CAPITOLO XVII
Le guance arrossate, gli occhi imbevuti di pianto. Un pianto che, di lì a poco, s'era fatto sempre più disperato.
Quel castello di carte che tanto aveva faticato a costruirsi negli anni era crollato in un attimo. Era bastato un 'nonnulla' per farne tremare le fondamenta fino a distruggerle.
A suo padre non importava nulla di lei. Adesso, ne aveva avuto la piena conferma. Dopo quella piazzata a casa sua, non si era neanche preso la briga di telefonarle. Ma d'altronde, gli aveva forse lasciato anche soltanto uno spiraglio per dire la sua?
Amanda era più che consapevole di non averlo fatto. Aveva perso il controllo, e quel comportamento non era da lei. C'era soltanto una spiegazione a quell'accesso di rabbia e delusione cocente: la speranza aveva lasciato il posto alla più completa amarezza. Durante il pranzo, Francesco – doveva sforzarsi di non pensarlo più come a suo padre – non l'aveva quasi degnata di uno sguardo. Alcune volte, Amanda aveva persino l'impressione che fosse stata proprio lei, la causa di tutto. Della distruzione di quella famiglia che in ogni singolo aspetto le era sembrata perfetta.
Dalle parole di Grazia (come dalla reticenza del padre), aveva d'altronde maturato un profondo sospetto, a cui però non si azzardava a dare un nome. Con grande fatica, si era trattenuta dal richiamare Alessandro perché non voleva di certo rovinargli il Natale. Per come lo conosceva, avrebbe senz'altro preso fin troppo a cuore la questione, precipitandosi in tutta fretta da lei. Sentiva, però, la strana esigenza di telefonare almeno a Federico. Senza pensarci troppo, compose il numero. Erano ormai scattate le otto di sera, quindi magari non l'avrebbe disturbato troppo.
L'uomo le rispose dopo un paio di squilli. «Amanda! Mi fa davvero piacere sentirti, spero tu abbia trascorso un buon Natale.»
Amanda affondò la testa sul cuscino, era quasi immersa nel buio totale della sua stanza e riusciva a carpire ben poco. Ma non voleva accendere la luce: avrebbe senz'altro visto qualcosa che non le sarebbe piaciuto, incrociando di sfuggita la propria figura davanti allo specchio. Non si era mai sentita così devastata come in quel preciso momento.
«Io spero tanto che l'abbia passato tu», pigolò. «Perché il mio è stato un disastro.»
«Che intendi dire? Amanda, per caso... per caso hai pianto?» aggiunse Federico dopo un po'.
Amanda tirò su col naso. «La mia voce è così orribile?»
«Ti prego, dimmi che è successo.»
«Io e mio padre abbiamo litigato. O meglio, sono stata io a sbottare. E gli ho detto addio per sempre. Sì, lo so cosa stai pensando», chiarì Amanda, a fronte del silenzio dell'uomo. «Che non dovevo agire così avventatamente. Che avrei dovuto permettergli di spiegarsi, anche se di sicuro non mi avrebbe mai detto il vero motivo per cui lui e mamma si sono separati. Avrebbe taciuto e si sarebbe inventato l'ennesima scusa. Cosa che tra l'altro ha fatto anche oggi.»
Federico non rispose nell'immediato al resoconto della ragazza, sembrava proprio che l'avesse lasciato senza parole. «Io penso che chiunque al posto tuo si sarebbe arrabbiato, Amanda», le disse poi. «Ormai sei una donna, e... avresti tutto il diritto di sapere cos'è successo.»
«Mio padre non la pensa così. E non capisco se lo stia facendo per proteggermi, oppure...» Scosse la testa. «Non riesco a pensare che la colpa sia di mamma, capisci? Lei avrà fatto anche parecchie cose discutibili in vita sua, però... No, mi rifiuto di credere a qualsiasi allusione sul suo conto.»
