Capitolo 19 - Gita (parte seconda)
Ci spostiamo di alcuni metri, liberando il belvedere per chi verrà dopo di noi, e ci ritroviamo davanti a un piccolo ristorantino. Entriamo e i professori ci indicano di prendere posto; i tavoli e le panche sono di legno, l'ambiente è intimo e semplice. Delle belle vetrate si affacciano sul bosco e sui prati che ci circondano.
Presto ci viene servito il pranzo, un menù semplice che prevede riso, tofu, uovo e verdure cotte. Siamo affamati dopo la lunga camminata e ci tuffiamo sui nostri vassoi.
Finora questa gita si sta rivelando una bella esperienza e sono sicura che rimarrà nei nostri ricordi molto a lungo.
-----
Dopo mangiato, usciamo con calma dal locale e seguiamo le indicazioni dei professori fino al retro del ristorante. Lì, a pochi metri di distanza, si materializza il mio peggiore incubo.
Mi blocco sul posto, sentendo immediatamente lo stomaco annodarsi. Penso che potrei vomitare il pranzo appena ingerito.
Adesso rimpiango il sentiero di montagna percorso all'andata, perché mi ritrovo in una fila ordinata di studenti pronti a entrare in una cabinovia. Piccole cabine arancioni sospese nel vuoto, attaccate a un cavo a centinaia di metri di altezza, che dondolano con il vento.
Perfetto.
Non ho via di scampo, devo seguire i miei compagni che salgono a gruppi di otto, e a me sembra di avanzare verso il patibolo.
Cerco Yuki con lo sguardo, è più indietro di me, ma quando si accorge che ho bisogno del suo supporto mi raggiunge scavalcando alcuni ragazzi in fila e me lo ritrovo alle spalle.
Per fortuna riusciamo a salire sulla stessa cabina. Tuttavia, dato l'ambiente abbastanza angusto, finisco schiacciata contro uno dei vetri panoramici, che dovrebbero allietare il percorso dei turisti, ma che per me peggiorano solo la situazione: guardare il vuoto mentre sento la cabina muoversi non è esattamente il metodo migliore per superare indenne questa discesa.
La cabina si muove con un piccolo scossone e io provo a rallentare il respiro per restare calma. Purtroppo la tecnica non funziona; inizio a tremare e sono sicura di essere pallida come uno Yurei, un fantasma della nostra tradizione.
Tra un respiro accelerato e l'altro, percepisco delle mani sulle mie spalle, che mi fanno voltare nello spazio ristretto. È Yuki. Si assicura con gli occhi che io respiri ancora, sa quanto ho paura, e non sposta le mani. Anzi, mi avvicina ancora di più a lui, siamo praticamente attaccati.
《Segui il mio respiro. Uno, due.》mormora con dolcezza.
Ci provo, mi impegno al massimo, e finalmente riesco a smettere di tremare. Con la coda dell'occhio vedo il verde delle montagne scorrere fuori dal vetro e la tentazione di controllare a che punto della discesa siamo è molto forte.
Ma Yuki mi stringe le spalle e mi obbliga a tornare a guardarlo.
《Occhi su di me. Respira.》
Annuisco, alzo il viso verso il suo e continuo a respirare.
Mi sono quasi abituata al dondolio, finché una folata di vento più forte delle precedenti non fa ballare la cabina in modo più accentuato.
Inutile dire che il cuore mi balza in gola e che sento la necessità di aggrapparmi a qualcosa. Serro le palpebre e le mie mani scattano automaticamente e la prima cosa che trovano, data la nostra vicinanza, è la giacca di Yuki. Stringo i pugni finché le nocche diventano bianche, ma lui non si scompone. Continua a parlarmi con calma e a ricordarmi di respirare insieme a lui.
Dopo un tempo che mi è sembrato infinito la cabinovia rallenta e possiamo finalmente scendere e tornare coi piedi per terra. Seguo Yuki senza mai lasciare la sua giacca, finché non sento il terreno morbido sotto le suole degli scarponcini. Ci allontaniamo dal resto del gruppo e ci fermiamo all'ombra di un albero. Lui non mi mette fretta, mi da il tempo di riprendermi anche se sto torturando il suo giaccone.
Quando sento di essermi calmata a sufficienza lo lascio andare e lo fisso con riconoscenza.
《Quante altre volte ti dovrò ringraziare alla fine di questa gita?》
Yuki ride e mi accarezza la testa, un gesto che dopo tanti anni ho imparato ad amare, anche se rovina un po' la mia pettinatura.
《Dai, andiamo. O ci lasceranno qui.》
Raggiungiamo il resto dei nostri compagni qualche decina di metri più avanti, curiosi di sapere che cos'altro ci attende.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top