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"Ti dico che è così! Perché non mi credi mai? Era alto più di un metro e novanta e l'ho steso comunque!" Disse con risolutezza Razi ai suoi compagni.
"Ho anche un video dell'inseguimento, bella mia! Aveva ripreso tutto Loyer, con cui lavoravo alla distaccata! Lui non riusciva a tenere il passo, invece io ho raggiunto il ladro in un secondo e poi sbam, atterrato e ammanettato!" disse, mettendosi fiero una mano sul cuore, come segno di rispetto.
"Eh va bene, va bene, ti credo! Ora basta! Ho bisogno di un altro giro di birra per continuare a sentire le tue storielle da poliziotto novello, Razi!" affermò Amelie, alzandosi di scatto dalla sedia per raggiungere il balcone delle bibite.
Il locale era gremito di gente, e la maggior parte di loro erano poliziotti in borghese.
Era facile riconoscerli: erano sempre in gruppo, vestiti sobri. Sembravano spensierati ma in realtà erano costantemente all'erta. Avevano solamente imparato a mascherarsi bene.
Àmelie vide entrare un ennesimo ragazzo e si stupì: erano quasi le 23 ed era un orario insolito per presentarsi in un pub.
Aveva un cappellino blu con la visiera di colore leggermente più chiara calzato sulla fronte e non riuscì a distinguere nitidamente il suo volto.
Sembrava irrequieto mentre si avvicinava all'unico tavolino disponibile al centro del locale, vicino ad una potente cassa da concerto.
Àmelie rimase nascosta nel gioco di luci del proiettore per continuare a osservarlo.
Quando si sedette, togliendosi il cappello e alzando una meno in direzione del cameriere  per ordinare ebbe come un tuffo allo stomaco, una sensazione di nostalgia immediata che non seppe descrivere.
I lineamenti del viso avevano un non so che di famigliare, i capelli neri e folti erano fissati all'indietro con abbondante gel creando una riga dritta e gli occhi scuri creavano un ottimo connubio per il suo volto enigmatico.
Era un bel ragazzo, ma non era questo a incuriosirla: c'era qualcosa di più.
Anche i suoi quasi impercettibili movimenti le sembravano intimi e conosciuti: il modo in cui guardò l'ora, sistemandosi il ciuffo, e il modo in cui si tolse il leggero giubbotto di jeans erano movenze magnetiche e non riusciva a guardare in qualsiasi altra direzione se non la sua.
Poi successe l'improbabile: il ragazzo enigmatico si alzò e punto dritto dritto nella sua direzione.
Àmelie ebbe un sussulto e si sforzò di guardare da un'altra parte.
Con indifferenza, chiamò Pauli con un fischio e si fece consegnare il menù della cena, fingendosi alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare per Fred quando si accorse che qualcuno aveva poggiato dolcemente le mani sulle sue spalle.
In casi come questi si sarebbe scostata subito, probabilmente avrebbe fatto anche di peggio visto il suo carattere non proprio permissivo con gli sconosciuti, ma vedendo il misterioso ragazzo sorridere e inclinare lievemente il capo a sinistra come per studiarla meglio, rimase qualche secondo sconcertata.
"Non posso credere a quello che sto vedendo!Sei proprio tu."
"Prego? Ci conosciamo?" Disse lei, come rinvenuta dallo shock, togliendosi le sue mani di dosso con un cenno stizzito.
"Puoi dirlo forte!" disse lui, scoppiando a ridere, facendola irritare ancora di più.
"Àmelie Darton. Nata a New York il 24.08.1988 e vissuta a Staten Island per ben undici anni. Alla faccia dell'amicizia!" rispose seccato.
Lei non riuscì a proferire parola, ma capì.
Dopo qualche frazione di secondo, che a lui parvero secoli, gli gettò nel mani attorno al collo, cingendolo in un abbraccio con cosi tanta forza che si stupì.
"Mi sei mancato tanto anche tu."

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