CAPITOLO XX [PRIMA PARTE]

«Come stai?»

Il dolce bisbiglio di Alessandro le arrivò dritto al cuore. Una domanda semplice, la sua. Eppure così sentita, così... così foriera di altrettante belle parole che, forse, si stava trattenendo dal pronunciare con l'unico scopo di non metterla in seria difficoltà. Per quasi tutta la notte, lui l'aveva tenuta stretta a sé nel più assoluto silenzio, dispensandole giusto qualche carezza di tanto in tanto, il suo respiro leggero che s'infrangeva sul suo viso. Amanda aveva chiuso occhio a malapena, pur essendosi sentita in perfetta armonia con il mondo. Adesso, invece, si ostinava persino a voltargli le spalle, scoprendosi del tutto incapace, per la prima volta dacché lo conosceva, di scontrarsi con le sue bellissime iridi. Di parlargli con estrema sincerità, senza un briciolo di vergogna; un senso di profonda vergogna – mescolato a un persistente velo di disagio – cui non riusciva proprio a sbarazzarsi. Dentro di lei, continuavano ad agitarsi un'accozzaglia di sensazioni appartenenti a un passato non troppo lontano coadiuvato a un presente del tutto inatteso, e che non aveva proprio idea di come affrontare.
Con sua grande sorpresa, Alessandro non si era preso la briga di verificare se le fosse piaciuto o meno rifugiarsi tra le sue braccia – malgrado pensasse che quella domanda tanto banale non fosse affatto da lui. Non le aveva detto quanto fosse stato meraviglioso fare l'amore con lei (era certa che per lui lo fosse stato), tantomeno l'aveva gettata in pasto a un pesante imbarazzo, che forse d'istinto l'avrebbe spinta a scappare a gambe levate dall'assurda situazione in cui si trovava. No, lui non aveva affatto preteso di parlare immediatamente dell'accaduto, tantomeno sembrava esigerlo in quel momento.

Soltanto un semplice come stai.

Un come stai che richiedeva una risposta che però, a conti fatti, non era poi così semplice da formulare. Amanda lasciò che un altro paio di lacrime le solcassero le guance. Non poteva negare che per lei fosse stato davvero bello lasciarsi andare, per di più con un uomo che aveva sempre dimostrato di tenere a lei più di quanto, forse, tenesse a se stesso. Non si era mai sentita così speciale come quella notte. E quella sensazione tanto bella e disarmante le era sempre stata estranea, come estraneo era quel guazzabuglio di sentimenti che aveva iniziato a nutrire, del tutto inaspettatamente, nei suoi confronti. Nelle ultime settimane, si era sentita sempre più attratta da Alessandro, ma allo stesso tempo pensava che non fosse giusto rischiare di rovinare per sempre un'amicizia che si stava rivelando tanto solida.

Perlomeno fino a quel momento.

Mi sa che invece ho rovinato proprio tutto, si redarguì Amanda, chiudendo gli occhi per un solo istante. Ed è successo tutto così in fretta. Sin troppo in fretta.

Amanda sospirò, quindi trovò finalmente il coraggio di affrontare il suo sguardo. Girato di fianco, la testa riversa sul cuscino, Alessandro non si mosse di un millimetro, un leggero accenno di sorriso. Un sorriso preoccupato e per nulla rilassato. Nei suoi occhi chiari, un garbuglio di emozioni confuse che la scuotevano a più riprese, sia di fuori che di dentro.

«Alessandro, io... Per me è stato tutto bellissimo, ma non deve più succedere», farfugliò, l'aria contrita.

«Ti ho chiesto solo come stai», precisò lui sollevandosi appena, la sua voce vibrava di un sottile dispiacere che aveva tentato, invano, di nascondere sotto il tappeto. Ma Amanda sapeva bene che l'indifferenza non gli apparteneva. «Anche se ci sarebbero tantissime cose che vorrei dirti. Ma puoi stare tranquilla. Ti basti sapere che per me non si è trattato di un semplice passatempo. So che è superfluo specificarlo, però—»

«Nemmeno per me lo è stato», si affrettò a puntualizzare Amanda, con un pizzico di coraggio. Riuscire a sostenere quello sguardo tanto ferito fu come essere colpita in pieno petto da una serie di dardi appuntiti. Fu come stramazzare a terra, del tutto esanime, dopo essere stata trafitta da una sfilza di proiettili.

