CAPITOLO XII
«Amanda, ti vuoi sbrigare o no? Guarda che perdiamo il treno!»
«Arrivo subito!» esclamò la ragazza, quindi mollò il telefonino e riafferrò il borsone da viaggio, correndo a perdifiato verso di lui. Ancora una volta, Alessandro le fece cenno di sbrigarsi, gli occhi sgranati e un accenno di muto rimprovero nel suo sguardo. Quando Amanda lo raggiunse, lui arraffò prontamente il suo bagaglio, non mancando di trascinarla dentro con decisione. Dopo qualche secondo, le porte del treno si chiusero.
«Uh, appena in tempo!» esclamò Alessandro. «Si può sapere dove hai la testa?»
«La mia migliore amica verrà alla presentazione di domani! Verrà DOMANI, ti rendi conto?»
«Ah. Molto interessante», rispose lui, indicandole il posto a sedere.
«Potresti anche fingere un minimo di entusiasmo, no?»
Alessandro alzò gli occhi al cielo. «Evviva!» sputò, senza la benché minima euforia.
Amanda scosse il capo. «Ma che ti prende? Negli ultimi giorni mi sei sembrato un po', come dire... un po' scontroso – e altrettanto silenzioso.»
Lui sospirò. «Hai ragione, scusa. Non è giusto che per un mio malumore ci vadano di mezzo gli altri. Men che meno tu. Ma passerà, te lo garantisco. Eccome, se passerà!» Estrasse un paio di cuffiette nere e accese il suo mp3, ma proprio quando stava per ascoltare un brano a caso della sua amata playlist, Amanda gli posò la mano sul braccio. Lui trasalì.
«Avanti, dimmi cos'è successo.»
Alessandro si tolse di malavoglia gli auricolari, un impercettibile sbuffo ad accompagnare l'azione. «C'entra lei, okay? Nient'altro.»
«Okay. E...?»
«Sospetto che stia uscendo con un altro», mormorò, l'umore sotto le scarpe. «Me lo sono sempre detto; devo cercare di togliermela dalla testa, ma purtroppo non è così semplice.»
Amanda spalancò gli occhi. «Ma da cosa nasce questo tuo sospetto? L'hai per caso vista insieme a qualcuno quando siamo tornati a Monferrato per il weekend?»
«Non è questo», disse lui, sconsolato. «Certe cose si sentono. Capisci che intendo?»
Amanda annuì. Lo capiva sin troppo.
«Negli ultimi giorni è stata piuttosto sfuggente. E vedo che la cosa, con il passare delle settimane, si acuisce sempre di più.»
«Ma non faresti prima a chiederglielo? Cioè, se sta frequentando qualcuno potrebbe dirtelo chiaro e tondo, no?»
«È molto riservata», rispose l'altro, sorridendo con velata amarezza. «Come me, del resto.»
«D'accordo. Ma potresti comunque provarci, no? Tutt'al più negherà.»
Alessandro fece spallucce. «Per queste cose, io... Ecco, ti ricordi quando ti ho detto che per certe cose sono un codardo?» ribatté, il tono vagamente pungente. «Un conto è sospettare che la ragazza dei tuoi sogni stia uscendo con un altro, ma sentirselo dire è...» Scrollò le spalle.
«È piuttosto avvilente. Lo so. Non posso darti torto.»
L'agente diede un'altra alzata di spalle, il disagio impresso nei suoi occhi. «Scusami tanto. Non avrei voluto coinvolgerti nei miei piccoli problemi di cuore.»
Amanda colse all'istante la citazione e le spuntò un sorriso. «Oddio, non mi dire che anche tu vedevi quel bellissimo cartone! Io lo adoravo, era uno dei miei preferiti!»
«Io personalmente no. Ma mia sorella più piccola ci andava matta, tant'è che alla fine ho persino imparato la sigla a memoria. Una sigla che tra l'altro mi si addice parecchio.»
«Quella canzone è stupenda!» Amanda riversò la testa sul sedile, l'aria sognante. Cominciò a canticchiare con fare sommesso. «Che cosa c'è, che cosa c'è... Guardo fuori e penso a te. Chissà se tu, chissà se tu... mi stai pensando ancora di più... Insieme noi, insieme noi... per specchiarmi negli occhi tuoi; ma non lo so, io non lo so... se un giorno o l'altro ci riuscirò...»
Proprio in quel momento, Alessandro prese la parola, gli occhi incastonati in quelli di Amanda. «Perché dei giorni tu sei distante più che mai, poi mi prendi per mano e ancora te ne vai, perciò mi chiedo e richiedo se c'è un posticino nel tuo cuore per me.»
E quindi insieme: «Sono piccoli problemi di cuore nati da un'amicizia che profuma d'amore... Sono piccoli problemi di cuore dove un bacio rubato è qualcosa di più...»
«Mamma mia, ma canti benissimo!» esplose Amanda, senza smettere di sorridergli.
«Tu non sei da meno. Quasi quasi potremmo fare un duetto», scherzò lui, tornato di buonumore.
«Sarebbe un onore. Che avessi questo talento nascosto non me l'avevi mai detto, però», lo redarguì bonariamente Amanda.
