CAPITOLO XX [SECONDA PARTE]
«Tu... tu conoscevi mia madre?» gli chiese, improvvisamente spaventata. Chi era quell'uomo? E per quale motivo l'aveva cercata? Perché, ormai le era chiaro, non l'aveva di certo abbordata tanto per.
Federico diede segno di aver notato la scintilla di paura che investì gli occhi di Amanda. «Ho paura anch'io, Amanda. Farti del male non sarebbe neanche l'ultima delle mie intenzioni, ed è stato per questo che ho deciso di troncare i nostri rapporti.» Il tono della sua voce tradiva un nervosismo e un'apprensione tali, che pure il suo viso non riusciva più a nascondere un simile stato d'animo. Balzò in piedi e prese a camminare lungo la stanza, la mente persa nei ricordi. «Ho conosciuto Valeria all'università», esordì. «All'epoca ero al terzo anno di Medicina, e avevo appena compiuto ventidue anni. Lei aveva scelto Scienze Politiche, e... e un bel giorno ci siamo incontrati in mensa. In realtà, più che incontrati, ci siamo scontrati», precisò, mettendo su un leggero sorriso. «Non appena mi sono girato a guardarla e mi sono scusato, ho sentito il mio cuore balzarmi dal petto. Ho subito pensato che quella ragazza fosse bellissima. Il suo sorriso appena accennato, i lineamenti delicati del suo viso, la sua espressione smarrita e divertita allo stesso tempo. Io... io penso di essere rimasto imbambolato a fissarla per quasi mezzo minuto, mentre lei stessa era scoppiata a ridermi in faccia.
Mio malgrado, ci siamo scambiati solo due parole, le sue amiche l'aspettavano al tavolo e io, da quel giorno, non ho fatto altro che pensare a lei. Ho quindi cercato di incontrarla di nuovo, di scoprire chi fossero le fantomatiche amiche che presumevo frequentassero la sua stessa facoltà. Il caso ha voluto che un mio caro amico fosse iscritto a Scienze Politiche e che un giorno, quando ho fatto per accompagnarlo a un esame che lui reputava il più difficile del suo corso, Valeria si trovasse proprio là, insieme ad altri esaminandi. Non riuscirei a descrivere a parole la forte emozione che mi colse in quel momento. L'avevo ritrovata senza volerlo, proprio quando avevo gettato la spugna. In quel frangente, ho deciso che "doveva essere mia".»
Federico continuava a camminare in lungo e in largo per la stanzetta, e Amanda ebbe l'impressione che si sentisse come un animale in gabbia. Delle volte accennava un sorriso, che infine sfociava nella più assoluta malinconia. Lui non aveva l'ardire di incrociare i suoi occhi, come Amanda non riusciva a placare quel vespaio di sensazioni negative che crescevano, di minuto in minuto, dentro di lei.
«Ho attaccato bottone e le ho fatto in bocca al lupo per l'esame; ovviamente sono rimasto fino alla fine per sapere come sarebbe andata a finire. Prese un bel ventotto. Per festeggiare, mi sono offerto di accompagnarla in caffetteria per offrirle qualcosa. Lei ha accettato, così abbiamo cominciato a conoscerci meglio. In realtà, lei è sempre stata piuttosto schiva sul suo passato. Con me si comportava in modo strano. A momenti sembrava dolce e disponibile al dialogo, mentre in altri mi pareva che cercasse di evitarmi in tutti i modi. Se da un lato trovavo affascinante questo suo essere sfuggente, dall'altro ho cominciato a nutrire il sospetto che magari avesse già qualcuno. Così glielo chiesi. Lei mi rispose di no.»
«E... ed era vero?» balbettò Amanda, ormai del tutto conscia della rete di bugie intessuta da sua madre. Se aveva omesso a lei la verità, perché avrebbe dovuto essere onesta con Federico?