«Però hai appena detto che non deve più succedere», constatò lui, scuotendo le spalle senza guardarla. «Ma non importa. Mi basta che tu risponda alla mia domanda. Dico davvero.»

Anche Amanda si sollevò dal cuscino, avendo cura di coprirsi con il lenzuolo. Sapeva quanto quel gesto fosse ridicolo, soprattutto dopo aver trascorso una notte da sogno con lui, senza inibizioni di sorta. Del tutto in balia di un piacere e di una beatitudine assoluti. Eppure, in quel frangente stava morendo per l'imbarazzo. «Sei l'amico più caro che conosca, Ale. La tua vicinanza è sempre stata un toccasana, per me. E ieri sera mi sentivo talmente vuota, talmente vulnerabile, che—»

«Che hai pensato bene di venire a letto con me per tentare di riempire quel vuoto», completò lui, sempre più amareggiato. Nessun tono accusatorio o sguardo carico di ostilità, soltanto tanta delusione. «Ho capito. Ti chiedo scusa se non sono riuscito a frenarmi. Sapevo che, perlomeno razionalmente, avrei dovuto farlo al posto tuo. Eri troppo fragile, in quel momento.»

Non è così, Ale. L'ho voluto anch'io. Non mi sono mai sentita tanto desiderata e tanto al sicuro come questa notte. Circondata dal tuo profumo, sostenuta dalle tue carezze ammalianti, dolci e decise allo stesso tempo. Cullata dai tuoi amorevoli abbracci. Non mi sono mai sentita così apprezzata. Così... amata.

«Ascoltami, io non volevo farti soffrire», gli disse, incapace di spingersi oltre. «Non è colpa tua. Sono io che ho sbagliato, e se potessi tornare indietro—»

«Ti prego, non aggiungere altro. Non so se potrei sopportarlo.»

Lei cercò la sua mano e gliela strinse appena.

Alessandro, però, non ricambiò quella stretta.

«Ti prego, lasciami finire. Tu mi piaci, Ale, e anche molto. Sei un uomo straordinario. Sei intelligente, brillante, simpatico, affidabile... Sei un uomo d'altri tempi. Ma io non sono la ragazza giusta per te. Finirei per farti soffrire più di quanto non abbia già fatto, perché io non...»

Perché io non riuscirei a corrispondere ai tuoi sentimenti allo stesso modo, pensò, mentre lo stomaco le si attorcigliava sempre di più. So che non ci riuscirei. Con nessuno.

Amanda represse l'impulso di scoppiare in lacrime. Come poteva dirgli che, non essendo per nulla abituata a tutto l'amore di cui lui si era fatto, seppur in silenzio, portavoce, non era poi così sicura di poterlo rendere felice? Ripensò al suo sorriso, alla gentilezza e alla dolce passione con cui si era fatto strada in ogni angolo del suo corpo a suon di baci, sorrisi entusiastici e altrettante carezze. Ai suoi abbracci, come a tutte le volte che le aveva tirato su il morale, strappandole una risata divertita. E quella notte, lei aveva provato un'emozione fortissima; con Daniele, invece, non aveva mai sperimentato un'intesa simile, una complicità tanto forte. Erano stati insieme per tre anni, e per tre anni erano stati quasi estranei l'uno per l'altra. Prima di Alessandro, non sapeva nemmeno cosa significasse realmente il piacere fisico; un sublime piacere che tuttora la scombussolava dall'interno, diffondendosi in ogni anfratto del suo corpo, che adesso quasi tremava per il timore di perdere Alessandro. E, forse, per l'incipiente consapevolezza di un sentimento che, a tutti gli effetti, era sorto nel suo cuore all'improvviso. Quello che provava per lui era molto diverso dalle sensazioni che le aveva scatenato Federico.
Se avesse indagato un po' più a fondo dentro se stessa, Amanda avrebbe senz'altro scoperto che la voglia di baciare di nuovo Alessandro – come magari sentirsi di nuovo sua – era quanto di più intenso potesse anelare il suo cuore.
Ciononostante, non le riusciva di lasciarsi trasportare da quella tempesta di sentimenti, tantomeno di rifilargli un "ma sì, proviamoci pure. Frequentiamoci e vediamo come va".

