivano al suo controllo. D'istinto, riestrasse le chiavi dal taschino della sua borsa e riaprì la porta di casa. Si accomodò in soggiorno, indecisa sul da farsi. La scatola che teneva tra le mani era piuttosto pesante, e stranamente non sentì la bruciante voglia di disfarsene, quanto di scoprire cosa contenesse. Posò i palmi ai lati e cominciò a sbarazzarsi del nastro adesivo (a suo parere utilizzato in quantità troppo ingenti), fino a estrarre una confezione scura, totalmente monocolore. Si trattava di una semplice scatola di cartone. La ragazza l'aprì, e quello che vide la spiazzò. All'interno, c'erano un paio di pupazzetti con i quali Amanda aveva dormito per anni. Erano i suoi preferiti, e si sorprese nel constatare che esistevano ancora. Per scherzare, Francesco aveva chiamato il coniglietto Mezio e l'orsacchiotto Fufezio, in onore del suo sconfinato amore per la Storia Antica (in effetti Mezio Fufezio, le aveva spiegato lui quando era piccola, era stato un leggendario dittatore albano che purtroppo fece una brutta fine, decretando così la scomparsa della città di Alba Longa a beneficio dei Latini di Roma, che invece vinsero la sanguinosa battaglia).
Amanda li strinse fra le mani. Incredibilmente, si ricordava persino quel particolare, a testimonianza di quanto avesse sempre ammirato l'uomo per la sua cultura e intelligenza. Un copioso flusso di lacrime continuò a scorrerle lungo le guance. Era convinta che di quelle cose non fosse rimasto nulla, invece... invece, a quanto pareva, era stato proprio lui a portarle via con sé, onde evitare che venissero perdute. C'erano anche altri gingilli con cui Amanda giocava spesso, ma quello che attirò di più la sua attenzione fu la serie di CD che vi si trovava accanto, sempre dentro la stessa scatola. I CD in questione erano quattro, tutti rigorosamente numerati.
Amanda corse a prendere il pc e, dopo averlo acceso, vi inserì il primo. Si trattava di un video che Francesco aveva girato a sua madre. In quel periodo era incinta. Le risate di entrambi la riportarono, seppur per un breve istante, dietro nel tempo, e tanto bastò perché quelle lacrime dapprima silenziose si trasformassero in pesanti singhiozzi. La felicità di Francesco si poteva toccare con mano, come pure quella di Valeria. A un occhio più attento, però, Amanda vi scorse una certa tensione. Valeria sorrideva ed era indubbiamente contenta, ma in alcuni momenti pareva che il suo stesso sorriso non arrivasse agli occhi.
Senso di colpa, pensò Amanda, di getto.
A un certo punto, sullo schermo comparve una serie di frasi che le arrecarono immenso dolore.
Cara Amanda, mi ero ripromesso che prima o poi ti avrei fatto vedere questi video che adesso sono nelle tue mani (o almeno lo spero).
Io stesso, lo confesso, non sono più riuscito a farlo da quando ho deciso di troncare, mio malgrado, la relazione con tua madre. Troppi ricordi dolorosi sarebbero riemersi, insieme ai tanti rimpianti che ancora oggi, purtroppo, mi tengono (sgradita) compagnia. Adesso, però, ho deciso che era necessario fare di nuovo un tuffo in quel passato per cercare di dirti quello che non ho mai avuto il coraggio di tirare fuori.
Comunque... Qui aspettavamo te. Tua madre era al sesto mese, e come puoi vedere non stavo più nella pelle. Desideravo tanto un figlio da lei, fin da quando l'ho incontrata, e avevo appena realizzato il sogno della mia vita. Insomma, sentivo di non aver bisogno di nient'altro.
Le risate e le parole di entrambi risuonavano come un mantra, nelle orecchie di Amanda. Lui che la prendeva bonariamente in giro o le faceva mille complimenti, lei che si difendeva schioccandogli sguardi fintamente assassini e altrettante smorfie buffe, mentre cercava di sorridere all'obiettivo. Per non parlare delle dolcissime parole che lui rivolgeva alla futura nascitura. Non avrebbe mai immaginato che Francesco avesse immortalato quei momenti.
Quando il video terminò, Amanda passò al CD successivo, e quindi ai seguenti. Erano tutti dedicati a lei. Francesco aveva girato una caterva di video, cogliendo sul fatto la sua principessa in momenti a lei insospettabili. Come quando era super concentrata a leggere un libro o a sfogliare un giornale, come quando si inventava le storie più assurde facendo parlare i personaggi con i quali si dilettava, persino quando faceva i compiti. E poi, i momenti di gioco insieme. Quelli che più preferiva. Francesco l'aveva adorata a tal punto da conservare tutto in una meravigliosa scatola dei ricordi.