Lui smise di gironzolare per lo studio, immerso nei suoi pensieri. «L'ho amata moltissimo, Amanda. Forse più di quanto fosse lecito. Per me è stato un colpo di fulmine. L'ho corteggiata a lungo, ho sognato spesso di essere suo, e... e anche se lei non mi dava nessuna certezza, ero convinto che prima o poi l'avrebbe fatto.» Buttò fuori una risata amara, mentre fra le ciglia si faceva largo una leggera scia di lacrime. «Quando si è giovani, non si pensa mai troppo al fatto che le nostre speranze potrebbero non realizzarsi. Scoprire che tua madre fosse già sposata, per me, è stata una delle disgrazie più grandi che mi siano mai capitate nella vita.»
Amanda spalancò gli occhi. Non pensava di aver mai visto tanta vulnerabilità negli occhi di una persona che a malapena conosceva.
«Sì», proseguì lui. «Valeria era già sposata», calcò sull'ultima parola e strinse con forza la fedina argentea che aveva in mano. «Questo però, non le ha affatto impedito di giocare con me. Se mi sono chiuso all'amore per tanti anni, è stato proprio per causa sua. E la cosa che più mi fa rabbia è che non sono mai riuscito a odiarla. E non ci riesco neanche oggi.»
Ad Amanda cominciò quasi a mancare l'aria. «E... e che cosa c'entro io?» gli chiese, a mezza voce.
Federico tornò a sedersi di fronte a lei, il pollice e l'indice a giocare con la fedina. «La vedi questa?» le disse, porgendogliela.
L'altra la prese timidamente fra le sue mani.
«Me la sono fatta fare dopo la prima – e unica – volta che siamo stati insieme», le rivelò. «Lei non l'ha mai saputo, però... però, dopo quella bellissima notte, ho pensato che saremmo rimasti insieme per sempre.»
Amanda lesse l'incisione interna dell'anellino. C'era scritto il nome di sua madre.
«Sì, lo so che è ridicolo. Ma non ho più amato nessun'altra allo stesso modo. E lei... e lei mi ha ripagato spezzandomi il cuore. La mattina dopo, quando mi sono risvegliato nel mio appartamento, lei non era già più con me. Mi ha lasciato una lettera sul cuscino, nella quale mi intimava di non cercarla più. Quindi mi ha rivelato di essere sposata da un paio d'anni, e che quanto successo tra noi non era stata che una parentesi. Un terribile errore. Ho provato a cercarla all'università, perché detestavo il fatto che non me l'avesse detto in faccia. Il risultato? Ho saputo che Valeria aveva lasciato gli studi. Le sue amiche non hanno voluto dirmi dove si fosse trasferita, ma nonostante questo... non credo di essermi mai rassegnato all'idea di averla perduta. Anche se io non ero mai stato davvero suo.»
«Tu... Sei stato tu l'amante di mia madre?» farfugliò Amanda, stordita e sbigottita da quel racconto.
«Sì. Ma la nostra "storia" è stata brevissima. E per lei non ha significato proprio niente. Se solo avessi saputo dove si era trasferita, magari avrei cercato di...» Fece spallucce. «Riconquistarla? Darle il ben servito? Non lo so nemmeno io. Ancora oggi, non so cos'avrei fatto se l'avessi rivista. O perlomeno, non lo sapevo fino a un paio di anni fa.»
«Che cosa intendi dire?»
Lui sospirò. «E qui arriva la parte difficile», ammise. «Fatico ancora ad accettare tutto quello che è successo, soprattutto dopo quello che ho saputo.»
Amanda sentì la paura crescerle dentro. E la cosa peggiore, era che non ci fosse nessuno accanto a lei. Federico era un perfetto estraneo e, come se non bastasse, aveva distrutto la sua famiglia. O meglio, era stata sua madre a permettergli di farlo, e senza che lui ne sapesse niente. Avrebbe fatto lo stesso anche sapendo che lei era già impegnata? Per sua stessa ammissione, probabilmente lui non si sarebbe tirato indietro, ma in ogni caso era andata diversamente, quindi era del tutto inutile pensarci.
«Ho rivisto Valeria dopo tantissimi anni. E l'ho rivista su di un letto d'ospedale.»
«Non puoi dire sul serio», ruggì Amanda, sulla difensiva. «Ti stai inventando tutto!»