Si sentiva del tutto inadeguata, del tutto indegna delle piccole attenzioni che l'agente le aveva dispensato durante gli anni. No, non meritava decisamente il suo affetto, e lei non avrebbe mai dovuto approfittarsene.

Io, invece, credo di essere sempre stata piuttosto razionale col mio ex.

E allora non ti sei mai innamorata, Amanda. Forse hai creduto di esserlo, ma ti assicuro che, in circostanze come queste, si perde del tutto la ragione. Non si pensa ad altro che a passare più tempo possibile con quella persona; ci si fanno persino le domande più sceme. Le piaceranno di più le orchidee o qualche fiore di campo? Preferisce l'estate o l'inverno? I tramonti o i crepuscoli?

Amanda ripensò, senza volerlo, alle parole di Federico. Anche in quel momento, si stava facendo portavoce di una razionalità che la notte prima, in barba al suo carattere piuttosto riflessivo, aveva subito gettato alle ortiche.

Poteva forse significare qualcosa? Cosa provava realmente per Alessandro? Lei, soltanto qualche ora prima, aveva perso del tutto la testa. Si era affidata a lui, gli si era concessa con una sicurezza e un desiderio tali da stordire entrambi. Aveva fatto l'amore con lui. Non era stata un'avventura; dentro di lei lo sapeva benissimo. Eppure...

Eppure continui a sentirti un'eterna irrisolta.

«Amanda, quella ragazza di cui ti ho parlato ultimamente... non eri altro che tu», sputò lui, strappandola alle sue profonde riflessioni. «Io non sono sicuro di riuscire a fingere che fra noi due non sia successo niente. Sai, sarebbe troppo riduttivo dirti che mi piaci. Perché io sono innamorato di te», le confessò, gli occhi lucidi. «E lo sono profondamente.» Fece una breve pausa, un sorriso sconsolato e al tempo stesso arrendevole. «Lo so, avevo promesso di tenere a freno la lingua, ma ormai non avrebbe più senso nascondere quello che provo per te. Non dopo quello che è successo. Sono innamorato di te da quando hai messo piede per la prima volta nella mia agenzia. Sin dal primo momento che ti ho vista, io... ho sentito come un fuoco, dentro di me. Non mi era mai capitato prima di allora. All'inizio ho cercato di non farci troppo caso, ma con il passare del tempo ho capito che non c'entrava un fico secco l'attrazione fisica. O almeno non solo. Mi affascinava tutto di te. La tua semplicità, il tuo essere riservata ma non troppo, i tuoi sorrisi... Persino i tuoi silenzi. Tutto

«È stato quando sei entrata nella mia vita che ho capito che con Anna non poteva esserci futuro. Già lo pensavo da un po', ma tu sei stata quella conferma che mi ha spinto ad affrontare la dura realtà. Così mi sono fatto forza e ho troncato una relazione che non riusciva a darmi più alcuno stimolo. Ho affrontato questi anni in solitaria, o quasi. Non che non abbia provato a dimenticarti uscendo con qualche altra ragazza, ma...» Scrollò le spalle, interdetto dalle sue stesse parole. «Ma non è servito a niente. Con me non funziona la tattica del chiodo schiaccia chiodo. Sì, con alcune di loro sono anche andato oltre, però... Nella mia testa c'era sempre la stessa persona. Non c'è stato niente di particolarmente significativo con quelle ragazze – al di là di qualche affinità sul fronte caratteriale. Niente a che vedere con quello che riuscivi a scatenarmi tu.
Questa notte... è stato tutto talmente bello che mi è sembrato di vivere in un sogno. Non facevo davvero l'amore con una donna da tanto tempo, e non credo di averlo mai fatto con così tanto trasporto. Non che io ricordi, almeno. E... magari ti risulterò patetico, però... però non ho mai provato per nessuna tutto quello che, in questi ultimi cinque anni, ho provato – e continuo a provare – per te. Scusami tanto se ti amo. E scusami anche per tutto quello che ti ho appena detto.»

Amanda rimase senza fiato, il cuore che le batteva a mille. Lui l'aveva amata in segreto per ben cinque anni? Ed era stata proprio lei la causa della rottura tra lui e la sua ex? Come cavolo aveva fatto a essere così cieca?

Scusami tanto se ti amo.