Scoprire che tu non fossi mia figlia è stato il dolore più grande della mia vita, c'era scritto in un altro foglio, associato all'ultimo CD. Avrei potuto forse sopportare che Valeria mi avesse tradito, ma scoprire questa terribile verità (di cui presumo tu ormai sia venuta a conoscenza per altra via) mi ha semplicemente devastato. Avrei tanto voluto dirti questo (e molte altre cose) di persona, ma visto che (giustamente) ti rifiuti di parlarmi, non ho potuto fare altrimenti. Certo, forse non sarei stato ancora pronto per dirti davvero tutto, però spero che tu possa capirmi almeno un po'. Per un uomo non è facile ammettere di avere dei "limiti", se così si possono chiamare. Vorrei che tu sappia che avrei davvero voluto darti un fratellino o una sorellina, e poco prima che io scoprissi che tutti i miei sforzi sarebbero stati inutili, io e Valeria ci abbiamo provato tanto. Poi, un brutto giorno, da diversi controlli ne è emerso che fossi sterile. La mia ostinazione mi ha spinto a non crederci, perlomeno inizialmente. Così ho fatto il test del DNA, che purtroppo ha confermato che non fossi figlia mia. Ero devastato. Pensavo che non sarei più riuscito a riprendermi, mi sono sentito preso in giro. La vita che fino a quel momento avevo vissuto accanto a voi due, era stata una bugia completa. Non sono riuscito a fare finta di niente, e mi sono lasciato inghiottire dal dolore fino ad arrivare a non versare più neanche una lacrima. Poi, per mia fortuna, è arrivata Grazia, e... e il resto lo sai.
Perché mi sono allontanato da te? Sappi che non è stato per questa scoperta (o, perlomeno, la ragione del mio allontanamento è molto più complicata di così). Ma di questo, be'... mi piacerebbe tanto parlartene di persona, se e quando lo vorrai.
Tuo,
Francesco
Amanda era annegata tra le sue stesse lacrime. Non si sarebbe mai sognata un simile risvolto. Riuscì a calmarsi un po' soltanto nel tardo pomeriggio, quando maturò finalmente che no, non poteva proprio farcela da sola. Aveva bisogno d'aiuto. Ma non di un aiuto qualsiasi.
Aveva bisogno di lui.
La mattina seguente, Amanda decise di prendere il primo volo disponibile per Madrid. Non sapeva se a lui avrebbe fatto piacere rivederla, ma voleva almeno tentare. Per quanto le piacesse la Spagna (malgrado non ci fosse mai stata), la ragazza si recò immediatamente nei pressi dell'hotel incriminato, senza guardarsi troppo intorno. Percorse un breve tratto di strada, parzialmente illuminato dai lampioni e dalle insegne di vari negozi di abbigliamento che contornavano la maestosa Plaza Mayor, quindi raggiunse l'Hostal verso le dieci di sera, un piccolo borsone tra le mani e un perenne senso di agitazione che le stringeva la gola. Si avvicinò, esausta, al receptionista e chiese di lui. L'uomo sulla quarantina accennò un sorriso e le fornì le informazioni richieste. L'albergo era un tre stelle e non si distingueva certamente per la bellezza o il prestigio di cui godevano altri alberghi situati nelle immediate vicinanze, ma in ogni caso si presentava bene ed era, nel complesso, molto curato. Amanda prese l'ascensore e cliccò sul tasto che l'avrebbe condotta al terzo piano. Fece poi qualche passo lungo il corridoio, le cui pareti ospitavano qualche bel dipinto inerente alla capitale spagnola, e, giunta al cospetto della camera 300, avanzò un timido toc toc sulla porta. Per un istante pensò di tornare indietro, ma la sola emozione di rivederlo la tratteneva dal farlo.
L'altro aprì qualche secondo dopo, suscitando in Amanda infinita sorpresa. Era più bello di quanto ricordasse. E le era mancato come l'aria.
«Amanda! Cosa ci fai qui?»
La ragazza mollò la valigia e gli si fiondò addosso senza pensarci. E, come se fino a quel momento si fosse trattenuta dal farlo, si mise di nuovo a piangere in silenzio, come una bambina. Lo strinse forte a sé e uno sconvolto Alessandro ricambiò immediatamente l'abbraccio, carezzandole la schiena ricoperta dal pesante cappotto invernale.
