Capitolo 17 - Gita (parte prima)

C'è fermento nell'aria questa mattina. È ancora presto, più presto del solito, eppure siamo tutti pronti, seduti sull'autobus che ci porterà in gita. Probabilmente nessuno di noi dimenticherà mai questi due giorni, si dice che la prima gita del liceo sia indimenticabile. Scopriremo presto se è la verità.

Uno dei due professori che ci accompagna legge l'appello, a cui tutti rispondono, e poi l'autista mette in moto. Il bus giallo si fa strada nel traffico ancora poco intenso, e noi a bordo ridiamo e chiacchieriamo allegri.

Io e Yuki siamo seduti vicini, dietro di noi Ran occupa da solo due sedili: è il solito confusionario che non si fa certo problemi ad attirare l'attenzione.

Dopo poco, il pullman si ferma e i professori ci fanno scendere; siamo arrivati al porto. Ci imbarchiamo abbastanza velocemente su un traghetto e ci sediamo nella parte coperta, su seggiolini di plastica dura che però non scalfiscono il nostro entusiasmo. Il cielo è azzurro e terso, nonostante le temperature di fine febbraio ci costringano a indossare ancora le giacche pesanti.

Nel giro di pochi minuti l'imbarcazione salpa in direzione di Kanaya. Mano a mano che procediamo, noto che Yuki si fa più silenzioso. Meno battute, meno risate. Sta anche diventando pallido. Gli tocco una spalla e lo costringo a voltarsi verso di me.

Che hai? Stai bene?domando preoccupata.

Lui nega con la testa.

Non avevo mai preso una nave prima d'ora.comincia a spiegare, ma è costretto a interrompersi per fare un respiro profondo. Credo di soffrire il mal di mare.

A mio malincuore mi scappa una risata, giuro che non me l'aspettavo. Il mio migliore amico non ha nemmeno la forza di fulminarmi con lo sguardo. Mi riprendo subito e mi guardo intorno alla ricerca di un professore, ma ancora prima di individuarlo mi viene un'idea.

Ran, puoi avvisare i professori che Yuki soffre il mal di mare?

Il nostro compagno annuisce e io faccio alzare Yuki, dicendogli di seguirmi. Lui si muove con lentezza, stando attento a camminare il più dritto possibile per non peggiorare il malessere. Quando arriviamo sul ponte scoperto del traghetto, l'aria e il sole ci colpiscono, insieme all'odore del mare.

Gli resto accanto finché non raggiungiamo il parapetto e ci appoggiamo per respirare a pieni polmoni. Spero che in questo modo il suo malessere migliori. Per fortuna non c'è vento e il mare è tranquillo, altrimenti penso che avrebbe già vomitato.

Qualche respiro più tardi, lo osservo in volto e noto con sollievo che non è più pallido come prima. Non posso certo dire che sia al top della forma, ma almeno il colorito verdognolo è sparito.

Va meglio?

Yuki fa un piccolo sorriso.

Sì. Grazie. Puoi tornare dentro, se vuoi. Fa freddo.

Liquido il discorso con la mano.

Con questo sole non è poi così male stare qui fuori.

Chiudo gli occhi e mi godo i raggi sul viso.

Attenta, o la tua pelle mezza italiana si abbronzerà.

Se ricomincia a scherzare, significa che sta meglio.

Non ho mai capito la paura che hanno i giapponesi dell'abbronzatura, ma mi sono sempre adeguata senza fare troppe domande. Mio padre inoltre ha la pelle chiara e gli occhi azzurri, non potrei comunque sfoggiare una tintarella mediterranea.

Tranquillo, la mia pelle è per metà giapponese. Ci vorrà ben più di qualche raggio di sole per abbronzarmi.

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Quando mettiamo i piedi sulla terraferma Yuki tira un sospiro di sollievo e nel giro di poco torna quello di sempre. I professori ci guidano alla base di un sentiero che sale verso la cima del monte Nokogiri. Ecco la parte più pesante di tutta la gita, spero di riuscire ad arrivare in cima prima che mi scoppino i polmoni.

Pronta?mi chiede Ran con un ghigno. Anche lui sa quanto io non ami particolarmente l'attività fisica. Tuttavia non voglio dargli soddisfazione, così mi sistemo al meglio il grande zaino sulle spalle e rispondo con tutta la sicurezza che riesco a dimostrare.

Certo, Ran. Ci vediamo in cima.

Così dicendo inizio a camminare affiancandomi ad alcune compagne di classe, lasciando indietro lui e Yuki.

Il primo tratto del sentiero non è male, la salita è abbastanza dolce e la giornata è perfetta per camminare senza sudare.

Lentamente, però, la pendenza aumenta e la vegetazione si infittisce, fino a invadere di tanto in tanto il sentiero.