Federico sospirò. «Ti capisco. Ma tutti quanti possono commettere errori, e magari ritrovarsi in situazioni talmente ingarbugliate da non sapere più come uscirne.»
«E con questo? Abbiamo una coscienza e, per nostra fortuna, anche un cervello.»
«Che in molti non riescono a far funzionare, però. Pensa alle questioni di cuore, ad esempio. Lì si usa tutto, tranne che quello. O perlomeno se ne usa davvero pochissimo, specialmente i primi tempi.»
«Io, invece, credo di essere sempre stata piuttosto razionale col mio ex», rifletté Amanda, cercando di trovare un senso alle parole di Federico.
«E allora non ti sei mai innamorata, Amanda. Forse hai creduto di esserlo, ma ti assicuro che, in circostanze come queste, si perde del tutto la ragione. Non si pensa ad altro che a passare più tempo possibile con quella persona; ci si fanno persino le domande più sceme. Le piaceranno di più le orchidee o qualche fiore di campo? Preferisce l'estate o l'inverno? I tramonti o i crepuscoli?»
Ad Amanda, incredibile a dirsi, sfuggì un sorriso. «Non credevo che dietro quella scorza dura e impenetrabile indugiasse un'anima così romantica.»
«Tutti possiamo essere romantici», ribatté lui in tono morbido. «Basta incontrare la persona giusta e si diventa dolci come il miele. Anche se, per parte mia, detesto il miele.»
Il sorriso tirato di Amanda si tramutò in una breve risata, quindi scrollò le spalle. «Il mio ex non era proprio la persona più coccolosa che esista al mondo, ma chi lo sa... magari con un'altra si comporterebbe alla stregua di un gattino bisognoso di attenzioni.»
«Be', ci sono sempre le eccezioni, ovviamente. Ma in linea di massima è così.»
«Papà era una persona dolcissima. Sia con me che con la mamma. Peccato che non sia durata per sempre.»
«Il per sempre, di per sé, è un concetto molto aleatorio. Purtroppo bisogna accettare che anche l'amore possa finire, e che non sempre tutto dipende da noi. O perlomeno, non in via esclusiva. Ci sono una miriade di fattori esterni – spesso incontrollabili – che non esitano a buttarci fuori strada.»
«E a metterci K.O.»
«Amanda, io... io sono ancora a Torino e, se lo desideri, potremmo cenare insieme. Anzi, in realtà sono a metà strada e potrei raggiungerti a breve. Certo, lo so che non sei dell'umore giusto, però saperti a casa tutta sola... Insomma, mi piacerebbe che la nostra fatidica cena fosse stasera.»
La ragazza spalancò gli occhi. Quella proposta tanto improvvisa l'aveva presa in contropiede. «Forse sarebbe la scelta migliore, piuttosto che restarmene qui a piangere fino a domani mattina», gli rispose, senza pensarci troppo. «D'accordo, vada per stasera. Ma dove ci vediamo?»
«Dimmi tu. Conosci qualche ristorante carino?»
Amanda gli propose il primo che le venne in mente. «La Torre è ottimo, e non è nemmeno troppo lontano dal centro.»
«Se mi mandi la posizione, direi che posso arrivarci senza problemi», le rispose Federico.
«Lo faccio subito. Allora a più tardi, okay? E grazie per avermi invitata.»
«Grazie a te. A più tardi.»
Amanda riattaccò e si rialzò di colpo dal letto. Doveva subito correre a prepararsi.
Non appena lo vide, provò immediatamente un senso di sollievo, che d'altra parte s'intensificò non appena lui si precipitò ad abbracciarla. Amanda si strinse a lui e chiuse gli occhi. Per quanto giudicasse quel gesto inaspettato, era contenta che Federico non si fosse fatto problemi nel manifestarle la propria vicinanza.
Il rumore del traffico cittadino, come la confusione che regnava attorno a loro, sembrava ben poca cosa rispetto al pesante tumulto che turbinava il cuore e la mente di Amanda. Tutto, ma proprio tutto, passò in secondo piano, mentre i palmi di lui le accarezzavano con dolcezza la schiena ricoperta da un pesante cappotto.
