Capitolo 31 - Sulla schiena
Stiamo andando a vedere un match di pallavolo maschile: Giappone contro Cina. È la prima volta che assisto a una partita di così alto livello, mentre Yuki ne ha già viste alcune. La sua passione per la pallavolo non fa che crescere mano a mano che passa il tempo. A soli dodici anni ha chiarissimo in mente quale sarà il suo futuro. E farà di tutto per realizzarlo.
Ammetto che ancora non conosco bene le regole di questo sport, ma il mio amico ha promesso di spiegarmi tutto oggi. Ho accettato di accompagnarlo perché so quanto sia importante per lui, anche se personalmente non sono un'appassionata.
Usciti dalla metropolitana, percorriamo le poche centinaia di metri che ci separano dal palazzo dello sport di Tokyo. Non ci sono mai stata e rimango sorpresa dalla sua grandezza: è enorme, la capienza è di migliaia di persone. Mi sento particolarmente piccola qui dentro.
Gli spalti si riempiono in fretta e quando le squadre fanno il loro ingresso in campo il palazzetto esplode in un boato.
Inizia il riscaldamento e Yuki mi spiega passo passo ogni singolo esercizio che vediamo effettuare ai giocatori. Sono tutti molto alti, ma nonostante questo non hanno nessun problema di coordinazione. Li invidio.
Quando l'arbitro fischia l'inizio del match assistiamo a un incontro molto tirato: le due squadre sono più o meno allo stesso livello, anche se, secondo Yuki, ognuna ha caratteristiche diverse. Il Giappone è molto preparato su difesa e ricezione, mentre la squadra cinese ha un muro formidabile.
Grazie alle sue spiegazioni capisco finalmente il motivo per cui un giocatore per squadra indossa una casacca di colore diverso dai compagni: il libero è quello che si potrebbe definire come lo specialista dei fondamentali di seconda linea.
La partita procede con continui capovolgimenti di fronte, fino alla vittoria finale per tre set a due della Cina. Nonostante la sconfitta dei padroni di casa, il pubblico è estasiato e non fa mancare il suo supporto ai giocatori.
Alla fine, mentre usciamo dal palazzetto, rifletto su una cosa: non so quanto ricorderò di questa giornata, magari mi dimenticherò le regole o i termini tecnici, però non scorderò mai lo scintillio negli occhi di Yuki.
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Sulla strada del ritorno decidiamo di fermarci a mangiare qualcosa, così abbandoniamo i tunnel della metropolitana e risaliamo in superficie. La sera è illuminata dai mille neon dei palazzi, c'è molta gente per le strade e nell'aria abbonda il profumo dello street food.
Curiosiamo tra le varie bancarelle, indecisi su cosa scegliere. Alla fine decidiamo di comprare tanti piccoli assaggi e di condividerli, in modo da mangiare entrambi un po' di tutto. Ci riempiamo con tsukune di pollo, onigiri al salmone, yakisoba alle verdure e poi concludiamo in bellezza con i miei amati dorayaki. Yuki non ne va pazzo, ma sa quanto io li adori e si sacrifica.
《Devo smetterla di mangiare insieme a te.》dico passandomi una mano sullo stomaco mentre camminiamo. 《Mi farai ingrassare.》
Confesso che sono un po' insicura riguardo al mio aspetto fisico, non sono esile come la maggior parte delle giapponesi: il mio cinquanta per cento di DNA italiano mi ha donato delle curve più accentuate e questo mi mette in imbarazzo a volte.
Yuki liquida il discorso con un gesto della mano.
《Smettila di pensarci, il tuo fisico non ha niente che non va! A parte l'altezza.》mi scompiglia i capelli mentre mi prende in giro.
È vero, non sono alta. Comunque sfido chiunque a non sentirsi basso accanto a lui, che a dodici anni raggiunge già il metro e settanta.
Mi scosto di lato e mi sistemo i capelli, poi gli faccio una linguaccia. Sono così distratta dal nostro battibecco che quasi mi scontro con un signore in completo che cammina nella direzione opposta.
Yuki se ne accorge prima di me e mi afferra per un gomito, facendomi voltare e allontanandomi dal pericolo. Peccato che la mia ormai proverbiale coordinazione, unita a un senso dell'equilibrio molto precario, mi faccia ritrovare per terra. Provo immediatamente dolore alla caviglia sinistra, tuttavia cerco di rimettermi in piedi. Il mio tentativo fallisce subito perché mi rendo conto di non poter caricare il peso sul piede infortunato.
Yuki si inginocchia accanto a me.
《Ti sei fatta male?》chiede preoccupato. Poi con le dita sfiora delicatamente la mia caviglia. 《Probabilmente è solo una storta, ma inizierà a gonfiarsi. E non potrai camminare per alcuni giorni.》
Sospiro con disappunto.
Mi aggrappo a Yuki per rialzarmi, ma faccio veramente fatica. Provo a fare qualche passo saltellando, sempre appoggiata a lui, con scarsi risultati.
Non siamo lontani dal nostro quartiere, però non posso certo arrivare a casa continuando così. Anche il mio amico capisce la situazione e mi ferma.
《Yuki, accompagnami a quella panchina.》lo prego, indicando una panca poco distante.
Quando arriviamo, io mi siedo e lui controlla ancora la situazione.
《Per favore, chiama mio padre. Verrà a prenderci.》
Gli passo il mio cellulare; preferisco che sia lui a telefonare, perché la caviglia adesso ha iniziato a pulsare e il dolore sta aumentando.
Fa come gli chiedo, ma evidentemente mio padre non risponde. Ed è inutile telefonare a mia mamma, non ha né l'auto né la patente.
Yuki mi restituisce il telefono, poi si inginocchia davanti a me, dandomi però le spalle. Si batte una mano sulla spalla, invitandomi a...
《Stai scherzando? Non mi porterai in groppa! Non siamo mica in un drama.》
Incrocio le braccia e fisso un punto in lontananza.
《Hai un'idea migliore?》
In effetti no, ma mi rifiuto di dare spettacolo davanti a tutta questa gente.
《Non sono una damigella in difficoltà, e tu non sei il mio principe azzurro.》borbotto. 《Aspetterò. Mio padre richiamerà prima o poi.》
Prego solo che non sia impegnato in una delle sue infinite riunioni con colleghi che abitano dall'altra parte della terra.
《Per quanto posso vedere, sei decisamente una damigella in difficoltà.》
La voce di Yuki mi riporta alla realtà. Odio il ghigno che ha sulla faccia mentre pronuncia questa frase, ma lo perdono perché gli voglio troppo bene.
《Forse. Ma resta il fatto che tu non sei il mio principe azzurro. E io non salirò sulla tua schiena.》
《Vedila così: contribuirai al mio allenamento e alla mia digestione.》
Si batte ancora la mano sulla spalla e, mio malgrado, capisco che questa è la soluzione migliore. Mi aggrappo meglio che posso e lui si alza, sorreggendo le mie gambe con le mani.
La gente ci lancia occhiate divertite e immagino il tipo di commenti che scateniamo. Le mie guance si scaldano per la vergogna, così nascondo il viso contro la spalla di Yuki.
《Ti odio!》
Sono certa che mi ha sentito, anche se ho borbottato sottovoce contro la sua felpa. Infatti ride. La sua risata mi rimette di buon umore, ma non ho intenzione di sollevare la testa. Se incrociassimo qualcuno che ci conosce - ed è una cosa possibile anche in una città enorme e popolosa come Tokyo - non potrei più mostrarmi in giro per l'imbarazzo.
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