«Grazie», disse Alessandro, con tutta la semplicità del mondo.
«Per cosa?»
«Be', mi sento molto più leggero adesso. E un pelino più ottimista.»
«Cantare fa sempre bene. Quando sono triste lo faccio spesso, anche se ammetto di preferire – ma va? – la lettura. Non ti devi scusare, comunque. L'altra volta sei stato tu ad ascoltare me. Quindi, in caso di bisogno, non esitare a confidarti.»
«Lo farò senz'altro. Quindi questa tua amica verrà a trovarti domani?»
«Proprio così. Da qualche mese è partita per la Spagna per fare un master, e trovo fantastico che abbia approfittato della sua settimana di riposo per venire a vedere una mia presentazione. Così posso pure regalarle il vestito che le ho comprato.»
E chissà che non possa indossarlo la sera stessa, pensò, stringendo gli occhi.
«Vi conoscete da molto?»
«Praticamente dai tempi dell'asilo. Sappiamo tutto l'uno dell'altra.»
«Dev'essere bello avere un amico o un'amica del cuore. Io non sono mai stato fortunato al riguardo.»
«Ma lo sei stato in altri ambiti. Sai, a me sarebbe piaciuto moltissimo avere un fratellino o una sorellina. Fin da piccola, è stato il sogno della mia vita. Mi ricordo che già a quattro anni non facevo altro che assillare mamma e papà. Con l'avvicinarsi delle festività natalizie, come se non bastasse, scrivevo persino una letterina a Babbo Natale con la speranza che dal nulla sarebbe spuntato un pargoletto. A quanto ne so, i miei ci hanno effettivamente provato per qualche tempo; mio padre, nello specifico, era davvero entusiasta all'idea. Desiderava tantissimo un altro figlio. Questo me l'ha confidato mamma, tra l'altro non troppo tempo fa.»
«Ma allora... chissà cos'è andato storto.»
«Non saprei. Me lo chiedo tutti i giorni. Forse è semplicemente finito il sentimento. Si sono separati quando avevo solo nove anni. Fino a quel momento, mi hanno sempre dato tanto amore e altrettanto sostegno. Mio padre mi aiutava persino a fare i compiti. Soprattutto gli esercizi di Matematica – in cui, per inciso, ero un'autentica frana. Quando insistevo nel chiedergli un fratellino o una sorellina mi sorrideva sempre con tenerezza, quindi mi abbracciava forte e mi confidava che lui e la mamma stavano facendo tutto il possibile.» Amanda si commosse a quel ricordo. «Soltanto qualche annetto dopo ho capito davvero cosa intendesse dire con quella frase. Non sempre un bambino arriva facilmente, tantomeno può regalartelo Babbo Natale. Anzi, alcune volte non arriva nemmeno, per cui...» Ricacciò un amaro sospiro.
«Quindi tuo padre non ha avuto altri figli? Con la sua attuale compagna, intendo.»
«No. Ma ti confesso che era una delle cose che più temevo. Temevo che con Grazia avrebbe potuto costruirsi una nuova famiglia, magari avere un'altra figlia, e... e scordarsi per sempre della mia esistenza. Sarò egoista ma, al netto di tutto, sono contenta che non sia successo. Stanno insieme da anni, ormai. Quando si sono messi insieme erano ancora piuttosto giovani, perciò non mi sarei meravigliata se fosse accaduto.»
«Chissà, magari non ci hanno nemmeno provato.»
«Non ne sarei tanto sicura. Conoscendo mio padre, sono sicuro che ci avrà fatto almeno un pensierino. Poi non lo so, magari a Grazia andava bene così.»
«Sai se lei ha figli?»
«Sì. Due maschi, se non ricordo male. E no, non so nemmeno che faccia abbiano», l'anticipò Amanda.
«E tua madre, invece? Lei non... lei non ha trovato un nuovo compagno? Scusami tanto, lo so che per te questo argomento è piuttosto delicato, e se non vuoi parl—»
«Non preoccuparti. Sto imparando a conviverci, te l'assicuro», lo interruppe Amanda, ostentando una sicurezza che di certo non le apparteneva. «Diciamo che nel caso della mamma è stato un completo, assoluto disastro. A qualche anno dal divorzio da papà, ha cominciato a frequentare una caterva di uomini. Ogni tanto, a casa nostra si presentava il bellimbusto di turno che la portava a cena, presumo in qualche ristorantino di lusso. Quindi lei mi parcheggiava dai nonni e io me ne restavo lì, seduta sullo squallido divano del soggiorno a guardare la televisione con loro, fingendo più interesse di quanto non provassi in realtà. Non facevo altro che pensare a lei. All'ennesimo uomo con cui magari si sarebbe divertita per qualche nottata insignificante, mentre io quelle serate le passavo a piangere. Un paio di settimane, al più un mese, e la storiella giungeva al capolinea. Insomma, a quanto pare non gliene andava bene neanche uno.» Fece una smorfia. «Non ho mai approvato il suo modo di fare. All'epoca avevo soltanto quattordici anni, tante cose non potevo ancora capirle. Ma adesso... Non lo so, mi sembra assurdo che ogni singolo uomo che ha frequentato in passato cercasse soltanto un'avventura. Okay, ci può stare che sia stata particolarmente sfortunata, però... sarò crudele, ma secondo me anche lei ha avuto una parte di responsabilità. Se da un lato speravo che tornasse con papà, era pur vero che provavo tanto scetticismo. Spesso mi dicevo: okay, se più nessuno riesce a conquistare il suo cuore, allora sarà ancora innamorata di lui. Ma forse questa era soltanto una delle tante storie che mi raccontavo per cercare di giustificarla. Alcune volte, e non lo dico con piacere, mi è sembrata un tantino superficiale. Sin troppo affannata nel voler cercare qualcuno a tutti i costi.»