«E invece no, te l'assicuro», rispose lui, sperando ardentemente che non se ne andasse. «Che motivo avrei, me lo spieghi? Arrivati a questo punto non posso più tirarmi indietro, però... però se non vuoi sapere la verità, allora ti prego di uscire da quella porta, e di tornare alla tua vita di sempre. Io lo accetterò.»
«La verità su cosa?» sbottò lei, stringendosi nelle spalle. Una parte di lei la teneva ancorata lì, aspettando chissà che cosa.
«Su cosa siamo io e te, Amanda.»
Allungò la mano verso la sua, che la ritrasse prima ancora che potesse stringergliela.
Federico si tirò indietro, rassegnato. «Quando Valeria ha deciso di rompere con me, io non ce l'ho fatta più a rimanere a Torino. Ogni angolo dell'università mi ricordava quei fugaci momenti trascorsi insieme, così ho insistito tanto affinché papà mi mandasse in America, ma non c'era verso di convincerlo. Così ho smesso di implorarlo e sono passato ai fatti. Ho dato quattro esami in soli sei mesi e, una volta ottenuta la borsa di studio, si è convinto che potevo benissimo proseguire in una qualsiasi università americana. Così ho scelto una delle migliori, e sono approdato a San Diego. E il resto lo sai. Dopo tanti anni, ho ricevuto una telefonata dal direttore dell'ospedale di Torino, che mi pregava di raggiungerlo lì per impartire qualche lezione extra a dei giovani tirocinanti. Un mio vecchio amico doveva aver fatto il mio nome, visto che poi ho saputo che lavorava proprio là. Sulle prime ero un po' riluttante, poi ho pensato di accettare la sua offerta. Non mi dispiaceva tornare a trovare papà, come qualche parente, visto che non lo facevo da un po'. Durante quel breve ciclo di lezioni, ho rivisto tua madre.
In quel momento, ho capito che non avevo mai smesso di amarla. Allo stesso tempo, però, mi sono informato sulle sue condizioni, e ho scoperto che non le restava più molto da vivere. Sono corso in bagno e ho pianto tutte le mie lacrime. Dovevo farmi forza, ma allo stesso tempo non riuscivo a farmene una ragione. Malgrado per lei avessi sofferto come un cane, non le ho mai augurato alcun male e, anzi, ho sempre sperato che con suo marito potesse essere felice. Vederla in quel modo, priva di forze, senza quella caparbietà e quell'insolenza di ragazza che aveva dimostrato all'epoca, mi tolse quasi il respiro. Quel malore improvviso l'aveva trasformata. Era pallida come un cencio, respirava a fatica, e... e continuava a sussurrare il tuo nome, Amanda. Quando si risvegliò – e questo successe poco prima che morisse –, le domandai chi fosse quell'Amanda, e lei mi rivelò che tu eri sua figlia. Mi strinse forte le mani e mi chiese perdono. Mi chiese perdono per il modo in cui mi aveva lasciato, per avermi illuso e per... per non avermi detto che quella notte aveva lasciato un segno indelebile dentro di lei. Però non l'aveva scoperto subito, anzi.»
Federico si rituffò negli occhi di Amanda, come ad attendersi una domanda che non arrivò. La ragazza era rimasta pietrificata, e non riusciva a ragionare lucidamente. Nel suo sguardo aleggiava l'ombra di un indefinito sospetto, lo stomaco che a più riprese si contorceva per l'agitazione, la sorpresa e il terrore. Il suo cuore batteva all'impazzata, la gola era secca, gli occhi prossimi alle lacrime.
«Quando l'altra volta ti ho visto insieme a tuo padre, eri talmente felice che ho pensato che non fosse giusto intromettermi», riprese lui. «In fin dei conti, chi ero io per farlo? Chi ero io, per distruggere il vostro rapporto? Non ne avevo il diritto, e tuttora non penso di averlo. Per quasi trent'anni, sono stato privato di una gioia che in moltissimi hanno avuto la fortuna di sperimentare. Di una gioia speciale – indubbiamente la più grande –; quella gioia che per un uomo rappresenta l'apoteosi della felicità. La nascita di un figlio. In questo caso... di mia figlia. Perché tu sei stata proprio il frutto di quella notte, Amanda.»