Quello che era un percorso sterrato ampio e comodo si è trasformato in una pista irta di sassi e radici, fangosa e scivolosa. Gli alti rami degli alberi bloccano quasi del tutto il sole.

Adesso faccio fatica ad avanzare, alcune compagne più allenate mi hanno distanziata. I muscoli delle gambe bruciano, i polmoni ancora di più.

Mi fermo per tirare il fiato, lasciando che gli altri mi sorpassino. Tra quelli che mi superano c'è anche Ran, il quale mi saluta con un cenno della mano e un sorriso ironico.

Ti aspetto in cima!mi prende in giro mentre si allontana.

Maledetto Ran! Troverò il modo di vendicarmi. Ma non posso pensarci adesso, devo capire come fare a completare il trekking senza morire.

Al mio fianco compare Yuki, anche lui mi ha raggiunta.

Tutto bene?

Mi conosce, sa che il massimo della sportività per me è camminare sull'asfalto pianeggiante in città. Ma con un briciolo di amor proprio tento di mascherare la situazione.

Certo, mi sono dovuta fermare solo per allacciarmi lo scarponcino.

Mentre parlo riprendo a camminare e lui rimane con me. Peccato che dopo un paio di metri io metta male il piede destro e scivoli su un sasso sporgente. Sono già pronta a sfracellarmi al suolo quando qualcosa mi risolleva. Alzo la testa e trovo il volto di Yuki a poca distanza dal mio, le sue mani intorno alla mia vita e al mio braccio destro. È stato lui a salvarmi dalla caduta, che avrebbe ferito sia il mio corpo che il mio orgoglio.

Grazie.dico piano, cercando di recuperare l'equilibrio.

Devi guardare dove metti i piedi. Avresti potuto farti male.risponde lui serio.

Non è la prima volta che mi sgrida, ma cosa ci posso fare se la coordinazione e l'attività fisica non fanno per me?

Sento la frustrazione crescere: non tutti sono degli sportivi, non è colpa mia se non sono portata per queste cose.

Altri studenti ci superano e sghignazzano, sicuramente staranno facendo qualche battuta sulla sottoscritta.

Lasciali perdere.

La sua voce all'orecchio mi conforta, lo guardo e lui mi ripaga con un bel sorriso.

Subito dopo, mi toglie lo zaino e se lo butta in spalla, sopra il suo.

Ci vediamo in cima.mi saluta facendomi l'occhiolino e riprende a camminare.

Mi muovo anche io, alleggerita dall'assenza dello zaino e dalla presenza costante del mio migliore amico.

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Non mi sembra vero: ecco la fine del sentiero! In un primo momento penso sia un miraggio, invece il punto panoramico affollato di studenti è reale. Prima ancora di raggiungere la balaustra di ferro che permette di affacciarsi per godere del panorama, mi lascio cadere per terra, esausta. Promemoria per me stessa: trovare scuse plausibili per evitare gite in montagna nei prossimi anni.

Tieni.Yuki si è materializzato accanto a me e mi sta porgendo la borraccia, estratta dal mio zaino. L'afferro subito e bevo a grandi sorsi l'acqua fresca.

Uno dei professori voleva tornare indietro a cercarti.racconta divertito.

Non ho la forza di ribattere, mi limito a rimettermi in piedi e a riprendermi il mio zaino. Sentirne di nuovo il peso mi ricorda la fatica che deve aver fatto il mio amico a portare anche il mio bagaglio, oltre al suo.

Non faccio in tempo a ringraziarlo che lui mi invita a seguirlo fino al belvedere.

Gli cammino dietro e ci facciamo largo tra i nostri compagni, fino a giungere alla balaustra che si affaccia sul territorio sottostante. Ci troviamo su una scogliera frastagliata che sporge dalla montagna e davanti ai nostri occhi si apre una vista spettacolare sulla penisola sotto di noi e sulla baia di Tokyo. Grazie al cielo terso, riusciamo a scorgere persino il monte Fuji.

Questo punto di osservazione è chiamato il "Belvedere sulla valle dell'inferno"sento il professore spiegare a gran voce.

Noto che un paio di nostre compagne non si avvicinano alla ringhiera, soffrono di vertigini. Io, al contrario, sono tranquilla perché sotto i miei piedi c'è della solida roccia. Infatti non ho paura dell'altezza di per sé, ma solo della sensazione di vuoto sotto di me. Quindi, finché i piedi rimangono ancorati al terreno, nessun problema.

Continuo a godermi la vista, che è effettivamente stupenda.

Sorridi.

Yuki mi avvicina a sé e scatta un selfie di noi due con alle spalle la vallata. Sicuramente non sarà la mia foto migliore dopo tutta la fatica che ho fatto per arrivare fin qui, ma rimarrà comunque un bellissimo ricordo.


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