Capitolo 33 - Mezzosangue
La campanella suona e decreta l'inizio dell'intervallo. Tutta la classe si alza in fretta ed esce dall'aula, siamo impazienti di sgranchirci un po'.
Fuori c'è il sole, l'aria non è troppo calda e ho proprio voglia di mangiare la mia mela in un angolo tranquillo del giardino. Quindi prendo posto sotto le fronde di un albero e addento il frutto che mi sono portata da casa.
Yuki non si vede in giro, sarà da qualche parte con uno stuolo di bambine al seguito.
Quest'anno la sua popolarità è esplosa: studente modello dell'ultimo anno delle elementari, alto, atletico, simpatico e gentile. Non mi stupisco che abbia fatto colpo.
Un paio di bambine mi passano davanti e mi salutano; ricambio e addento un altro pezzo di mela.
Il mio relax viene interrotto poco dopo da alcuni studenti di un'altra sezione, che mi vedono e si avvicinano.
Li riconosco, sono dei bulletti arroganti che dovrebbero imparare a comportarsi in modo civile.
Infastidita, mi alzo e mi avvio verso l'interno della scuola, ma questi si frappongono tra me e l'ingresso. Sono almeno due anni che importunano a turno gli studenti e la scuola non è ancora riuscita a prendere dei provvedimenti seri. Io stessa ci ho avuto a che fare un paio di volte, fortunatamente senza grandi conseguenze, visto che nei paraggi c'erano sempre dei professori.
Ma stavolta non vedo nessuno qui vicino che possa tenerli a bada, così provo ad aggirarli per raggiungere l'interno.
Purtroppo non ci riesco, loro sono in tre e io una soltanto. Mi ritrovo un muro davanti che mi impedisce di passare.
《Ehi, haafu, dove vai?》mi apostrofa uno dei tre.
Haafu. Mezzosangue.
Ogni volta che mi hanno presa di mira mi sono sentita chiamare così.
Normalmente vivo con serenità il fatto che mio padre non sia giapponese. Nessuno, tra parenti e amici, me l'ha mai fatto pesare. Non Yuki, non la sua famiglia. Nemmeno i vicini di casa o i compagni di classe. Eppure, ogni tanto, qualcuno commenta con disprezzo il colore dei miei occhi, oppure si rivolge a me con questo termine dispregiativo.
E ogni volta che succede io ci soffro, perché vorrei solo essere trattata come tutti gli altri.
Abbasso la testa e faccio un ultimo tentativo di aggirarli, senza successo.
《Dove cerchi di andare? Stai qui con noi.》
Uno di loro mi appoggia un braccio sulle spalle; io mi scrollo e mi allontano, ma la scena si ripete.
《Sì, stai qui con noi. Non ti facciamo nulla. Vogliamo solo ammirare i tuoi begli occhi grigi.》
《Lasciatemi stare.》ho tentato di parlare con un tono deciso e sicuro, ma so di avere fallito.
Spero che l'intervallo finisca presto, forse un professore si affaccerà in cortile e ci vedrà.
Sento il battito nelle orecchie, sono spaventata, anche se preferirei non ammetterlo. Vorrei essere coraggiosa, avere la forza di difendermi, ma la verità è che non ci riesco. E mi odio per questo.
In lontananza la campanella suona, richiamando tutti gli studenti nelle aule; mi illudo che anche i tre che mi stanno trattenendo se ne vadano, invece non danno il minimo segnale di volersi allontanare.
Iniziano a strattonarmi lontano dall'entrata e io vorrei avere la forza di urlare, ma la bocca non si apre, è serrata per colpa della paura. Eppure questi tre non sono dei giganti, basterebbe un calcio ben assestato, oppure una gomitata, per liberarmi e scappare via. Invece il mio corpo non risponde. Non ho altra scelta che seguirli, sperando in un miracolo.
Il miracolo si materializza sotto forma di una voce conosciuta.
《Cosa state facendo? Lasciatela!》
È Yuki.
Ed è vicinissimo. La paura mi ha impedito di sentire i suoi passi fino all'ultimo.
Il bambino che mi sta trascinando si ferma, mentre i suoi due compagni fronteggiano il mio amico.
《Cosa vuoi? Tornatene in classe.》risponde uno.
《Vogliamo solo fare amicizia con questa haafu.》conclude l'altro, sghignazzando.
Ho la testa bassa e non riesco a vedere bene, ancora trattenuta dal bullo al mio fianco, ma stavolta sento distintamente un suono soffocato, insieme al rumore di quello che mi sembra un pugno. Provo a divincolarmi per poter vedere meglio cosa sta accadendo, ma l'unico risultato che ottengo è venire spinta in ginocchio sull'asfalto ruvido.
Mi scappa un gemito quando la superficie irregolare mi sbuccia le ginocchia, ma finalmente riesco ad alzare la testa e a osservare la scena che si svolge a pochi metri da me.
Yuki ha colpito uno dei due bambini che gli si paravano davanti e ora sta spingendo di lato il secondo bullo, nel tentativo di raggiungermi.
《Ema!》chiama il mio nome, preoccupato.
Mentre tenta di farsi strada, il suo avversario riesce a colpirlo sul volto.
《Yuki...》mormoro, in colpa e spaventata.
Il mio migliore amico si riprende subito e da una spallata al bullo, che finisce per terra, tra i lamenti.