«Capisco che vuoi dire. Anche per me sarebbe stato difficile da digerire.»
«Per me è sempre difficile raccontare questi particolari. Ma di te mi fido, perciò...» Amanda gli rivolse un tenero sguardo.
Come al solito, lui ricambiò il suo sorriso, ma poi scostò gli occhi dalla ragazza. «Sono contento che ti fidi abbastanza di me da raccontarmi tutte queste cose. Sto cominciando a... a sentirmi davvero parte della tua vita», ammise, con un filo di voce.
«Lo sei», gli rispose Amanda. «Di questo non dovrai mai dubitare.»
«E tu non devi mai più dubitare di te stessa.»
«Lo so. So benissimo che non si dovrebbe ricercare l'approvazione di nessuno, nemmeno se si tratta dei propri genitori. Anche se devo riconoscere che mia madre mi ha sempre spronato a pubblicare i miei scritti. Lei è stata la mia primissima fan.» Amanda sorrise con nostalgia.
Proprio in quel momento, Alessandro le sfiorò la mano, racchiudendola dolcemente tra le proprie. «E lo è ancora. Puoi starne certa. Anzi, meriterebbe un ringraziamento speciale per il solo fatto che, anche grazie a lei, ho avuto modo di conoscere una scrittrice eccezionale.»
Amanda ricambiò la stretta. Il tocco di Alessandro riusciva sempre a rassicurarla, oltre al sincero affetto che lo stesso le trasmetteva. «Scusami», mormorò, dispiaciuta. «Non volevo tornare ad assillarti con i miei problemi irrisolti, ma sembra proprio che non possa farne a meno.»
«Non ti devi scusare. Non con me. Che ne dici se ascoltiamo un po' di musica?» le chiese, riafferrando gli auricolari dal sedile accanto.
«Molto volentieri», gli rispose Amanda, quindi si sedette vicino a lui e indossò una cuffietta, mentre l'altro faceva lo stesso.
L'agente cliccò sul tasto PLAY e fece partire Dusk.
Amanda spalancò gli occhi. «Oddio, ma...» Si girò verso di lui, estasiata. «Ma sono i—»
«Proprio così. Qualche mese fa ho avuto modo di conoscere Trespass ¹¹, e devo ammettere che questi Genesis non sono niente male.»
L'altra sorrise. «Aspetta di conoscere Foxtrot ¹² e Selling England By The Pound ¹³, e ti assicuro che non li mollerai più!» lo avvertì, lasciando che le note di quella e altre canzoni la trasportassero in un mondo parallelo e fantastico almeno per qualche ora.
§
«Sei stata fenomenale!» squittì Monica, stritolandola in un forte abbraccio.
Amanda aveva appena terminato di presentare il suo romanzo e, tra il cicaleccio del pubblico e i tanti sorrisi che l'amica le aveva rivolto dalla propria postazione, la scrittrice non riuscì a non provare la consueta emozione che faceva da sfondo, assieme a mille altre, a quei bellissimi momenti.
«Non ti facevo così disinvolta!» proseguì, entusiasta. «E avresti dovuto vedere Alessandro, praticamente non ti ha staccato gli occhi di dosso. Sei ipnotica, Am.»
Lei alzò le spalle. «Ale è giusto il mio angelo custode, la mia costante. E sa benissimo che se non lo becco a guardarmi lo strozzo», aggiunse sarcastica. Si guardò intorno e lo cercò con lo sguardo, ma sembrava che si fosse volatilizzato.
«Nah, sta' pur certa che ti guarderebbe comunque. Chiunque lo farebbe, perché sei troppo...» Monica annaspò, come cercasse nella mente le parole giuste da dirle. «Sei troppo appassionata quando parli dei tuoi capolavori. Sono fiera di te.»
«Grazie di cuore, davvero», rispose Amanda. Sebbene il papà non fosse venuto ad assistere, lei si sentiva comunque al settimo cielo. «Mi sei mancata un sacco», disse poi, tornando ad abbracciarla.
«Anche tu a me. E mi era mancata pure la splendida Bologna! E pensare che l'ultima volta che sono venuta qua è stato per il test di ammissione in Architettura. Un fiasco totale, se ti ricordi.»
«Be', ti ho fatto compagnia anch'io, mi sembra», sghignazzò Amanda.
«Vero. Ma comunque lasciamo perdere questi discorsi. Programmi per stasera?»