Da quando in qua ci si doveva scusare di amare la persona sbagliata?

Proprio così. Lei si sentiva sbagliata. E, come se non bastasse, con lui aveva sbagliato tutto fin dal principio.

«Ale, tu non sei assolutamente patetico, anzi! Io—»

«No. Non dire niente», la pregò lui. «In questo momento hai ben altre priorità, e ti assicuro che lo capisco. Devi cercare di recuperare il rapporto con tuo padre, com'è giusto che sia. Io, puoi stanne certa, non ti ostacolerò. Ma d'altra parte, non credo di...» Sospirò, affranto. «Ascolta, potrei provare a cercare un altro agente che sia disposto a farsi carico di—»

«No. Per favore, non lasciarmi», lo implorò lei, afferrandogli di nuovo la mano per poi racchiuderla nella sua, in una morsa di infinita disperazione.

Alessandro le regalò un sorriso amaro. «Non credo di poter proseguire. Come potremmo continuare a vederci come se niente fosse, quando...» Balzò fuori dal letto e raccattò i propri vestiti, la voce incrinata. «Non ce la faccio, Amanda. Perdonami, se puoi.»

Prima che Amanda potesse replicare alcunché, Alessandro uscì dalla stanza e si rifugiò in bagno.

La ragazza scoppiò subito in lacrime. Aveva appena perduto un grande amico.

O forse... un potenziale grande amore.


Non ebbe nemmeno il coraggio di raccontare all'amica quanto accaduto con Alessandro. Era trascorso già qualche giorno da quel fatto tanto straordinario, e Amanda percepiva, dentro di sé, un vuoto che man mano si faceva sempre più consistente. Quasi insopportabile. Si erano lasciati in un modo del tutto inconsueto. Quando Alessandro si era chiuso in bagno, Amanda l'aveva aspettato in salotto coltivando la segreta speranza che lui potesse cambiare idea. Ma come poteva pretenderlo? si era detta poi, sempre più agitata. Non poteva comportarsi da egoista: per quanto la prospettiva l'atterrisse, doveva lasciarlo andare.

«Non ti obbligherò a starmi vicino, se non è quello che vuoi. Ma non posso negare che sentirò molto la tua mancanza. Averti conosciuto è stata la mia più grande fortuna. Grazie di tutto», gli aveva detto, sull'orlo di un'altra crisi di pianto.

Alessandro aveva provato a sorriderle, ma gli era sorta sul viso una smorfia pregna di rassegnazione. E altrettanto dolore. «Se hai bisogno di qualcosa, non esitare a chiamarmi», farfugliò, sfiorandole dolcemente la mano.

Amanda, a fronte di quel contatto, aveva provato un brivido intenso. Ma anche questa volta, si era decisa a ignorare i segnali inequivocabili del suo corpo. Nonché di mettere il proprio cuore in stand-by.

«Prometto che, nonostante tutto, cercherò di starti accanto come posso. Magari telefonicamente. Ho bisogno di staccare un po', spero che tu possa capirmi. In questo momento difficile, però, potrai comunque contare su di me.»

Amanda pensò che non si sarebbe mai più imbattuta in un uomo del genere. Malgrado tutto, lui non le stava voltando completamente le spalle, e la ragazza non era certa che, a parti invertite, sarebbe riuscita a fare lo stesso.

Ecco perché non ti meriti un fidanzato simile.

Fidanzato.
Per un istante, quella deliziosa parola riecheggiò negli anfratti più nascosti del suo cuore, facendola sussultare.

«Qualcosa non va?» le aveva chiesto lui, con un filo di voce.

Una voce dolcissima, aveva appurato Amanda, sempre più in combutta con la voglia di stringerlo forte a sé e di chiedergli del tempo per metabolizzare quanto accaduto e, magari, confessargli maldestramente di provare un qualcosa di molto intenso – seppur, nel contempo, ancora indefinito – nei suoi confronti, e il desiderio di sfidare i propri demoni senza aggrapparsi a lui. Sapeva di doverli affrontare da sola, sebbene la prospettiva le arrecasse terrore. «Non smetterò mai di ringraziarti. So di non meritare il tuo sostegno, e—»

«Non è così. Anzi, sono io che forse non ti merito abbastanza. Magari sarà proprio quel Federico a meritarti. E se così fosse... non posso che augurarvi tutto il bene possibile.»