Adesso io e Yuki siamo una di fronte all'altro, ma noto alle sue spalle che il primo dei due bambini, quello che aveva ricevuto il pugno, si è rialzato e sta per raggiungerlo alle spalle.
Prima che possa fare qualunque cosa, una voce adulta fa immobilizzare tutti.
《Basta!》
È il professore di ginnastica, che si mette a correre nella nostra direzione con l'intento di fermare la lite.
I tre bulli scappano alla velocità della luce, e io sono finalmente libera. Il professore li insegue, urlando qualcosa a cui non presto attenzione.
In due secondi Yuki mi è accanto, si inginocchia e mi aiuta a rialzarmi.
《Stai bene?》
Annuisco, pulendomi grossolanamente le ginocchia dal sangue con le mani. Lui scruta la mia faccia alla ricerca di lividi e ferite, poi si rilassa quando si rende conto che sto bene. Sono scossa, spaventata, ma sto bene.
Poso gli occhi su di lui, anche io voglio sincerarmi che non si sia fatto male. Il pugno che ha ricevuto gli ha lasciato una piccola ferita all'angolo della bocca, da cui sono scappate alcune gocce di sangue.
Segue il mio sguardo e, quando capisce cosa sto guardando, mi rassicura subito.
《Non preoccuparti, è solo un graffio.》
Veniamo raggiunti da un altro professore, che ci invita a seguirlo all'interno della scuola, fin dentro all'ufficio del preside. Camminiamo affiancati e la presenza di Yuki è sufficiente a far calmare lentamente i battiti del mio cuore.
Quando ci troviamo di fronte il preside restano le divise stropicciate e le gocce di sangue a testimoniare la lite avvenuta.
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Yuki insiste a farmi sedere sul lettino dell'infermeria, chiedendo all'infermiera di medicarmi le ginocchia; a nulla valgono le mie proteste o il fatto che il sangue si sia ormai rappreso. Mentre vengo medicata, mi accorgo che non ho ancora ringraziato il mio salvatore, così alzo gli occhi su di lui e cerco le parole giuste.
《Grazie, Yuki. Mi dispiace che tu ti sia preso una ramanzina per colpa mia. Spero che i tuoi genitori non facciano troppe storie.》
Lui rimane calmo e impassibile.
《Non è nulla. Piuttosto...》
Si avvicina al lettino e si ferma alla mia destra; non capisco cosa voglia fare.
《Avresti dovuto urlare, Ema. Qualcuno avrebbe sentito. Invece ho dovuto venire a cercarti quando ho visto che non eri tornata in classe per la lezione.》mi rimprovera puntandomi un dito contro, fino a toccarmi la fronte.
Lo so, ha ragione. E ci ho provato, a urlare, tuttavia sembrava che le mie labbra fossero cucite.
Mi sento ancora più in colpa: non solo Yuki è finito in una rissa, ma è stato colpito e ha anche rimediato un rimprovero a scuola. Spero solo che i suoi genitori siano clementi.
《Grazie.》ripeto, non sapendo cos'altro dire.
Lui alza le spalle e scuote la testa, facendo un paio di passi all'indietro.
Nel frattempo l'infermiera ha terminato di medicarmi e si è allontanata, uscendo dalla stanza. Mi alzo e raggiungo Yuki, lo afferro per la giacca della divisa e lo tiro verso il lettino.
《Cosa stai facendo?》domanda, sinceramente stupito dal mio comportamento. Nonostante questo si lascia condurre, finché non si ritrova appoggiato al lettino.
In piedi davanti a lui, sono quasi alla sua altezza. Esamino con attenzione il suo viso e lo blocco quando tenta di andarsene.
《Ema, te l'ho detto, è solo un graffio.》prova a ripetere, ma non lo lascio andare via.
Apro le braccia davanti a lui per bloccargli la strada e lo fisso con decisione. Dopo tutto quello che ha fatto per me, voglio almeno curargli la ferita.
《Resta dove sei!》esclamo.《Non muoverti.》
Con un mezzo sorriso si appoggia di nuovo al lettino.
《So che sono irresistibile, ma...》
Lo colpisco al petto per zittirlo e lui scoppia a ridere; anche io finalmente mi rilasso e rido con lui, lasciando andare tutta la tensione che avevo dentro, poi disinfetto la sua ferita.
Percepisco il suo sguardo su di me mentre completo la mia opera.
《Che c'è?》gli domando guardandolo negli occhi.
Occhi marroni, normali, non grigi come i miei.
《Quante volte ti avevano già chiamato così?》
《Così come?》
Faccio finta di non capire, ma so benissimo a cosa si riferisce.
《L'hai detto ai tuoi?》
Nego scuotendo la testa.
《Non voglio che si preoccupino per me, o che si sentano in colpa.》
Mi allontano e ripongo il disinfettante in un cassetto, poi mi liscio la divisa con le mani e faccio un respiro profondo.
《Che cosa racconterai loro di oggi?》
So che Yuki mi reggerà il gioco, così rispondo con tranquillità.
《Che sono caduta. Dopotutto, conoscendomi, è un fatto più che plausibile.》
Lui si alza e mi raggiunge annuendo.
《In effetti è strano che non succeda più spesso.》mi prende in giro e mi fa l'occhiolino.
Sorrido.
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