«In realtà sì. Sai, stavo pensando... che ne diresti se io, tu e Alessandro uscissimo fuori a cena? Mi farebbe molto piacere presentartelo.»
«Andata. In fondo sei tu la star del momento, quindi è giusto che sia tu a decidere», rispose l'altra, facendole l'occhiolino.
«Ah sì? Allora non disdegnerai nemmeno sfoggiare il mio regalo stasera stessa.»
«Un regalo? Per me?!»
«Ovvio! Dai, torniamocene in albergo, che per oggi il mio compito qui è finito.»
«Mamma mia, sono troppo curiosa adesso!»
Amanda rise. «Proprio per questo ti sto portando in hotel. Aspetta un momento però, chiamo un attimo Alessandro per sapere dove si è cacciato.» Si allontanò di qualche passo e compose il numero. Lui le rispose dopo un paio di squilli.
«Oi, Amanda... Scusami tanto, mi sono dovuto assentare un attimo. Torno presto, però.»
«Va tutto bene?» gli chiese, sospettosa.
«Tutto a posto, sì. Sta' tranquilla.»
«Ne sei sicuro?»
«Sicurissimo.»
«D'accordo», rispose Amanda, non troppo convinta della sua risposta. «Ehm, senti Ale... Stavo pensando... Ti andrebbe di cenare con me e Monica stasera? Così con la scusa te la faccio conoscere.»
«Per me va bene. Allora a stasera. Vi aspetto fuori dall'hotel.»
«Okay. Ci vediamo verso le otto.»
Alessandro mormorò un flebile sì, poi riattaccò.
Amanda richiuse il cellulare. Nel profondo era convinta che qualcosa fosse successo, ma non era certo quello il momento più adatto per indagare sulla questione.
«Oddio, ma è stupendo!» Monica non riusciva proprio a smettere di guardare la sua figura slanciata attraverso lo specchio della camera di Amanda. Il vestito che la giovane amica le aveva regalato le calzava a pennello. Il leggero scollo a V lasciava intravedere parte del suo décolleté, leggermente più prosperoso e definito rispetto a quello di Amanda, mentre le paillettes dorate contribuivano a risaltare la sua bellezza mediterranea. La scrittrice aveva sempre ammirato il suo bel viso, dalla forma affusolata e dai tratti delicati, quasi principeschi; le labbra sottili, gli occhi di un marrone intenso, profondamente espressivi e dal taglio sporgente. Per non parlare del suo nasino all'insù, che assieme al resto le conferiva un'aria simpatica e affascinante al tempo stesso. Soltanto sul fronte capelli, lei e Amanda potevano dirsi somiglianti. Anche quelli di Monica erano infatti lisci e corposi, di un intenso castano scuro.
«Tu sei bellissima», le disse Amanda, gli occhi che le brillavano. «Appena ho visto quel vestito ti ho subito immaginata così.»
«Troppo bello», ribadì l'altra. «Devo indossarlo per forza stasera. Non mi importa un fico secco se non ho un appuntamento.»
«Mai dire mai», sogghignò Amanda, dandole le spalle.
«Che vuoi dire?» domandò Monica di rimando, la fronte aggrottata.
«Che ne dici di questo completino?» cambiò discorso Amanda, con la speranza di distrarla. Prese una camicetta turchese con annessi jeans e li mostrò a Monica.
L'altra fece una smorfia. «Ma un vestito no? Esigo che anche tu ne indossi uno, e non mi dire che non te lo sei portato dietro perché non ti credo!»
Amanda sbuffò. «E se io non volessi?»
«Allora non lo indosserò nemmeno io.»
«Ma questo è un ricatto bello e buono! E poi... così mi offendi!» replicò Amanda, le braccia incrociate.
Monica sorrise, sorniona. «Prendere o lasciare.»
«Sei tremenda!» osservò Amanda, nascondendo a sua volta un sorriso.
«Lo so, non per niente è una delle mie qualità migliori.»
Amanda scosse la testa e si avvicinò all'armadio semi-aperto, tirando fuori un elegante tubino azzurro con scollo a cuore. «Che ne dici di questo?»
«Così si ragiona!»
«Il Sole e la Luna», commentò l'altra, notando quanto il suo vestito fosse diverso da quello dell'amica.
«De gustibus. Per me sono entrambi—»
«Bellissimi», completò Amanda. «Concordo, però mi viene da sorridere. Per certi versi siamo così diverse, eppure così simili.»
«Proprio per questo siamo migliori amiche, no? In un modo o nell'altro, riusciamo sempre a compensarci. Comunque, non mi hai più parlato di Federico. Com'è andata a finire tra voi?»
«Dovremmo vederci in uno dei prossimi giorni. E ti confesso che ho un po' di paura.»
«Paura di lui?»
«Ma no, ci mancherebbe. Vedi...» Amanda tornò a sedersi sul letto, lo sguardo pensieroso. «Quando ci siamo visti l'ultima volta, lui mi ha invitato a guardare un film insieme.»
«E allora? Non ci trovo niente di male», rispose Monica, sedendosi accanto a lei.