Amanda sorrise. Nella giacca di lui percepì nuovamente quell'odore non troppo intenso – ma assai caratteristico – che assomigliava tanto all'acqua di colonia, accompagnato a qualche traccia di tabacco. Stava cominciando a riconoscerlo persino da quel dettaglio così infimo. Non c'era stato alcun bisogno di parlare. Federico le aveva elargito un triste sorriso e si era precipitato immediatamente da lei, che aveva ricambiato l'abbraccio seduta stante.
Quando se ne staccò, entrarono al ristorante e vi presero posto. Amanda ordinò una semplice insalata mista, dato il suo poco appetito, mentre Federico optò per un merluzzo gratinato, saltando direttamente primo e antipasto. Nemmeno lui doveva avere molta fame.
«Eviterò di chiederti come ti senti», cominciò Federico, la mascella contratta e un sorriso spento. «Ma se nel caso volessi ancora sfogarti, sono pronto ad ascoltarti.»
Amanda gli regalò un'occhiata piena di riconoscenza. «È difficile che al giorno d'oggi qualcuno si prenda l'onere di ascoltarti. Di solito ognuno parla delle sue cose ed è talmente tanto egocentrico da scordarsi che tutti quanti hanno dei problemi. Per quanto mi riguarda, non sono stata la prima e non sarò neppure l'ultima. Il divorzio, ormai, è diventata una consuetudine. Una semplice formalità. E io sto ancora qui a piangerci come una stupida. Dovrei smetterla di credere nelle favole.»
«E invece non devi», la rimbrottò Federico. «Puoi ancora avere la tua favola.» Allungò la mano verso la sua e gliela strinse con decisione, lo sguardo penetrante. «Puoi avere tutto, Amanda. Non devi lasciarti prendere dallo sconforto.»
«Tu come hai fatto?» gli chiese Amanda, beandosi del calore sprigionato da quel tocco così spontaneo.
Lui increspò la fronte. «A fare cosa?»
«Come hai fatto a... sì, insomma, come hai fatto a rinunciare al tuo grande amore?»
Federico scostò lo sguardo per un istante, quindi tornò su di lei. Nei suoi occhi, s'era fatta strada una terribile nostalgia; un dolore sottile sembrò attraversarli, raschiandoli alla stregua di un coltello. «Non credo di averci mai rinunciato davvero. Sì, alla fine ho dovuto lasciarla andare, però... una parte di me si sente ancora legato a lei. È come se lei, nonostante tutto, mi avesse seguito in tutti questi anni come un'ombra. Alcune volte mi capita persino di sognarla ancora. E altrettante le volte mi sento patetico. Mi piace indossare la maschera dell'uomo distaccato e serioso, e in parte mi si addice anche, ma...» Scrollò la testa, mentre con un'ultima stretta abbandonò la mano di Amanda. «Quando rientro a casa, sento che quella stessa maschera non mi calza più tanto bene.»
«Però con me non la stai indossando, questa maschera», gli fece notare lei, incrociando di nuovo il suo sguardo.
Lui sorrise. «Che dirti, pare che con te mi venga facile non farlo.»
A differenza delle prime volte che abbiamo parlato, pensò Amanda, relegando quella considerazione per sé. «Federico, perché... perché stai uscendo con me?» sparò, prendendo coraggio. Ultimamente se l'era chiesto spesso, ma non avrebbe mai pensato di domandarglielo.
Federico si immobilizzò, lo sguardo fisso in un punto imprecisato del tavolo. Dopo qualche secondo, lo riportò su di lei. «Mi hai incuriosito dalla prima volta che ti ho vista, Amanda», sputò alla fine, accennando un sorriso che alla giovane sembrò vagamente imbarazzato. «Sei una ragazza semplice e pulita, e... ci crederesti se ti dicessi che grazie a te sto ritrovando delle parti di me stesso che pensavo distrutte?»