L'altra scosse la testa, quindi si alzò di scatto perché voleva scappare a gambe levate. Non ce la faceva più a sentire quell'ammasso di stupidaggini! Federico le bloccò prontamente il polso e l'attirò a sé.
«Lasciami andare!» urlò lei, in preda agli spasmi. Cercava in tutti i modi di scrollarselo di dosso, ma Federico non intendeva mollarla. «Non ti credo, lasciami andare!» gli ripeté, mentre permetteva che le lacrime le inondassero il viso, assieme a un imprecisato numero di singhiozzi.
«Nemmeno io volevo crederci», sostenne Federico, mentre stringeva a sé Amanda. «Ti prego, ti devo dire solo un'ultima cosa, poi ti giuro che ti lascio andare, anche se la cosa non mi rende per niente tranquillo. Quando tua madre mi ha fatto questa confessione, io ne sono rimasto sconvolto quanto te.»
La ragazza smise di divincolarsi ma continuò a piangere, coprendosi il volto con le braccia. Non poteva essere vero, non stava accadendo proprio a lei.
«Sono tornato subito a San Diego, non ho avuto la forza di rimanere là. Tua madre nel frattempo era morta, e io sono tornato in America. Avrei potuto aspettare che tu ti presentassi in ospedale, ma non ce l'ho fatta. Io avevo una figlia? Non era possibile, mi dicevo. Le sue parole mi sono rimaste in testa per un intero anno. Tra me e Roxanne le cose non andavano più, lei mi sentiva distante e io non sapevo come smentirla. Sei cambiato, mi diceva. Da quando sei tornato da Torino, non sei più tu. Come potevo biasimarla? Non avevo nessuna certezza, o perlomeno non ce l'avevo prima che mi decidessi a parlare con "tuo padre". Nel frattempo, mi sono chiesto perché Valeria avrebbe dovuto mentirmi. Poco prima che morisse, mi ha confessato di averti scritto una lettera; me l'ha consegnata, e... mi ha pregato di portarla a casa sua. Si trova in camera sua.
In ospedale, tra i suoi effetti personali, ho invece intravisto un tuo romanzo. Ombre Cinesi e Vecchi Merletti, se non erro. Ho memorizzato il tuo cognome senza che avessi il coraggio di indagare sul tuo conto per parecchi mesi. Poi, ho cominciato a dare credito alle parole di Valeria e... e mi sono deciso a tornare qui. Ho lasciato Roxanne, ma non ho avuto il coraggio di dirle la verità. Volevo soltanto conoscerti un po', o perlomeno provarci. La prima volta che ti ho vista, mi è salita un'emozione talmente grande che mi sono messo a piangere come un bambino. Non era vero quello che ti dissi; non avevo dimenticato proprio niente in macchina. Solo che... non ce l'ho fatta, ho avuto paura e sono scappato. In quel momento, benché non ne avessi ancora la certezza, mi sono convinto che fossi mia figlia. E più ti vedevo, più non riuscivo a contenere l'ammirazione e l'affetto che di volta in volta sentivo crescere dentro di me, malgrado facessi di tutto per apparire distaccato. Io non pretendo affatto di sostituirmi a chi ti ha cresciuto, Amanda. Questo voglio che ti sia chiaro. Ma resta il fatto che il destino mi ha privato di te per trent'anni. E nessuno potrà mai restituirmi il tempo perduto. E forse il vecchio Proust lo sa molto meglio di me.»
A quelle ultime parole, la voce di Federico s'incrinò. Amanda aveva continuato a piangere, quindi si era scostata da lui non appena la sua presa s'era fatta meno salda. Non ebbe il coraggio di guardarlo: si sentiva confusa, delusa, voleva soltanto sparire dalla faccia della terra. Senza pensarci, si avviò verso la porta e riuscì – non seppe nemmeno lei come – ad aprirla, quindi gettò la chiave a terra e fuggì da lì, la vista appannata dal caldo flusso di lacrime che continuava a scorrerle senza posa sul viso.
La sua intera vita era stata costruita su una bugia. Poggiata sui pilastri di una terribile menzogna. Basata sul nulla, perché i suoi stessi genitori non erano stati che degli ipocriti.
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