«Non è questo. Dovremmo vedere Il Canto Di Natale. E non so se...» Sospirò. «Insomma, io gli ho detto di sì, ma a essere onesta non so se ci riuscirò. Se riuscirò a guardarlo senza versare neppure una lacrima. Da piccolina, avevo spesso sognato di vederlo insieme a papà. In quel periodo la mamma lavorava tanto, e quindi mi ritrovavo il più delle volte da sola con lui. Questo qualche mese prima che avvenisse l'effettiva separazione. Nell'aria già sentivo che qualcosa non quadrava, però... l'ho percepito ancora di più quando anche lui, guarda caso, ha cominciato ad assentarsi spesso da casa, fino a vederlo sempre più di rado. A poco a poco, è diventato un uomo freddo, tremendamente distaccato e non meno sfuggente. Per lui ogni scusa era buona per non vederci. La morale della favola? Ho praticamente buttato la videocassetta inerente al film nella spazzatura.»
Monica le strinse la spalla destra, cingendola in un dolce abbraccio. «E quindi non hai mai visto Il Canto Di Natale», sentenziò, con uno sguardo triste.
«Proprio così. Lo so, è una cosa stupida, però—»
«Non lo è. Fidati, non lo è. Hai sofferto molto, lo so. Nessuno lo sa più di me. Ma forse... forse adesso la vita ti sta offrendo un'altra opportunità. Guardati! Sei diventata una grande scrittrice!» affermò l'amica, strappandole un sorriso. «Sei una bella ragazza, sei intelligente, simpatica e, almeno per quanto mi riguarda, in gambissima. Questo è il tuo momento. Se il tuo cuore propende per Federico, be'... devi andare fino in fondo. Soltanto in questo modo potrai davvero capire cosa rappresenta per te.»
«Hai ragione. Non è bene tirarsi indietro.»
«Così si parla! E adesso via, corriamo a prepararci. Non vorrai far aspettare troppo il nostro bel principe azzurro!»
«Fossi in te sarei meno ironica. Guarda che Alessandro è un bel pezzo d'uomo!» dichiarò, strizzandole l'occhio.
«Ma senti senti la nostra Amanda!» replicò Monica, ammiccando in sua direzione. «Sento odor di—»
Amanda le tappò la bocca. «Non aggiungere altro, o ti giuro che puoi dire addio al tuo bel vestito», la minacciò, tra il serio e il faceto.
L'altra allungò la mano dietro di lei per afferrare un cuscinetto, che poi gettò in faccia ad Amanda.
La scrittrice la tranciò con lo sguardo, ma subito dopo scoppiò a ridere, l'amica al seguito. Riprese il cuscino da terra e lo ritirò verso Monica, che però schivò il colpo. Per una buona mezz'ora, sghignazzarono e risero come due pazze, come da tempo non accadeva, un'accesa lotta a colpi di cuscini.
§
Alessandro stava armeggiando con il cellulare quando le due amiche gli si presentarono davanti, l'espressione del suo viso che da concentrata si fece subito sbigottita. «Ma come siamo eleganti!» commentò dopo qualche secondo, alternando fugacemente lo sguardo tra la mise di Amanda e quella di Monica. «Ma che per caso mi volete far passare per il vecchio di turno? Certo, rispetto a voi due lo sono davvero, però...»
Amanda diede una leggera gomitata all'amica, la bocca piegata in un accenno di sorriso. «Arieccolo che ricomincia! Non farci caso, a lui piace scherzare.»
«Guardate che non scherzo mica se vi dico che proprio adesso avrei bisogno di scolarmi un bel bicchiere di acqua tonica», rincarò Alessandro, incrociando di sfuggita lo sguardo di entrambe.
Amanda quasi si sciolse di fronte al suo evidente imbarazzo.
«Io invece mi scolerei una bella birretta», commentò l'amica, palesemente divertita. «Piacere di conoscerti, comunque. Mi chiamo Monica», disse poi, allungando la mano verso quella dell'agente.
Lui ricambiò la stretta. «Alessandro», le rispose. «Il piacere è mio, anche se ho già sentito parlare di te. Comunque davvero, se avessi saputo che vi sareste vestite così bene, avrei fatto modo e maniera per non farvi sfigurare», ammise, quasi a mo' di scusa.
«Ma guarda che neanche tu sei niente male, vero Monica?» intervenne Amanda, cercando di smorzare il suo disagio. «Anzi, sei più casual del solito stasera.» La ragazza lo rimirò da capo a piedi, e non poté non constatare quanto quella giacca di pelle nera che lo ricopriva gli stesse d'incanto, abbinata a un paio di pantaloni altrettanto scuri e non meno raffinati.
L'amica la guardò stranita, seppur di sottecchi. «Amanda ha ragione, malgrado io non conosca per nulla i tuoi gusti in fatto di abbigliamento», replicò, buttandola sul ridere. «Comunque, non so voi, ma io ho una fame da lupi. Vogliamo andare?»
«Certamente», replicarono gli altri due, all'unisono.