Ad Amanda colpirono molto le sue parole, tanto più che il suo viso si era completamente illuminato. Quello stesso viso, i cui tratti erano spesso pregni di una forte enigmaticità, era appena stato colpito da un raggio di sole.
«Perché non dovrei?» gli disse, accennando un sorriso. «E comunque... anche tu mi hai incuriosita sin dall'inizio. Ricordo benissimo come il tuo sguardo mi seguiva attento durante la mia prima presentazione, bevendosi ogni singola parola con vivo interesse.»
«Te l'ho detto, sai attirare l'attenzione molto bene», confermò lui, prendendo un sorso d'acqua.
«Già. L'attenzione di un miliardo di sconosciuti, tranne quella di mio padre», specificò lei con grande amarezza. «Per lui, il lavoro viene sempre prima di tutto. Anzi, che sto dicendo... Qualsiasi cosa viene prima della sottoscritta.»
L'espressione di Federico si fece corrucciata. «Tuo padre non sa quello che si perde», le disse, sinceramente dispiaciuto.
Amanda alzò le spalle. «Evidentemente preferisce fare il consulente con annessi straordinari, pur di non trovare del tempo per me. La cosa buffa, se vogliamo, è che quando ero piccola lo trovava eccome. Certo, fino ai nove anni, perché poi... Fiu, lasciamo perdere. Il tempo per rifarsi una vita l'ha trovato, però.»
«Non credo tu debba condannarlo per questo. Chiunque, al posto suo, ci avrebbe riprovato.»
«Ma tu non l'hai fatto», gli fece notare lei. «Tu non ti sei nemmeno sposato, e—»
«Solo perché non mi sono innamorato un'altra volta, Amanda. Non sempre abbiamo una seconda chance. Certo, tengo ancora molto a Roxanne, e... e penso di averla comunque amata, anche se non di quell'amore folle che ho provato in gioventù.»
Amanda arricciò le labbra. «Come fai a essere sicuro che niente sarebbe cambiato, se fossi rimasto insieme a quella donna? Mi hai detto di non averla più vista, no?»
Lui sospirò. «Certe cose si sentono a pelle. E io non l'ho mai dimenticata. Ma non posso certo condannare tuo padre per essersi riaccompagnato.»
«Lo so. Ma... di solito i figli vengono sempre al primo posto, no?»
«Questo sì. Ma non penso di essere la persona più adatta per discutere di questi... particolari. Ciò che più mi dispiace è aver tenuto Roxanne legata a me per così tanti anni. Forse si aspettava che un bel giorno l'avrei sposata, che mi sarei deciso a darle un figlio e...» Federico sorrise amaramente. «E tanto altro, magari. Penso che lo desiderasse più di ogni altra cosa.»
«Hai pensato spesso di lasciarla?» gli chiese Amanda, incuriosita.
«In realtà no. Forse perché temevo che lo spettro del passato si sarebbe ripresentato all'improvviso. E io non ero pronto ad affrontarlo. Al netto di tutto, con lei ho vissuto momenti bellissimi, e sono contento di averla conosciuta. Non so se lei sia dello stesso avviso, però, visto com'è finita.»
Questa volta fu Amanda a stringergli la mano. «Sono sicura che nel cuore conserverà un bel ricordo di te. Mi sembri una persona che, quando ama qualcuno, dona tanto di sé.»
Lui scrollò le spalle, carezzandole piano il dorso della mano. «Abbastanza. Ma so che adesso non vorrei essere in nessun altro posto se non qui con te, e che... darei qualsiasi cosa per vederti di nuovo sorridere.»
Ad Amanda salirono le lacrime agli occhi, il cuore pieno di emozione. Doveva ammettere che era lo stesso anche per lei. «Il fatto che tu sia qui è già un buon motivo per sorridere», gli rispose lei, rilassando i muscoli del volto.