Amanda sospirò. Aveva appena preso il primo treno per Torino e, per nulla sorpresa, non riusciva proprio a non richiamare nella sua mente quel momento tanto triste. Dentro di sé, aveva percepito tutto come un grande addio.

«Ale... Io e Federico abbiamo chiuso. Non c'è mai stato nulla tra me e lui. Ma non posso nasconderti che ho bisogno di parlargli, anche se – questo devo dirtelo – non sono innamorata di lui. Tantomeno lo amerò mai.»

Alessandro le si era avvicinato appena, sfiorandole la guancia con il palmo delle dita. «Fa' pure quello che ti senti.» La sua voce suonò poco più che un sussurro. «Ma se per caso si azzarda a farti soffrire, fammi pure un fischio. Che poi me la vedo io.»

Amanda, in un'altra circostanza, avrebbe riso a crepapelle per quella minaccia velata. Ma quel tocco tanto delicato l'aveva ipnotizzata ancora una volta.

«Ma ti prego di non piangere. Non sopporto vederti triste. Okay?»

La ragazza aveva annuito, seppur con poca convinzione.

«Me lo fai un ultimo sorriso?»

Amanda scoppiò di nuovo a piangere. Alessandro le mancava già moltissimo.

Ultimo.

Lui aveva preteso un ultimo sorriso. Quindi... quindi non si sarebbero visti mai più?

Estrasse un fazzoletto dalla borsetta e se lo passò più volte intorno agli occhi e sulle guance. Immaginare i prossimi anni senza di lui non era che uno straziante, insopportabile tormento. Non avrebbe più rivisto il suo sorriso, quell'adorabile fossetta sulla guancia destra. Quella rughetta che gli si formava in mezzo alla fronte nei momenti di più estrema concentrazione. La sua genuina risata, che nell'ultimo periodo gli riempiva sempre il cuore. I suoi occhi, vivi testimoni di una verità che lei aveva sempre ignorato. O che forse, a ben guardare, si era semplicemente imposta di ignorare. E tutto per il sentito timore di affrontare i possibili risvolti tragici di un'amicizia che, entrambi lo sapevano, possedeva tutti i requisiti giusti per trasformarsi in un grande amore.

Sì. Forse era stata proprio la paura ad allontanarlo da lei. Amanda, però, non ne era ancora del tutto sicura. Magari si era talmente abituata alla presenza di Alessandro, che gli si era aggrappata più del dovuto tutte le volte che aveva potuto, arrivando a confondere il semplice affetto che provava per lui con il sentimento amoroso. O stava succedendo l'esatto contrario?

Dio, non sono mai stata così confusa!

Cercò di farsi forza e di pensare al suo prossimo incontro con Federico. Dopo aver provato a telefonargli per l'ennesima volta, si era convinta ad andare a trovarlo direttamente in ospedale. Se fosse andata a casa sua, lui non le avrebbe certamente aperto la porta. Doveva presentarsi da lui a sorpresa, in modo tale che non potesse fuggire dal confronto che si aspettava. Nei giorni precedenti, malgrado si fosse sentita sempre più a pezzi, aveva compiuto delle ricerche sul suo conto ed era riuscita a localizzare la struttura ospedaliera nella quale lavorava. Ne aveva approfittato anche per leggere il suo curriculum. Era stracolmo di esperienze all'estero: escludendo la città di San Diego, nella quale aveva esercitato per anni, si era spesso recato anche a Malaga e Parigi per delle conferenze, sempre in ambito neurologico e psichiatrico. Un altro particolare la colpì a viva forza: Federico aveva scritto un libro. Un saggio, per essere precisi, inerente alla relazione tra malattie neurodegenerative e questioni genetiche.

Chissà perché non gliel'aveva detto, pensò, esterrefatta. Per non parlare del primo posto conseguito al concorso letterario Elogio della Follia, con il racconto Foliè à deux.

Quindi è pure uno scrittore, in barba al fatto di aver detto che non era un granché.

Amanda scrutò attraverso il finestrino. La solita, infinita distesa di pascoli erbosi e di alberi ormai spogli offriva ai più uno scenario tanto desolante quanto rilassante. Non uno spiraglio di sole, il freddo pungente che le penetrava sin dentro le ossa. Stava tremando vistosamente, malgrado si trovasse al calduccio. S'impose di calmarsi, quindi fece un respiro profondo. Non doveva agitarsi per niente: avrebbe parlato con Federico e si sarebbe risolto tutto. Quanto ad Alessandro...