Il ristorante Darcy sorgeva a pochi metri dalla suggestiva e affascinante Piazza Maggiore, popolata da un ricco complesso di storici edifici, quali la maestosa Basilica di San Petronio, Il Palazzo dei Notai, Il Palazzo D'Accursio, II Palazzo del Podestà e Il Palazzo dei Banchi. Tutti monumenti riconoscibili l'uno dall'altro, ognuno con una propria specificità, una propria anima. La città pullulava di vita, e mai come quella sera pareva avvolta in una bolla portatrice di gioia e di belle speranze.
«Che dire... ottima scelta», commentò Alessandro, mentre tra una smorfia e l'altra sorseggiava quel poco di vino bianco che Amanda gli aveva versato contro la sua volontà. «Davvero carino il ristorante, poi questo roast beef con salsa è buonissimo. Tra l'altro, non mi è sfuggito certo l'omaggio al tuo caro Fitzwilliam Darcy», disse ad Amanda, nascondendo un sorrisetto.
«Come fai a sapere che ho scelto questo ristorante soltanto perché portava il nome del magnifico personaggio della Austen?» ribatté lei, sbigottita.
Lui alzò le spalle. «Perché tu sei così. Non riesci a staccarti del tutto dalla vita libresca, nemmeno quando stai vivendo la tua, di vita.»
«Alessandro ha ragione», intervenne Monica, mentre addentava un boccone di filetto in crosta. «Sei una vera sognatrice. E questo non è un male, ci tengo a sottolinearlo.»
«Concordo», le diede manforte Alessandro. «E poi scusami, non sei forse stata tu a dirmi che vai pazza per la zia Austen?»
Amanda alzò le mani e non riuscì a trattenersi dal ridere. «D'accordo, d'accordo, mi avete beccata. Adesso possiamo parlare d'altro, please?»
Gli altri due si unirono alla risata, per poi riprendere a gustarsi la cena.
«Amanda mi ha detto che vi conoscete dai tempi dell'asilo», disse Alessandro a un certo punto, gli occhi puntati su quelli di Monica.
«Eh già. Un'amicizia bella lunga.»
«E non meno solida. Si vede che siete molto legate.»
Amanda si ritrovò a scrutare Alessandro più del dovuto. Stava cercando di capire se, in un certo qual modo, potesse essere interessato alla sua amica, ma dal suo sguardo non riusciva a captare alcunché di significativo, se non in alcuni momenti, in cui dal suo viso sembrava trasparisse una certa preoccupazione, o forse una velato accenno di malinconia. Starà pensando a quella ragazza, disse tra sé.
«È vero. Comunque ho una curiosità: in cosa ti sei laureato?»
«Filosofia.»
Monica sbarrò gli occhi.
«Incredibile, reagiscono tutti allo stesso modo quando lo dico», sogghignò lui.
«Sarà che non è mai stata il mio forte», confessò Monica. «Amanda aveva dieci, invece. Era un portento in Filosofia.»
«Adesso non esagerare!» esclamò l'altra. «È Alessandro l'intellettuale, non certo io.»
L'altro sorrise. «Ho sempre sognato di entrare a far parte del mondo dell'editoria. Sapevo che non sarebbe stato facile, però scegliere Lettere Moderne mi avrebbe limitato. Andavo pazzo per la Filosofia, e quella ho fatto. Finita la specialistica ho deciso di frequentare un Master in Editoria. Dopo anni di gavetta, eccoci qui.»
«A rappresentare una caterva di aspiranti scrittori», concluse Monica, visibilmente affascinata dal suo racconto.
«Non così tanti, in realtà. Senza contare che Amanda ha catalizzato quasi tutta la mia attenzione, in questi ultimi anni.»
«E ci credo! Amanda è troppo brava.»
«La volete finire? Mi state facendo vergognare», li rimbrottò, imbarazzata.
Monica ci rise su. «Sei sempre la solita. Non ti si può fare un complimento che subito ti lamenti.»
«È quello che le ho detto sempre anch'io. Ma temo che su questo non cambierà mai.»
Amanda stava per replicare quando il suo telefonino prese a squillare. Era in bella vista sul tavolo e lo prese subito, come se al suo interno ci fosse stata una bomba che sarebbe potuta scoppiare da un momento all'altro. Lesse il mittente e si alzò dal tavolo. «Scusatemi un momento, devo proprio rispondere.» Si allontanò dal forte cicaleccio che aveva intorno e uscì fuori dal ristorante, il cuore a mille. «Pronto?» esordì, accostando il telefono all'orecchio.
«Ciao, Amanda. Spero tanto di non averti disturbata. Sei a cena?»
«Ciao, Federico. Non disturbi affatto, sta' tranquillo. Sono a cena, sì. Insieme ad Alessandro e alla mia migliore amica, che oggi è venuta ad assistere alla presentazione. Ma comunque, abbiamo quasi finito.»
«Capito. Mi è dispiaciuto molto non esserci stato. Fino all'ultimo ho sperato di poter venire, ma poi sono sorti degli imprevisti e—»
«Non devi giustificarti con me. Il mestiere del medico è impegnativo e comporta enormi sacrifici. Non mi devi spiegare niente.»
L'altro sospirò. «Mi mancano le nostre chiacchierate», sputò. «Dal vivo, certo», aggiunse dopo qualche istante, ridendo appena.