«Amanda, che hai? Parlami, ti prego.»
La ragazza si fece accompagnare da lui verso il bordo del letto e, nel frattempo, si premurò di asciugarsi le lacrime, sedendosi di fronte a lui. «Scusami tanto, ultimamente sono diventata una piagnona, e della peggior specie», gli rivelò, nel vano tentativo di sdrammatizzare. Il suo lieve sorriso, però, non suggeriva certo spensieratezza.
Lo sguardo preoccupato di Alessandro vagò sul suo volto in cerca di risposte.
«Questa mattina ho provato a cercarti a casa, però non c'eri», proseguì Amanda. «Così sono andata dai tuoi, che mi hanno confidato che eri partito per Madrid da qualche giorno. Mi sono fatta dire dove alloggiavi, e così... Mi dispiace, è che non sapevo con chi parlare, avevo bisogno di vederti e—»
«Non devi dispiacerti di niente. Dimmi come stai, piuttosto. Sei pallidissima, e... mi sembri dimagrita un po' troppo, oppure mi sbaglio?» le domandò lui, che stava cominciando seriamente ad allarmarsi.
«Scusami. Scusami tanto», gli ripeté lei. «Ti giuro che non volevo rovinarti le vacanze, non—»
«Amanda, ascoltami bene, tu non mi stai rovinando proprio nulla», le assicurò lui, scuotendola con dolcezza per le spalle. «Ti ho sempre detto che per qualsiasi cosa ci sarei stato, e intendo mantenere quella promessa. Sono partito perché ho pensato che in vista dell'anno nuovo mi sarebbe piaciuto farmi un viaggetto e staccare un po' la spina dalla solita routine, tutto qui.»
«Stavi... stavi uscendo?» gli chiese lei, imbarazzata.
«L'idea era quella, sì. Ma direi che adesso possiamo pure farne a meno. Forza, raccontami tutto.»
Amanda trasse un lungo sospiro. Cominciò dal principio e cercò di rivelargli ciò che aveva scoperto nelle ultime settimane. Alessandro stette in ascolto e più volte spalancò gli occhi, sintomo di quanto anche lui trovasse scioccante l'intera faccenda.
«Non riesco più a dormire, mangio pochissimo e non mi sento per niente bene fisicamente. Mi costa doverlo ammettere, ma dopo l'ultima crisi che ho avuto non ce l'ho fatta più, quindi mi sono detta che dovevo dirlo a qualcuno. E io, escludendo Monica, mi fido soltanto di te», gli rivelò, di nuovo sull'orlo del pianto.
Alessandro continuò a stringerla a sé, manifestandole tutto l'affetto possibile. «Sta' tranquilla, io non ti lascio», le sussurrava a più riprese. «Ne uscirai vittoriosa, vedrai. Ti darò tutto l'aiuto necessario. Scusami se non mi sono fatto più sentire, è che pensavo che tu non—»
«Shh... Non è colpa tua», rispose prontamente lei, appoggiando appena la fronte a quella di lui. Stare tra le sue braccia le arrecò immediato sollievo, e non avrebbe voluto discostarsene per nulla al mondo. «Anzi, perdonami tu. Perdonami se ti ho fatto tanto soffrire So che non dovrei essere qui, dopo quello che—»
«Non pensarci, adesso. Pensa soltanto a riprenderti. Avanti, sdraiati un po' e cerca di dormire. Che domani ci aspettano dei favolosi cornetti all'albicocca.»
Quella frase le strappò una leggera risata. Chiuse gli occhi e si lasciò ricadere sul cuscino, mentre Alessandro le sfilava le scarpe e la ricopriva con la coperta di lana che aveva trovato dentro l'armadio della stanza.
«Sai, ieri mattina ho riascoltato A Curious Feeling. Ti confermo che è un ottimo disco. Mi hai fatto proprio un bellissimo regalo.»
«Sono felice che ti piaccia», le rispose Alessandro. Sorridendole appena, continuò a parlarle e ad accarezzarle le guance con grande dolcezza, finché la ragazza, cullata dal dolce suono della sua voce, non riuscì a percepire più nulla e, con un sorriso appena accennato, non si addormentò.
N.d.A: Mi auguro che voi tutti abbiate passato uno splendido Natale (e che lo stiate passando tuttora)!
Un abbraccio forte,
Eleonora
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