Non pensarci ora. Una cosa alla volta, si disse, mentre cercava di controllare la sua ansia. Tra poco meno di un'ora, sarebbe arrivata a destinazione.


Il centro neurologico dove Federico esercitava periodicamente non era poi così lontano dalla stazione ferroviaria. Amanda aveva percorso un breve tratto a piedi per poi svoltare in Via Cherasco, 15, una zona piuttosto raccolta e altrettanto tranquilla. Si era perciò trovata di fronte al Dipartimento di Neuroscienze e Salute Mentale, la cui facciata era piuttosto antica, il portone dalle tinte marroni circoscritto da una spessa "cornice" laccata in marmo bianco. Amanda spinse il grosso portone in avanti ed entrò nella struttura. Accese la luce e salì due rampe di scale, quindi suonò il campanello dello studio.

Una donna di mezza età, un paio di occhiali spessi sul naso adunco, un breve sorriso di circostanza, le aprì la porta e la fece accomodare.

«Ha un appuntamento?» le chiese poi, un filo di sospetto nella voce.

«Avrei bisogno di parlare urgentemente col dottor Federico Lapi», enunciò Amanda, in evidente stato di imbarazzo.

«E... lei sarebbe?»

Amanda ci pensò su. «Un'amica di famiglia», sputò, allarmata dalle sue stesse parole.

«D'accordo. Sarebbe disposta ad aspettare un momento? Il dottore sta visitando, adesso.»

Amanda annuì, non del tutto certa che la donna stesse dicendo la verità.

E adesso? Se va a dirglielo è finita!, pensò la ragazza, che nel frattempo aveva preso a guardarsi intorno. La sala d'attesa non era poi così gremita di persone, era piuttosto spoglia e per nulla accogliente. Soltanto una grossa pila di giornali a popolare un tavolinetto dalle tinte scure al centro della sala, abbellita con numerose poltroncine dallo stile altrettanto anonimo.

All'improvviso, un uomo alto, sulla cinquantina, si palesò davanti alla donna e la richiamò a sé. «Stefania, ci sarebbero alcuni verbali da firmare, ma vorrei che te ne occupassi tu. Sai com'è, dopo l'ultima volta...»

«Certamente, dottor Conti», rispose lei. Si mise subito in marcia e, dopo aver preso tra le mani la corposa pila di fogli che le spettava, la sorpassò senza degnarla di uno sguardo e sparì dalla sua vista, richiudendosi la porta del suo studio alle spalle, che si trovava proprio alla sua destra. L'altro dottore, dal canto proprio, non le riservò nemmeno mezza occhiata e la sua figura, dal piglio elegante ma imponente, sfumò oltre il corridoio che le stava dinanzi.

Amanda si decise ad approfittarne. Accertandosi che nessuno la vedesse, attraversò la saletta e fece il suo ingresso in quello stesso corridoio. Analizzò le varie porte e, non trovando ciò che cercava, salì la rampa di scale che portava al primo piano. Per sua fortuna, era deserto. D'istinto, scelse di svoltare alla sua destra e controllò ogni singola porta. Il suo cuore si fermò non appena trovò quella incriminata. Si fece coraggio e bussò un paio di volte, la gola completamente secca. Non sarebbe stato per niente facile parlare con lui.

«Entra pure, Vittorio», scandì una voce dall'interno.

La sua.

Amanda trattenne il fiato ed entrò nel suo studio dopo qualche secondo. Federico era a capo chino dietro la scrivania, indossava un paio di occhiali da vista e analizzava, con scrupolosa concentrazione, una consistente pila di scartoffie, il piede destro che batteva a più riprese. Un sigaretta semispenta giaceva abbandonata sul piccolo portacenere in ceramica.

D'istinto, la ragazza chiuse la porta a chiave, e fu proprio in quel momento che lui rialzò la testa; i suoi occhi tradirono grande sorpresa e altrettanto sgomento.

«Amanda, ma che... che cosa ci fai qui?» le chiese, sbigottito e infastidito al tempo stesso. «E poi... si può sapere perché hai chiuso la porta a chiave?»