Amanda sorrise. In effetti, non si vedevano da quasi tre settimane e ammetteva a se stessa che quel rituale era mancato molto anche a lei. «Ti capisco. Nemmeno a me piace troppo parlare al telefono. Ma gli impegni non aiutano, si sa.»
«Nemmeno la distanza, se è per questo. Ma mi farò perdonare, promesso.»
Ad Amanda quelle parole ricordarono tanto il bigliettino che lui le aveva lasciato settimane prima presso la biblioteca di Abano Terme. «Dove ho già sentito queste parole?» gli disse infatti, riportando a galla i fasti di quella strana emozione, che quasi non l'aveva fatta dormire.
«Sono un tipo originale, non c'è che dire», rispose lui, strappandole una risata. «Comunque non ti trattengo oltre, volevo solo chiederti se fossi libera questo venerdì.»
Amanda sussultò. «Questo venerdì hai detto?»
«Sì. Cos'è, hai già un impegno? Se così fosse, possiamo—»
«No no, nessun impegno», si affrettò a rispondere l'altra, prima che potesse elaborare una scusa convincente per rimandare l'appuntamento. Perché se il suo cuore voleva buttarsi e affrontare la sua più grande paura, la sua mente continuava a sussurrarle che non sarebbe riuscita a fingere davanti a lui. Non durante la visione di quel film.
«Benissimo, allora. Ti andrebbe bene per le diciassette?»
«Mi va benissimo, sì», farfugliò lei.
Tra due giorni. Mancano solo due giorni.
«Credo che stavolta potrò venire anche alla tua presentazione», la informò lui.
«Mi fa molto piacere.»
«Quindi è tutto a posto?» domandò Federico, quasi avesse captato l'improvviso turbamento di Amanda.
«Certo. Sono solo un pochino stanca, sai com'è... Mettere firme a destra e a manca alle volte ti stressa», si giustificò lei, stringendosi nelle spalle.
«Ah, su questo ti capisco benissimo. Allora ti lascio andare, ci vediamo presto. Okay?»
«Okay. A prestissimo, e... e buona serata.»
«Grazie, anche a te.»
Amanda ripose lo smartphone in borsa, abbandonandosi a un lungo sospiro. Sperava tanto che la sua eccessiva emotività non avrebbe rovinato tutto.
Terminata la cena, Amanda e Alessandro si ritrovarono soli soletti sul terrazzino dell'hotel, la fredda brezza notturna che sferzava il viso di entrambi.
«Dovremmo proprio rientrare», le disse Alessandro. «È già molto tardi, non pensi?»
«Hai ragione. Non per niente, Monica è andata subito a dormire, il viaggio dalla Spagna deve averla stancata parecchio. Anzi, a proposito di lei...»
Alessandro incrociò le braccia, le sopracciglia inarcate in segno di aspettativa.
«Come ti è sembrata?»
«Molto simpatica», rispose lui, senza battere ciglio.
«Non intendevo questo. Ti sto chiedendo se—»
«È carina, sì», l'anticipò Alessandro. Stessa espressione, nessun guizzo particolare negli occhi.
Amanda increspò la fronte. «Solo carina? Diciamo pure che è bellissima», sottolineò lei, dandogli una leggera spallata.
«Non più di te. Siete molto belle entrambe.»
«Seh, lei è una dea!» ribatté Amanda, come volesse convincerlo del contrario.
Lui rise appena. «Ma senti un po', per caso stai cercando d'impersonare la parte di Cupido?»
«Vorrei soltanto che cercassi di guardarti un po' intorno. Tutto qui. Io... vorrei solo il meglio per te.»
«Ti ringrazio tanto per la premura, ma non c'è bisogno di ricorrere a questi mezzucci. E poi... io "la mia ragazza" ce l'ho già», replicò lui, in tono morbido. «In barba al fatto che nemmeno mi considera.»
La scrittrice annuì. Nel profondo aveva sempre immaginato che ad Alessandro non sarebbero bastate un paio di belle gambe e una bellezza fuori dal comune perché potesse perdere la testa per una donna. L'aveva conosciuto come un ragazzo che preferisce di gran lunga badare alla sostanza, piuttosto che alla forma, e tale era rimasto. «Questa fantomatica ragazza dev'essere molto speciale per te.»
«Lo è», confermò lui, lapidario.
«Vabbè, io ci ho provato», replicò Amanda, una leggera alzata di spalle. «Ma ci sarebbe un'altra cosa.»
«Dimmi.»
«Quando oggi ti ho chiamato al telefono mi sei sembrato strano. E anche durante la cena, a dirla tutta.»
Alessandro abbassò il capo. «Oggi pomeriggio mi ha chiamato il tuo editore. Mi ha fatto una proposta. Sai, una di quelle che "nessuno che abbia un minimo di sale in zucca si azzarderebbe a rifiutare"», disse, tra il serio e l'ironico. «Mi avrebbe chiesto di raccattare qualche altro aspirante scrittore per poi portarlo alla pubblicazione. Sempre con la sua casa editrice, ovviamente. Mi ha persino promesso un doppio compenso.»