Quando sbarrò gli occhi di colpo, anche Federico sobbalzò e si girò verso la finestra che gli dava le spalle.
«Oddio, ma sta nevicando!» esclamò la ragazza, lo sguardo intriso di meraviglia.
«Mi sembra che la neve ti piaccia molto», osservò Federico, un guizzo divertito e in parte preoccupato negli occhi.
«A te un po' meno, vero? Aspetta, però...» rifletté, «Tu sei venuto con la tua macchina, quindi per te sarebbe un problema grosso se continuasse a nevicare.»
«Be', in effetti lo sarebbe. Ma per fortuna c'è sempre qualche hotel a portata di mano», le rispose Federico, senza battere ciglio.
Amanda si strinse nelle spalle. «Se non fosse che casa mia è un buco, ti ospiterei volentieri ma—»
«No problem», fece lui, un gesto secco della mano. «Spero comunque che non sia necessario fermarmi qui per la notte, magari tra poco smetterà.»
«Credo sia meglio andare, a questo punto», suggerì Amanda, alzandosi dal tavolo.
«Forse hai ragione», concordò Federico.
Pagato il conto, si ritrovarono fuori dal ristorante e i fiocchi di neve, per fortuna, erano già diminuiti.
Amanda stette a guardare il cielo per qualche istante. «Direi che questo Natale non si è concluso poi tanto male», sussurrò. «Grazie di cuore per questa serata», aggiunse, rivolgendosi a Federico.
«Grazie a te», rispose lui. «Sono contento che la mia compagnia ti abbia risollevato un po' il morale.»
«Spero ci saranno altre occasioni.»
Federico le fece l'occhiolino. «Contaci. Ma devo accompagnarti a casa o—»
«Non è necessario», si affrettò a rispondere lei. «Casa mia è a pochi metri da qui. Sai, mi basta svoltare l'angolo.»
«D'accordo, allora vado. Ma non appena arrivi mandami un messaggio, okay?»
Amanda sorrise appena. «Sai... questa frase me la diceva sempre la mamma.»
Federico si rabbuiò di colpo. «Scusami tanto», farfugliò, «io non volevo—»
«No. Non devi scusarti.»
Amanda gli sfiorò la mano, poi gliela strinse. L'impulso di riabbracciarlo si ripresentò quasi subito nella sua mente, ma non fece neanche in tempo a maturarlo del tutto, che Federico si gettò su di lei, attirandola a sé. Anche stavolta, percepì in quell'abbraccio il sapore di una dolcezza speciale. Quella dolcezza che tanto le era mancata.
Non appena arrivò a casa, Amanda scrisse subito a Federico.
Tornata sana e salva. Puoi dormire sonni tranquilli.
Un abbraccio,
Amanda.
Dopo qualche minuto, le arrivò un messaggio di risposta; corredato, però, da un link che la dirottò su YouTube. Strabuzzò gli occhi. Federico le aveva allegato Era di Lucio Battisti. Una canzone che lei aveva sempre trovato stupenda – e che d'altra parte conosceva sin da quando era bambina. Estrasse le cuffiette dalla tasca della sua giacca e cominciò a canticchiarla.
Era Aprile, era Maggio,
Era chi lo sa...
Era bella, oh, era bella,
Solo la sua età...
Non ricordo se sorrise, quando se ne andò.
Io la amavo, io la amavo, solo questo so.
Io credevo tante cose che non credo più,
Non per questo sono triste.
Ora ci sei tu.
Ho paura, ho paura, quando penso che...
Era, era, era, era, era...
Come te.
Al termine della canzone, una strana emozione le si agitò nel petto. Cosa significava quel messaggio? E quell'ultima frase? E quell'ora ci sei tu? Si trattava forse di una dichiarazione d'amore?
Amanda si lasciò ricadere sul divano. Tra i tanti pensieri che sin dal mattino le si erano accavallati dentro la testa, avrebbe appena dovuto aggiungervene un altro.
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