«Ho bisogno di parlarti. E non me ne andrò da qui finché non mi avrei detto che ti succede. Non puoi sparire così da un giorno all'altro», gli fece notare Amanda, facendo appello a tutto il proprio coraggio.

Lui sospirò. «Ascolta, ci siamo già detti tutto. IO ti ho già detto tutto.»

«Perché fai così? Dov'è finito l'uomo gentile che ho conosciuto i primi tempi?»

Lui la scrutò dall'alto in basso, la solita espressione indecifrabile. «Ho molto lavoro, Amanda. E ho capito che non posso concedermi nessun tipo di distrazione.»

Amanda scosse la testa. «Distrazione... Sì, certo, come no. E io dovrei crederti?»

«Perché non dovresti? Siamo usciti insieme, abbiamo condiviso dei bei momenti—»

«Ma tu non sei mai stato interessato a me. Non in quel senso, giusto?»

Di colpo, Federico smise di armeggiare con la penna a sfera che teneva tra le dita, lasciandola cadere sul tavolo. Tirò fuori la consueta scatolina di sigarette da un cassetto e fece per estrarne una, ma Amanda gli bloccò prontamente il polso. «Ti prego, non adesso. Parla con me.»

L'uomo annuì appena e se la ricacciò in tasca. «Come va con Alessandro?» gli chiese lui, del tutto inaspettatamente.

Amanda spalancò gli occhi. «Perché mi hai inviato quella canzone? Che cosa significa?» rilanciò lei, per nulla desiderosa di parlarne.

L'altro si alzò in piedi, prendendo a girovagare per la stanza. «Lui è follemente innamorato di te. L'ho sempre saputo. Il suo sguardo mi ricorda tanto...» Si bloccò di colpo. «Non importa.»

«È a causa sua se non desideri più frequentarmi?» gli chiese lei, per nulla convinta.

«No», ammise Federico, tornando a guardarla. «Io... io ti auguro tutta la felicità di questo mondo, Amanda. E sarei molto contento se tu e lui vi metteste insieme. Mi sembra proprio un bravo ragazzo.»

Se avesse potuto, Amanda avrebbe subito infilato la testa sotto la sabbia. I suoi sospetti, fra l'altro, erano più che fondati.

«Amanda, io...» Federico tornò a sedersi di fronte a lei, il pollice e l'indice a giocherellare con la fedina argentea della mano destra. «Ho già avuto modo di dirti quanto mi sia affezionato a te. E quella canzone... Semplicemente, l'ho ascoltata e mi sei venuta in mente. Così ho voluto dedicartela.»

«Non hai risposto alla mia domanda, però. Perché volevi conoscere proprio me?»

Lui scrollò le spalle. «Non avrei mai pensato di trovarmi in una situazione del genere, Amanda. Conoscerti è stato un privilegio, però... hai ragione sul fatto che non avessi mai avuto intenzione di corteggiarti.»

Lui estrasse la fedina argentea dall'anulare e vi passò le dita più volte, dando voce al proprio nervosismo.

«Sei proprio uguale a lei», esalò sconfitto, lo sguardo alternato tra lei e l'anello.

«Uguale a chi?» mormorò Amanda, un tuffo al cuore.

Lui accennò un timido sorriso, che sfociò in una smorfia piena di tristezza. «A tua madre», tartagliò. «Io... la conoscevo, Amanda. Conoscevo Valeria Mandelli.»

Amanda pensò di aver capito male, uno strano ronzio le si diffuse nelle orecchie, un brivido di paura lungo la schiena.

Lui conosceva sua madre. E quindi, conseguentemente... aveva sempre conosciuto anche lei.



N.d.A: Finalmente, eccomi qui. Mi scuso sentitamente con voi se non sono stata presente nell'ultimo mese e mezzo, ma ho sostenuto un esame importante all'università e non ho potuto scrivere! Posso assicurarvi, però, di non aver mai dimenticato questa storia, e andrò fino in fondo per sviscerare una matassa bella corposa. Siamo arrivati a un punto molto delicato della storia, in effetti, e quindi non preoccupatevi se talvolta sono lenta negli aggiornamenti! Grazie di cuore, come sempre, per essere arrivati fino a qui. Il vostro sostegno è fondamentale! ❤

Un caro abbraccio,

Eleonora.

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