Amanda rimase a bocca aperta. Gli occhi di Alessandro dicevano più di mille parole. «Tu...» farfugliò, incredula. «Non mi dire che hai rifiutato la sua offerta!»
«Non ho rifiutato la sua offerta. Gli ho solo detto – anzi, sono stato categorico – che non sono disposto a farmi carico di altri scrittori fino a nuovo ordine. O almeno non fino a quando il tuo tour non sarà terminato.»
«Ma stai scherzando? Sarebbe un'opportunità unica per te, arricchirebbe anche il tuo curriculum.»
«Quello che sto vivendo adesso mi basta e mi avanza. Ti ho portata al successo, o meglio, ti ho solo dato una piccolissima spintarella, e adesso voglio godermi appieno questo momento», le rivelò, senza filtri. «Assistere alle tue presentazioni è per me un'esperienza quasi mistica. E sono certo che una cosa del genere non mi ricapiterà in futuro. Se accettassi la proposta di Galeazzi, sarei costretto a seguire quegli aspiranti scrittori per buona parte della settimana. E a me non va.»
«Cioè, tu mi stai dicendo che hai rinunciato a quella ghiotta opportunità soltanto per... per seguire me?»
«Chiamami pazzo, ma è quello che ho fatto», rispose Alessandro. «Per me conta tanto il legame che si sta creando tra di noi. E penso che sia giusto dimostrartelo.»
«Dovrei farlo anch'io», replicò Amanda, senza pensarci. Le parole di Alessandro avevano sortito in lei uno strano effetto. Il suo cuore aveva sussultato all'improvviso, e per un momento quasi se ne spaventò. «Ammetto che senza di te non sarebbe la stessa cosa», constatò. «Ma non dovevi farlo. Sei sempre in tempo per cambiare idea. Se tu accettassi, sarei felicissima per te. Mi devi credere.»
«Io ti credo. Ma ho già fatto la mia scelta.»
E lui ha scelto me, si disse Amanda, improvvisamente emozionata. Lui ha scelto me.
«Ale, io... io questo venerdì me ne torno a Torino.» Si morse le labbra. L'aveva detto. L'aveva detto proprio a lui.
L'agente sospirò. «Amanda, stamattina mi hai detto chiaramente che ti fidi di me.» Le prese la mano e gliela strinse appena.
Stavolta la ragazza provò una sensazione particolare, ma si convinse che fosse dovuta soltanto al leggero stato di ansia che stava dilagandosi in lei.
«Quindi puoi anche dirmelo. Torni a Torino per vedere lui, non è così?» le chiese, perfettamente neutrale. Non traspariva più alcuna emozione dal suo sguardo.
Il cuore di Amanda prese a galopparle furiosamente. «Come... come fai a sapere che—»
«Che stai frequentando qualcuno?» Lui fece un sorrisetto.
Come sempre, Amanda non comprese se fosse ironico o meno.
«Per la cronaca, non sei l'unica in grado di capire cosa si nasconde dietro uno sguardo.»
Amanda scosse il capo, del tutto presa in contropiede. La stretta di Alessandro si fece più salda, e lei si ritrovò a ricambiarla con estrema naturalezza. «È una cosa molto recente», gli rivelò. «Io e lui non stiamo insieme», si affrettò a chiarire, il palmo sinistro a sfiorargli la guancia d'istinto, senza pensare davvero a cosa stesse facendo. Si ritrasse quasi subito, intimidita dal suo stesso gesto, la mano ancora stretta nella sua. Non sapeva perché avesse avuto bisogno di specificare ad Alessandro che con Federico non fosse accaduto nulla, eppure l'aveva fatto. D'altra parte, l'espressione di lui non era mutata – salvo forse un barlume di sincera sorpresa nell'istante in cui gli si era avvicinata –; tradiva una serietà frammista a quel non so cosa che le suscitava delle sensazioni ancora indefinite, dai confini profondamente sfumati. Da tutto quel tramestio, Amanda ne dedusse che avesse ancora molto da imparare dai suoi sguardi. E forse anche da se stessa.
«Sta' tranquilla, non pretendevo tanto», rispose Alessandro, dando un'ultima, fugace carezza sul dorso della sua mano prima di staccarsi del tutto da lei. «Volevo solo dirti che anche tu puoi fidarti di me.»
«Ale, io... non smetterò mai di dirti grazie.»
Finalmente, lui le sorrise. Le strinse la spalla con tenerezza. «Buonanotte, Amanda», disse in un sussurro, per poi allontanarsi fino a sparire dietro la grande finestra a vetri che dava sul terrazzo.
«Buonanotte, Ale», mormorò lei quando se ne fu andato, un vuoto improvviso nel suo cuore.
Non sapeva spiegarsi il perché, ma una grossa parte di lei, anziché sentirsi sollevata, percepiva tutto d'un tratto il fastidioso retrogusto di una tristezza a cui non seppe dare un nome.
¹¹ Trespass: album progressive del gruppo Genesis (1970)
¹² Foxtrot: album progressive del gruppo Genesis (1972)
¹³ Selling England By The Pound: album progressive – sì lo so, sono ripetitiva! – del gruppo Genesis (1973)
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